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Sul filo del baratro di un eserto esplorato, Esperienze di una vita tra uomini e deserto By Marino Zecchini

– Posted in: Cultura, Fuori rotta, Usi e Costumi

By Marino Zecchini
Originally Posted Friday, April 25, 2008

 

SUL FILO DEL BARATRO DI UN DESERTO ESPLORATO

Esperienze di una vita tra uomini e deserto

Il deserto a Tataouine è uno stato mentale immaginato e contemporaneamente reale, uno spazio in cui regna una profonda sofferenza, metafora dell’inferno in terra dove per contrario i cieli celesti sono i luoghi di elevazione spirituale. Il deserto è l’antro bruciato, tuttavia la sua carica magnetica mi seduce come attira il fascino del male. Quel male tanto disprezzato ma sempre carico di seduzione.

E’ nel deserto che il demonio può tentare, più che in ogni altro posto del mondo, luogo dove anche il Cristo quando era profondamente affamato ed assetato è stato provato con lusinghe ed astuzie. E’ sul limite che si misura lo spirito, ed il limite l’ho trovato sul ciglio osservando l’abisso, il profondo del baratro da dove giungono con la vertigine solo risposte a metà. Dove gli echi di domande gridate riportano note di sensi di colpa, di rimpianti per non avere ottenuto risposta ai più ambiti desideri.

Questo deserto mi si è posto come condizione di attraversamento per giungere al di là, e lungo il percorso si è trasformato in simbolo e nella allegoria delle difficoltà, allora la pista diventò metafora della vita e il percorso le stagioni passanti dalle calme autunnali alle tempeste di sabbia, ai geli notturni e al torrido e spietato sole. Io esperto di piste, mi lasciai accompagnare da coloro che si dicevano amici sino sul ciglio del baratro, dove echi rivelatori schiudevano empi pensieri di vendetta che preludono sempre a imminenti sciagure che con fatica costringevo dentro la sfera della sofferenza, dell’intimo luogo dove sono riposte le grandi delusioni della vita.

Viaggio, traversata, cammino, erranza, percorso, nomade tra i nomadi evitando gli sputi del tempo, al riparo di una isolata ginestra, sotto la piega di una alta duna mentre trascorro i ricordi di una infanzia sfuggita, passata in un lampo mi ritrovo in autunno in una pista perduta, confusa dalla sabbia spostata dal vento asservito al disordine della memoria insistendo nella ricerca di un punto fermo da cui ripartire. Cercando tra le tracce confuse del passato, dei ricordi… numerosi come granelli di sabbia, che insieme diventano deserti interiori.

Cerco il maestro, la guida che mi aiuti nella frammentazione delle memorie narrate per trovare la formula per rinchiudere il deserto nella sintesi di un solo rigo. Cerco tra le limitate parole della mia immensa ignoranza e mi giunge una sola espressione “Sahara el Kubra” che afferro da un’altra cultura… cultura, percorsa e studiata, amata ed ancora sconosciuta, abbandonata dentro le lacrime di troppi tradimenti subiti.

Non trovo il maestro e nella alternanza di sentirmi guida e discepolo continuo il percorso contro vento. Acrobate dei sogni, cammino sonnambulo attraversando giardini sahariani dove l’aria è gonfia di odori e sapori di miele grondante dai frutti di palme maestose. Tracce di ricordi mi insegnano il cammino alla ricerca di un passaggio verso un senso compiuto, un significato definitivo dove trovo uomini dal viso amico ma dal cuore incapace di accettare giustizia.

Portatori di un sapere settario, integrati in una sola visione, quella di un dio demonio, che genera il falso, il gretto l’approfittatore. Dove la mia lealtà è presa e giocata nella lotteria della finzione. Lealtà e menzogna camminano affiancati sulla stessa pista. Di giorno un sorriso, la notte in un calcolato inganno diventano predatori delle mie idee. Quattro anni trascorsi tra entusiasmi ed amori diurni quattro anni di notti oscurate da false affermazioni.

…Ora… capovolto, osservo la pista percorsa, i contorni nobili di un amato lavoro spalmato negli anni, rubato ed usato da spiriti demoni senza passioni, che acquistano i sogni di anime oneste pagandole con promesse mai mantenute. Che si pongono a me “gauri” a me straniero con pensieri sempre velati di inganno.

Il loro pensare li rende incapaci di essere integri. Proposte continue di fraternità, commovente accoglienza, gettata la lenza ti piace cadere in trappole che all’inizio ti danno piacere. Io che studio l’anima del deserto, ho trovato nei loro spirito un deserto più grande di quello da loro conosciuto.

Amici e fratelli, arabi e musulmani, compagni di avventure vi imploro di avere la forza e l’intelligenza di superare, di rompere questo sbarramento culturale. Il magnifico sapere della cultura arabo islamica non ha avuto confronti nel tempo, un sapere universale, una morale che insegna la giusta via in cui vi è assenza di pregiudizi, oggi è da molti deformata, maciullata, asservita a personali interessi destinata al demonio della apparenza dell’egoismo in funzione di un mal celato protagonismo sociale, politico, con il vanto di essere autori di idee, mentre come lupi vestiti da agnelli si pratica il plagio in un sistematico modo che in fine appare nell’intimo la convinzione di essere autori e firmarsi come padri di testi spesso neppure compresi.

Questo è lo sfogo di un giorno d’attesa, la risposta ad un amore tradito, un sentimento che non vuole la guerra ma che cerca una pista di risalita, che mi trova sul fondo del baratro in una pozza di melma collosa. In un sito dove ritrovo altri amici che sembrano chiari: arabi, tunisini francesi e italiani. Questo viaggio mi ha reso più attento un cammino nell’onirico spazio alla ricerca dell'”uomo” dove si aggiunge un elemento importante il senso di colpa ed il perdono.

 

Marino Alberto Zecchini 12/04/2008 Zarzis

 

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