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Sudan 2004 – La Nubia a cura di Lone Land

– Posted in: Africa, Africa Centrale, Resoconti di viaggio

By Lone Land
Originally Posted Monday, September 6, 2004

 

SUDAN – La Nubia (Viaggio effettuato dal 25.01.2004 al 09.02.2004)

A cura diLone Land e Lalla (loneland@email.it)

Meroe

DATI GENERALI:

· Viaggio compiuto dal 25 Gennaio al 9 Febbraio 2004 da: Lone Land, Lalla, Elena, Giovanni; Manuela, Roberta, Stefano, Sabrina
· Aerei: Catania-Roma con volo Air One; Roma-Doha e Doha-Karthoum con volo Qatar Air
· Auto: due Toyota pick-up 2800 Diesel; un Toyota HDJ 60
· Prenotazioni e organizzazione curate da “i viaggi di maurizio levi”
· Cambio: 1 $ = 250 dinari sudanesi circa
· Km Totali: circa 2100 Km

ITINERARIO

ELENCO TAPPE:

1. 25.01.2004 Siracusa – Catania – Roma – Doha
2. 26.01.2004 Doha – Khartoum
3. 27.01.2004 Khartoum – Deserto occidentale (1° campo) (95 Km)
4. 28.01 2004 Deserto Occidentale (2° campo) (300 Km)
5. 23.01.2004 Deserto Occidentale (3° campo) (180 Km)
6. 30.01.2004 Deserto occidentale (4° campo) (125 Km)
7. 31.01.2004 Deserto occidentale – Terza cateratta (5° campo) (128 Km)
8. 01.02.2004 Terza Caterratta – Kawa (6° Campo) (130 Km)
9. 02.02.2004 Kawa – Old Dongola (7° campo) (175 Km)
10. 03.02.2004 Old Dongola – Quarta Cateratta (8° campo) (225 Km)
11. 04.02.2004 Quarta Cateratta – Karima) (65 Km)
12. 05.02.2004 Karima – Deserto del Bayuda (9° campo) (205 Km)
13. 06.02.2004 Deserto del Bayuda – Meroe (272 km)
14. 07.02.2004 Meroe – Khartoum (185 Km)
15. 08.02.2004 Khartoum – Doha
16. 09.02.2004 Doha – Roma – Catania – Siracusa

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25.01.2004 Siracusa – Catania – Roma – Doha

Partiamo da Siracusa che è ancora notte, la macchina dell’agenzia che ci trasporta all’aeroporto di Catania sfreccia per le strade deserte, sono solo le 4.30 del mattino ed è la notte più fredda dell’anno (+1°), ma noi stiamo ancora una volta partendo per l’Africa ed il morale è alle stelle! Ci aspettano il sole e i colori del continente più bello del mondo! Alla partenza da Siracusa siamo in tre: Lone Land, Lalla e Elena (cara amica di Lalla, nonché collega di lavoro). Ancora assonnati arriviamo prestissimo in aeroporto dimenticando però in macchina un pacchetto destinato alla sorella di Elena che ci aspetta allo scalo di Fiumicino per i saluti di rito. Partiamo alle 6.55 con un volo dell’Air One per Roma dove arriviamo dopo circa un’ora, …e dopo aver salutato la sorella di Elena, …e dopo aver gironzolato un paio d’ore per i negozi di Fiumicino (Lalla e Elena sono andate persino a chiedere i prezzi dei gioielli da Cartier!), …e dopo aver incontrato Roberta, una nostra compagna di viaggio di Modena, finalmente alle 11.40 prendiamo il volo per Doha in Qatar. Il volo proviene da Milano, sull’aereo ci sono Giovanni, nostro vecchio compagno di altre avventure (Algeria) e Manuela (ambedue milanesi) che si aggiungono alla lista dei partecipanti. L’aereo della Qatar Airways è pieno, in massima parte i viaggiatori sono indiani, cingalesi e pakistani. Gli spazi tra le file delle poltrone sono minimi ed inoltre le hostess ci portano in continuazione da mangiare, facendoci rischiare di rimanere incastrati per sempre sull’aereo! Dal finestrino si scorgono gli immensi spazi del deserto della penisola arabica, ma arriviamo a Doha che è già buio (sono le 19.30 ora locale), e noi siamo impazienti di mettere i piedi per terra e di districarci dal puzzle formatosi sull’aereo (uomo-sedile-carrelli-cibo-ecc.). La città è piena di luci, di negozi, di enormi concessionarie e di altrettanto enormi e scintillanti automobili e fuoristrada che fanno letteralmente impazzire Lone, Elena e Giovanni, i “fuoristradisti” del gruppo. Percorriamo la città a bordo di un piccolo e malandato pulmino, affollato di viaggiatori pakistani che ci scarica all’albergo “New Continental” messo a disposizione dalla Qatar Airways. L’albergo non è un granché (considerati gli standard di Doha), mentre la cena a buffet in stile indiano, molto piccante e dagli aromi orientali, riscuote un certo successo. Dopo cena usciamo a fare un giretto per le vie del centro, l’aria è calda e il vento umido del mare ci ricorda molto lo scirocco della nostra isola. Gli edifici della città sono tutti moderni ed ostentano una ricchezza materiale più che culturale. Ma è già tardi, domani si parte per il Sudan!

Doha moschea

26.01.2004 Doha – Khartoum

La mattina, prima dell’arrivo del pulmino che ci riporterà in aeroporto, decidiamo di fare un altro giro per i negozi di Doha nei dintorni dell’albergo, senza però trovare niente di particolarmente interessante o conveniente.

Doha ha comunque mantenuto il suo vecchio substrato di città “araba” pur arricchendosi e trasformando i suoi negozi e souk in rivendite di materiale elettronico.

Scattiamo un paio di foto ad un’interessante moschea dai vivaci colori e ad una curiosa rotatoria con al centro un’imbarcazione che sembra navigare tra un mare fatto di automobili.

All’aeroporto una cosa colpisce la nostra attenzione: un gran numero di uomini sono stranamente abbigliati con indosso al posto dei vestiti solo due asciugamani da doccia bianchi (!?!). Uno ai fianchi e uno sulle spalle mentre ai piedi portano sandali dei gomma come se andassero in piscina. Sono pellegrini che si recano alla Mecca per l’annuale pellegrinaggio. Mentre attendono gli aerei che li condurranno in Arabia Saudita recitano preghiere dal Corano, che è spesso,oltre a un piccolo marsupio, il loro unico bagaglio.

Partiamo per Khartoum alle 11.30 per arrivare dopo circa quattro ore, ed aver sorvolato ancora una volta l’enorme deserto della penisola arabica e lo splendido mar rosso.

Khartoum vista dall’alto appare come una vastissima estensione di basse abitazioni dello stesso colore della sabbia. Ad interrompere questo ordinato disporsi regolare di edifici c’è il Nilo, che proprio in questo luogo nasce dalla unione dei due rami (Nilo azzurro e Nilo bianco) per formare un unico fiume che attraversa da sud a nord tutto il paese, per dirigersi, infine, verso l’Egitto.

Arrivati allo sbarco sbrighiamo le formalità che consistono più che altro nel controllo dei bagagli tramite un curioso “metal-detector umano” cioè nel “rovistamento” di tutti i bagagli da parte di un’imperturbabile signora, che dopo aver dato una energica rimescolata a tutti i nostri averi, appone su di essi un bel bollino verde!

All’uscita ci attendono i fuoristrada dell’agenzia che ci conducono all’Hotel “Gobba” (dagli standard abbastanza accettabili per un albergo sudanese) dove abbiamo le camere prenotate. Cambiamo in albergo 250 $ a persona che dovrebbero bastarci per tutte le spese extra del viaggio ricevendo in cambio dei pacchi enormi di banconote da 100, 200, 500 e 1000 dinari sudanesi!

Il sole è ancora alto, perciò con Elena e Manuela decidiamo di fare un giro per la città nuova (a Omdourman, la città vecchia, andremo domattina) quindi ci dirigiamo a piedi verso il centro della Khartoum coloniale, zona dove si trova il nostro albergo. Questa è la parte della città costruita agli inizi del novecento dagli inglesi ed ha una pianta formata da un reticolo di strade tagliate trasversalmente da altre vie, che si dice ricordi dall’alto l’Union Jack, la bandiera inglese, e dove per non perdersi bisogna possibilmente prendere dei punti di riferimento conosciuti.

Al centro troviamo il souk, dove all’ombra di portici si svolge un animato mercato, e un’ancor più animata stazione degli autobus, dove la gente si accalca per le partenze verso tutto il paese. Interessante la grande moschea, costruita in mattoni rossi e posta al centro di una grande e vivacissima piazza. Ritornati in albergo incontriamo gli ultimi due compagni di viaggio: Stefano e Sabrina di Vercelli arrivati in città via Francoforte. Decidiamo di andare tutti insieme a cena a Khartoum nord per cui prendiamo due caratteristici taxi, che in Italia non farebbero una bella figura neanche da uno sfasciacarrozze, e sfrecciamo felici per la città attraversando il Nilo sul famoso ponte degli inglesi. L’aria è tiepida e la serata promette per il meglio.

Ci fermiamo lungo una via (sul lungonilo) piena di ristorantini, con i tavoli sulla strada che friggono pesce e polli. Scegliamo una di queste bettole, dove si mangia rigorosamente con le mani e ordiniamo pollo e pesce fritto per tutti.

Il pesce è veramente eccezionale. Si tratta di grossi pesci del Nilo infarinati e fritti in una specie di secchio praticamente sul marciapiede!

Al momento di pagare viene il bello! ci chiedono una cifra esorbitante: 450.000 dinari!

In pratica circa 1.800 $ (per una cena di otto persone)! All’inizio pensiamo ad un errore dell’oste semianalfabeta, poi si scopre che …ci sta provando veramente! Dopo un’infinita discussione con l’oste sempre più inquieto, dopo varie minacce di andare alla polizia, e dopo l’intromissione di numerosi passanti sudanesi che si inseriscono nelle trattative per la contrattazione del prezzo (in un caos sempre più variopinto e generale), l’importo viene ridimensionato di trenta volte (15.000 dinari, circa 60 $)! E’ un prezzo circa doppio al dovuto, ma tutto sommato “accettabile” (circa 7.5 $ a testa).

Dopo vari tentativi di “spennamento” da parte di numerosi tassisti ed altre richieste esorbitanti riprendiamo finalmente i taxi per l’albergo.

Khartoum-pesci fritti

27.01.2004 Khartoum – Deserto occidentale (1° campo)

tracciato 1a tappa

Dopo un’abbondante colazione decidiamo tutti (tranne Sabrina che preferisce riposare in albergo) di passare le prime ore della mattinata ritornando nella zona dove ieri si svolgeva il mercato, dalle parti della grande moschea. Abbiamo infatti appuntamento in albergo verso le 10.00 con la nostra guida, Kabo e con gli autisti per la partenza.

Il luogo è molto animato, ci sono ogni genere di venditori, una folla variegata di compratori e un buon numero di mendicanti. Noi siamo un po’ come le mosche bianche che girano guardandosi intorno scattando fotografie…forse troppe…! Specie Giovanni che non si trattiene dal “mettere in posa” dei soggetti umani veramente pittoreschi!

Ben presto camminando in gruppo veniamo fermati da alcuni uomini che ci chiedono (in un inglese molto approssimativo) di seguirli! Ovviamente rifiutiamo, ma loro insistono …molto!.

Affermano di essere poliziotti in borghese e ci chiedono di essere seguiti alla caserma di polizia.

Dopo varie discussioni, a cui partecipa buona parte degli abitanti del luogo o comunque chi parla almeno qualche parola di inglese, ci costringono a seguirli al posto di polizia non lontano da lì (in prossimità dell’Acropole Hotel).

Procediamo in corteo seguiti da numerosi curiosi fino al cortile della caserma di polizia dove ci spiegano che in città non è possibile fare foto senza particolari permessi. Siamo inoltre senza passaporto perché li abbiamo dati alla guida (il buon Kabo) che in mattinata si sarebbe dovuto occupare di preparare i permessi necessari per la visita delle zone archeologiche e delle altre formalità per la visita del paese.

Riusciamo fortunatamente a contattare Kabo al telefono. Nel frattempo ci trattengono, facendoci accomodare seduti al centro del cortile, senza riuscire a capire quale sarà il nostro destino!

Finalmente arriva Kabo. Segue una lunga paternale da parte dell’ufficiale di turno al buon Kabo che subisce (astutamente) a capo chino.

Dopo la “lavata di capo a Kabo”, e dopo averci sequestrato i rullini scattati (ahimé!), ce ne torniamo in albergo dove rifacciamo un’ultima doccia prima della partenza. Nei prossimi giorni non ne avremo più la possibilità! In ritardo sul programma lasciamo l’albergo, dove finalmente vengono a prenderci i fuoristrada dell’agenzia. Sono due Toyota pick-up bianchi 2800 diesel e un Toyota HDJ 60 rosso.

Si compongono gli equipaggi che verranno mantenuti sino alla fine del viaggio.

In un Pick Up staremo noi: Elena, Lalla, Lone Land e il simpaticissimo autista Ausman (detto “Hearphone” per la particolare conformazione delle sue orecchie). In questo automezzo passeremo tutto il tempo del viaggio ridendo e scherzando con Ausman nella più completa unità e armonia.

Nel toyota rosso, oltre all’autista Habbas (detto “Sharom”, ossia “sdentato”) e al cuoco (“Mister Cook”), prendono posto Giovanni, Roberta e Manuela.

Nell’ultimo pick-up: l’autista Mohammed (detto “Radio” per la sua spiccata tendenza a chiacchierare), la guida Kabo, Stefano e Sabrina.

Sulla “crew”, ovvero su guida, autisti e cuoco, è il caso di spendere una parola: tutti insieme si sono rivelati degli eccellenti compagni di viaggio oltre che spesso dei veri amici (Kabo). Mai un brontolio, mai un dissapore, neanche fra di loro! Sempre sereni, pronti e disponibili, hanno rappresentato la vera “Anima Buona” dell’amicizia e dell’ospitalità sudanese. Sereni e spensierati ci hanno subito coinvolto con quella simpatica abitudine di chiamarsi fra di loro tramite soprannomi.

Prima di partire per il deserto decidiamo di dare un’occhiata al quartiere di Omdurman, la parte vecchia della città.

Iniziamo dalla “casa del califfo Khalifa”, oggi museo, dove sono esposti armi e oggetti storici e etnografici, interessante anche per la tipica architettura sudanese.

Accanto all’edificio è altrettanto suggestiva la tomba del Mahdi con la sua cupola argentata svettante sui tetti del quartiere. Subito dopo andiamo a visitare il famoso Suk di Omdurman dove si mescolano gli odori delle spezie con i profumi del cibo e gli effluvi maleodoranti della spazzatura in giro un po’ovunque. Come tutti i Suk è diviso in zone e si può acquistare di tutto: dall’abbigliamento, al cibo, ai profumi, alle spezie.

Ai margini del Suk pranziamo con un ottimo panino con kebab, e finalmente si parte per metterci in marcia per il deserto! …invece restiamo per circa un paio d’ore imbottigliati nel micidiale traffico della città. Fa un caldo infernale con un rispettabilissimo grado di umidità e benché le auto abbiano l’aria condizionata, gli autisti hanno l’ordine di non accenderla. Sudati ed accaldati, appena liberi dal traffico, con la cassa comune, facciamo scorta di acqua imbottigliata per i cinque giorni successivi che dovremo passare nel deserto (circa 80 lt.). Compriamo anche Coca Cola e delle improbabili birre analcoliche locali. Il carbone per la cucina da campo invece viene acquistato a pochi chilometri dalla città.

E’ già pomeriggio quando lasciamo le ultime case della capitale per percorrere in direzione nord ovest una delle poche strade asfaltate di tutto il Sudan (è detta la “Bin Laden Road” in onore del suo costruttore!). Viaggiamo su questa per circa una settantina di chilometri, per poi lasciare l’asfalto per il primo campo che monteremo in una zona pianeggiante e abbastanza ventosa.

Montiamo le tende, nuove di zecca, con qualche difficoltà dato il vento, che però per fortuna dopo il tramonto cala. Lo staff prepara la cena che è ottima e abbondante, e questa sarà una piacevole costante per tutta la durata del viaggio.

Andiamo a letto presto, domani ci aspetta una lunga giornata di viaggio.

Kalifa house

Tomba del Mhadi

28.01 2004 Deserto Occidentale (2° campo)

tracciato 2a tappa (2)

tracciato 2a tappa (1)

Tam-Tam

Ci alziamo all’alba e dopo un’abbondante colazione preparata dall’abilissimo cuoco smontiamo il campo e, dopo aver ricevuto la piacevole visita di alcuni nomadi con i loro dromedari, verso le nove riprendiamo l’asfalto fino a raggiungere villaggio di Tam Tam, dove facciamo una sosta per rifornirci di carburante. Sarà l’ultimo rifornimento fino a Dongola. Nel villaggio c’è una moschea dai vivaci colori e dalla cupola verde, colore dell’Islam. Durante la sosta abbiamo modo di cominciare a conoscere la splendida disponibilità del popolo sudanese che si mette in posa ad ogni nostra richiesta di farsi fotografare, sempre con gentilezza e con il sorriso sulle labbra.

posto di ristoro

Riprendiamo la strada asfaltata e per pranzare ci fermiamo lungo il percorso al riparo di una tettoia dove si trovano alcune bancarelle per la vendita di biscotti e caramelle e delle grandi anfore per la conservazione dell’acqua potabile.

Veniamo accolti con un’ospitalità disarmante, che si ripeterà in ogni villaggio che attraverseremo, ci sediamo ai tavoli della gente che vive in quel minuscolo posto a consumare l’ottimo pasto preparato la sera precedente da “Mister Cook”, il nostro fantastico cuoco.

Satolli, riprendiamo la strada e dopo pochi chilometri finalmente lasciamo l’asfalto per inoltarci nel deserto. Dopo aver percorso una mezz’oretta di fuoripista il Toyota rosso fora la prima ruota (lungo tutto il percorso del viaggio forerà almeno una decina di volte, attirando sul povero “Sharom” le battute ed dileggio dei suoi compagni!) ma gli autisti sono pronti ed allegri, per cui l’operazione di cambio avviene velocemente, per cui possiamo riprendere il percorso che si svolge tutto in fuoripista seguendo solo il GPS e l’esperienza di Kabo.

Ci fermiamo all’imbocco del Wadi el Milk dove è possibile vedere una delle abitazioni realizzate dai nomadi nel deserto. Queste capanne sono costruite intrecciando rami di legno trovati lungo il corso del fiume asciutto, ed all’interno vi trovano posto le stuoie per il riposo, la zona riservata alla custodia delle stoviglie e tutto quanto serve per la loro sopravvivenza, che è comunque il minimo indispensabile. Vicino alle abitazioni si trova un prezioso pozzo protetto da un copertone dove i nomadi attingono l’acqua. Ci rinfreschiamo con quest’ultima e ripartiamo per rifermarci dopo pochi chilometri a fare campo in un piacevole luogo tra le dune di sabbia.

Tam-Tam

deserto occidentale

deserto occidentale-foratura

deserto occidentale-capanna

29.01.2004 Deserto Occidentale (3° campo)

tracciato 3a tappa

deserto occidentale-Lalla&Elena

deserto occidentale-insabbiamento

Si riparte sempre seguendo la rotta del GPS, fino ad incrociare sul nostro percorso una grande pista che conduce in Libia, la seguiamo per alcuni chilometri per poi lasciarcela alle spalle. Ci dirigiamo, invece, verso una zona dove è possibile vedere numerosi tronchi fossili, resti di una foresta che cresceva in questa zona qualche milione di anni or sono, oggi diventata di pietra.

deserto occidentale-tronchi fossili

deserto occidentale-tronco fossile

Riprendiamo il percorso: il deserto è molto suggestivo anche se meno spettacolare rispetto a quello della Libia o dell’Algeria. Si alternano vaste zone pianeggianti, cosparse di minerali di colore nero su un fondo di sabbie gialle, piccoli cordoni dunari, depressioni dovute ad antichi laghi e wadi ormai asciutti dove crescono pochi cespugli verdi. Ci fermiamo in un punto dove si possono ammirare sia coralli, che in antiche ere geologiche si trovavano su quello che era allora un fondale marino, che una vasta zona di natura vulcanica dove si possono raccogliere delle strane bombe vulcaniche formate da minerali dall’aspetto ferroso. Procediamo poi tenendo la rotta in direzione di Jebel Peak, ma qui la zona diventa molto sabbiosa e si devono superare dei bassi cordoni dunari. Il primo pick-up (quello di Kabo e “Radio”) si insabbia, ma scavando, spingendo e inserendo le piastre si libera facilmente. Poi è la volta del Toyota rosso (quello di “Sharom”), ma per questo la cosa si presenta più complicata infatti sembra che non si inseriscano più le quattro ruote motrici; inoltre i nostri autisti non usano sgonfiare le ruote il che rende tutto più difficile. La macchina è insabbiata fino ai ponti e per quanto si tenti di scavare e tirare non si riesce a sbloccarla.

Intanto l’occhio esperto di Lone scopre che il mancato funzionamento della trazione integrale dipende da un manicotto del depressore rotto. Il problema viene risolto ma ormai l’insabbiamento del povero HDJ60 è veramente spettacolare!

Dopo più di un’ora di prove senza esito, Kabo suggerisce di ottimizzare i tempi facendoci proseguire con le altre due auto fino a Jebel Peak dove pranziamo e ammiriamo gli interessanti rilievi rupestri, mentre Kabo con l’aiuto dei tre autisti e di uno dei due pick-up tenta di recuperare il fuoristrada insabbiato.

Il Jebel Peak è un picco roccioso che si erge isolato nel deserto ed è visibile da parecchi chilometri di distanza in ogni direzione e, come il ben più famoso Jebel Barkal, era ritenuto sacro dai nubiani. Dopo alcune ore di attesa in una giornata caldissima, e dopo aver perlustrato la rupe in lungo e in largo, e dopo aver fatto delle interessanti scoperte archeologiche, scorgiamo all’orizzonte i nostri eroi! Finalmente sono riusciti a liberare il fuoristrada insabbiato. Ovviamente noi ci sentiamo un po’ in colpa per non averli aiutati abbastanza, i poveretti sono quasi distrutti, ma la scelta è stata del generoso Kabo, che non ha voluto alterare i nostri piani di marcia.

Ci comunicano che nel Toyota rosso non si agganciano più le 4 ruote motrici quindi si dovrà continuare senza trazione integrale (?!?!) Commentando questa notizia aspettiamo che pranzino anche loro, e che si riposino un po’, poi ripartiamo. Visitiamo velocemente un sito dove si possono scorgere delle macine in pietra, ma il sole sta già cominciando a tramontare; gli autisti sono stanchi, quindi ci fermiamo per montare il terzo campo tra le dune.

deserto occidentale-insabbiamento

30.01.2004 Deserto occidentale (4° campo)

tracciato 4a tappa

Stamattina si parte velocemente per recuperare un po’ del tempo perduto con l’insabbiamento di ieri. Il percorso è meno sabbioso, quindi recuperiamo in fretta, anche se durante una sosta “ecologica”, nel ripartire senza trazione integrale il Toyota rosso si insabbia di nuovo. Comunque a forza di piastre e finalmente sgonfiando un po’ le gomme si riparte. Ci si dirige al villaggio di “Bab”, un interessante oasi con un pozzo dove facciamo scorta di acqua e dove gli abitanti del luogo si dimostrano, come sempre, cordiali e ospitali all’inverosimile. Lasciamo loro alcuni oggetti portati dall’Italia (quaderni, penne e abbigliamento per i numerosi bambini) e dopo aver fotografato loro le loro tradizionali abitazioni, ci fermiamo nei pressi del villaggio vicino ad un wadi sotto una bellissima palma dum per la pausa pranzo. E’un luogo molto suggestivo, ci passa accanto una fila di dromedari che prosegue tra le scenografiche dune. Peccato solo che il vento e le mosche, altra caratteristica del luogo, siano veramente fastidiosi!

Non ci resta che salire in carrozza! A questo punto gli autisti decidono di smontare il mozzo (free wheel hub) anteriore destro del solito Toyota rosso, perché ritengono sia rotto (?) e, dopo lunghi ed inefficaci tentativi di rimontaggio, decidono di rimontarlo stasera al campo. Speriamo bene!

Proseguiamo verso il forte ottomano di Quebi di cui sono visibili solo pochissimi resti del muro di cinta in parte ricoperti dalla sabbia.

Ci fermiamo poi in un punto nel deserto dove scavando con le mani nella sabbia è possibile trovare l’acqua in superficie. Si tratta di un antico lago dove l’acqua si mantiene tuttora al limite dell’affioramento. Qui anche le volpi del deserto, riconoscibili dalle piccole impronte, vengono a scavare con le zampe per raggiungere l’acqua e dissetarsi. In tutta questa area anticamente esistevano dei laghi, ormai secchi, percepibili dalle vaste depressioni che ancora oggi ricordano la forma lacustre.

Raggiungiamo poi l’oasi abbandonata di Merbita, dove sono visibili parti di strutture murarie di abitazioni distrutte dal tempo, e i resti di ceramica e uova di struzzo usati anticamente come contenitori, e infine un bel pozzo dalle acque cristalline. Approfittando della temperatura ideale, in quattro decidiamo di lavarci i capelli e rinfrescarci con le sue gelide acque, operazione che si rivelerà piacevolissima e che speriamo di ripetere quando ne avremo di nuovo l’opportunità. Dopo una ventina di chilometri Kabo decide di fermarsi per fare campo non lontano dal villaggio di “Sawani”, un po’ più presto degli altri pomeriggi, anche per permettere agli autisti-meccanici di rimontare il mozzo della ruota smontato in mattinata. Gli autisti ce la mettono tutta, e si avvicendano tutti al capezzale del mozzo malato, ma nessuno riesce più a rimettere le varie molle e gli altri strani pezzi nella posizione originaria! (sigh!). Per fortuna viene abbandonata l’idea di smontare l’altro, ancora funzionante per guardare come è fatto (anche se difficilmente si sarebbe potuta peggiorare la situazione!). Si spera invece di trovare un meccanico capace di rimontarlo a Dongola, la più grande cittadina che attraverseremo.

deserto occidentale-villaggio Bab

deserto occidentale-oasi Merbita

31.01.2004 Deserto occidentale – Terza cateratta (5° campo)

Tracciato 5a tappa

deserto occidentale-villaggio Sawani

La prima tappa della giornata è il vicino villaggio oasi di Sawani, famoso per la presenza di un eminente sciamano, conosciuto in tutto il Sudan e capace di curare con le erbe del luogo ogni tipo di malattia. Specialmente i problemi articolari. Si dice che anche medici illustri siano venuti a farsi curare con successo in questo villaggio. Lone accenna ad una infiammazione al gomito destro che lo affligge da alcuni giorni e …detto fatto! Si decide di consultare lo sciamano!

Al villaggio ci accolgono con la solita cordialità sudanese, stendendoci una stuoia per terra ed invitandoci a sedere assieme a loro. Lo sciamano è assente, ma ne fa le veci uno dei suoi assistenti, che consultato, consegna a Lone un pacchetto di erbe e un pezzo di sabbia ricca di sali cristallizzati da sciogliere in acqua assieme alle erbe e da applicare al braccio contemporaneamente al succo di quei meloncini velenosissimi che crescono abbondanti nel deserto. Ne riceverà in cambio un berretto di lana (di dubbia utilità per lui visto il clima del luogo).

Nel frattempo visitiamo il grazioso villaggio dove le facciate delle case, realizzate con mattoni crudi di argilla fatta seccare al sole, sono dipinte con vivaci colori e arricchite da fantasiose decorazioni. Alberi di palma stilizzati, motivi floreali e geometrici si susseguono sul fondo bianco dei muri, addensandosi attorno ai portali d’ingresso agli ampi cortili che precedono le abitazioni. Su tutto il villaggio regna ordine ed essenzialità sia nelle architetture che nel paesaggio coltivato dall’uomo. Al disotto delle palme si allineano ordinate le coltivazioni di legumi e gli alberi da frutto, mentre solo all’interno dei cortili crescono coloratissime piante ornamentali.

Finita la visita proseguiamo per il forte ottomano El Kab.

deserto occidentale-forte El-Kab

Questa fortificazione, dalle spesse mura in pietra delimita un’alta rupe dalla quale è possibile scrutare il deserto per 360°. Sembra proprio il fortino descritto nel “Il deserto dei tartari” di Dino Buzzati!. Continuiamo seguendo la rotta del GPS che punta dritto verso la città di Dongola, ma dobbiamo fermarci di nuovo poco dopo per un’altra foratura del Toyota rosso.

A Dongola si dovranno riparare le tre gomme bucate e ripristinare le scorte di cibo e di acqua imbottigliata. Avvicinandoci al centro abitato, ai lati delle piste sterrate si ergono cumuli di spazzatura maleodorante. La plastica è sparsa omogeneamente sui terreni incolti per chilometri senza che nessuno si preoccupi di raccoglierla, bruciarla o seppellirla. E’ l’ora di pranzo, quindi gli autisti ci lasciano in una bettola del centro, per andare a riparare le forature, a fare rifornimento di carburante e la spesa, nonché a far rimontare il mozzo incautamente smontato (naturalmente non si troverà nessuno in grado di farlo!).

Ottimo ed abbondantissimo (come sempre) il pranzo a base di pesci del Nilo fritti accompagnati da strani intingoli molto piccanti e dalla tipica zuppa di fave sudanese!

Dopo pranzo nell’attesa di ripartire visitiamo un vivace mercato che si sviluppa al centro della cittadina dove si può trovare di tutto.

Nel pomeriggio ci avviamo all’imbarco dei traghetti dove c’è una lunga fila di automezzi in attesa. Il traghetto è molto piccolo quindi arriviamo sull’altra sponda del Nilo dopo un paio d’ore d’attesa.

E’ un po’ tardi, e la guida ci spiega che l’unico posto tranquillo per campeggiare si trova ad una cinquantina di chilometri a nord, ed anche se arriveremo con il buio non è possibile fermarci prima. La pista in questo tratto è molto dura perché piena di profonde buche e molto trafficata, oltre che spaventosamente polverosa, per cui la velocità è molto ridotta, in compenso il percorso anche se stancante è interessantissimo.

Per cinquanta chilometri lungo la sponda orientale del Nilo si sussegue una serie ininterrotta di abitazioni. Sembra un unico villaggio infinito, dove tutti i tipi di dimora, dalle più ricche alle più povere, si srotolano come i fotogrammi di una pellicola inquadrati ai lati dai finestrini dell’auto. Mentre chiacchieriamo, comodamente seduti, ammiriamo come in un film girato per noi, case dipinte con i colori più sgargianti e dai disegni frutto della ricca fantasia del popolo nubiano. Il gusto della decorazione si esprime anche nei cancelli in ferro battuto, unico elemento di arredo esterno che esprime la classe sociale di chi vi abita. Più il proprietario è ricco, più il cancello è ornato con volute, ghirigori e motivi geometrici. Arriviamo alla terza cateratta che è buio, siamo molto stanchi , montiamo le tende tra le rocce del banco granitico, ed alla luce dei fari ci accorgiamo che il posto è splendido! Stefano e Sabrina decidono di dormire in macchina per il resto del viaggio: sono ormai stufi di montare la tenda! Come al solito un’ottima cena ci rifocillerà abbondantemente.

01.02.2004 Terza Cateratta – Kawa (6° Campo)

Tracciato 6a tappa

cave di Tombos

Ci svegliamo tra le splendide formazioni granitiche della terza cateratta, dopo una notte fredda e ventosa, e andiamo, subito dopo lo smontaggio mattutino delle tende e la colazione, a visitare le famose cave di Tombos. Gli egiziani qui cavarono il materiale per la costruzione di statue e templi, tra cui gli arieti del Jebel Barkal e i due colossi di Argo. Ancora oggi è possibile vedere nel sito della cava una statua abbandonata dagli stessi egiziani, perché danneggiata forse nel tentativo di trasportarla.

Nella zona archeologica lungo il Nilo, da dove si possono scorgere belle vedute della cateratta, è possibile vedere numerose iscrizioni con geroglifici dell’epoca del faraone Tutmosis I che indicano qui i confini del suo regno.

Dopo le interessantissime spiegazioni della guida Kabo sul sito e sulle varie leggende egiziane riguardanti i destini degli spiriti dei re defunti, ripartiamo verso sud ripercorrendo la stessa pista che attraversa l’infinita serie di villaggi di ieri. Riammiriamo le colorate abitazioni nubiane intervallate ogni tanto da “qubbe” (tombe di marabutti o uomini santi) circondate da semplici cimiteri.

Oggi è giorno di festa per i musulmani, è il giorno della fine del pellegrinaggio alla Mecca (Hai), un giorno di importanza paragonabile al nostro Natale, ci spiega Kabo. Le botteghe lungo il percorso sono tutte chiuse, ma la gente, vestita a festa è tutta per strada e al nostro passaggio tutti ci salutano calorosamente.

Dopo circa una ventina di chilometri ci fermiamo al villaggio di Kerma in una accogliente casa nubiana dove hanno appena ucciso un montone per festeggiare la ricorrenza e dove le donne sono indaffarate a cucinare il pranzo della festa. Nonostante l’invasione ci accolgono come parenti lontani , ci offrono immediatamente un buon caffé al cardamomo e ci mettono a disposizione il bagno dove Lalla ed Elena approfittano persino per lavarsi i capelli.

Rifocillati ripartiamo per andare a visitare l’interessante “Defuffa Est” (Upper Defuffa). Le “Defuffe” sono alte costruzioni realizzate in mattoni crudi usate probabilmente come edifici religiosi e spesso circondati da ampie necropoli. All’ingresso dell’edificio è da notare una bellissima architrave di marmo verde spezzata scolpita a rilievo con la decorazione del disco alato spesso presente nei templi egiziani.

Andiamo, poi, poco lontano alla “Defuffa Ovest”, edificio ancora più imponente del primo che però troviamo chiuso per la giornata festiva, quindi ci fermiamo per la pausa pranzo al riparo dal vento in una casupola accanto allo scavo archeologico.

Nel pomeriggio continuiamo verso sud fermandoci in un sito dove sono visibili le rovine di una città ancora da scavare e dove affiorano in superficie resti di ceramiche di varie epoche.

Ci fermiamo a fare campo che è ancora giorno, nelle dune vicino al Nilo, nei pressi della zona archeologica di Kawa. Ne approfittiamo per fare una bella passeggiata fino al grande fiume che si vede in lontananza.

cave di Tombos

Defuffa West

02.02.2004 Kawa – Old Dongola (7° campo)

Tracciato 7a tappa

Kawa-tempio di Akenaton

Prima di proseguire, sempre verso sud, diamo un’occhiata veloce al bellissimo sito di Kawa dove sorgeva il tempio dell’eretico faraone Akenaton dato alle fiamme dai suoi successori, ed un altro tempio del periodo del faraone Tutankamon. Entrambi i siti non sono visitabili perché in fase di scavo. Approfittiamo dell’assenza di custodi per effettuare una rapidissima incursione!

E’ veramente affascinante! Emergono dalla sabbia, non ancora scavate, sculture a rilievo, resti di colonne, muri perimetrali di vari edifici e necropoli ancora da scoprire.

La pista segue il corso del Nilo attraversando vari villaggi e zone sabbiose; facciamo tappa nel villaggio di “Mulwad” dove gli abitanti ci invitano a visitare le loro case e dove ci offrono un’abbondante colazione a base di carne di montone stufata con aromatiche spezie che gustiamo da un unico grande piatto accompagnandola con dell’ottimo “pane di casa”, soffice e saporito come un pan di Spagna!

Villaggio Mulwad

Villaggio Mulwad-colazione

Subito dopo ci fanno vedere sul Nilo una delle loro feluche tradizionali, interamente realizzata a mano e ci danno una dimostrazione di come svolgendo l’alta vela, l’imbarcazione scivoli spinta dal vento sulle acque del grande fiume. Nel villaggio sono interessanti anche le antiche ruote in legno per il sollevamento dell’acqua

Villaggio Mulwad-feluca

Dopo una quindicina di chilometri ci fermiamo nel villaggio di “Umm Karabich” in un’altra bella casa nubiana dai colori bianco ed azzurro cielo dove ci fermiamo per la pausa pranzo (lo spuntino precedente non è stato infatti omologato come pasto!). La casa è pulitissima e ordinata come tutte quelle che visitiamo (in netto contrasto con tutte le strade dei villaggi dove la spazzatura è ovunque), e in essa ammiriamo fra l’altro (e ne approfittiamo!) il caratteristico gabinetto alla turca posto a un angolo del muro di cinta dell’abitazione, costituito da un blocco monolitico di pietra appoggiato sul pavimento, dove è scavato un foro per lo scarico dei rifiuti. Alcuni del gruppo approfittano della gentilezza dei proprietari della casa per lavarsi, mentre noi prendiamo il sole nell’ampio cortile attorniati da numerosi ragazzini a cui diamo le ultime penne e matite che abbiamo.

Nel pomeriggio ci allontaniamo dal fiume ed attraversiamo una bellissima zona sabbiosa, dove il toyota rosso si infossa più volte (riuscendo anche a forare di nuovo!), intervallata da verdi oasi di palme ed altri caratteristici villaggi.

Finalmente avviene il miracolo, Habbas “Sharom” si convince a sgonfiare le gomme del suo HDJ60 ormai a due ruote motrici! Egli stesso resterà entusiasta! Il suo (ed il nostro) penare si riduce grandemente.

Raggiungiamo i resti della chiesa copta del sito di “Nawa” dove nella sabbia si scorgono i resti delle colonne in basalto e in granito ed i numerosi capitelli dalle caratteristiche croci scolpite. A poca distanza sorgono due “qubbe”, edifici islamici, realizzati in mattoni, dalla caratteristica cupola da cui deriva il loro nome (ne esistono alcune anche da noi in Sicilia). Nella zona sono visibili altri resti di chiese cristiano-copte e ad alcuni chilometri dal sito di Nawa è visitabile un altro interessante luogo dove una qubba sorge isolata circondata da un bel cimitero islamico. A pochi chilometri da Old Dongola visitiamo infine, altri resti di una chiesa dove è ancora leggibile la pianta e dove è visibile un bel lastricato e dei ricchi capitelli ornati..

Qubbe e cimitero

chiesa copta

Arriviamo ad Old Dongola che è quasi il tramonto e ne restiamo affascinati!

In una pianura desertica si ergono le splendide qubbe di mattoni rossi dalla caratteristica forma conica. Non c’è foto che possa rendere la bellezza di queste costruzioni! Entriamo in una qubba, ma al buio non si intravedono che i drappi verdi usati durante le funzioni religiose. Infatti, la gente del luogo le visita ancor oggi nel corso di cerimonie funerarie o pellegrinaggi, per recare doni o offerte ai marabutti seppelliti all’interno di esse.

E’ quasi buio quindi si decide di fare campo tra le dune non lontano dalla città abbandonata e di continuare la visita ad essa e al monastero l’indomani mattina. Nel luogo scelto, mentre montiamo le tende, il Toyota rosso si insabbia di nuovo fino ai ponti e gli autisti avranno un bel da fare, per farlo uscire da una conca dove è incastonato! Noi intanto montiamo le tende.

Dopo cena si accende il fuoco ed a farci compagnia, stasera, ci sono dei simpaticissimi “topini delle piramidi” che vengono a cercare qualche briciola rimasta dalla cena. Non si spaventano di noi e l’indomani troveremo le loro piccole impronte attorno alle tende.

03.02.2004 Old Dongola – Quarta Cateratta (8° campo)

Tracciato 8a tappa (1)

Tracciato 8a tappa (2)

Old Dongola-Qubbe

Subito dopo la “solita” abbondante abbuffata a colazione (si continua ad esagerare! …Giovanni ha scoperto con orrore che non gli entrano più i pantaloni puliti!), andiamo a visitare le rovine di Old Dongola ed il monastero-moschea posto su un’alta rupe che domina la città vecchia e il corso del Nilo. Il monastero trasformato in moschea, come risulta da una lapide con iscrizione in caratteri arabi, nel 1317, è molto suggestivo ma si trova oggi in uno stato di totale abbandono, con alcuni solai pericolanti ed è visitabile facendosi aprire da un custode, che con una calma da vero arabo raggiunge dal villaggio i turisti in attesa. Poco distanti dal monastero vi sono altre interessanti rovine di una basilica copta e delle antiche fortificazioni della città.

IL “MONASTERO” DI OLD DONGOLA:

Inserisco una precisazione in merito ricevuta personalmente dall’archeologo Krzysztof Pluskota che dal 1983 opera regolarmente in Sudan:

“La grande costruzione di Old Dongola detta “il Monastero” era originariamente una sala del trono dei re cristiani medioevali di Old Dongola.

La sala da preghiera islamica (detta “La Moschea”) fu installata nel 1317 da Abdallah Barshamboo.

Non esistono evidenze che quell’edificio sia mai stato utilizzato come monastero.”

(Krzysztof Pluskota)

Old Dongola-monastero

Old Dongola-monastero

Dopo la visita puntiamo il GPS verso est, per tagliare attraverso il deserto nubiano l’ampia ansa che qui forma il Nilo. Puntiamo verso il villaggio di “El Kurru” che raggiungiamo dopo circa un centinaio di chilometri di fuori pista. Ci fermiamo per la sosta pranzo in un’altra casa nubiana, dove questa volta fervono i preparativi per un matrimonio che si celebrerà l’indomani. Le ospitalissime ragazze che vivono nella casa, si stanno preparando per la festa, facendosi dipingere mani e piedi con l’henne da una delle giovani sorelle, abilissima decoratrice. Tutte le ragazze approfittano per farsi dipingere le mani con splendidi motivi floreali che purtroppo dureranno solo fino alla fine del viaggio

El Kurru-henne

Vicino alla loro casa si trova la necropoli di El Kurru che andiamo a visitare dopo aver lasciato ai preparativi la simpatica compagnia. In questa necropoli si possono ammirare diverse piramidi in rovina e due tombe sotterranee, le uniche per ora aperte al pubblico. Sono quelle del faraone Pianky e di sua moglie, sepolti in due tombe simili per forma e decorazioni. Si accede alle tombe tramite una lunga scalinata che porta nella camera sepolcrale dipinta. Sui muri sono raffigurate le numerose divinità egiziane, mentre la volta è decorata con un magnifico cielo stellato. La tomba della regina ha la particolarità, unica in tutta la Nubia nonché in Egitto, di avere raffigurata l’immagine della regina sul letto di morte già mummificata che fronteggia la sua immagine in vita.

El Kurru-tomba reale

El Kurru-necropoli

Proseguiamo poi verso nord, seguendo il corso del Nilo e fermandoci in un altro sito ricco di alberi fossili dai grossi tronchi posizionati accanto ad un piccolo Wadi.

Raggiungiamo il famoso Jebel Barkal nel tardo pomeriggio e, stanchi delle numerose notti passate in tenda decidiamo di chiedere alloggio all’albergo “The Nubian Rest-House”a pochi passi dal tempio di Amon. Purtroppo l’albergo, di proprietà del tour operator organizzatore del nostro viaggio, è pieno, decidiamo quindi di prenotare per l’indomani, anche per fare finalmente una doccia (vera) che ci manca dall’albergo di Khartoum.

Ripartiamo verso nord nel deserto al tramonto, seguendo il tracciato della ferrovia, che spesso percorriamo letteralmente sulle traversine dei binari , sperando che non arrivi una locomotiva nel senso opposto! Passiamo accanto alla stazione di Elban per dirigerci verso la zona della quarta cateratta dove la nostra guida ha deciso di fare campo. E solo alcuni chilometri prima dell’arrivo il toyota rosso fora nuovamente! “Sharom” è veramente imbattibile!

Facciamo campo alla luce della luna fra le magnifiche rocce granitiche,che comunque apprezzeremo solo all’alba dopo una notte di vento infernale che sradica le tende fin dalle fondamenta! (che non hanno!)

04.02.2004 Quarta Cateratta – Karima

Tracciato 9a tappa

Jebel Barkal-piramide

Verso le cinque del mattino il vento cala e quando all’alba ci alziamo, si può dire che le tende sono già smontate, solo Sabrina e Stefano che hanno dormito in macchina non si sono accorti di nulla.

Stamattina facciamo solo un piccolo tratto in auto fino al Nilo, poi lasciati i fuoristrada raggiungiamo a piedi la quarta cateratta.

La camminata di circa un’ora e trenta tra andata e ritorno è bellissima! Prima si attraversano i campi coltivati a legumi e cipolle fino ad un ramo del fiume che si guada su una piccola diga fatta di pietre. Sulle rive si scorgono i mitici Ibis, sacri per gli egiziani, che spiccano il volo appena ci vedono arrivare. Poi proseguiamo su una riva sabbiosa ricoperta del fertile limo lasciato dalle recenti inondazioni, poi il terreno diventa arido e roccioso, fino ad un punto in cui si lascia il sentiero per arrampicarsi tra gli enormi massi granitici. Dall’alto il panorama è spettacolare! Il fiume scorre in basso, nella fertile pianura coltivata, addentrandosi in un punto tra le rocce. Infondo si scorge il verde scuro dei palmeti che contrasta con il grigio chiaro del granito. Dopo esserci riposati e aver ammirato con calma il paesaggio ritorniamo sui nostri passi fino alle auto dove ci attendono gli autisti e gli abitanti del piccolo villaggio per offrirci un ottimo e denso caffé sudanese.

Ripercorriamo la pista di ieri pomeriggio fermandoci lungo la strada ferrata, dove un treno in panne è fermo da diversi giorni in attesa di parti di ricambio, e dove facciamo conoscenza con gli addetti alla riparazione della locomotiva con cui facciamo alcune foto ricordo.

deserto nubiano-ferrovia

deserto nubiano-stazione di Elban

Il treno trasportava macchinari cinesi per la costruzione della diga di Merowe.

Ci fermiamo anche alla “stazione” di Elban per la “solita” ennesima foratura del Toyota rosso. A Karima si dovranno necessariamente riparare le ruote forate perché non ne abbiamo più di scorta! (ogni mezzo ne aveva ben due, ma il Toyota rosso le ha utilizzate praticamente tutte!)

Sulle rotaie della stazione, mentre si cambia la ruota, facciamo un giro sui carrelli a mano che sembrano quelli dei film western. Si torna poi nella cittadina di Karima dove ci aspettano all’albergo per pranzo.

All’albergo, “The Nubian Rest–House” (30 $ a persona per la doppia), facciamo conoscenza con la gentile signora Maura (una italiana che gestisce l’albergo che fa parte della struttura di Maurizio Levi) che ci fornisce parecchie interessanti informazioni sulla cittadina di Karima e sull’impianto del loro albergo. Ci invita, poi per la sera stessa ad un matrimonio di un suo dipendente a cui è invitato l’intero paese.

Pranziamo nella sala ristorante dell’albergo con gli ottimi piatti preparati dal nostro ineguagliabile “Mister cook”.

Ma dopo tanti giorni passati all’aperto, negli immensi spazi del deserto, pranzare seduti ad un tavolo, al chiuso di una stanza, mette a Lalla ed a Elena un senso di angoscia e di oppressione tanto che devono subito scappare all’aria aperta! Immaginiamo come dovrebbe sentirsi un nomade del deserto se fosse trasportato in una delle nostre città!

Per fortuna nel pomeriggio ritorniamo alla sabbia e andiamo a visitare la zona archeologica del Jebel Barkal dove si possono ammirare i resti del famoso tempio di Amon preceduto dal magnifico viale degli arieti. Sono visibili, inoltre i resti di altri sei templi, mentre nella roccia è ricavato il santuario dedicato alla dea Hator, figlia di Ra, dea della bellezza e della musica.

Jebel Barkal

Jebel Barkal-altare

Jebel Barkal- Lone

Jebel Barkal-piramidi

Proseguiamo la visita, ammirando a poca distanza dai templi, le splendide piramidi del periodo kushita, differenti dalle egiziane per la loro caratteristica forma slanciata e aguzza, magnificamente conservate (non sembrano proprio portare i 2500 anni che invece possiedono!).

Al tramonto, torniamo in albergo e finalmente possiamo, dopo nove giorni di deserto, goderci una meritata e piacevolissima doccia ed un’ottima cena in compagnia di tutto lo staff dell’organizzazione.

Stasera pretendiamo una tavolata unica con guida, autisti e cuochi!

Tutti rigorosamente ripuliti, noi con i nostri (pochi) capi puliti e loro con le loro abbacinanti jalabbe bianche, stentiamo quasi a riconoscerci l’un con l’altro!

Dopo cena siamo tutti invitati ad un matrimonio! Si sposa uno dei “lavoranti” dell’albergo e la presenza di turisti -ci spiegano- è considerata particolarmente gradita dalle famiglie.

Dopo essere passati a casa di una ragazza del luogo, amica di Kabo, che si doveva agghindare per la cerimonia, andiamo tutti al matrimonio in paese. La festa si svolge in un grande spiazzo, da un lato siedono le donne parenti degli sposi nei loro abiti eleganti ornati di lustrini mentre dall’altro lato stanno tutti gli uomini del villaggio.

Come ospiti d’onore ci fanno accomodare in prima fila ed a questo punto …possono iniziare le danze!. A suon di musica entrano gli sposi, poi la musica diventa sempre più forte e i danzatori, coinvolgendo lo sposo e gli invitati proseguono le danze fino a notte fonda. Si tratta di danze tribali dedicate agli animali, di antichissime origini (ci spiegano). In particolare il tema principale della serata sarà quello della “danza dei piccioni”.

Noi siamo molto stanchi e a metà cerimonia lasciamo i festeggiamenti per godere delle pulite lenzuola di un letto vero.

Karima-matrimonio

05.02.2004 Karima – Deserto del Bayuda (9° campo)

Tracciato 10a tappa

Al mattino, facciamo sosta al mercato di Karima dove acquistiamo ottimi peperoncini essiccati per il cuscus (lady’s fingers), karkadè , bicchierini per il caffè, bollitori per il the, ecc, mentre gli autisti fanno rifornimenti di cibo e di benzina e fanno riparare le numerose ruote bucate (dall’ineffabile “Sharom”).

Dopo una lunga attesa del traghetto attraversiamo per la seconda volta il Nilo e ci fermiamo poi per pranzo nei pressi delle rovine dell’interessante monastero di “Ghazali” nella valle di Abu Dom.

Dopo la visita ai resti architettonici ripartiamo per affrontare il famoso deserto del Bayuda!

Bayuda desert

Dopo una settantina di chilometri di deserto pietroso arriviamo al cratere sito vicino al pozzo “Bir Sani”. In cima al cratere incontriamo dei nomadi con i loro dromedari che si occupano del trasporto del sale “Atrum” che si estrae dal lago salato che sta in fondo alla caldera. Lasciamo i fuoristrada, scendiamo a piedi lungo un sentiero, e seguendo il percorso dei dromedari, arriviamo al lago dove delle giovani donne raccolgono il sale estratto essiccando l’acqua per conservarla in magazzini costruiti con la pietra del luogo. Il posto è bellissimo ed il lago ha sicuramente un suo sinistro fascino!.

Bayuda desert-cratere-atrun

Bayuda desert-cratere-atrun

Riprendiamo la pista nel Bayuda che in questa zona attraversa ampi spazi di savana dove le acacie ombrellifere si intervallano a cespugli spinosi, mentre ogni tanto ammiriamo persino delle piante fiorite. La prima auto del gruppo riesce a scorgere anche delle gazzelle (ormai ahimè quasi estinte in quelle zone causa la caccia dissennata) che vivono in piccoli gruppi proprio in questo habitat frequentato da numerosi nomadi che portano al pascolo le proprie greggi di capre. Ci fermiamo a fare campo presto, prima del tramonto, per goderci appieno quella che sarà l’ultima notte di campo.

Infatti, abbiamo saputo dalla signora Maura dell’albergo di Karima,che a Meroe c’è un campo tendato attrezzato con dei posti liberi, per cui decidiamo di passare la prossima notte lì, invece che in tenda (è in arrivo una tempesta di sabbia e il richiamo di un’altra doccia ci appare irresistibile), e programmiamo, inoltre, di passare l’ultima notte prima della partenza all’Hotel Gobba di Karthoum sempre in alternativa alle nostre tende.

L’ultima serata di campo passa molto piacevolmente ad ascoltare i racconti di Kabo, sulle sue esperienze o su strane storie del deserto e sul Sudan, che ci fanno sognare e desiderare di ritornare in futuro in questo bellissimo paese. La notte passa quasi insonne tra le raffiche di un forte vento che ci scuote per tutto il tempo facendoci desiderare un riparo dagli elementi della natura e dalla tempesta di sabbia che si abbatterà domani sull’intera zona.

06.02.2004 Deserto del Bayuda – Meroe

Tracciato 11a tappa (1)

Tracciato 11a tappa (2)

Riprendiamo la pista del Bayuda, il vento implacabile continua per tutta la mattinata, sembra di essere immersi nella nebbia, tanto è fitta la sabbia alzata dal vento. Tentiamo di scendere dai fuoristrada solo per pochi istanti, vicino ad un pozzo molto profondo dove dei dromedari tirano l’acqua con delle lunghe funi di cuoio, ma è quasi impossibile resistere alla sabbia che entra ovunque.

Bayuda desert-tempesta di sabbia

Bayuda Desert-camion rotto

Procediamo sulla pista fino a quando non incontriamo un camion in panne, fermo da tre giorni, con l’autista in preda ad un violento attacco di malaria.

L’aiutante è incapace di guidare e di far ripartire il mezzo. Sono fermi lì da tre giorni in attesa della benevolenza di “eventuali” altri viaggiatori!

Il camion trasporta datteri. Per fortuna hanno acqua in abbondanza.

Ci fermiamo a soccorrerlo, e, dopo aver penato un po’ i nostri autisti riescono pure a fare il miracolo! Nel giro di un’ora riescono infatti a fare ripartire il camion. Questa impresa rappresenterà il momento di gloria del bravo “Sharom”!

Consegniamo al povero guidatore del camion ormai allo stremo delle forze una dose “di attacco” di Lariam e lo istruiamo debitamente circa la posologia.

Dopo aver pranzato al riparo della sabbia sotto un improvvisato rifugio (una tettoia messaci a disposizione da alcuni nomadi), proseguiamo fino all’imbarco per il terzo attraversamento del Nilo che avviene dopo circa due ore di attesa, all’altezza di Atbara, grosso insediamento urbano dove facciamo rifornimento di benzina e di cibo. A questo punto proseguiamo velocemente per la strada asfaltata fino a Meroe dove arriviamo al tramonto.

Traghetto Atbara

Sapevamo che al campo tendato c’è il del posto libero, abbiamo tentato di telefonare più volte per prenotare, ma la tempesta di sabbia ha interrotto i collegamenti telefonici, per cui arriviamo al campo senza una effettiva prenotazione.

La signora Mirella, che gestisce il campo, collega della Maura, è chiaramente infastidita dal nostro arrivo non annunciato, le tende ed i bagni, non aspettando clienti, non sono stati puliti, per cui dopo due ore e più di vana attesa, se vogliamo, dobbiamo arrangiarci noi a pulire le tende e a rifare i letti. Anche fare la doccia è impossibile perché ovviamente l’acqua è gelida, non possedendo il campo la corrente elettrica se non con un piccolo generatore.

Ci restiamo anche un po’ male anche per il prezzo richiestoci, (che ci viene detto essere di favore) 30 $ a persona (e per la cena dovremo provvedere con i nostri viveri)! Dopo varie discussioni, fatti presenti i disagi e la collaborazione alle pulizie pattuiamo la cifra di 20 $ a persona ma restiamo lì solo perché siamo troppo stanchi per andarcene via. Il nostro cuoco ci consola con un’ultima ottima cena di addio nella sala del ristorante del campo.

07.02.2004 Meroe – Khartoum

Tracciato 12a tappa (1)

Tracciato 12a tappa (2)

Meroe

La mattina partiamo all’alba, perché la giornata di oggi si presenta molto lunga e piena di siti da visitare, inoltre speriamo di raggiungere Khartoum in serata, in anticipo di mezza giornata rispetto al campo originariamente previsto lungo la strada per la capitale.

Iniziamo con la visita alla famosa necropoli reale di Meroe, dove tra le dune di sabbia svettano ben conservate le aguzze piramidi dagli ingressi decorati con stupendi bassorilievi. La magnificenza del luogo è accentuata dal fatto che siamo gli unici visitatori e dalla tenue luce del mattino che ci consente di scattare numerose e bellissime fotografie.

Meroe

Facciamo anche svariati acquisti dai venditori all’ingresso della zona archeologica accorsi da lontano appena ci hanno avvistato. Noi compriamo dei bei coltelli artigianali con foderi lavorato a mano.

Seguendo la strada asfaltata verso sud facciamo tappa nella cittadina di Shendi dove visitiamo una casa dove si lavora al telaio il cotone, il lino e la seta.

Anche qui facciamo acquisti e prendiamo i caratteristici drappi per fare i tipici copricapi sudanesi di tela bianca e delle bellissime sciarpe di seta colorate da regalare.

Andiamo dopo ad ultimare lo shopping al famoso mercato della cittadina dove compriamo zafferano, una borsa di pelo di cammello (?!), una scopa di foglie di palma (!?!), degli incensieri dipinti, ecc., (Kabo ci regalerà personalmente dell’incenso).

Ci rechiamo quindi agli scavi di Musawwarat che si trovano in una zona di splendida savana ricca di acacie, dove visitiamo per primo il tempio del leone, dedicato al dio Apedemak (datato 250-200 a.c.), parzialmente ricostruito, dove dei rilievi con le raffigurazioni delle divinità nubiane dall’abbagliante bellezza si svolgono lungo le pareti interne ed esterne dell’edificio. A questo punto ci aspetta la visita del tempio dell’elefante, una serie di costruzioni tra le più interessanti ed estese di tutto il Sudan. Circondate da una vasta cinta muraria, sorgono ben conservate nella loro grandiosità a testimonianza, forse di un culto esistito verso questi animali, che vengono rappresentati più volte nelle decorazioni templari. All’interno dell’area dei templi una missione archeologica tedesca sta scavando, per cui in alcuni punti è possibile notare il piano di calpestio originario o altre strutture che stanno pian pano venendo alla luce.

Musawwarat

Musawwarat-scavi

Pranziamo all’interno di uno degli edifici della missione e poi proseguiamo per il sito archeologico di Naga distante una decina di chilometri.

Iniziamo la visita con il cosiddetto “chiosco”, molto ben conservato e dalle evidenti influenze ellenistiche combinate ad elementi prettamente egiziani. Proseguiamo poi con il tempio di Apedemak dove è possibile ammirare bellissimi rilievi in cui il dio leone viene raffigurato con più braccia o con il corpo di serpente. Più ad est, su una collinetta, sorge isolato il tempio di Amon preceduto da un viale di arieti dal vello mirabilmente scolpito e perfettamente conservati. All’interno del tempio è possibile leggere i vari ambienti, ed ancora oggi restano ben visibili le tracce della decorazione dipinta.

Naga-chiosco

Naga-tempio di Apedemak

Prima di lasciare il sito di Naga diamo un occhiata ad un pozzo dove i nomadi Shaiqiya, con l’aiuto dei dromedari attingono l’acqua per abbeverare le loro greggi. Si tratta di una scena che da l’impressione di essere entrati in una macchina del tempo! Le modalità di estrazione sono le stesse da secoli. Nulla è cambiato né nell’abbigliamento dei nomadi né nei dispositivi (a trazione animale) di estrazione.

Naga-viale degli arieti

Naga-pozzo

Ritorniamo sulla strada asfaltata e proseguiamo verso sud fino a Khartoum dove arriviamo in serata, giusto in tempo per goderci un’ultima ottima cena in un piacevole ristorante con terrazza sul Nilo insieme ai nostri amici sudanesi che ci hanno accompagnato in viaggio.

E’ ormai tempo di addii, facciamo insieme le ultime foto ricordo, ci scambiamo gli indirizzi e dopo cena ci affacciamo per godere della superba visione della luna che si specchia nel Nilo azzurro (peccato la visione romantica venga interrotta appena si abbassa lo sguardo sulla spazzatura sparsa sugli argini!). Gli autisti ci accompagnano in albergo, dove passiamo il resto della serata a preparare i bagagli (tra cui un enorme scatolone dove mettiamo gli acquisti, la sabbia, i curativi meloncini del deserto e le erbe, i minerali raccolti ovunque, etc., etc.) e a goderci finalmente una meritatissima doccia in cui verranno fuori chili di sabbia accumulata da giorni.

08.02.2004.1 Khartoum – Doha

Per stamattina in origine era prevista la visita al museo archeologico, ma per un grave furto è chiuso da un paio di mesi, per cui decidiamo di andare a vedere l’”Hotel Acropol”, che ci dicono rappresenti un pezzo di storia del Sudan.

Facciamo conoscenza con il gestore che, gentilissimo ci offre delle bibite e ci spiega un po’ la storia dell’edificio. Subito dopo facciamo una breve passeggiata in centro dove ci sbizzarriamo con gli ultimi acquisti in territorio sudanese (artigianato, cassette musicali e ancora spezie) fin quando non giunge l’ora di andare all’aeroporto.

Salutiamo la guida e gli autisti, che ci accompagnano fino all’imbarco quasi fossimo loro parenti, con un groppo alla gola, nella speranza un giorno di rivederci.

Sono stati tutti veramente gentili e premurosi con noi, anche molto di più del dovuto! Infatti una cosa che non scorderemo mai di questo viaggio è l’ospitalità e la generosità del popolo sudanese che non ha veramente limiti!!!.

Lasciamo Khartoum alle 16.15 per arrivare a Doha alle 19.30. Questa volta la compagnia aerea ci ospita in un ottimo albergo il “Sofitel” della Mercure Hotel dove ci riprendiamo dal viaggio aereo con una abbondantissima favolosa cena a buffet (come al solito non si fa che mangiare!) e una magnifica doccia.

Doha – Roma – Catania – Siracusa

Decidiamo di spendere la mattinata in giro per Doha, infatti, prendiamo un taxi veramente pittoresco (tappezzeria arabescata ricoperta da plastica, nappe dorate pendenti stile “le mille e una notte”) e andiamo in centro in giro per negozi. In particolare visitiamo fornitissimo negozio di attrezzature nautiche, con un intero reparto dedicato alla “Garmin”, dove acquistiamo un nuovo GPS ad un ottimo prezzo ed altri piccoli accessori. Alle 13.15, dopo aver speso gli ultimi soldi (solo in ordine di tempo) al duty-free dell’aeroporto partiamo per Roma dove arriviamo alle 17.15.

A Roma, dopo aver passato un piacevole pomeriggio in compagnia della sorella di Elena ed averle raccontato dei bei momenti e delle fantastiche persone incontrate nel corso di questi ultimi quindici giorni, prendiamo alle 21.05 il volo per Catania.

Atterriamo dopo un’ora, e con noi arrivano miracolosamente anche tutti i bagagli imbarcati a Khartoum (compreso lo scatolone di cartone con gli acquisti!).

Una comitiva di parenti ed amici (e BatuffoGigia festosa) attende Elena; tra un’ora siamo a casa!. Anche se è notte, il vento di scirocco ci consola ricordandoci un po’ l’aria calda di Khartoum e del Sudan mentre un mandorlo fiorito lungo la strada ci fa essere un po’ meno tristi …da noi è già primavera!

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