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LIBIA ­ Dicembre 1994

– Posted in: Africa, Nord Africa, Resoconti di viaggio

Originally Posted Saturday, January 1, 2000

 

LIBIA ­ Dicembre 1994

Cecilia & Roberto Baratelli


Land Rover Defender 300 Tdi

Le tappe:

18/12/94 Tunisi ­ Kairouan

Dopo venticinque ore di traghetto, finalmente sbarchiamo a Tunisi: AFRICAAA ! Sono circa le 19 quando lasciamo il porto alla volta di Kairouan. Lungo la strada ci fermiamo ad un baracchino per camionisti. Il tempo di accoppare una pecora e siamo tutti a cena. Ripartiamo poco dopo intirizziti dal freddo alla volta di Kairouan dove pernottiamo in un vecchio hotel (Hotel Splendid ­ poca spesa tanta resa) del centro.

19/12/94 Kairouan ­ Zuara ­ zona imprecisata prima di Nalut

Da Kairouan ripartiamo verso Gabes, ci fermiamo al mercato e perdiamo un paio d’ore per l’acquisto delle ultime delicatessen del mondo “occidentale” pensando alla Libia come un paese devastato dall’embargo (quanto ci sbagliavamo!). Compriamo anche un paio di cassette di Cheb Mami, il re del pop rai algerino, che avrebbero dovuto allietare il viaggio se avessero funzionato almeno un po’. All’alba delle 13 ripartiamo verso la frontiera libica dove arriviamo in tardo pomeriggio, da buoni italiani facciamo finta di niente e passiamo davanti a circa 400 tunisini, algerini, egiziani in coda da ore. I doganieri timbrano tutto velocemente e ci fanno passare alla dogana vetture. Anche qui i controlli sono minimi ed addirittura riusciamo a pagare l’assicurazione e la targa libica con dinari cambiati in nero ! In poco più di 40 minuti siamo fuori: viva la Libia !!! Ormai è quasi buio, ci fermiamo a Zuara per la cena e poi guidiamo per un’altra oretta per trovare un posto isolato sulla strada per Nalut (km 780 da Tunisi) per la notte.

20/12/94 Nalut – Ghadames

Ci svegliamo mezzi congelati e con la tenda brinata per l’umidità della notte. Porca miseria che freddo! Sapevamo a cosa andavamo incontro, ma passare dal caldo delle nostre case alla tenda con alcuni gradi sottozero è un bello choc. La giornata scorre veloce attraverso Nalut (bella città arroccata su uno sperone di roccia), Darj punto di partenza per una pista “classica” verso sud (la Darj ­ Idri) ed infine Ghadames. Prima di Ghadames sulla sinistra vediamo le sagome inconfondibili di un paio di Mig in mezzo ad una brulla pianura, sicuramente una base sotterranea. Ci sistemiamo in un alberghetto all’entrata della città sulla sinistra, privo però di acqua calda (solo nella nostra camera).

21/12/94 Ghadames ­ altopiano prima dell’Erg Ubari

Appena dopo l’alba visitiamo la città vecchia, siamo soli in mezzo a vicoli e cunicoli che ci fanno temere di non poter ritrovare la strada. La città è bellissima ed è stata un crocevia di carovane sin da prima dell’anno mille. Dopo un’ora di visita in santa pace, usciamo dalla città ed incontriamo i nostri amici. Ci rechiamo tutti all’agenzia turistica che rilascia i permessi per la pista Ghadames ­ Ghat (880 km di pista e fuoripista). Scopriamo che è obbligatoria la guida alla modica cifra di 100 $ al giorno se viene con la propria macchina. Alle 12:30 siamo pronti a partire con le guide (Ibrahim e Abluhad) della Ghadames Travel and Tour (tel. Libia ­ 484 ­ 2533), imbocchiamo la pista uscendo da Ghadames sulla statale verso Nalut in corrispondenza di un piccolo oued. La prima parte della pista è molto polverosa, si corre veloci su di un altopiano piatto e senza orizzonte. Verso sera ci accampiamo nei pressi di uno oued dal quale sbuca un fennech impaurito. Dopo aver montato il nostro mega-tendone rigorosamente marcato US NAVY (comprato ad un’asta di materiale NATO a Torino) giusto per non avere problemi, accendiamo il fuoco ed attendiamo l’alba della luna. (Nota dell’autore: mi chiedo perché sono ancora qui a scrivere e non in garage a preparare la macchina!).

22/12/94 Erg Ubari ­ Erg Ubari tra le dune

Ripartiamo e ci troviamo ad attraversare una landa caratterizzata da qualche montagna tabulare e dalla foratura di una gomma di Florindo, il freno a mano del gruppo. Verso mezzogiorno siamo arrivati sul bordo della falesia che domina l’Erg Ubari, qualcuno urla “Duneee, duneee!”. Scendiamo di un centinaio di metri e puntiamo dritti verso quelle colline di sabbia dorata all’orizzonte. Finalmente nel pomeriggio giungiamo sulle prime dune ed è subito tragedia. Il nostro freno a mano riesce ad insabbiarsi pure in discesa. Non capiamo il perché, anche se la macchina è la più scarsa del gruppo (una LAND ROVER 90 aspirata), fin tanto che non scopriamo che il nostro amico non spinge mai più di metà gas!!! Comunque con un po’ di fatica riusciamo a trascinarcelo dietro, alleggerendolo di qualche quintale di carico che affidiamo alle guide dotate di un TOYOTA pick up 3500 benzina 6 cilindri e poche altre cose oltre a 500.000 km abbondanti sulle spalle. Prima che faccia buio ci accampiamo dietro ad una duna, accendiamo il fuoco e ci facciamo offrire il thè dalle nostre guide.

23/12/94 Erg Ubari ­ Erg Ubari dopo le dune

Passiamo la giornata tra dune e laghi salati, troviamo anche resti di uova di struzzo ed altre cose interessanti (bombe della II guerra mondiale e tombe di varie epoche). Alterniamo dune molto alte a corridoi ampi e veloci con qualche tratto di fech fech. Il campo serale raccoglie dei poveri disgraziati sporchi e distrutti dalla fatica. Nessuno è in grado di tenere gli occhi aperti lungo.

24/12/94 Erg Ubari – Ghat

Ancora sabbia e polvere. Per lunghi tratti ci addentriamo in un dedalo di piccole valli contornate da ripide montagne tabulari. Tocchiamo anche alcuni pozzi attorno ai quali la vegetazione è particolarmente rigogliosa (in genere è buona regola non utilizzare l’acqua che si raccoglie in superficie neppure per lavarsi dal momento che potrebbe contenere batteri e parassiti). Nel pomeriggio arriviamo in vista dell’Idinen, la montagna degli spiriti ove Heinrich Barth rischiò la vita durante uno dei suoi avventurosi viaggi effettuati all’inizio del secolo scorso. Con l’Idinen all’orizzonte, un cordone di dune alla nostra destra e lo Jebel Akakus alla sinistra attacchiamo con i Pink Floyd: le emozioni sono forti, i ricordi corrono alle immagini di una vecchia Paris ­ Dakar con Edi Orioli che corre ad oltre 150 Kmh proprio in questa valle. Ah, la moto! Poco dopo incontriamo l’asfalto ed in un’ora siamo a Ghat. Alloggiamo all’ostello comunale. Alla posta dove ci rechiamo per fare gli auguri di buon Natale (era il 24.12.94), troviamo una scritta dei nostri amici Lillo e Gianni entrati abusivamente in Libia nel 1992, scortati fino a Ghat per accertamenti (avevano avuto il tempo di telefonare dalla posta) e poi espulsi.

25/12/94 Ghat – Takarkouri

Alla mattina, dopo aver comprato magnifici gioielli Tuareg da un nigerino, scopriamo che il nostro freno a mano, per risparmiare sull’acceleratore, ha completamente bruciato la frizione. Fortunatamente troviamo un meccanico (leggasi rottamaio) che dispone di una frizione con spingidisco di un modello precedente (anni ’70) ma adattabile facilmente (la LAND è sempre la LAND). Quindi decidiamo di abbandonare la macchina per un paio di giorni dal meccanico ed effettuare un escursione nell’Akakus affibbiando i nostri freni a due guide. Nel frattempo però è giunto mezzodì e quindi prima di partire ci fermiamo in un ristorantino del centro storico di Ghat. Il ristorante è molto precario, ma l’oste ci accoglie a braccia aperte. Non è dello stesso parere il nostro freno a mano che non è indulgente con i locali quanto noi lo siamo con lui. Purtroppo capita l’irreparabile: la sedia della moglie cede facendola cadere senza alcun danno tra le nostre clamorose risate. Florindo, il freno a mano, però non ride e parte per la guerra santa: impugna una sedia buona e sotto gli occhi attoniti del povero ristoratore gliela sfonda con un calcio. Tutti pensiamo di essere fottuti, ma la prontezza del “boss”, Sergio, riesce ad evitare il peggio. Rimediamo solo una tremenda figura da maleducati ed incivili: bella roba per essere tra i primi turisti in un paese ritenuto a torto da tutti sottosviluppato. Finalmente dopo pranzo ripartiamo ed iniziamo la pista che ci porterà nel Tadrart (dopo almeno 3 posti di blocco). Al calar della sera le montagne dell’Akakus si illuminano di una luce rossa diffusa: il nero delle montagne e l’arancione della sabbia si confondono in un unico colore universale a bassissimo contrasto. Troviamo ospitalità sul fondo di un fiume secco ed essendo la sera del 25 dicembre disegniamo sulla sabbia un albero di Natale con le pietre (abbiamo notizie del nostro albero sino ad Agosto 1996 ­ 24°35.339N 10°19.229E ­ ne attendiamo altre!)

26/12/94 Takarkouri ­ Msak Mellet

Dopo aver smontato il campo partiamo per una delle tappe più belle del viaggio. Dapprima in una piana troviamo delle macine preistoriche, poi in fondo ad una duna altissima delle tombe pre-islamiche. Poi ancora un arco di roccia fantastico e delle pitture rupestri. Infine passiamo attraverso dune dorate in un labirinto di pinnacoli di roccia nera. Fantastico! Ogni metro è una sorpresa, una scoperta, un emozione. Di meraviglia in meraviglia la giornata scorre veloce ed è quasi buio quando prepariamo il campo per la sera all’imbocco del cordone di dune che ci separa dalla zona del Msak Mellet.

27/12/94 Msak Mellet – Takerkiba

Sveglia alle 7.30, siamo un po’ sul cotto e ce la prendiamo con calma. C’è tempo per cercare qualche reperto: appena fuori dalla tenda troviamo diverso cocci di vasi risalenti presumibilmente al neolitico, poi cercando punte di freccia a ridosso dell’altro versante del cordone di dune troviamo una roccia con un’alga fossile. Ripartiamo con l’intenzione di attraversare lo Msak Mellet e dirigere direttamente sullo oued Matendoush, ma incuriositi da uno strano segnale a forma di freccia lo seguiamo e ci troviamo in stato d’arresto presso una casermetta della polizia libica. Ci fanno attendere sotto una roccia per qualche ora fino all’arrivo dell’auto munita di una radio potente a sufficienza per chiedere istruzioni al comando. Ne approfittiamo per fare il caffè, poi il pranzo, poi di nuovo il caffè e poi per fortuna decidono di liberarci purché si prenda direzione Nord e ci si registri alla caserma in corrispondenza della strada asfaltata. Ubbidiamo scrupolosamente e tiriamo dritto verso nord lungo lo Msak Mellet. Abbiamo modo di incontrare alcuni resti di insediamenti preistorici con alcune macine molto belle. Arriviamo all’asfalto quasi col buio, reclamiamo alla caserma per l’arresto temporaneo e partiamo verso Germa ed Ubari. Calano le tenebre e la strada scorre monotona: è tutto nero e la strada si vede male. Ad un certo punto troviamo dei bidoni e dei macigni in mezzo alla strada, li evitiamo per miracolo e ci fermiamo. Saltano fuori alcuni loschi individui armati di mitra e molto adirati; fortunatamente sono militari (nessuno aveva una divisa o qualche distintivo), ci chiedono i documenti e poi ci lasciano andare. Arriviamo tardissimo all’ostello di Takerkiba dove dormiamo in tenda usufruendo dei loro servizi.

28/12/94 Takerkiba ­ Oued Matendoush ­ Takerkiba

La giornata di oggi ha come obiettivo la visita delle incisioni rupestri dell’oued Matendoush, perciò partiamo di buon ora imboccando una pista a sud del Msak Mustafit e lungo le dune dell’Erg Ubari. Dal momento che non abbiamo chiesto le regolari autorizzazioni, cerchiamo di aggirare una caserma infilandoci tra le dune. Poi però ci troviamo ad essere chiaramente in vista e preferiamo autodenunciarci. Il militare che ci accoglie parla un po’ d’italiano e riusciamo ad ottenere il permesso di proseguire se lasciamo i passaporti in ostaggio. Alla fine convinciamo anche Karl che in precedenza non eravamo mai riusciti ad allontanare dal suo passaporto. L’oued Matendoush è una vera e propria galleria d’arte del neolitico all’aria aperta, le incisioni sono centinaia e di una bellezza incomparabile. La linearità e la pulizia delle forme sconvolgono per la loro modernità. Passiamo la giornata saltellando di pietra in pietra lungo le rive rocciose di quello che doveva essere un fiume nei cui pressi vivevano coccodrilli, giraffe, rinoceronti, elefanti, ecc. In serata rientriamo alla base di Takerkiba dove i nostri amici ci fanno trovare un magnifico montone appena sgozzato offerto da un colonnello dell’aeronautica libica nostro amico.

29/12/94 Takerkiba Laghi Mandara ­Zuwailah

In mattinata partiamo verso i laghi Mandara. Perdiamo subito un’ora alla prima duna a causa di qualche problema di guida sulla sabbia (soprattutto del freno a mano a cui hanno cambiato la frizione, ma non il piede). Solo con una gran fila di piastre riusciamo a far passare il freno e Karl. I filmati realizzati, in seguito riveleranno il motivo delle difficoltà del freno a mano: la sua tragica incapacità gli aveva fatto ritenere inutile bloccare il differenziale centrale! Dopo un’altra mezza tragedia in corrispondenza di un’altra duna tosta, decidiamo di abbandonare la LAND del freno a mano e portarci i passeggeri con noi in auto. A questo punto siamo molto più veloci ed in breve raggiungiamo i laghi. Ci fermiamo per il pranzo a Gabron; sulle sue rive ci sono tre ragazzi libici in vacanza, sono bene attrezzati:

1 Toyota HZJ80 nuovo

1 Mercedes GE320 nuovo

1 frigorifero con PEPSI e MIRINDA

qualche capra

qualche mitra

Ci accolgono con un benvenuto caloroso e si esibiscono in una scalata e discesa mozzafiato da una vera e propria montagna di sabbia. Nel pomeriggio partiamo con XXX ed XXX verso Mandara, ci divertiamo come non mai sulle dune sino a quando non ci troviamo a scendere da una duna con una pendenza ben superiore a quella indicata dai libri di fisica come limite massimo. All’ora del tramonto siamo di nuovo all’ostello di Takerkiba. Dopo cena partiamo per Zuwailah. A Murzuq ceniamo, otteniamo i permessi e proseguiamo fino a Zuwailah. Arriviamo alle 2 del mattino e chiediamo aiuto a quella che sembra la caserma dei pompieri. Ci procurano una magnifica villettina con frutteto poco fuori città, finalmente a letto!

30/12/94 Zuwailah – Zuwailah

Passiamo la giornata nel tentativo di riparare le balestre di Karl che hanno ceduto dopo i salti che il “vecchietto” aveva fatto sulle dune. Ci piazziamo presso il distributore della città e diffondiamo la voce che cerchiamo delle balestre di un Toyota pick up. Inizia una lunga processione di persone con balestre intere corrispondenti a vari modelli di Toyota, infine la macchina viene riparata e siamo pronti per la tappa successiva.

31/12/94 Zuwailah ­ Tmissah ­ Waw el Kebir ­ prima di Waw an Namus

Da Zuwailah ancor prima dell’alba partiamo per Tmissah, città da cui parte la pista per Waw el Kebir. Appena fuori dall’abitato ci troviamo immersi in una sabbia mollissima che blocca tutti tranne i sottoscritti che passeranno 3 ore a circa 3 Km dal punto in cui tutti sono insabbiati in attesa di sviluppi. Piano piano i nostri compagni di viaggio ne vengono fuori e proseguiamo sulla pista per Waw el Kebir. Dopo aver sorpassato una sorta di fattoria con piscina, arriviamo alla base militare. C’è una specie di distributore di benzina gestito dai militari, una sorgente ed un sacco di residuati della guerra col Chad. Per uscire dalla base zigzaghiamo in un dedalo di tracce tenendoci più a nord che a sud, visto che oltre una certa latitudine potrebbe essere minato. Guidiamo per tutta la giornata fino al buio completo. Facciamo campo su di una foresta pietrificata. E’ la notte di San Silvestro, ma tutti sono stanchi e così decidiamo di festeggiare il Capodanno già alle 22.30 del 31.12.94.

01/01/95 prima di Waw an Namus – Waw an Namus ­ Erg poco più a Nord

Dopo aver fatto il punto della situazione, raggiungiamo il vulcano. Lo spettacolo è immenso e maestoso. PURTROPPO ALCUNI TURISTI IGNORANTI HANNO GIA’ INIZIATO A DEVASTARE L’INTERNO DEL CRATERE COI PROPRI MEZZI ! Infatti la mancanza di venti e la mancanza di eruzioni che possano ripristinare lo strato di cenere superficiale rende indelebili le tracce lasciate dai mezzi all’interno del cratere. Ritengo che purtroppo alcuni abbiano modo di raggiungere luoghi incontaminati senza avere intelligenza o preparazione sufficiente per comprendere l’effetto delle loro azioni. Non passerà molto tempo che attorno al cratere si noteranno i primi cumuli di spazzatura “diligentemente” bruciata come già avviene in Tunisia. Dopo pranzo proseguiamo verso Nord ed andiamo ad individuare una zona ricca di fossili marini segnalata dalle carte italiane coloniali ed una foresta pietrificata. Facciamo campo dopo un piccolo Erg che ci ha divertito moltissimo.

02/01/95 Erg ­ Zona vulcanica

Giornata interamente passata alla ricerca di passaggi tra le pietre in un paesaggio lunare. Si alternano pietraie nere a piatti chott bianchi. All’orizzonte dominano in continuo la scena alti vulcani spenti. In questa zona in passato ci devono essere state delle eruzioni catastrofiche a giudicare dal numero di crateri e dalle lunghe colate di lava. Polvere, pietre e sassi: una giornata durissima su piste dalla direzione spesso ingannevole. Il tramonto però ci ripaga di tutte le fatiche della giornata, regalandoci fantastiche colorazioni del cielo e dello chott dove siamo accampati.

03/01/95 Zona vulcanica ­ Misratah

Ripartiamo nuovamente saltellando di sasso in sasso, molti implorano pietà, ma non possiamo far altro che proseguire o chiamare l’Elisoccorso. Assistiamo ad un parto di una cammella ed incontriamo altri italiani con un Discovery la cui maleducazione ci lascia di stucco. Non facciamo caso a costoro che sicuramente non sono dotati dello spirito giusto per questo genere di viaggi e cerchiamo di raggiungere Zilla. Nel tardo pomeriggio arriviamo finalmente sull’asfalto (strana affermazione per un amante del fuoristrada, vero?). Facciamo amicizia al distributore con alcuni tecnici dell’AGIP e con un poliziotto che ci omaggia di una scatola di datteri. Decidiamo di arrivare a Msratah e quindi guidiamo fino a tarda notte. Sul percorso alcuni strani inseguimenti ci fanno pensare al peggio, ma forse il fatto che siamo molte macchine ci salva da una rapina. Qualcuno dirà poi che era la polizia che ci seguiva in borghese per accertarsi della nostra incolumità: MAH! A Msratah prendiamo una camera in un Hotel 4 stelle. Finalmente!

04/01/95 Misratah ­ Tripoli – Tunisi

A questo punto lasciamo gli amici a Msratah alla ricerca di oggetti d’artigianato e partiamo da soli alla volta di Tunisi per goderci una notte da soli in un albergo dal fascino antico, il “Sidi Bou” a Sidi Bou Said. In fondo noi è il nostro viaggio di nozze ed un po’ di calma, almeno l’ultima notte, non guasta. Purtroppo la vacanza è finita. Al momento possiamo dire che questo è stato il viaggio più bello che abbiamo mai fatto, sia per i luoghi visitati che per i nostri fantastici compagni di viaggio, quasi tutti viaggiatori maturi ed attenti alle culture dei paesi attraversati.

Ora tocca a voi: prendete e partite! Cosa aspettate ?

 

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