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Ti-n-Missao, arte rupestre nel cuore dell’Algeria di Lorenzo De Cola

– Posted in: Africa, Cultura, Nord Africa, Resoconti di viaggio, Storia

By Lorenzo De Cola
Originally Posted Sunday, December 4, 2005

 

Ti-n-Missao; diario di viaggio 2005

Da una corrispondenza: …Caro Stefano, pubblicare queste note di viaggio va bene, ma con una premessa che spieghi che ho sempre viaggiato solo, ma non posso non consigliare di prendere una guida come quella che ho avuto io, e cioè una guida che provi a percorrere nuovi spazi, anche se non li conosce in dettaglio.Si perde una piccola parte di libertà, ma si da del lavoro a qualcuno e non si hanno casini con le autorità e con il parco dello Hoggar. Non voglio in alcun modo che questo mio resoconto possa spingere qualcuno a fare i propri comodi in casa d’altri. Chiedo che questo venga messo in chiaro senza ambiguità…

Introduzione:

Organizzazione del viaggio a cura dell’agenzia: Issalane BP 196 Tamanrasset 11000 Algerie

Tel/fax 213 29342254 – 213 293422548736 www.Multimania.Com/Issalane

issalane@yahoo.fr Il responsabile è il Signor (di nome e di fatto) Abdelkader.

Di ritorno da questo riuscito e interessante viaggio, vi riassumo brevemente alcune tra le circostanze più interessanti, al fine di contribuire a quel meccanismo di scambio di informazioni, che avete per primi attuato nei miei confronti.

Premetto che per la prima volta ho effettuato un viaggio nel deserto come turista scarrozzato su fuoristrada di una agenzia di viaggi di Tam. Dal 23/10/05 al 3/11/05.

Si è rivelata superiore alle aspettative, ponendosi a disposizione per un percorso del tutto al di fuori degli itinerari battuti e, soprattutto, SEMPRE a disposizione per qualsiasi tipo di deviazione e ritorno sui propri passi.
La logistica è stata allo stesso livello.
In seguito vi passerò una serie di punti che ho registrato durante il viaggio. Non ho una vera e propria rotta, ma non è necessaria perchè le difficoltà fuoristradistiche sono praticamente nulle.
All’aeroporto di Algeri i controlli sono sempre molti, ma ragionevolmente veloci. Il volo per Tam è comunque sempre pieno, mi hanno detto, e soggetto a restrizioni e variazioni future per le ragioni che vi dirò oltre.
Per gli irriducibili del telefonino segnalo (ma forse lo sanno già) che la copertura satellitare è efficiente in tutte le oasi (anche Abalessa e Silet). Non so nelle altre piccole oasi (per esempio Tahart). Ho segnalato alla dogana sia il GPS, che il Thouraya, che le macchine fotografiche, lo HD staccabile ecc. Non hanno fatto commenti.
All’uscita dall’Algeria non hanno controllato, e neppure hanno controllato (come puntualmente mi era capitato in passato) la corrispondenza tra ricevute di cambio e di alberghi e valuta mancante rispetto a quella dichiarati in entrata.
Ma era il ritorno in Europa degli emigranti dopo la festa dell’ EID (fine del ramadan) e quindi i controlli erano più superficiali e veloci.
Inspiegabilmente invece i controlli sono molto severi all’aeroporto di Tam per quanto riguarda ogni e qualsiasi tipo di ciottolo più grande di un euro. Individuati con i raggi, vi vengono irrevocabilmente sequestrati. Non ho idea di quello che possa succedere se vi trovano un utensile preistorico.
I controlli sono meno accurati sulla persona, che pure viene perquisita. Neanche gli algerini che rientrano in Europa mi hanno saputo dire se questo tipo di requisizione sia diventato la norma o meno. Ma dicono che sia frequente.
Il tratto interno Algeri Tam è soggetto a future restrizioni e cambi di giorno. Quello che dicono sul posto è che tutto ciò è dovuto alla costruzione (già avanzata) dell’areoporto militare di Tam. Questa costruzione è in mano a giapponesi e egiziani e tuttavia molti sostengono si tratti di aeroporto a disposizione di ben altre potenza straniera.
E’ voce diffusa (ma non capisco quanto coerente) che questa base militare restringerà drasticamente il traffico aereo civile, oltre che assorbire una parte non trascurabile di quella risorsa vitale che a Tam è l’acqua, e che verrà “riservata” e canalizzata appositamente per la base.
Chi intende raggiungere Tam in aereo si informi con una certa frequenza dei possibili cambi di orario e di giorno dell’aereo interno.
A Tam i controlli in uscita dall’aeroporto sono ragionevolmente brevi, anche perchè si arriva a notte fonda.

Da Tam a Abalessa e Silet è tutto asfalto. Ad Abalessa il distributore è come era 15 anni or sono: sempre “provvisorio” e improbabile ma funzionante. In compenso ha carburante, cosa che non sempre avviene a Tam, dove possono esserci mancanze di combustibile che durano un giorno (è avvenuto durante questo periodo).
Da Silet si prende la pista per Timiaouine (diligentemente indicata dal cartello stradale) e si raggiungono le alture di Tiouijine.
La pista è diventata un pistone ben balisato e…il traffico è frequente, COSI’ COME I CONTROLLI DI POLIZIA. La ragione è che a Tirek, sotto Ti-n-Missao, sono in corso imponenti sbancamenti perchè (dicono) che si è trovato l’oro da parte di una joint venture canadese algerina.
A un profano come me è stato insegnato che per estrarre oro ci vuole comunque acqua in quantità industriali…ma non intendo approfondire.
Fatto sta che vi è un traffico quotidiano di 4×4 da Silet sulla pista per Timiaouine, e il pozzo di Ti-n-Missao è bene e frequentemente controllato. La polizia ha anche seguito a distanza per un certo tratto i nostri spostamenti.

Img utensili (25/10/05): si ha un’idea della modestia dei reperti, che non hanno grandi variazioni in tutto il massiccio.

In Viaggio

A N del pozzo di Ti-N-Missao, nella pianura, nè stato scavato da qualche anno uno nuovo, non segnato sulle carte, che durante il nostro viaggio aveva acqua (e anche un buon numero di scarafaggi galleggianti). A fine ottobre 2005 l’acqua si trova a circa 25 metri, e siccome il pozzo non è del tutto verticale, l’estrazione dell’acqua risulta facilitata con un recipiente non molto profondo e …una certa pazienza nel dare il “colpo di frusta” e capovolgere la pentola (ben fissata perchè nella risalita urta contro la parete!).La posizione del pozzo è…22°12,353 3°17,35,543 Il noto pozzo di Ti-n-Missao (posizione 21°54,275 3°05,635) è meta costante delle pattuglie della gendarmeria che prelevano acqua che usano per i loro campi mobili a partire dai quali pattugliano la pianura dal pozzo fino a Tirek e dintorni. Il riparo più grande del sito rupestre e piuttosto ben conservato e dei quattro dipinti di carri, tre sono ancora ben visibili. Un quarto dipinto è deturpato parzialmente dal solito caprone di turno che ha pensato bene di sovrapporre il suo non richiesto scritto. Anche il piccolo riparo dei cavalli al galoppo volante di fronte è in ottime condizioni.Non ho avuto tempo per rivedere le tombe sul plateau sovrastante e i dipinti minori lungo la salita sabbiosa verso l’altipiano. Ma speriamo….

Ho comunque percorso circa 500 metri in quella direzione e le incisioni subrecenti sono in buono stato di conservazione.Da Ti-n-Missao siamo andati verso West, a vedere un sito che sulla foto satellitare appare promettente, ma che non ci ha dischiuso alcun segreto (per ora) la posizione raggiunta è 21°57,436 3°00,702 e la grande formazione rocciosa a mandorla pensavamo potesse racchiudere qualche recinto di domesticazione arcaica. Il sogno si è infranto. Per tutti i curiosi e i cleptomani devo dire che lungo tutto il massiccio montuoso tassiliano di Ti-n-Missao si trovano utensili paleolitici di scarsa eleganza e non grande interesse e frammenti ceramici di altrettanto scarso interesse. Tristino ma vero. Insomma, credevo di trovare una delle ultime grandi province d’arte rupestre nel sahara centrale e… mi sono trovato con un bottino molto ma molto scarso… e la constatazione (che già si poteva evincere dagli scritti di Lhote, Monod, del capitano Denis e del lieutenant Butaye (Bullettin de Liaison Saharienne nov 1955 e marzo 1961) che il sito del pozzo di Ti-n-Missao è davvero unico. Ci sono utensili neolitici lungo lo oued Ilegh nel suo immenso arco da S a Nw, ma quella è proprio la zona del traffico “minerario” e conseguentemente del controllo e della tutela ad esso riservato. Voglio comunque dire che al di là dei controlli o meno e delle disposizioni di legge non invito in alcun modo a raccogliere manufatti litici o frammenti ceramici, e che invito tutti a una sorta di “safari fotografico” piuttosto che a un safari reale. In ogni modo la preponderanza di utensili paleolitici rispetto a quelli neolitici è del tutto abnorme, e davvero modesta la valenza estretica di entrambe le facies. Abbiamo visto un certo numero di macinelli e frammenti di macine, ma macine intere…nessuna. Scusate se insisto: questa è la verità. Dal sito del sogno infranto, deviazione fuoristradistica alla posizione 21°54,247 3°00,277. E’ il tratto che presenta piccole difficoltà di progressione, ma il tutto è ripagato dallo spettacolo di una natura poco o nulla conosciuta. Chi lo desideri può effettuare un’escursione a piedi sul plateau sovrastante. Troverà uno oued senza nome con utensili e niente dipinti o incisioni di un qualche pregio, ma modeste incisioni picchettate di mammiferi (bovidi e capridi). Prevedere due ore di escursione a piedi con conseguente riserva d’acqua. Di qui abbiamo valicato il passaggio in salita tra la parte est del plateau e quella west. E’ un passaggio con qualche traccia e caratterizzato da una tale bellezza che lascio a voi percorrerlo senza indicazioni. Non ci si può perdere. Il passaggio va a S ed è il valico tra due formazioni montuose giustapposte. Il valico non presenta alcun problema fuoristradistico, ma per contro permette di giungere velocemente alla ANOU in Ziza. Con questo itinerario tuttavia si perde il lato occidentale della falaise, che presenta numerose concentrazioni di belle e ben posizionate tombe a croissant. Ma è anche il lato attualmente più frequentato dal traffico dei “minatori” e dai percorsi di chi li protegge. E i controlli sono gentili, ma non rapidissimi. Scendendo a S dopo il passo si possono visitare i bei pinnacoli verso W (21°46,568 2°58,854 ) ma davvero anche tanti altri siti lungo quel lato.Abbiamo provato a percorrere il letto dello oued 21°41,263 2°56,302 ma anche in questo caso non abbiamo trovato tracce di incisioni o dipinti. Peccato perchè il paesaggio è proprio quello di un paleofiume. Ma non è detto che quello che non abbiamo trovato noi non venga visto da altri. L’ultimo rilievo andando verso S, sul lato E della discesa è l’ adrar In Tehok.

Img tassilini: oltre il valico tra le due parti principali Est e West. 26/10/05

Sulle pendici di quest’ultimo (ma anche sulle ultime propaggini del lato W della valle appena percorsa) si notano monumenti preislamici a croissant , alcuni dei quali con eleganti antenne terminali. Ma perchè “adrar” e non “tassili” In Tehok? Uno sguardo al profilo montuoso toglie ogni dubbio: non si tratta di struttura tassiliana ma di struttura – diciamo così – piramidale e quindi a giusto titolo chiamata adrar. In realtà questa commistione tra struttura “adrariana” e “tassiliana” caratterizza in realtà tutto il massiccio, e tuttavia chi si immagina un paesaggio simile a quello di Sefar o Jabbaren guardi le differenze di quota sulle due carte e avrà un’idea delle differenze di scala. E tuttavia il fatto di trovare alcune caratteristiche tassiliane così a S è una circostanza che non manca di un proprio, grande fascino. E non è tutto: l’intero massiccio, circondato com’è da una terminata pianura ha per me un valore aggiunto. Il budello che conduce a Anou In Ziza si configura come un imbuto “alberato” che conduce a una sorta di conca circolare (dal fondo punteggiato da piccole alture). E’ un posto non ben conosciuto e che a mio avviso riserva ancora sorprese a chi ha la pazienza di perlustrarlo. Vi si trova acqua quasi sempre. Noi abbiamo capito che eravamo i primi a passare dal sito dopo che lo oued aveva ripreso temporaneamente vita, e dunque il non aver trovato i due pozzi scavati nel letto può derivare sia da una nostra mancanza di memoria, sia dal fatto che lo oued ha magari colmato i pozzi (circa 6 m) e li ha cancellati. In ogni modo mancano all’appello altre incisioni che non siano le due coppie di cavalli incisi (21°40,476 3°05,712) e altri due cavalli in basso a sinistra, nascosti da un albero, e le incisioni su un monticello (ca circa 200 m da 21°40,966 3°5,068) e non sarebbe male una faticosa perlustrazione sistematica di tutta la cuvette. In ogni modo nei punti più bassi abbiamo visto sabbia umida e con l’aiuto di un bastone abbiamo stimato che un mezzo metro sotto la sabbia ci sia la possibilità di scavare una scodella nella sabbia e farla funzionare come filtro (abankor). Una curiosità: circa 150 m prima della coppia di cavalli “alti”, in direzione della pianura, ci sono alcune altre incisioni, due scritte e un modestissimo cavallo. La scritta alta (circa 8m) dice “frappè” e quella bassa “assis”.

Ma, si sa, l’acqua nel deserto è effimera e così il valore della durata affidabile di questa informazione. La posizione di ingresso nel corridoio che conduce alla cuvette è…. Da anou in Azaoua a Tedjert (altro punto d’acqua) il passo è breve, e bello anche il percorso. Tedjert è un altro punto d’acqua, e anche spettacolare, Tuttavia abbiamo trovato una pozzanghera putrida con una carcassa di uccello nel mezzo. Di questi tempi non è il massimo. In ogni modo il fascino del sito è incontaminato. Si tratta di una valle che termina con una parete di una sessantina di metri che strapiomba direttamente dal plateau superiore. Esattamente ai piedi di questa parete c’è il piccolo giardino dell’Eden. Alcune stille di umidità riescono ad alimentare un piccolo cespuglio, un piccolissimo fico (davvero) e un ancor più minuscolo ciuffo di palma. La fatica di raggiungerli vale la pena. All’inizio della valle grosse incisioni verticali ben conservate. Lorenzo.

img pozzoTin2 il pozzo di Ti-nMissao con i militari che vengono regolarmente a far scorta d’acqua per i loro campi mobili nella pianura verso Tirek e verso Silet (24/10/05)

Terza puntata

Questa terza puntata è appesantita dalle premesse, la prima delle quali è che la voglia di partire non viene solo leggendo, ma viene anche scrivendo. La seconda premessa è che non sono capace di pubblicare sul web, per cui se ti riesce di farmi questo piacere, ti ringrazio.

Per quanto riguarda le mail che mi potrebbero arrivare vorrei sinceramente chiedere un consiglio: posso rispondere solo alle mail più interessanti oppure la mancata risposta scatena incazzature epocali? Non ho la minima esperienza di ciò che accade con i frequentatori del web. Chi ha avuto la pazienza di leggere le due precedenti, ha ora un piccolo suggerimento: l’imbuto che conduce al passaggio che separa la (grossa) parte orientale del massiccio da quella occidentale, grosso modo si trova a 21°52 3°01 In ogni modo ecco la terza (delle seicentododici) puntata. La valle di Tedjert (la traduzione è più o meno “lo spigolo”) è una valle di meno di un Km che si incunea dentro il plateau e finisce con una spettacolare parete verticale. L’avvicinamento alla valle non è agevole da West. Consiglio di scendere a S, accostarsi alla falaise e risalire verso N e verso l’ingresso della valle, che comunque non si raggiunge con i 4×4. Ci si ferma presso una piccola concentrazione di monumenti litici preislamici e islamici, la maggior parte dei quali verosimilmente tombe. Entrando nella valle si segue una sorta di sentiero in leggera salita che conduce verso il fondo chiuso. Poche decine di metri dall’ingresso della valle, sulla destra si vede un gran masso con parete subverticale e grosse incisioni di bovidi. Più avanti la valle si stringe e si è progressivamente circondati, a distanza, dalle alte pareti con le quali in questa valle termina il plateau. Abbiamo trovato acqua fetida e ferma, e nessuno sgocciolamento (contrariamente ad altre occasioni) nelle parti alla base della falaise. In compenso il sapiente miscuglio tra il silenzio, i colori, il terreno sconvolto dagli enormi massi caduti sul fondovalle, la macchia verdissima di vegetazione addossata alla parete non mancano di esercitare un potente e duraturo fascino sul viaggiatore. Se solo si pensa che tutta la zona attorno a Tedjert è male e poco conosciuta, e che, almeno sulla carta, la valle di tedjert ha due omologhe formazioni naturali poco più a N….vien voglia di tornare e andare a vedere cosa ci sia. In ogni modo chi vuole un suggerimento, ma non ama la pappa pronta, sappia che di fronte alle due valli a settentrione di Tedjert si è a 21°35 3°9,300, ma le valli non sono evidentissime. Visitata Tedjert, ho effettuato una breve ma intensa e indimenticabile ecursione sull’altipiano, raggiungendo un piccolo oued senza nome al punto 21°35,494 3°09,978. Sono particolarmente fiero perchè a mia conoscenza questa piccola ricognizione è la prima da molti decenni. La prima è quella, famosa, di H.Lhote della fine degli anni ’40

Lhote attraversò il massiccio da W ad E e lasciò una breve descrizione divulgativa in un famoso libro e, forse, un articolo più sistematico che dovrebbe giacere presso la biblioteca del Musee de l’Homme a Parigi (che da tempo è a rischio di chiusura e ridimensionamento/trasferimento). Monod (colloquio privato) mi disse che il massiccio venne perlustrato anche da parte dell’esercito francese, e che traccia di tutto ciò doveva trovarsi in qualche relazione, ma che queste relazioni erano volte più a considerare aspetti militari (punti d’acqua, presenza di pascoli) che aspetti preistorici e paletnologici o archeologici. Circa 15 anni or sono, oltre al sottoscritto, ma in altre occasioni F. Soleilhavoup e Y.Gauthier ebbero occasione di costeggiare il massiccio (comunicazioni presso la A.A.R.S. amici arte rupestre sahariana), e anche G.Arcangioli con L.Villa ne fecero un memorabile viaggio (comunicazione personale).

Img pozzonuovo: è l’immagine del pozzo a N di Ti-n-Missao, ma scattata durante il ritorno verso Silet. (30/12/05)

Il maggior conoscitore del massiccio ritengo tuttavia sia J.Hansen che ebbe occasione di percorrere anche il plateau nella parte centrosettentrionale, e di costeggiare il massiccio in più occasioni. Ho avuto il privilegio di condividere con lui questo viaggio. Tutto ciò che ho avuto modo di sentire più o meno coincide e cioè cospicua presenza di monumenti preislamici, alcuni dei quali di notevoli dimensioni, frequente presenza di utensili paleolitici (*) di modesta fattura, presenza di frammenti ceramici con dotted o wavvy lines, presenza di macinelli e frammenti di macine, sporadica presenza di incisioni di mammiferi e di scritte tifinagh e…assenza o quasi di pitture rupestri. E’ esattamente questa mancanza che mi rende perplesso e che mi intriga. La parte centrale e meridionale del plateau tuttavia è rimasta sola a custodire se stessa fino ad oggi, almeno da un punto di vista dell’arte rupestre, ed è valsa la pena di interrompere questa solitudine. Chi si trovi di fronte alla valle di Tedjert vede davanti a se il letto dello oued Tedjert (assai fastidioso da attraversare al suo inizio con il 4×4) e, a destra della valle vede una ripida pietraia che dal piano di campagna giunge quasi ai contrafforti dellafalaise sommitale.

img DeGaulle si tratta della mia ultima immagine prima di addormentarmi: un campo memorabile in un silenzio magico. Ero già nel sogno. notte 24-25/10/05

Questi contrafforti, pur poderosi, hanno subito le ingiurie del tempo e hanno dato luogo a un accumulo di massi giganteschi e bellissimi che incombono sulla pietraia sottostante. Chi osserva non potrà non individuare il “minareto di Agadez” con la sua porticina sottostante (il tutto in monolitica arenaria). Attratto dal magnetismo del riferimento, mi ci sono diretto e, dopo una quarantina di minuti di salita – non ho individuato sentieri, ma due monumenti preislamici – vi ci sono arrivato. Qualche decina di metri più a sinistra e pochi metri più in alto ci si trova in un luogo magnifico che consiste in due roccioni ciascuno forato e dunque dotato di ampio e strategico riparo sulla sottostante, immensa pianura. Dietro e verso monte vi è una vera e propria piazza, riparata, discreta, bellissima. Dietro la piazza vi è il bastione roccioso che sorregge il plateau, e in questo bastione un magnifico riparo. Alcune macine fisse nel pavimento roccioso e pochi dipinti rupestri (otarde, bovide e bovide con gibbosità) mi ripropongono lo stridente contrasto tra “potenzialità” d’arte rupestre del sito e scarsità della stessa. Sopra questo grande riparo vi sono alcuni passaggi ascendenti che ho percorso, prima con impazienza e poi con metodo per poter accedere al plateau sovrastante. Confesso che sul ciglio mi è passato caldo, sudore, fatica, apprensione. Mi è passato tutto. In questo punto, e per chilometri e chilometri il plateau si presenta come una superfice mossa…ma senza alcun punto d’ombra visibile. E tuttavia la buona sorte, o forse l’unica vera possibilità di salita mi hanno condotto in un punto dove la roccia reca due, tre macine fisse. Provo a sedermi e imitare il lavoro di chi triturava i cereali. Non vi è dubbio: in un punto ho il controllo della pianura sottostante, mentre a due metri posso svolgere lo stesso lavoro senza esser visto da chi è ottanta, cento metri più sotto. Spettacolare e furba la disposizione!

Img AnouAzaoua: in realtà si tratta di un ramo laterale del corridoio che conduce alla conca circolare. La prima roccia con le incisioni dei cavalli si trova in fondo a questo corridoio, a destra a circa 300m.

Ma è il plateau che polarizza l’attenzione. Siamo ad estate appena finita e… il plateau reca molte, ma molte macchie verdi e anche alcune decine di acacie che disegnano il corso di un piccolo corso d’acqua che scorreva per precipitare dalla parete terminale della valle di Tedjert e originare in passato lo oued Tedjert il cui letto si vede nella pianura. Dunque quello che vedo è il Tedjert di sopra. Mi ci sono avviato e dopo una mezz’ora lo ho raggiunto. A parte alcuni passaggi che permettono di discendere dalla cresta del plateau verso il centro dello stesso (discesa di 20; 30 m al massimo) e che si percorrono quasi senza poggiare le mani, il plateau non pone alcuna difficoltà nel procedere. Si tratta di roccette suborizzontali di piccola dimensione 1;2 m contornate da soffice sabbia. Avvicinandosi al letto dello oued, come è logico, i frammenti più piccoli aumentano, ma si è ben lontani dalla tosta pietraia sottostante. Il letto dello oued reca non pochi segni di vita oltre alle piante: i soliti scarafaggi, qualche topolino e un certo numero di tracce di gazzelle.

Faccio il punto, mi godo il silenzio e il panorama tutto mio, osservo ancora una volta i gruppi di roccette senza ombra apparente verso il centro del plateau…a SW, e guardo l’orologio per ricordarmi l’ora e il minuto in cui ho realizzato questo mio importante desiderio. E’ ora di tornare, ma è un ritorno felice.Di ritorno al campo dopo l’ escursione solitaria sul plateau, e grazie alla ottima cena preparata da Abdelkader, Abdelkader II e Kerim, ho modo di riflettere su quanto ho visto oggi: un sito rupestre praticamente aniconico.Le immagini dipinte si contano sulle dita di una mano, e ho la netta sensazione che anche quelle incise non compenseranno per numero e valenza artistica la curiosa assenza di tali forme d’arte in questo remoto massiccio. Eppure proprio in questo sito ho visto un bellissimo ciottolo piatto (spezzato) forato con infinita pazienza. Ma è praticamente l’unico manufatto non necessario alla vita quotidiana che ho trovato in tutto il viaggio. Ma perchè? Penso all’opportunità che ho avuto giusto un anno fa, quella di poter partecipare alla missione congiunta del CESMAP di Pinerolo e del Ministero della Cultura del Marocco. Le incisioni nella zona di Taouz si contano a centinaia e sono disposte con una certa regolarità ..e con ragionevole prevedibilità. Qui proprio il contrario.Abbiamo il sito di Ti-n-Missao: ricco in tipologie, con alcuni dipinti che si trovano in tutti i manuali di arte rupestre sahariana, notevoliper bellezza e importanza. E niente altro: almeno così sembra, a parte una cospicua ricchezza in monumenti preislamici che punteggiano con il loro numero, le loro proporzioni tutto il perimetro del massiccio. Eppure sia Ti-n-Missao che Tedjert che anou in Azaoua sono punti d’acqua, E tutti sono lungo il perimetro della falaise.Tutti hanno una pianura sconfinata di fronte. Tutti hanno alle spalle il plateau.Mi addormento felice per la giornata memorabile e non trovo, né ho trovato il bandolo della matassa.Alla mattina scopro che qualcuno ha reperito nel letto dello oued Tedjert una trappola di cacciatori del diametro di circa 30 Cm. Proprio una trappola, proprio una piège di quelle che R.Wolff classifica per tipologia in decine e centinaia di incisioni, e che i Castiglioni e Negro hanno anche fatto conoscere in Fiumi di Pietra. E non può avere più di qualche decina di anni.E’ bello vedere una vera trappola. E’ anche raro, molto raro. Peccato che nessuna trappola sia stata rilevata tra i dipinti o le incisioni conosciute di questo massiccio. Mi sento beffato, ma anche incuriosito. Quando pensi di saperla lunga…che bella sorpresa! Qualche cenno per coloro che scattano centinaia di fotografie anche durante le escursioni (non è il mio caso).

Durante tutto il viaggio ho utilizzato un prodigioso HD staccabile (con batteria sua) munito di slot per il memory stick della fotocamera e anche di cavetto per il collegamento al PC (PC che non ho portato con me nel viaggio). Penso di aver scaricato una dozzina di volte il contenuto dei memory stick, e non si è neppure scaricata la batteria (che può essere comunque ricaricata dall’auto con un inverter e col suo scatolino). La dimensione di questo HD esterno è quella di una saponetta, e…funziona! Per quel che vale la mia opinione…lo consiglio come davvero utile.

Continuiamo verso S per raggiungere la parte più meridionale del massiccio, e nel frattempo osserviamo con attenzione la falaise rocciosa che lentamente decresce mentre avanziamo.L’occhio acuto di Jorg individua da lontano il varco di uno oued nella falaise, e dentro il varco in lontananza e rapidamente valuta la “coerenza rupestre” di un gigantesco roccione che giace proprio in mezzo al letto del fiume, a circa 1,5 Km. Avvicinandoci a piedi scopriamo con piacere che vi sono numerose tracce di mejbed (o abarekka in tamacheck) che conducono verso quel punto. Troviamo più di un roccione, (ce ne sono 5), poca arte rupestre, una mezza macina mobile (il frammento più grosso da noi reperito in tutto il massiccio), ma troviamo anche una modesta figuretta dipinta a contorno in ocra che classifichiamo con buona probabilità come appartenente all’orizzonte delle figure bitriangolari, un insieme che comprende figure di carri e cavalli. Un insieme presente nel sito di Ti-n-Missao.

Tra tutti i roccioni e i ripari vediamo figure di giraffa, di bovidi, qualche scritta. La figuretta umana bitriangolare rimarrà l’unico esempio di bitriangolare fuori Ti-n-Missao.Oltre i roccioni e verso il plateau il letto dello oued appare sorprendentemente ampio e anche lungo. Non lo abbiamo percorso, ma qualcuno dovrebbe e potrebbe farlo con scioltezza e con un sicuro diletto di tipo paesaggistico.Da parte mia ho anche preso nota di alcune formazioni rocciose più a settentrione e più in alto che vorrei rivedere.Che buffo! Sto viaggiando e già vorrei tornare.Ma è così per tutti.Per chi volesse vedere queste figure dipinte e qualche monumento preislamico nella pietraia che marca lo sbocco dello oued che scende dal plateau, ecco la posizione. 21°26,024 3°7,687.

E intanto i giorni sono passati e siamo al 28-10-05! E dobbiamo raggiungere il “piede” del massiccio, procedere verso E e poi risalire a N lungo la parte molto meno conosciuta, il tutto naturalmente assieme ai problemi di acqua e benzina che iniziano ad affacciarsi. Infatti non ce la siamo sentita di attingere l’acqua fetida di Tedjert, neppure corretta con le pasticche micropur.E in tutto questo frangente non posso non riconsiderare la condotta di guida dei nostri autisti, davvero lenta, che mi aveva prima fatto ridere, poi stizzito, poi mi aveva semiaddormentato eeee…poi…mi ha vinto!Comunque questa condotta fino ad ora non ci ha procurato il minimo accidente o rallentamento o foratura, oltre a permetterci di osservare con attenzione il terreno e la falaise.Non so poi come sia successo a me, così “elettrico” e insofferente, di non patire più questo pomposo incedere!Comunque sia procediamo …solennemente verso il punto in cui gireremo ad est. Il carattere tassiliano – con roccioni traforati e separati da corridoi – si va attenuando e poi rapidamente ci troviamo in un paesaggio lunare nel quale la consueta e amica falaise scema e si sfalda in conglomerati rocciosi arrotondati. Poi, di colpo, i conglomerati rocciosi diventano isole di roccia nel terreno piatto e di colpo prevalentemente sabbioso, anche se solido.Ho comunqque la percezione precisa del sole implacabile di oggi e della sparizione improvvisa di quel verde, così raro ma così gradito, del cambiamento di colore verso un biancore fastidioso. Ho anche un momento di pura gioia quando vedo, in mezzo a tutto questo “vuoto” una acacia che ci appare immensa ed è davvero grande 21°20,803 3°6,986 Ci accorgiamo anche che vi sono delle tracce che sembrano obbedire alla nostra stessa logica, quella di aggirare il massiccio, e le teniamo d’ occhio.L’acacia è comoda, e fresca, l’ acacia è ombra ma…siamo un pò troppo a S di quanto ci proponiamo, e cioè dobbiamo ora andare verso NE per giungere a quello che mi interessa: si tratta di due “vallette” parallele con andamento W E, nelle quali ripongo qualche speranza di trovare qualche sito rupestre.Passiamo per il punto 21°20,500 3°8,60 e poi 21°21,430 3°10,950 e scopriamo un a vegetazione di cespugli e alberi sviluppati, un verde che ci appare incredibile se rapportato al luogo e alla fine dell’estate. Gli autisti si consultano stupefatti.Ma prima di parlarvi di questa e di altre posizioni vi devo dire che qualche Km prima, nel mezzo di quella pianura punteggiata da mucchi di massi ho avuto una visione: senza fermarci siamo passati accanto a un piccolo rilievo fatto di rocce nerissime e vagamente prismatiche: ma ve ne è una , più prismatica delle altre e ora orizzontale e sovrapposta alle altre. Un prisma di circa 4×0,5×0,5m.

E io so, io so perchè lo intuisco e paradossalmente ne sono certo, io so che QUESTO prisma è stato oggetto di rispetto, di grande rispetto..

E so anche che hanno provato a drizzarlo a mò di monolito.Io so tutto questo, ma non ho ne avrò modo di dimostrarlo, e la dimostrazione o il crollo della mia ipotesi fortunatamente spetteranno ad altri lucidi sognatori: saranno loro che staranno in questo magnifico e lunare paesaggio e raccoglieranno e scaveranno attorno, e poi drizzeranno di nuovo il monolito. Scrivo tutto questo e non sono un adepto di una setta new age.Ma ora siamo vicino allo sbocco comune delle due vallette e ci accorgiamo con dispetto che quella più settentrionale è di difficile accesso per noi perchè appare sbarrata da un ghiaione, e inoltre a prima vista non si vedono in giro ripari allettanti, ripari che possano contenere arte rupestre.In ogni modo c’è una circostanza che è incoraggiante: le tracce puntano direttamente dove vogliamo andare noi, e cioè nella valle più meridionale. Queste tracce non sono per noi un puro indicatore direzionale per doppiare il punto meridionale del massiccio. Sono anche un indicatore di passaggio che è attuale, ma che può ricalcare transiti ben più antichi. Ed è quello che ci interessa.21°25,50 3°13,300 è un punto che marca una uscita a S dalla valletta, ma noi andiamo avanti, stupiti come bambini da tutte quelle macchie di verde – a volte più fitte, a volte meno – ma un verde inatteso che continua, e del fatto che le tracce non continuano lungo la valle, ma prendono tutte la via d’uscita.Orme di cammelli e di gazzelle sono altrettanti momenti di discussione per gli autisti… perchè i cammelli devono pur bere e i nostri tre accompagnatori ci fanno capire che sospettano che ci siano altri punti d’acqua più vicini di Tedjert. Qualcuno sono sicuro che in futuro prenderà in considerazione la riflessione degli autisti.Arriviamo al nostro punto estremo di penetrazione nella valle verdeggiante 21°25,220 3°10,215 e ci fermiamo per la foto di rito, in piena felicità. Anche se da un punto di vista d’arte rupestre non abbiamo trovato nulla di quel che sognavamo.Ma siamo comunque felici, e indichiamo col dito due (improbabili) ricettacoli d’arte rupestre, tanto per dire a noi stessi che torneremo e vinceremo l’ostacolo che oggi ci ferma.E davvero speriamo di farlo.Chi si troverà a passare da quelle parti comunque potrà andare fino al fondo della valle meridionale e cercare passaggi laterali verso S e poi verso E. Potrà anche esplorare un passaggio verso la valle settentrionale: passaggio sabbioso e stretto appena intravisto.Quelli che ora fornisco sembrano solo dei punti, ma in realtà scandiscono l’uscita dalla valle e l’accesso al lato E del massiccio.E’ un passaggio facile ma davvero per noi è solenne nel suo significato: si torna a casa, ma il ritorno è un nuovo, bellissimo viaggio.21°23,465 3°15,216 poi 21°23,425 3°15,948, poi 21°23,856 3°17,941 poi 21°24,085 3°18,759 e infine l’uscita sul lato E 21°24,015 3°19,365 e ancora la breve trasferta verso un meritato campo 21°24,520 3°19,133. Scopro che questo campo è esso stesso un varco tra il massiccio e la pianura ad E. Guidato da questa constatazione mi spingo a piedi dal campo verso l’interno del massiccio e nel raggio di due Km scopro utensili del paleolitico inferiore e medio…e a malincuore li lascio stare dove sono.A dire la verità non sono granchè, ma ormai alla cosa siamo abituati.Per il momento il lato E si presenta con una serie di rilievi dalle cime arrotondate e dai pendii molto più ricoperti di sabbia di quelli sul lato W. Per la miseria, alla fine ci sono arrivato su questo remoto lato E!

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Prima di continuare e di concludere, un passo indietro : ho riassunto i punti della uscita dalla valletta “verde” e del passaggio verso il lato E della falaise. Ma si intende che chi si prenderà la briga di arrivare fin qui è caldamente consigliato di scegliersi un altro passaggio guardando la carta e le foto satellitari. Chissà che non trovi qualcosa di archeologicamente interessante. Di sicuro troverà dei gran bei panorami incontaminati!A livello fuoristradistico non dovrebbero esserci difficoltà, in base a quello che abbiamo visto lungo il nostro itinerario. Al massimo qualche tratto di sabbia molle. Alla partenza dal nostro primo campo (21°24,520 3°19,133) sul lato E iniziamo la risalita verso settentrione. Mi viene un pensiero banale e sciocchino, ma non posso non riferirlo: …ma guarda; anche in questo caso teniamo la falaise alla nostra sinistra…l’unica differenza è che ora andiamo verso N, mentre prima la direzione era S !Come intuizione geografica non c’è male! Ma forse ero preoccupato per la poca acqua!Dopo pochi chilometri vediamo una sorta di ampio varco nella falaise (alla nostra sinistra!), con una serie di roccette accatastate che formano qualche piccolo riparo. Un’occhiata con Jorg e decidiamo la sosta, anche se siamo appena partiti. 21°25,304 3°18,731Tutti si sparpagliano alla ricerca…di non si sa cosa (ma è proprio questo il bello), ma tocca a me di trovare il riparo dei cacciatori.Preistoria? No. Si tratta di un vano nascosto e non visibile dalla pianura, ma accomodato con fili elettrici penzolanti dall’alto e che tengono sospesi due sacchetti con resti di datteri, vecchissime aspirine e brandelli di vestiario.Altri brandelli e qualche altro misero accessorio di vita tappezzano il piccolo fondo del riparo. A qualche metro una tanichetta d’olio motore, alcuni legni per un’armatura di capanna, una tanica ruggine, un sottile treppiede in ferro per sospendere qualcosa sul fuoco (costume NON targui) e altre misere suppellettili, abbandonate da vari anni, forse decenni.Ancora tra i due autisti sorge una piccola discussione. .Intuisco che si tratta sempre del problema dell’acqua. Come faceva il cacciatore o i cacciatori a resistere senza acqua? Venivano regolarmente riforniti oppure esiste(va) un punto d’acqua (anche temporaneo) che non è conosciuto? Abdelkader II che vive ed abita a Abalessa, dice che non ha mai sentito di nessuno che abbia fatto questo tipo di permanenza a S di Ti-n-Missao.E’ lo stesso Abdel II che mormora la sua Bismillah (ci può essere una vipera) e si cala sul fondo del piccolo riparo per rovistare. Dalla coltre di sabbia emerge una piccola sella di cammello e altri poveri oggetti. Notiamo tutti che vi è una poderosa barramina (sorta di gigantesco scalpello lungo più di 1,5 m e dal diametro di 6 o 7 Cm) di acciaio poggiata su una parete.Altri piccoli misteri. Tra le povere cose di questo riparo abbandonato emergono inaspettatamente due trappole da cacciatore, e sento che gli autisti mormorano….Mali.Ma anche in questo caso non troviamo tracce di arte rupestre nei dintorni.Senza poter al momento commentare, rimontiamo in auto e continuiamo. La falaise ci sembra meno alta di quella dei giorni scorsi, ma sempre scarsamente permeabile alle intrusioni.Tuttavia è un’impressione temporanea perchè poco più a settentrione, a più riprese è possibile risalire fino al plateau.Al punto 21°29,780 3°17,705 si vedono finalmente dei bei ripari – di quelli scenografici- alti rispetto a noi una trentina di metri e mi avvio arrancando. Ma è solo più a destra di quelli scenografici che scopro un piccolo e meno protetto riparo che su una roccetta suborizzontale offre un’incisione di un labirinto o meandro, o miniatura di tomba a chiavistello che dir si voglia. Anche in questo caso resto senza parole per la sorpresa. Ne parleremo in seguito. Non posso fare a meno tuttavia di spingervi ad osservare dove si trova questa incisione, comunque discoidale, rispetto alla testa del mammifero rozzamente inciso in basso.A qualche metro di distanza un gran bel frammento di ceramica incisa a solchi paralleli e accanto un frammento più rozzo ecc..Da questo riparo procedendo verso N, la falaise inizia a essere più facilmente risalibile, ma è al punto 21°35,401 3°13,894 che si vede una certa concentrazione di monumenti preislamici. Infatti dietro una piccola collinetta e verso la falaise si apre la valletta di Tamada, altro punto d’acqua, che veniva definito permanente. C’è una verdissima macchia di cespugli, ma di acqua niente traccia. Non abbiamo il tempo di visitare il versante sinistro (settentrionale) della valletta che, mi è stato riferito, dovrebbe recare decine e decine di rozze incisioni submoderne. Sarà per un’ altra volta, ma ora bisogna risalire e fermarsi il meno possibile. Chi guardi la carta si accorge che ci troviamo all’altezza della profonda valle di Tedjert (dall’altro lato del massiccio), e che la valle di Tamada è assolutamente allettante per una visita accurata.Passiamo anche oltre un punto più a N in cui dovrebbe esserci una guelta non segnata sulle carte, ma ci mangiamo le unghie e proseguiamo senza fermarci. Proviamo anche a salire sul plateau più a N, ma troviamo i soliti macinelli e modesti utensili di fattura paleolitica.A questo punto dico di fattura e non di epoca paleolitica perchè un recente e autorevole volume sulla preistoria del sahara viene riportata la circostanza che ignoravo del tutto che i galets aménagés (detti anche chopping tools,tipologia di utensili la più arcaica immaginabile) hanno continuato ad essere usati e prodotti fino…ai giorni nostri). (Ginette Aumassip.,2004 . Préhistoire du Sahara et de ses abords. Maisonneuve et Larose pag. 56). Prudenza ragazzi, prudenza nelle affermazioni.Più a N 21°38,21 3°12,973 si vedono tre ripari sul plateau. Ci vado con poche speranze e nel riparo più plateale trovo una modesta incisione a profilo picchettato e vagamente ripassato di orix. Da questo punto in poi l’interesse maggiore diventa di tipo paesaggistico, con le dune di sabbia che si avvicinano fino a lambire la falaise e con il paesaggio che include, oltre rocce e sabbie, anche tombe e vegetazione rada ma verdissima.In lontananza si vedono a NW e tra le sabbie alcuni rilievi rocciosi che mi attraggono per la loro posizione remota e apparentemente fuori dalle piste e dalle battute di caccia anche dei Kuwaitiani che a volte vengono a cacciare con i falconi, e decine di 4×4.Ora la falaise è spesso interrotta e accessibile e si intuisce che il plateau si sta sensibilmente abbassando di livello fino a coincidere, poco più a N, con il piano di campagna.In uno degli ultimi tratti in cui la falaise è erta, scorgiamo tre ripari, grandi e belli. La faccio breve: una macina fissa e basta, un framento ceramico e una tomba a tumulo perfettamente mimetizzata nella pietraia da incubo che devo superare per arrivare ai ripari.A questo punto getto la spugna e senza più degnare di uno sguardo l’ingrato massiccio ci dirigiamo verso il pozzo non segnato sulle carte (che ha acqua con scarafaggi, ma trasparente e dal sicuro conforto psicologico) e poi verso le alture di Tiouweijine, che raggiungeremo l’indomani (31/10/05). Dal pozzo a Tiouweijine vediamo – e ci teniamo lontani- almeno tre convogli di minatori.Durante la notte una fantastica messe di stelle filanti, alcune delle quali lasciano una scia che dura anche 45 secondi. Scopriremo in Europa che queste inconsuete stelle filanti in ottobre sono state oggetto di articoli sui giornali.A Tiouweijine ci aggiriamo affascinati tra le magnifiche forme granitiche arrotondate, che coesistono a poche centinaia di metri con paleosuoli immensamente più antichi (vedi “le scienze” dicembre 2005, carta a pag. 77) e visibili, come lo sono in tutto in una trentina di altri luoghi nell pianeta. Da questo sito ci dirigiamo verso il cratere d’esplosione (esplosione sotterranea di gas naturale), e possiamo vedere le tracce di roccia liquefatta dal calore sul lato S. 22°52,782 4°27,080 Il tragitto da 22°49,910 4°14,860 al cratere non presenta difficoltà di percorso, ma è proprio bello, e prepara lo spirito ai primi contrafforti dello immenso massiccio (inteso in senso lato) montuoso dello Hoggar.Ci dirigiamo verso il punto d’acqua di Ti-n-Deher, ma ben presto ci troviamo in una ragnatela di tracce tra il letto dello oued Amded e quello dello oued Taklet, che si intersecano. Vegetazione abbastanza alta e verde.Una Toyota (il primo veicolo che vediamo dopo giorni e giorni) e la conseguente chiaccherata tra autisti ha il risultato di informarci che il punto d’acqua non è più utilizzato da anni e che l’acqua bisogna cercarla altrove, nel nuovo sito di ti-n-Deher.Chi vuole provare deve comunque rassegnarsi al fatto che il punto d’acqua (insabbiato) può non essere più nella posizione segnata sulla carta e risalente a parecchi anni or sono.Il paesaggio ora ha perso di colpo tutta l’immensa apertura d’orizzonte delle vaste pianure dei giorni scorsi, ed è scandito da saliscendi tra suolo duro ma sabbioso e rilievi sassosi e con vegetazione.Ecco una serie di punti dal cratere d’esplosione al nuovo villaggio di Ti-n-Deher. E’ una questione di orientamento piuttosto che di difficoltà fuoristradistiche, ma non è escluso che con prolungata siccità e altro tipo di suolo vi possa essere qualche breve tratto di sabbia da vincere.22°54,520 4°28,769 22°55,360 4°30,670 22°55,660 4°32,225 (letto oued) 22°56,800 4°33,109 22°56,600 4°34,400 (bivio x Silet?) 22°56,076 4°36,028 (uscita oued) 22°55,00 4°41,317 22°53,650 4°44,056 22°52,229 4°46,400 (segni di vita! è lo oued Abalessa, che non va attraversato) 22°52,514 4°46,979 22°52,446 4°47,129 (finalmente un pozzo con acqua e brava gente che esce dalle case e ci guarda senza nulla voler sapere!) dal pozzo si può prendere sia la strada, che seguire lo oued verso Abalessa. Noi seguiamo lo oued e facciamo campo a qualche Km da Abalessa 22°52,590 4°48,920.E proprio quella sera scopro che la presenza (abbondante) di acqua permanente può portare a qualche imprevisto.Mi sono messo auna quindicina di metri dagli altri e sto per coricarmi quando vedo fuoriuscire dalla base di un piccolo ciuffo d’erba (e ve ne sono di ben più grandi) un agguerrito esercito di formidabilissimi enormissimi formiconi con una sorta di livrea a strisce bianche sul dorso! Si dirigono proprio verso la mia brandina. Abdel mi dice di lasciar perdere perchè i Tamanrasset, quando ci si mettono in tanti a pungerti, hanno lo stesso effetto di uno scorpione. Non sono poi così entusiasta della constatazione entomologica, ma apprezzo il consiglio e trasferisco il giaciglio. Avevo letto da qualche parte che Tamanrasset era il nome di un insetto, ma mi immaginavo di un insetto raffinato, elegante, esotico, magari fastidioso ma innocuo. Errore.22°52,848 4°50,570 jardins di Abalessa 22°53,740 4°51,187 asfalto verso il distributore 22°53,738 4°52,00 distributore di Abalessa (la tomba di Tin Hinane è sull’altura recintata a 1 Km circa, con casetta e guardiano. Chi la visita non manchi le incisioni alla base di alcune pietre dei muretti a secco e osservi anche la peculiare tecnica costruttiva dei muretti con alcuni sassi infissi verticalmente tra quelli disposti a strati orizzontali.Ho già avuto occasione di vedere la tomba di Tin Hinane la sciancata e devo dire che la mia impressione continua ad essere quella che identifica questo insieme di vani irregolari con un agadir, un granaio fortificato.A questo punto devo dire che ho commesso una bella sciocchezza perchè ho ritenuto di essere in una zona conosciuta e ho riposto il GPS, che non mi entusiasma mai e che mi mangia le pile e anche la bile. Da Abalessa alla piccola oasi di Tahart ritengo sia uno dei percorsi più difficili da mantenere, pieno com’è di decine e decine di scorciatoie e tracce verso agglomerati di una, due, cinque zeribe perse nel nulla, oppure di tracce dirette verso pascoli per cammelli. Confesso che non sarei capace di rifare questo tratto da solo. Ma è un percorso tutto da filmare, di grande, austera, formidabile e indimenticabile bellezza fatta di pietraie e solchi di sabbia, di vegetazione e maestosi roccioni, e anche di pendii di TERRA con cespugli.Con fierezza mi viene indicato il luogo dove si accampava Mussa ag Amastane, l’ultimo Amenokal dei Tuareg. é uno Hoggar minore, ma minore solo perchè è meno battuto del circuito dell’Asserkrem. Ma ormai siamo sulla via di casa, e varrà la pena dedicare un futuro viaggio a questa regione. Ci sentiremo, penso, per qualche considerazione sull’arte rupestre nel massiccio di Ti-n-MissaoScusate la prolissità e barakallaufik per i vostri prossimi viaggi. Lorenzo De Cola
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