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Discendenti di un popolo fossile

– Posted in: Cultura, Storia

By G.F.Catania
Originally Posted Tuesday, September 7, 2004

 

DISCENDENTI DI UN POPOLO FOSSILE

Testo e foto di G.F. Catania

Non sono trascorsi molti anni da quando i piccoli vermi dei laghi fezzanesi della Libia meridionale rappresentavano la singolare risorsa alimentare dei Dauada.

Abitanti di una delle regioni più inospitali ed isolate del mondo,sono i rappresentanti viventi di una preistoria da non dimenticare.

Nel Fezzan,vasta e desertica regione della Libia meridionale un tempo nota per essere la Transahariana più breve,vive al sorgere del nuovo millennio il popolo dei Dauada,un pugno di uomini che deve il suo nome ad una singolare usanza alimentare:cibarsi di dùd,ossia di vermi.A dire il vero non si tratta di autentici vermi,ma di piccole larve commestibili di un dittero,simili a minuscoli crostacei dal colore rossastro(Arthemia salina o Arthemia oudneii in ricordo della spedizione in cui il 12 giugno 1824 perse la vita il celebre esploratore inglese Walther Oudney).

Non sono trascorsi molti anni da quando i piccoli vermi,insieme a pochi datteri,sorgo,latte,e qualche raro pollo,rappresentavano l’unica risorsa alimentare dei discendenti del “Popolo fossile del Mathendusc”.

Così infatti battezzò i Dauada il francese Duveyrier,famoso esploratore della fine del secolo scorso(ndr sec.XIX),che collegò il loro nome a quello dell’omonimo fiume fossile ricco di misteriose testimonianze preistoriche che millenni orsono scorreva nella vallata dell’Ajal,la più ampia del territorio fezzanese.

DALL’OMBRA AGLI ONORI DELLA CRONACA

Fra le numerose popolazioni di questa regione,contrariamente alle locali usanze sahariane, i Dauada si sono sempre contraddistinti per essere rimasti dei sedentari.

Non risulta infatti che essi si siano mai classificati in una delle categorie in cui i fezzanesi erano soliti identificarsi.

Né liberi,né schiavi e neppure schiavi affrancati o figli dei neri,i Dauada hanno condotto nel tempo una vita povera ma indipendente,libera da ogni soggezione.

SCONGIURI E SACRIFICI PER PROTEGGERE LA RACCOLTA

Se l’usanza vuole che alle donne non sia permesso raccogliere i vermi durante il periodo mestruale e nei 40 giorni successivi al parto,agli uomini è invece vietato avvicinarsi al lago durante il tradizionale momento di pesca.

Convinzioni che permangono nella cultura dei Dauda e che pongono precisi obblighi:a quello di pescare a giorni alterni a quello di sacrificare una cammella in primavera e in autunno,stagioni in cui le larve compaiono nelle acque a giustificare le rituali pratiche la lunga scomparsa dei Dud,oltretutto già verificatasi nel Tademka,il lago più orientale della regione.

Fu forse proprio a causa di questa loro caratteristica che nel 1973 il colonnello Muhammar Al Gheddafi li elevò ad esempio nazionale quale dignitoso modello di vita fatta di stenti e rinunce da contrapporre all’oziosa e privilegiata esistenza dei conterranei urbanizzati.

 

E così i Dauada,fino ad allora vissuti nell’ombra,diventarono nel giro di pochi mesi oggetto di attenzione e sovvenzioni da parte del governo.

Oggi una superstrada diretta a Ghat,in direzione del confine algerino,scorre a pochi chilometri dal mare di dune dove risiedevano i Dauada.Abitanti di una delle regioni più inospitali e isolate del mondo,quasi prigionieri di un passato recente,veri fossili viventi di una preistoria dimenticata.

Oltre alle dune,una decina di laghetti e pochi ciuffi di palme e di tamerice etbel (papiro) costituiscono l’habitat lunare che ha preservato fino ai nostri giorni questo fenomeno geografico d’insediamento abitativo nel bel mezzo del Sahara.

Non si tratta di oasi o di pozze (gueltas in berbero Tuareg) ma di veri e propri laghetti profondi diversi metri e dall’acqua salatissima.

Sono:Gabra’Aoun,Mandara,Nech Nouna,Bahr el Dadùd è il lago più grande con un diametro di poco più di 300 metri),Um el Mà dove,contrariamente agli altri l’acqua è sempre fresca e buona da bere.

Il suo nome significa infatti “la madre dell’acqua”.Tutto intorno giunchi e palme costeggiano le rive disseminate di carcasse di pompe elettriche usate per il fabbisogno agricolo e umano.

 

Geologi e biologi si sono spesso interrogati sulla misteriosa presenza dei laghi fezzanesi,paladini di una tenace difesa dell’area da un’inadirimento totale.Gli studiosi ritengono che si tratti probabilmente dell’eccesso di acqua sotterranea proveniente dai monti del confinante Tassili algerino e ristagnante appunto nella conca dell’Uadi El Ajal.O,secondo un’ulteriore ipotesi,che questi laghi rappresentino la testimonianza di un tempo in cui,settemila anni orsono,il Sahara era un mare e l’Arthemia un plancton marino preistorico.

A supportare la tesii numerosi fossili presenti nella zona.

AL TEMPO DELLE MITICHE CAROVANE

Nonostante l’arrivo del cemento,delle linee telefoniche e della corrente elettrica,la terra dei Dauada è rimasta inalterata nel tempo,sorprendentemente incantevole ed irreale.

 

Per le donne permane ancora oggi il faticoso compito di pescare con abitudine immemorabile i minuscoli crostacei.

Con lenti movimenti esse trascinano lungo le rive dei piccoli coppi dalla rete finissima che assomigliano molto a quelli utilizzati dai biologi per raccogliere il plancton marino.

Le pescatrici conoscono ogni più remoto angolo dei laghi e sanno dove è pericolo addentrarsi nel fondo argilloso.

 

Una volta catturati,i crostacei vengono macinati e mescolati con un alga chiamata Danga (crittogramma che pare costituire a sua volta il cibo dell’Arthemia) per formare una pasta bruna.

Essiccata al sole e successivamente posta per qualche mese sotto la sabbia,essa viene ridotta in grani per essere consumata in umido o in salsa.

Il gusto è quello di un formaggio forte con sapore di granchi marini un po’ passati.Due sono le qualità di Arthemia oudneii: una di colore rosso (hamrà) e la tacherucha,meno pregiata e di colore nocciola chiaro,reperibile esclusivamente nei laghi Mandara e Mafù.

 

Se oggi le donne praticano la pesca occasionalmente per il piacere di disporre di un piatto tradizionale (si mormora dal potere afrodisiaco) da assaporare in occasione di ricorrenze e festività,gli uomini non si occupano più dell’attività che un tempo rappresentava la loro unica fonte di guadagno.

La raccolta di natron,carbonato idrato di sodio naturale che in estate incrosta le rive dei laghi,veniva utilizzato per la concia delle pelli e la preparazione del tabacco.

Ma da quando le mitiche carovane Azalai non transitano più nella Ramla dei Dauada sono cessati anche gli scambi commerciali.

I pani di dud erano particolarmente apprezzati dai ricchi abitanti della costa,mentre il patron rappresentava la materia prima dei fabbricanti di lenti che utilizzavano il carbonato purissimo per le loro lavorazioni.Economie di sussistenza non certo marginali se si pensa che alla fine degli anni 60,agli albori dello sfruttamento delle ingenti risorse petrolifere libiche,a Tripoli confluivano ancora 200-250 quintali annui di questo minerale.

ANTICHE PARENTELE SAHARIANE

Il Fezzan,l’antica Phazania già conosciuta da Plinio ed Erodono,è la regione del Sahara che maggiormente ha visto sfilare interminabili carovane di schiavi neri provenienti dai confinanti Chad e Niger (l’ultima passò nel 1929)e che ha subito ogni sorta di invasione,da quelle romane a quelle dell’impero nero di Kanem.

Via di passaggio fra il Mediterraneo e l’Africa Nera,ha visto nascere e scomparire misteriose civiltà tra cui quella dei Garamanti che strategicamente collocarono Jeramah,l’antica Garama,sulla via del commercio transahariano e a pochi chilometri di distanza dai laghetti dei Dauada.

Ancor oggi ci si interroga su quali rapporti si siano sviluppati tra i Garamanti,i romani e i Dauada.

L’attuale popolazione della regione,un enigmatico complesso di culture e di razze di stirpe mediterranea,negroide e mista,pone tuttora un interessante quesito.

 

Gli studi più recenti sembrano indicare la provenienza del Dauda nell’area dell’Uadi Ech-Chati e non nella vicina valle dell’Ajal.L’analisi della comparazione dei teschi ritrovati durante la prima missione esplorativa condotta nel 1967 dal dottor Franco Sattin dal fotografo Casella pare confermare l’ipotesi di una correlazione fra l’antico e misterioso popolo dei Garamanti e gli attuali abitanti dei laghi.

Ma se la scomparsa improvvisa di Satin ha lasciato purtroppo tali ricerche incompiute,c’è chi è andato ancora più lontano.

M. Capot Rey e Duveyrier riconoscono nei Dauada i diretti discendenti di quella razza bruna che nella preistoria popolava un Sahara rigoglioso abitato da cacciatori e successivamente da pastori agricoltori (i numerosi graffiti e i manufatti in selce confermano il mutamento di attività).

 

Sicuramente una pagina preziosa del vasto e sconosciuto patrimonio geostorico del popolo libico.

 

 

 

 

COME RAGGIUNGERE I DAUADA

ALCUNI CONSIGLI:

La gente del luogo,e non solo i Dauada,è estremamente ospitale e collaborativi,ma non è abituata ad un turismo di massa.Una volta sul posto occorrerà quindi disporre di tempo per poter visitare i laghetti avvalendosi preferibilmente di guide locali.Piacevolissima l’emozione di nuotare nelle acque salatissime del lago Gabra ‘Aoun dove è letteralmente impossibile affondare.

Sulle rive del lago un campeggio mette a disposizione una doccia per potere ripulire la pelle dallo strato salino.

 

Il Percorso:

Per accedere ai laghi non è necessario trasformarsi in novelli emuli di Livingstone o diventare spericolati assi del fuoristrada,è sufficiente percorrere i circa mille chilometri di ottimo asfalto che congiungono la capitale Tripoli con il capoluogo Sebha.

E’ tra i piccoli centri di Bint Baya ed El Greifa,poco prima di Raggiungere Ubari che insieme a Murzuk e alla già citata Ghat costituiscono le oasi più famose del Fezzan,che il percorso abbandona la strada principale,inoltrandosi per circa 24 km fra il mare di dune dell?Edeyen di Ubari che fronteggiano i rilievi dell’Ajai si giunge al primo dei laghi,il Mandara (26° 41,20’ N –13° 18,60’ E).E a circa 6 km verso levante si incontra il Mafù e proseguendo il più orientale di tutti,il laghetto di Frèdgha.

 

Il villaggio dei Dauada:

I Dauada si recano nell’antico villaggio di Gabra ‘Aoun (26° 48,30’ N – 13° 18,60’ E),sulle rive dell’omonimo lago,per pescare l’Arthemia e ritrovare i frammenti di un’esistenza che non hanno dimenticato.

 

Si ringrazia per la cortese diponibilità l’Autore

Articolo pubblicato sulla rivista Africa,Epicentro srl(dic.1999)

 

3 comments… add one
Mario Sattin March 24, 2019, 15:54

Per favore correggete il cognome: non è Satin ma dottor Franco Sattin.
Mio Padre frequentò e studiò i Dauada negli anni 19957-1959 qundo era incaricato dal governo Federale Libico di ristrutturare la Sanità del Fezzan.
Gli studi e la loro pubblicazione si interruppero per la cacciata degli italiani dalla Libia da parte di Gheddafi (1970)
Grazie

alvise March 25, 2019, 11:00

Grazie per la precisazione, abbiamo provveduto alla correzione.

ivan Chiodi March 26, 2021, 22:02

Articolo molto completo ed interessante. Dove si trova questa rivista Africa ‘

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