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C’era una volta in Algeria di: Nicola De Marinis

– Posted in: Africa, Africa Occidentale, Nord Africa, Resoconti di viaggio

By Nicola De Marinis
Originally Posted Friday, July 23, 2004

 

“C’era una volta in Algeria”

Viaggio in moto al seguito di una spedizione umanitaria che porta aiuti in una missione a Nanoro’ in Burkina Faso
Dove una burocrazia al limite dell’impossibile e le ostilita’ del deserto del Sahara, hanno messo a dura prova l’intero Convoglio.

Testo e foto di: Nicola De Marinis

 Sotto una pioggia torrenziale ci troviamo tutti al porto di Genova dove c’imbarcheremo alla volta della Tunisia.Io, il fotografo della spedizione con un’Honda 600 Transalp preparata per questo tipo di raid, Enzo Turrini, meccanico di moto di Recco con la sua Suzuki big 750, Maurizio Missiroli di Ravenna veterano di viaggi nel continente africano non che’capo spedizione del convoglio umanitario a bordo di un fuoristrada toyota, suo figlio Nicola che condurra’ l’ambulanza, Enrico Vallomy d’Aosta addetto alla guida del pesante camion Iveco, Enrico Tabanelli anch’egli di Ravenna medico della spedizione, ed infine Alfredo Ricci di Rapallo appassionato di viaggi nel sahara con il suo inseparabile mezzo militare Pinzgauer.

L’ambulanza ed il camion sono carichi d’aiuti umanitari.Il tutto, ambulanza e camion compresi, verra’ donato alla missione dei Padri Camillinani a Nanoro’ in Burkina Faso.

Enzo ed io con le nostre moto preparate per grandi raid nel deserto per precedenti viaggi nel Sahara, attraverseremo con il convoglio umanitario tutto il territorio Tunisino ed Algerino, separandoci poi se tutto procedera’ secondo i piani di viaggio, al confine tra Algeria e Mali, precisamente alla sperduta frontiera di Bordj Moktar.

Le venti ore di navigazione passano abbastanza velocemente.Il pomeriggio seguente arriviamo al porto di Tunisi, dove iniziamo le estenuanti procedure di sdoganamento.

Prendiamo direzione sud pensiamo di arrivare a Tozeur verso mezzanotte.Con le moto siamo piu’ veloci degli altri mezzi, ci fissiamo appuntamento di tappa a Gafsa.
Di sera non è molto consigliabile viaggiare per via di qualche carretto senza luci che ti attraversa all’improvviso la strada. Ma non possiamo perdere tempo, il viaggio è lungo,l’aria è fredda, dovuta alle recenti e violente piogge che si sono riversate nel nord della Tunisia.

Arriviamo a Gafsa, e dopo circa un’ora arriva anche il resto della spedizione.Andiamo a mangiare in un piccolo ristorante nell’affollato centro del paese suscitando non poca curiosita’ tra gli abitanti, lasciando i mezzi alla stazione di servizio, puntualmente piantonati dalla polizia del luogo.Sono le 23,00 quando lasciamo Gafsa e percorriamo velocemente i 100 km che ci separano da Tozeur dove arriviamo dopo mezzanotte.

La frontiera Algerina

La mattina seguente lasciamo alle nostre spalle le oasi di Tozeur e Nefta per dirigerci alla frontiera con l’Algeria.

Arriviamo all’ultimo controllo tunisino di Hazoua dove in poco tempo espletiamo le formalita’ d’uscita dal paese.Oltrepassiamo la sbarra e percorriamo i 6 km fino alla dogana algerina, dove con tono imperativo ci dicono di fermarci e spegnere i motori, sappiamo che qui le formalita’ sono molto lunghe, e sottostiamo alle direttive dei militari algerini.Presentiamo ognuno i propri documenti; e qui la sorpresa; Enzo ed io possiamo proseguire con le moto, gli altri compagni di viaggio anche, ma l’ambulanza ed il camion no, sono trattenuti in frontiera! Motivo? Manca una dichiarazione della dogana centrale d’Algeri.

Questo “intoppo” burocratico ci costera’ 3 giorni di permanenza in dogana;riusciamo a ripartire grazie all’intervento dell’Ambasciata Italiana di ad Algeri.

Verso sud

Arriviamo a Toggourt a notte fonda ed il freddo si fa sentire, alloggiamo al hotel Oasis, decoroso, in perfetto stile nord’africano.

All’indomani di buon’ora ripartiamo in direzione sud, faremo tappa all’oasi d’El Golea;Il nastro d’asfalto taglia in due questo altipiano senza fine.
Facciamo rifornimento di carburante ad una stazione di benzina ,e dopo qualche km la suzuki di Enzo fa fatica a ripartire,piccolo inconveniente dovuto a dello sporco nella benzina.

Di rado incontriamo dei pesanti autotreni carichi di mercanzia che riforniscono le oasi del grande sud.
Con le moto siamo decisamente piu’ veloci ed arriviamo per primi al posto di controllo posto sulla transahariana all’uscita del villaggio d’El Golea.Il gendarme ci invita a fermarci e con decisione ci chiede i passaporti e ci informa che possiamo ripartire tra due giorni con la scorta militare in direzione In Salah, un’oasi posta 400 km piu’ a sud. Ho sentito raccontare vari motivi sulla necessita’ di questa scorta, ma ogni volta mi dicono una versione diversa, ma mi sembra quasi un trasporto gratuito di militari destinati alle caserme del sud.
Al campeggio facciamo un piccolo controllo alle moto, dopo la pulizia del filtro dell’aria, esco sulla strada davanti al campeggio a provare la moto percorro un paio di km e rientrando verso il campeggio un ragazzino mi scaglia una grossa pietra colpendomi sulla gamba destra, procurandomi un grosso ematoma.Dolorante riesco a rientrare.

Il giorno seguente, andiamo a visitare la tomba di Padre Foucauld che è situata fuori del villaggio d’El Golea; ma di questo martire ne parleremo piu’ avanti quando con le moto arriveremo sulla cima delle montagne dell’Hoggar, sull’Assekrem a 2.900 mt dove sì trova il suo eremo.

Siamo gia’ a cinque giorni di ritardo sulla tabella di marcia, a malincuore decidiamo di staccarci dal convoglio per proseguire in direzione sud verso Tamanrasset.Dopo 60 km arriviamo al bivio.Salutiamo i nostri amici lasciandoli al loro destino.

Con le moto riusciamo a mantenere una buona media, ma dopo un paio d’ore di marcia, ci viene incontro una violenta tempesta di sabbia.
Siamo nel mezzo del Plateau del Tademait, un nulla assoluto per 400 km fino ad In Salah.La visibilita’ e ridotta a 10 15 metri riducendo drasticamente l’andatura.
Le moto e noi stessi veniamo completamente sabbiati o meglio smerigliati.Tolgo il G.P.S dalla moto per non rovinarlo, tanto non c’è rischio di perdersi, siamo sull’asfalto, o meglio quello che una volta era una strada asfaltata, oggi solo buche e solchi.La tempesta ce la porteremo fino alle Gole di Arak

La mattina seguente il vento è cessato e velocemente percorriamo i 380 km che ci separano da Tamanrasset.
Qualche km prima di In Eker, incrociamo sulla sinistra l’uscita della pista che arriva da Bordj Omar Driss / Amguid.
Questa pista l’avevo percorsa nel mese di marzo, ma ora a nord da dove ha inizio e precisamente ai quattro camini, è chiusa per via delle ultime vicende di turisti tedeschi sequestrati da fantomatici terroristi e poi rilasciati nel mese d’agosto.Ma l’assurdo che da qui la pista è aperta; storie di deserto, storie dal’Algeria.

Il deserto dell’Hoggar

La base di partenza è la mitica oasi di Tamanrasset, un tempo crocevia di carovane dirette nel Niger, oggi fuoristrada toyota hanno sostituito i dromedari.
A Tamanrasset, alloggiamo all’Hotel Tahat dove facciamo un giorno di sosta per rimettere in sesto noi e le moto, prima di intraprendere la pista dell’Hoggar che ci condurra’ sulla vetta dell’Assekrem a 2.900 mt d’altitudine dove si trova il famoso eremo costruito nel 1905 da padre Charles De Foucauld.Passiamo la mattinata a “lavorare” sulle moto cambiando i filtri dell’aria e facciamo un controllo capillare a tutto bulloneria compresa;abbiamo gia’ percorso 2.500 km.

Lasciamo Tamanrasset, e prendiamo la pista per l’Hoggar.Una pietra tagliente,fora la ruota anteriore della moto di Enzo;ripariamo e siamo di nuovo in moto.Negli 85km di salita verso la vetta, incontriamo dei turisti francesi con fuoristrada che vanno in senso opposto al nostro, e ci informano che le recenti e violente piogge hanno reso ancor piu’ accidentato l’ultimo tratto di pista, riducendola quasi ad una mulattiera.Siamo su un vasto altopiano, il G.P.S mi indica che siamo a 2000 d’altitudine.Il sole è tramontato.

La pista diventa sempre piu’ accidentata, ormai è buio, decidiamo di andare avanti.I potenti fari delle nostre moto illuminano la pista che a volte scompare per via d’oued in secca; arriviamo in cima all’Assekrem a sera inoltrata ,solo un buon allenamento ci ha permesso di portare le pesanti moto fino in vetta.
Ci rifocilliamo al rifugio del Centro Alpino Francese, dove passeremo anche la notte.Le guide sono contente di vederci e ci preparano un’ottima cena a base di cos cous; il fuoco del camino ed un ottimo tè alla menta ci fanno dimenticare le fatiche della giornata.Il giorno dopo percorriamo a piedi gli ultimi 300 mt di dislivello per arrivare all’eremo di Padre Charles De Fucauld;quest’ultimo fu ucciso in una notte di dicembre del 1916 da predoni.
Oggi l’eremo e’ abitato da due religiosi Padre Alain e padre Pierre essi ci raccontano di questo posto mistico, osserviamo questo splendido panorama di guglie e picchi rocciosi e penso che siamo davanti ad uno dei piu’ belli panorami al mondo; a queste altitudini le albe ed i tramonti sono spettacoli naturali da non perdere.

La pista per Janet

Il nostro viaggio è lungo.Scendiamo con le nostre moto lungo le tortuose piste dell’Hoggar per dirigerci verso l’oasi di Janet, posta a ben 600 km piu’ ad est alle pendici del massiccio montuoso del Tassili n’Ajjer.

Percorriamo chilometri e chilometri di toule ondule’, un fondo di piccoli dossi ravvicinati, che mettono a dura prova le nostre moto,ma avendo entrambi montato degli ammortizzatori a lunga escursione ,riusciamo a far fronte ad ogni tipo di terreno.Arriviamo all’oasi di Hirafok, dove dei giovani tuareg, stanno lavorando su dei tronchi di legno costruendo dei bellissimi piatti artigianali.E’ passata un’altra giornata trascorsa sulle moto ed arriviamo all’oasi d’Ideles al tramonto e montiamo la tenda in prossimita’ della stazione di servizio di fronte alla gendarmeria
.Ma la benzina è finita, il camion che rifornisce la piccola stazione, è bloccato ad Arak per via delle innondazioni e non arrivera’ prima di una settimana.
Sapendo che qui ci sarebbe stato un rifornimento di carburante, non abbiamo riempito per intero i serbatoi delle moto a Tamanrasset per non appesantirle ulteriormente lungo le pendici dell’Assekrem ed ora siamo bloccati qui ad Ideles, un villaggio sperduto tra le sabbie delle ultime propaggini delle rocce dell’Hoggar.Ad Ideles si puo’ visitare una delle ultime botteghe dei forgeurs, i fabbri argentieri, che con martello, fuoco ed incudine forgiano delle bellissime croci tuareg.
Riusciamo a trovare della benzina all’ufficio postale tramite dei locali e ci sono dati 40 litri, piu’che sufficienti per arrivare a Bordj el Haoues, ex Fort Gardel.

A sera riusciamo ad arrivare a Hassi Seurenot, dove c’e’ una caserma, i militari sembra che aspettavano, evidentemente avvisati via radio dai colleghi d’Ideles.
Dopo i dovuti controlli ci allontaniamo per circa un paio di km dietro la caserma per montare il campo, ormai si sta facendo buio.Davanti ad un bel fuoco ci gustiamo la nostra cena che è sempre piu’o meno uguale, ma poco dopo arrivano a piedi un tenente ed un caporale con un sacchetto con dentro frutta, yogurt, datteri e dell’acqua fresca. Ci prepariamo un bel tè per concludere questa faticosa ma entusiasmante giornata; sopra di noi un cielo cosparso di miliardi di stelle.

La mattina dopo percorriamo una bellissima zona di sabbia in navigazione totale, senza tracce, per poi ritrovarle dopo molti km, il vento aveva cancellato tutto ed è facile perdere i riferimenti ma è importante mantenere la direzione giusta con l’aiuto del G.P.S.

La pista si allarga di nuovo, viaggiamo con le moto ad una buona velocita’ mantenendoci a distanza, poi di nuovo si restringe a quasi 2 metri di larghezza per superare una piccola collina per poi allargarsi nuovamente.Il fondo ora è di pietre taglienti che mettono a dura prova i nostri copertoni.All’orizzonte si vede la catena montuosa del Tassili n’Ajjer, il satellitare mi segnala l’asfalto a 10 km e poco dopo si cominciano a vedere le grosse parabole militari del villaggio Bordj el Haoues. (ex Fort Gardel).

Janet

Prendiamo l’asfalto e ci dirigiamo in direzione di Janet.Il paesaggio è stupendo pinnacoli di roccia si ergono dalla sabbia come monoliti, siamo nel mezzo del parco del Tassili, ricco di graffiti rupestri dell’epoca neolitica.Sull’asfalto le vibrazioni finiscono ed è piacevole guidare le moto su questi “saliscendi”.

Al tramonto arriviamo a Janet, la via centrale è affollata di gente per via del mercatino, i caffe’ ricominciano ad affollarsi, vecchi fuoristrada vanno e vengono dalle agenzie turistiche che organizzano tour nel parco del Tassili; ci sentiamo quasi disorientati dopo diversi giorni passati nel deserto in un silenzio totale.

La risalita verso nord

Sono gia tre settimane che siamo in viaggio.Dobbiamo portarci verso nord e la strada è lunga, pensiamo di metterci almeno due giorni se tutto andra’ bene per risalire fino su in Tunisia.

Manteniamo una buona media, stiamo attraversando il Plateau du Fadnoun.Tempo fa per percorrere i 400 km che lo attraversano ci si impiegava almeno quattro giorni, era una pista infernale, tutta pietre e rocce: oggi una strada asfaltata collega Illizi a Janet che era hai tempi,troppo isolata.

Facciamo tappa ad Iliizi dove pernottiamo, all’indomani passando per In Amenas arriviamo fino al villaggio di confine di Deb Deb.

Il Villaggio di Deb Deb

Qui convergono tre stati Tunisia, Algeria e Libia.Pernottiamo in un alberghetto che un tempo serviva da prigione.Il giovane proprietario ci prepara un’ottima frittata d’uova e patate.Il clima è cambiato, fa piu’ freddo.Il giorno dopo il paese è in festa, o meglio tutto il mondo islamico, il ramadan è terminato.Andiamo a prendere un caffè.

Ci rincorrono una trentina di bambini vestiti a festa, e mentre siamo seduti al tavolino del bar, essi circondano curiosi le moto.Ma siamo piu’ a nord ed anche i bambini sono piu’ scaltri, prima di ripartire mi viene un dubbio, apro la borsa posta sul serbatoio ed ecco la sorpresa; mancano dalle moto due macchine fotogrfiche.I bambini ci guardano, qualcuno scappa.
Enzo riamane lì vicino alle moto arrabbiato non poco, ed io mi dirigo alla gendarmeria dove spiego dell’accaduto.Prontamente il comandante ordina di andare a cercare il piccolo furfante.I militari rivoltano il piccolo villaggio come un calzino, ed in meno di due ore trovano il giovane colpevole e ci vengono restituite le due macchine fotografiche;Ringraziamo e ripartiamo.

L’Erg Orientale

La giornata è grigia il freddo si fa sentire.Risaliamo l’erg orientale.Da qui a Hassi Messaoud ci sono quasi 500 km di strada quasi completamente insabbiata come la segnala anche la carta michelin: “route fréquentement ensablée”.Per tutto il giorno è un su e giu’ dalle dune che ostruiscono la strada che a tratti scompare del tutto per poi ricomparire due o tre chilometri piu’ avanti.Ma nel tardo pomeriggio ecco l’imprevisto; un cilindro della mia moto cede e proseguire con un cilindro solo un’impresa impossibile.
Proviamo, ma la moto non avendo piu’ la potenza necessaria, fa fatica a galleggiare sulla sabbia.Decidiamo di abbandonare la moto e proseguire in due con l’altra moto.Sul G.P.S vediamo che siamo vicini alla caserma di Sif Fatimah, e dop 30 km arriviamo alla caserma.

Spieghiamo ai militari della moto che è bloccata sulla pista, e subito dopo con due fuoristrada andiamo a recuperarla.

Lasciamo le moto in questa caserma sperduta ed i militari ci dicono di salire con loro su un fuoristrada, percorriamo una decina di km e poco dopo arriviamo in una base petrolifera americana dove passeremo la notte.

Il giorno dopo ripartiamo in direzione Hassi Messaoud, la pista è notevolmente migliorata, la moto va con un cilindro solo, ma non posso mantenere una buona velocita’, ci sorpassa un pic up che arriva dalla base d’El Borma.I conducenti si offrono per caricarmi la moto sul loro fuoristrada fino a Hassi Messaoud.

Verso il confine Tunisino

La moto va sempre peggio decidiamo di trainarla fino in Tunisia.Al traino riusciamo a mantenere una velocita’ di 80/90 km orari.

Passiamo da Toggourt da dove eravamo transitati tre settimane fa, ma a 30 km da El Oued la corda si allenta impigliandosi nel parafango, la moto diventa ingovernabile, Enzo non si rende conto di quello che sta succedendo dietro di lui ed accelera tirando involontariamente la mia moto di lato che violentemente si ribalta trascinandola per una decina di metri.Io cado violentemente sull’asfalto ruvido, ma mi rialzo quasi subito, Enzo spaventato corre verso di me, sono tutto dolorante ma di rotto apparentemente non c’e’ nulla a parte una forte distorsione al polso destro, ginocchio, gomito e caviglia pestati e casco sbucciato; poteva andare peggio.Si ferma un’auto con quattro algerini che ci danno una mano ad alzare la pesante moto che ha la parte sinistra completamente “limata” dall’asfalto che sembra carta vetrata.Dolorante mi sdraio sulla sabbia a lato della strada, ma poi decidiamo di ripartire ed arrivare in Tunisia. Arriviamo al confine alle 2,30 di notte dove velocemente facciamo dogana e dopo un’ora siamo a Tozeur.

All’indomani il dolore al braccio è piu’ forte, ed una persona che lavora nell’albergo dove abbiamo dormito, ci trova un camion per caricare le moto e trasportarle fino a Tunisi per evitare di nuovo il traino per altri 500 km..La mattina dopo raggiungiamo il porto dove ci imbarchiamo per l’Italia.
Sul traghetto incontriamo degli italiani che dovevano andare in Algeria,ed anche avendo i visti ,non li hanno lasciti entrare,dal 30 novembre le autorita’ algerine, hanno messo una legge che si entra nel pese solo se si viene presi in carico da una guida locale.

Mi ritengo fortunato,di essere andato negli anni in questo meraviglioso paese in completa liberta’ avendo fatto delle bellissime solitarie in moto.

Arriviamo a Genova, fa freddo, saluto Enzo, grande compagno di viaggio di questa indimenticabile avventura.

Le luminarie annunciano il Natale; laggiu’ sulle vette dell’Hoggar cade la prima neve; c’era una volta l’Algeria.

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Le moto del viaggio

Le moto del viaggio sono :una Honda Transalp 600 modello 1987’ completamente modificata per raid nel deserto equipaggiata con :
ammortizzatori maggiorati nelle escursioni sia nelle forcelle anteriori che nella molla centrale del retrotreno,due serbatoi aggiuntivi della benzina(oltre a quello di serie) in alluminio posti sulle fiancate,con pompa meccanica a depressione per un totale di 48 litri.
Un serbatoio per l’acqua in alluminio della capacita’ di 8 litri situato al posto del paramotore.Impianto elettrico indipendente per l’alimentazione del G.P.S Garmin Street Pilot Color Map cartografico posto sul capolino su supporto Touratech.Pneumatici Desert Michelin con camere d’aria rinforzate.

L’altra moto e’ una Suzuki Big 750 anch’essa modificata per grandi raid ,con ammortizzatori maggiorati e con taniche per la benzina poste nei lati della moto e borse artigianali in alluminio.Sistema di navigazione con trep e G.P.S Magellan e road book il tutto montato su supporto in acciaio Touratech.La Suzuki ha una capacita’ di benzina di 52 litri.

In entrambe le moto,e’ stato modificato anche l’aspirazione e lo scarico.

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Consigli utili

Un viaggio in Algeria nel deserto dell’Hoggar,non e’ da farsi alla prima esperienza di raid nel deserto.
Avere una buona esperienza di orientamento e di guida su sabbia, e’ essenziale.Una pista di 700 km, può iniziare con un fondo decisamente facile,ma poi dopo 200 km diventa accidentato e difficoltoso.Oggi i sistemi di navigazione satellitare apportano un grande aiuto,ma gli strumenti si possono guastare o rompere per una brutta caduta.
Munirsi di ottime cartine tipo quelle dell’’.I.G.N francesi che sono molto dettagliate, la michelin 953 va bene, ma solo sull’asfalto.Un buon allenamento sia in palestra che di guida ,e’ essenziale ,i chilometri sono molti e portare in cima all’Hoggar due moto di 250 kg , di peso non e’ stata cosa da poco.
Le moto devono essere autosufficienti nell’autonomia di carburante(almeno 50 litri di benzina per ogni moto) ed un minimo di pezzi di ricambio come :camere d’aria di scorta ,candele fili acceleratore e frizione,acciaio rapido per chiudere eventuali perdite o rotture.(come e’ capitato per le forti vibrazioni causate dalla micidiale toule ondule’).
Bulloni autobloccanti di varie misure,fascette a strappo ed a vite e l’immancabile nastro adesivo americano.e chiavi inglesi di varie misure.

Ottime per gonfiare i pneumatici le bombolette a pressione che si avvitano sulla valvola.Inutile ricordare che le moto vanno rinforzate nelle sospensioni,quelle di serie,potrebbero avere dei seri problemi.

Evitare il piu’ possibile di caricare il bagaglio a sbalzo,le forti vibrazioni causate dalle piste accidentate possono in alcuni casi “tranciare ” anche le saldature.

Totale km percorsi 5.200.

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Il traghetto da Genova

Con Grimaldi lines,si effettuano due corse settimanali,il mercoledi’ ed il sabato

Con Tirrenia C.TN si effettua una corsa settimanale il sabato. Per entrambi le compagnie il costo si aggira a € 350,00 per persona piu’ moto in cabina andata e ritorno.

Documenti

Per la Tunisia:

E’ sufficiente il passaporto in corso di validita’,il visto viene posto in frontiera a Tunisi.

Per l’Algeria:

Passaporto valido almeno 6 mesi e senza precedenti visti per Israele.Il visto viene richiesto all’ambasciata d’Algeria a Roma in via B.Oriani n° 26 Roma tel.06.8084141 indicando gli itinerari previsti. Come gia’ accennato nel servizio,sono cambiate le leggi per i turisti che entrano in Algeria.
Nel paese si entra solo se si e’ presi in “carico” da un’agenzia turistica,la quale affida il gruppo ad una sua guida ufficiale,ma come si sa,le cose in questi paesi cambiano repentinamente,ed e’ meglio informarsi bene prima di affrontare il viaggio.Fare attenzione anche ad alcuni Tour Operator specializzati in viaggi nel deserto,il sottoscritto ha visto di persona motociclisti “abbandonati” con tanto di braccio rotto e senza assistenza all’aeroporto di Djanet.

 

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