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TUNISIA 2010-2011

– Posted in: Africa, Nord Africa, Resoconti di viaggio

By AndreaPE
Originally Posted Monday, April 30, 2012

 

TUNISIA 2010-2011

Dal 22 dicembre al 5 gennaio, due settimane di fusione totale di anima e corpo, con la cultura, gli usi, le persone, che fanno della Tunisia un paese speciale, tutto da esplorare e scoprire. Un paese dagli infiniti colori ed odori, un territorio tanto piccolo quanto sconosciuto ai più.

Tembaine, La direttissima Douz-Ksar Ghilane, Ain Ouadette e le altre mete del turismo di massa, per quanto affascinanti possano essere, in funzione del percorso che si sceglie per raggiungerle, offrono, ormai, purtroppo, una immagine stereotipata della Tunisia. Una immagine solo infinitesimale di cosa sia ancora oggi questo ambiente, una volta considerato il granaio dell’impero romano.

14 giorni a contatto con una cultura tanto difforme dalla nostra sono 14 giorni di offroad per la mente, 14 giorni in cui i nostri pensieri ed i nostri ragionamenti “europei” devono necessariamente trovare, esplorandoli, nuovi percorsi, fino ad ora sconosciuti, per stabilire un contatto con una realtà ignota e spesso, di primo acchito incomprensibile. Come chi va fuoristrada in macchina o moto deve cercare di continuo il percorso migliore, la mente e la mentalità europea di chi viene in Tunisia, deve modularsi di continuo, di minuto in minuto, per poter incamerare e rendere indelebile ogni istante di contatto con la cultura del suo popolo. Se non si pratica questo percorso si rimane, inevitabilmente, un “turista Alpitour”.

In questo resoconto, se avrete la pazienza di leggerlo tutto, non troverete indicati i numeri dei giorni nei quali si svolgono gli eventi ne il nome dei giorni della settimana ne orari se non in riferimento alla data di partenza e arrivo. I miei 14gg con Stefano e con tutti gli altri attori del resoconto sono stati scanditi solo dalla luce solare e dalla notte. Nessun orario come è inteso da noi europei.

Di conseguenza la cronologia degli eventi è ricostruibile solo basandosi sugli avvenimenti della giornata.

Partenza prevista per il 22 dicembre da Civitavecchia, col traghetto “Salerno” della Grimaldi. Ho fatto il biglietto online quasi tre mesi prima, godendo così dell’offerta promozionale che prevede il solo pagamento per il passeggero con vettura al seguito gratis sia per l’andata che per il ritorno.

A conti fatti io e la mia HDJ80 viaggeremo sulla tratta Civitavecchia-Tunisi-Civitavecchia ad un costo totale di 166€.

Ciliegina sulla torta è l’invito ricevuto dall’amico carissimo e concittadino, Stefano Fazzini, a raggiungerlo presso la sua “maison du voyageur” a Douz.

La MdV è una struttura ricettiva studiata ad hoc per chi vuole avere un approccio “alternativo” con la Tunisia, i suoi usi e la sua gente. Ma di questo parlerò più avanti, andiamo con ordine e torniamo al giorno della partenza.

Il 22 mattina la mia partenza per la Tunisia coincide con la partenza per la Libia di alcuni amici concittadini che prenderanno il medesimo traghetto. Dopo qualche telefonata velocissima iniziamo a sentirci via CB e ci diamo appuntamento al casello autostradale di Città Sant’Angelo.

I miei compagni di viaggio fino in Tunisia saranno Giancarlo con Candida ed il piccolo Riccardo e Claudio con Iole e figli.

Decidiamo di percorrere la A14 in direzione nord fino al casello di Giulianova per poi proseguire sulla Teramo-Mare fino al casello della A24 alle pendici del Gran Sasso d’Italia. Da li tutta autostrada fino a Roma, poi l’incognita del raccordo anulare ed infine la tratta fino a Civitavecchia. La giornata non è che sia un granché, cielo coperto, pioggerellina e abbastanza fresco. Procediamo in colonna più o meno ravvicinata e ci muoviamo ad una buona media verso Civitavecchia.

Lungo la strada incontriamo qualche tratto con asfalto molto bagnato e qualche scroscio di pioggia. Mentre guido torno con la mente alle mie ultime due trasferte in nord africa, nel 2006 e nel 2007. Entrambe sono state funestate dal meteo poco clemente. Nel 2006 partimmo sotto la pioggia, avevo 39 di febbre e feci guidare un amico. Nel 2007 prendemmo pioggia lungo le strade italiane e neve pioggia e grandine lungo la tratta tunisina. La trasferta del 2007 culminò col mio “tentativo di suicidio-uxoricidio” in uno oued totalmente allagato lungo la pipe……ma questa è una storia che forse alcuni di voi hanno gia letto….

Torno alla realtà e siamo già molto vicini al casello di Roma. Si decide di percorrere l’anello interno del G.R.A verso sud e per nostra fortuna fila tutto liscio salvo qualche leggero rallentamento. L’orario gioca a nostro favore e percorriamo il tratto di raccordo in poco più di 20-25 minuti. Imbocchiamo verso Civitavecchia e ci apprestiamo a percorrere questi ultimi km che ci separano dal traghetto che in stile “Caronte” trasborderà le ns anime sulla sponda opposta, tanto agognata da mesi e oggetto di tanti sogni e pensieri. Come d’uso, assumo prima di salire a bordo la mia dose di Xamamina. Se non fosse stato per questo farmaco non avrei mai potuto, anche negli anni precedenti, sopportare le 20 ore di traversata. Soffro il mal di mare in misura eccessiva e per rendervi una idea di quanto sia sensibile vi basti sapere che alcuni anni fa, riguardando sul TV una mia ripresa fatta a dorso di dromedario, dovetti assumere un travelgum per non avere malori davanti allo schermo.

Per la prima volta al posto di polizia vengo sottoposto ad un controllo antidroga. Un agente mi chiede “se può fare un controllo”, come se fosse facoltativo…. poi passa una strisciolina di carta sulla maniglia dello sportello di guida, sul volante, sulla maniglia del portellone posteriore e sul pomello del cambio. Inserisce questa linguetta cartacea in una specie di miniaspirapolvere e dopo qualche secondo mi dice che posso andare…e mi ringrazia pure….

Comincia l’imbarco e notiamo subito la quasi totale assenza di altri fuoristrada. Oltre alle nostre cinque vetture ci sono solo altri 3 fuoristrada. Per il resto, i passeggeri sono tutti nordafricani che tornano a casa in concomitanza delle festività natalizie europee. Le nostre auto vengo fatte salire su un ponte esterno, abbastanza vicine alla rampa di uscita.

Saliamo a bordo e prendo posizione nella sala poltrone. L’imbarco continua ma sento già che la xamamina comincia a fare effetto …..molto effetto….molto……..

Durante la traversata il mare non è proprio tranquillo. Sotto l’effetto di San Xamamina le mie18 ore di navigazione passano in un attimo e mi riprendo del tutto solo quando siamo a pochissime centinaia di metri dal molo di attracco.

In porto a Civitavecchia ho incontrato, come avevamo concordato, Andrea e la sua famiglia.

Anche lui, con il suo LAND 110 è in procinto di raggiungere Stefano a Douz. Sbrigate le formalità doganali ci ritroviamo all’uscita del porto. Mancano un paio di macchine degli amici di Giancarlo e quindi invito Andrea ad avviarsi verso Douz senza attendere oltre. I 600 e passa km di asfalto sono lunghi, specie se si guida di notte e col traffico locale.

Dopo un paio di ore anche noi ci mettiamo in marcia ed a conti fatti arriviamo a Douz, alla maison di Stefano, alle 21,30 circa di sera. Mi aspetta la prima cena tipica tunisina della mia trasferta e sebbene non sia un esperto di questi piatti colgo subito la qualità eccellente di cosa sto mangiando.

La salade tunisienne è freschissima e fragrante, le verdure sono consistenti e saporite, la ciorba è densa il giusto, la quantità di spezie che si percepisce non è eccessiva, ogni aroma è sapientemente dosato per non nascondere gli altri, la farina granulosa è perfettamente cotta, con la giusta consistenza, senza essere mai gommosa. Il couscous, anch’esso, si sente che è preparato da una mano veramente sapiente, si assapora la preparazione di classe superiore della cena. Il pezzo di carne servito assieme al couscous è tenerissimo ma tenacemente attaccato all’osso. Ogni verdura presente nel piatto ha la sua consistenza, ogni verdura ha il suo perché in quel piatto apparentemente ma solo apparentemente “disordinato”. Ogni spezia usata nella preparazione partecipa attivamente alla corposità finale della pietanza. Il dopo cena mi porta a fare la conoscenza col personale locale che lavora presso la Maison. Faccio conoscenza con Mohamed, il padrone di casa, Abdelrafhid il cuoco sapiente e Abdel un altro ragazzone tunisino, gran lavoratore ed eccezionalmente gentile. Nel complesso tutte persone veramente affabili e cordiali. C’è anche una ragazza, Loredana, anche lei italiana che è ospite della maison. Stefano ci presenta. E’ una sua ex studentessa di quando insegnava francese al liceo di Città Sant’Angelo. Cominciamo a parlare e il discorso cade rapidamente nell’ambito culinario in quanto su Facebook avevo scritto a Stefano che avrei voluto tentare una sperimentazione di cucina Abruzzo-tunisina, la pizza con alcuni ingredienti non convenzionali. Anche Abdel, il cuoco, si mostra interessato ed incuriosito da questa idea ed in quanto capo cucina da il suo benestare a questa sperimentazione per i prossimi giorni

Gli altri ospiti della struttura, alcuni italiani, non accusano come me il peso del viaggio e dopo un po’ decido di andare a letto perché i 650km di asfalto ed il dormire su una poltrona poco reclinabile della nave fanno sentire il loro effetto. Anche Andrea e famiglia, arrivato circa un’ora prima di noi si avvia verso gli alloggi. La stanza è accogliente, bagno in camera, doccia calda, materasso duro il giusto e calde coperte. Fuori, un cielo terso mostra il meglio della volta stellata nonostante l’illuminazione pubblica poco distante.

La notte passa tranquilla, almeno fino alle 6, quando mi accorgo, “toccando con mano”, quanto siano vicini a casa i megafoni del minareto, proprio fronte strada. Il mio primo giorno di Tunisia 2010 inizia quando è ancora buio.

Scendo nel cortile della maison. Il palmeto, adibito anche ad area campeggio è pulito e silenziosissimo. Ci sono una miriade di uccellini sulle palme. A frotte scendono a terra a cercare semi e frutti caduti per nutrirsi. Nel piazzale c’è il land di Andrea, il mio 80, quello di Stefano, una macchina con targa turistica di qualche altro cliente della maison. Più lontani i toyota di Giancarlo, Claudio, Peppe ed un altro amico. In un altro angolo un discovery bianco con targa temporanea tunisina.

Ogni palma ha il suo anello di sabbia attorno al tronco per evitare che l’acqua si disperda nell’intorno. Ogni spazio di parcheggio tra le palme prevede un punto luce con presa 220V ed un punto acqua. In fondo al piazzale ci sono i servizi igienici per chi campeggia, con docce, wc ed acqua calda.

Le palme sono curatissime, non hanno foglie secche e producono ombra su gran parte del piazzale campeggio. Sono solo in giro, dormono tutti, l’aria è molto più fresca di quanto pensassi, siamo sui 6-7° al massimo. Apro la macchina e nella attesa di vedere qualche altra forma vivente umana in giro, accendo il forellino e mi faccio un velocissimo the per scaldarmi.

Il sole arriva velocemente e l’aria diventa più gradevole in pochi minuti. Ai due estremi del piazzale campeggio ci sono la maison e dalla parte opposta la residenza di Mohamed e di un suo collaboratore.

Esco lungo la strada asfaltata principale che passa davanti al conosciutissimo hotel Saharien e che prosegue fino alla porta del deserto. In particolare, l’accesso alla maison si trova lungo questa strada asfaltata, circa 6-700 metri dopo il saharien.

In corrispondenza di un minareto a bordo strada, sul lato sinistro c’è un vicolo sterrato ed il cancello celeste con due lampade ai lati indica l’accesso alla maison. Oggi è giorno di festa, il primo dei tre giorni di festival delle oasi.

Inizia ad esserci movimento lungo la strada che porta al cammellodromo.

Auto, motorini, carretti, cammellieri con dromedari al seguito, molti portano sui pick-up alcuni levrieri….tutti si avviano verso la Porte du desert per partecipare alle manifestazioni della festività.

Arriva il momento di fare colazione ed entro nella sala da pranzo.

La tavola inizia a prendere forma ed aiuto Mohamed ed Abdel a portare a tavola the, caffé, latte, pane marmellata burro e della frutta locale..

Terminata la colazione e dopo i saluti di rito, Giancarlo e gli altri del gruppo prendono la strada verso il confine per l’entrata in Libia. Per un po’ provo a seguirli via radio ma poi, ovviamente perdo il segnale.

Nel frattempo la maison prende vita, i vari ospiti fanno capolino e cominciano a prendere posto a tavola per la colazione. Nonostante la sveglia delle 6 sono ben riposato e comincio a fare qualche chiacchiera con gli altri commensali. Una coppia tra tutte attira la mia attenzione. Sono Aldo e Graziella, entrambi pensionati, parlata del nord ma che stranamente nominano una località abruzzese… Lecce dei Marsi….

Noto di sfuggita che Aldo ha una vistosa fasciatura su due dita di una mano ma al momento presto poca attenzione alla cosa. Si instaura una interessante chiacchierata durante la quale emerge che i due baldi pensionati, quando non sono in Tunisia per 6-7 mesi all’anno, spesso sono in Abruzzo. Accipicchia, la cosa si fa interessante…..Sono amici di Stefano e spesso si ritrovano alla maison

o a Tataouine dove anche Aldo e Graziella hanno una struttura ricettiva sulla falsa riga della maison.

All’esterno l’aria si è scaldata ed è arrivato il momento di fare il primo giretto di riambientazione nel centro di Douz. Insieme a Stefano, Loredana ed altri ospiti della maison, ci incamminiamo a piedi nel palmeto. E’ giorno di festa ed il traffico è caotico più del solito. Dromedari agghindati lungo le vie polverose, decine e decine di motorini parcheggiati lungo le strade di fronte a bar e ristorantini, clacson che incrociano le loro note con il vociare della popolazione, il rumore degli zoccoli degli asini che trainano i carretti…. molte vetture con la targa del noleggio e pochissime auto di turisti europei. Una miriade di odori a volte sconosciuti ci avvolge.

Dai polli cotti alla brace alle spezie in esposizione sulle bancarelle lungo i marciapiedi, dal fumo dei motorini a quello dei vecchissimi motori che ancora spingono fatiscenti pick-up Peugeot nei vicoli della città vecchia. Non esiste senso di marcia tranne che per le vie principali…..ma anche li, spesso, è tutto aleatorio. Molti uomini e donne a piedi, specie nei pressi dell’ingresso del mercato del festival. L’ingresso è a pagamento, 200 millesimi. Nella mia sciaguratezza e sovrapensiero sono uscito senza portamonete ma grazie alla intercessione di Stefano riusciamo ad entrare. Il mercato è una mini-medina. Tutta la parte aerea dello spazio adibito a mercato e coperto di teli colorati che lasciano passare la luce del sole che assume colori innaturali, tingendo l’atmosfera di molteplici tonalità prevalentemente tendenti al rosso. All’interno, gente di città e locali di Douz, tutti intenti a contrattare un acquisto o semplicemente a curiosare. Tantissimi abiti in esposizione, tappeti, oggetti in legno di olivo e terracotta e molte bottigline e creme a base di olii essenziali per massaggi del corpo. Il mercato non è particolarmente esteso, si e no saranno 500mq. Dopo un paio di giri usciamo e percorrendo il palmeto a ritroso rientriamo a casa per il pranzo.

Abdel, come al solito ha preparato un pranzo assolutamente speciale, Come già sperimentato, odori e sapori ben equilibrati, mai troppo piccanti mai troppo poveri o ricchi di spezie. Mi intrattengo a parlare con lui un po’ in francese, un po’ a gesti, un po’ in inglese riusciamo a capirci. Gli dico che nelle prossime preparazioni dei pasti desidero partecipare e guardare come opera con i vari ingredienti. Lui si mostra molto felice della cosa. Nel frattempo noto ai suoi piedi uno dei tre paia di scarpe da ginnastica che gli ho portato dall’italia. Il dopo pranzo nel piccolo palmeto è semplicemente divino. Mi ritrovo con Aldo e Graziella a chiacchierare del più e del meno e di come siano finiti anche loro a passare gran parte del loro tempo in Tunisia. Aldo mi racconta, mostrandomi la fasciatura, di come un paio di mesi prima a ksar ghilane, abbia perso una falange ed un altro pezzetto di un altro dito a causa di un verricello col cavo arrotolato in malo modo. Nella tragicità di quel momento, il buon Aldo mi racconta che ha avuto la fortuna di essere soccorso da un medico italiano in vacanza, specializzato nella ricostruzione della mano…probabilmente l’unico con quella specializzazione in giro per l’africa in quel momento. Tutti abbiamo con noi la nostra maledizione portata dall’italia…..il cellulare. Quello che tra tutti squilla di più è quello di Stefano che puntualmente, in francese o italiano spiega ai suoi interlocutori come arrivare alla maison una volta entrati a Douz. Ogni giorno si presenta qualche italiano, francese, svizzero che pernotta in camera o in tenda. Le tavolate a cena non sono mai con meno di 10-12 persone. Continuando la chiacchierata, Aldo mi dice che il suo apparecchio satellitare thuraya ha qualche problema e decidiamo di aprirlo per verificare alcune cose. Nella mia cassetta di ricambi elettrici porto anche le chiavi torx della misura adatta alle viti del satellitare e procedo allo smontaggio dello chassis. Aldo mi accenna di averlo comprato nuovo alcuni anni fa e di averlo mandato in riparazione a Roma per alcune anomalie per altro non risoltegli. Fatto sta che aprendo l’apparecchio, uno hughes 7100, l’interno appare disastrato. Gli attacchi di plastica dove mordono le viti autofilettanti sono distrutti. Delle 6 viti totali solo 2 fanno presa decentemente ed anche la tastiera ha falsi contatti. Con qualche vite rimediata e dopo una pulizia dei contatti, riusciamo a riassemblare i vari pezzi e con l’aiuto di un paio di giri di nastro telato il satellitare riprende a funzionare correttamente. Col passare delle ore e delle chiacchiere, il pomeriggio cede il posto alla sera. Comincia a fare freschino e verso le 19 la temperatura rinfresca ancora.

Me ne torno in cucina a sbirciare i magheggi di Abdel. Sul tavolo da lavoro abbondano verdure tagliate a grossi pezzi, patate, verze, rape, carote, cipolle, pomodori, tutti pronti ad essere messi in forno in una teglia, coperti di acqua mista a spezie. In giro nella teglia anche alcuni pezzi di carne di pecora. La cottura consiste nel mettere in forno questa teglia e lasciarla in cottura per almeno 2-3 ore in modo che l’acqua asciughi quasi completamente e nel frattempo cuocia gli alimenti che vi sono immersi. L’odore che si spande per la casa è speciale. Nei giorni in cui sono stato alla maison ho avuto modo di guardare spesso Abdel al lavoro. Si percepisce chiaramente che ama profondamente quello che fa. La cura con cui taglia ogni verdura di misura diversa a seconda del suo tempo di cottura la dice lunga su quanto sia scrupoloso nella sua attività. Separa con cura quasi maniacale ogni verdura che gli passa tra le mani, per poi, al momento opportuno metterla in cottura con le altre. Guardarlo mentre prepara la farina per il couscous è uno spettacolo. Impasta la farina con pochissima acqua per volta, cuocendo lentamente il tutto a vapore con un grosso pentolone pieno di acqua. Sembra quasi che stia accarezzando qualcuno quando muove con eleganza le mani tra i granelli di farina color paglierino. A momenti mi fa pensare al “Mago Silvan”, quando muoveva le mani nell’aria, apparentemente senza uno scopo preciso. In cucina indossa sempre il grembiule da lavoro ed un copricapo. Ne approfitto per farmi descrivere per sommi capi dove è preferibile usare le varie spezie che utilizza. Premettendo che non parlo francese e lo capisco pochissimo, il nostro è stato più un dialogo tra muti con lui che mi faceva il segno delle corna quando si parlava di bovini e caprini, mi faceva il movimento delle ali quando si parlava di galline e cacciagione e mi muoveva la mano a mò di scodinzolamento quando mi parlava del pesce. Io prendevo una spezia e lui mi faceva il movimento dell’alimento che ci si accompagnava. Era più un film muto che uno scambio cultural-culinario….

Arriva il momento della cena e la tavolata è di quasi 15 persone, scusatemi se non ricordo tutti i nomi. Si pensa a cosa fare il giorno dopo e siccome Andrea, con famiglia al seguito, vuole raggiungere ksar ghilane via diretta, Stefano ed Andrea deliberano alla unanimità per questa destinazione da raggiungere facendo la diretta dal caffé du desert. Fine cena con datteri, mandarini ed un torrone che si immola per la causa. Comincio ad aver sonno e dopo pochi minuti lascio la tavola e me ne salgo in camera per la notte. Il mio amico muezzin mi attende alle 6 ma stavolta mi farò trovare pronto…

Sono sempre stato mattiniero in vacanza e stavolta, alle 6, sono già in piedi che passeggio nel palmeto della maison quando comincia la chiamata alla preghiera del minareto.

E’ ancora notte, ma in lontananza arriva il chiarore dell’alba. Fa freddo e riesco a stare all’aperto solo perché indosso la giacca a vento. Preparo un the col solito fornellino sul pianale del toy e poi monto in macchina. Mi viene voglia di fare un giro per Douz, avvio l’1hd-ft e mi avvio verso il centro città. E’ ancora giorno di festival ma è ancora troppo presto per vedere grosso movimento in giro. Nonostante ciò, alcune sagome che si muovono nel debole chiarore dei lampioni gialli ci sono. Si vedono queste ombre scure che si muovono coperte da questi mantelli in pesante lana e per un momento la mente mi corre al film Frankenstein junior con Igor, impersonato da Marty Feldmann, che si aggira per il castello proiettando la sua ombra sulle pareti.

Ogni tanto si sente un motorino muoversi nelle strade circostanti. Decido di attraversare la piazza del mercato. Deserta. Noto che tutti i negozi sono chiusi e che le varie mercanzie sono state rimosse dagli espositori. Solo alcune ceste con le rose del deserto sono li al loro posto come quando la piazza è affollata. Mi viene da pensare: ma perché di giorno le rose del deserto le vendono e di notte le lasciano all’aperto rischiando di farsele fregare? Sicuramente hanno un valore relativo ma è pur sempre qualcosa che viene venduto e che è fonte di reddito. Esco dalla piazza e vedo che il fruttivendolo sulla destra non ha portato via la sua mercanzia. Gli ortaggi sono semplicemente coperti da alcuni sacchi di juta. Decisamente un’altra realtà rispetto a quella europea. Decisamente migliore in questo caso. Alla rotatoria prendo in direzione Kebili per vedere se c’è movimento almeno su questa strada principale. Si vedono dei mezzi in movimento ma tutto sommato il traffico è scarsissimo. Faccio dietro front e mi riavvio verso la maison. Il chiarore è più intenso e quelle che prima erano ombre in movimento adesso assumono chiare sembianze umane. Sicuramente il clima molto freddo non incentiva ad uscire di casa presto. Fa freddo per me europeo, immagino che per loro questa temperatura sia quasi polare. Lungo la via che va alla maison e che attraversa il palmeto, stormi di uccellini attraversano a frotte la strada e mi costringono a rallentare. Si spostano di palma in palma cercando a terra qualcosa da mangiare. Rientro alla maison, ma tutto tace, nessuno in giro e silenzio quasi assoluto. Senza sapere che la porta della cucina si può aprire senza chiave, rimango all’esterno a girare tra le palme in attesa che qualcuno arrivi per la colazione. Il sole comincia a scaldare e dopo poco arriva Mohamed che mi apre e mi fa entrare. Comincia a preparare il the il caffé ed il latte e io metto sui piatti i biscotti, il pane e le vaschette di burro e di marmellata di ananas. Arrivano i primi ospiti della maison e anche io mi accomodo in sala pranzo. Sguardi sereni e rilassati, lineamenti distesi, lasciano intendere che la notte è stata riposante per tutti.
Terminata la colazione ci prepariamo per la trasferta a Ksar Ghilane.

Carichiamo in macchina le poche cose necessarie e avviamo i mezzi. Con me sale Aldo, con Stefano sale Loredana mentre Andrea col suo Land110 porterà la famiglia. Graziella, la compagna di Aldo rimarrà a casa a godersi la giornata senza Aldo. Prima tappa dal fornaio dove con 2 dinari, l’equivalente di circa 1€, acquistiamo 8 baguette freschissime, caldissime e croccanti. Seconda tappa per il pieno ai mezzi, terza tappa la fruttivendola. Alfin ci avviamo in direzione Ksar Ghilane. E’ la prima volta che viaggio con Aldo, che del resto conosco da meno di 24 ore. Ottima compagnia, eccellente dialettica, personaggio eclettico e davvero gradevole come compagno di percorso.. Mi parla di tante cose, tutte interessanti e lo ascolto sempre con estremo piacere. Lungo la pista che ci porta all’imbocco della diretta la polvere è tanta e lascio un po’ di spazio con gli altri veicoli. Aldo mi racconta che anche lui è pensionato e che trascorre, assieme alla sua compagna, 7-8 mesi all’anno in Tunisia. E’ membro di una associazione no profit e anche lui è titolare di una struttura che offre ospitalità e ristoro a Tataouine. In funzione della sua amicizia con Stefano, quelli che a douz sono ospiti della maison, quando si spostano nella zona di Tataouine, inevitabilmente si appoggiano ad Aldo e viceversa. Arrivati al cafè du desert proseguiamo dritti e iniziamo la tratta fuori pista. È una tratta che porta ad attraversare alcuni cordoni di dune non particolarmente alte ma molto ravvicinate che impongono una attenzione continua alla guida. La sabbia apparentemente dura lo è veramente solo in alcuni punti che spesso non sono quelli dove posiamo le ruote. Siamo già a mezza mattina ma l’aria è tutt’ altro che calda ed il vento è fastidioso quando si scende dal veicolo. Turbini di sabbia si infilano nella auto appena trovano uno spiraglio nel finestrino o nello sportello. Durante la traversata le chiacchiere con Aldo sono sempre gradevoli e mai scontate, veramente una persona squisita.. Tra una insabbiata e l’altra la mattina trascorre splendidamente. I passaggi tracciati da Stefano sono assolutamente perfetti. Mai una sbavatura o una retromarcia, sempre in piena sicurezza e con quel minimo di difficoltà inevitabile che non rende noiosa la guida. Verso pranzo ci si ferma al pozzo stile marabut lungo la direttissima e anche qui il vento non molla la presa. Nella speranza di trovare un po’ di riparo, parcheggio dietro la struttura in pietra, ma invano. Il sole prova a scaldare l’aria, il vento fresco e la sabbia turbinante spadroneggiano anche dove dovrebbe esserci calma.

Baguette con alici sott’olio, prosciutto, un po’ di salame, un cartone da 5lt di vino aperto la sera prima e qualche dolciume natalizio vengono sopraffatti e gustati nonostante il vento petulante con la sabbia in sospensione. Ci si rimette in moto alla volta del gilf el tuareg per poi arrivare al fortino. Scavalliamo un altro cordoncino di dunette ed arriviamo in vista della roccaforte. Non abbiamo incontrato nessuno lungo il tracciato ed anche al fortino non c’è traccia di attività turistica di massa. Solo alcuni tunisini con fuoristrada a nolo che sono arrivati al fortino, probabilmente partendo da Douz, via asfalto, in occasione delle giornate di festival. Attraversando il cordone tra il forte e Ksar ghilane noto ad una certa distanza un traliccio con alcune antenne che sembrano antenne telefoniche. Accendo il telefonino e dopo qualche secondo mi arriva l’avviso acustico di presenza segnale radiomobile. Decido di fare una sola telefonata, a Pierluigi, uno dei miei amici fraterni, e dirgli dove mi trovo. Fatto ciò spengo immediatamente l’apparecchio e continuo l’avvicinamento all’oasi con Aldo che puntualmente mi avverte di potenziali pericoli. Si procede quasi in fila indiana, un po’ per avere un riferimento certo su dove mettere le ruote ed un po’, forse, come a voler preservare quel manto sabbioso simile a velluto che di li a 3-4 giorni sarà calpestato da una moltitudine di veicoli che arriveranno per il fine anno.

Entriamo a Ksar Ghilane e considerando il periodo natalizio, veniamo accolti da un silenzio quasi irreale. La cosa non dispiace a nessuno di noi. La pozza è limpida, giusto un paio di persone sono a mollo a godersi il tepore della sorgente. Quando usciranno saranno accolti da un bel venticello freddo che li costringerà a coprirsi rapidamente. L’oasi è silenziosissima, pressochè deserta, pochissimi rumori artificiali, il soro rumore che si sente è il gorgogliare della sorgente della pozza e gli uccellini che raccolgono a terra le briciole lasciate dai pochi turisti.

Sedie e tavolini sono pronti per accogliere i turisti dei prossimi giorni, varia mercanzia pronta sulle bancarelle per essere toccata, osservata ed acquistata dai visitatori. Pochissime auto di turisti e solo qualche quad in moto che si aggira nel vialone sabbioso che percorre l’oasi per la sua lunghezza. Mentre Stefano ed Andrea parcheggiano nell’area del campeggio, Il mio compagno di viaggio mi chiede di arrivare in un altro camping poco distante. Alcuni amici tunisini di ritorno dall’Italia gli hanno portato del materiale che gli aveva chiesto. Tra queste cose c’è anche una mortadella……Aldo, non sa cosa ha rischiato, avevo pure le baguette in macchina.

Accetto volentieri una aranciata offertami e Aldo prende una birra. Se avessi preso una birra anche io forse la mortadella non sarebbe sopravvissuta.

Ci salutiamo e ci riavviamo verso la pozza. Dopo qualche minuto siamo in movimento su asfalto verso Douz.

Comincia ad imbrunire e nonostante il sole sia già scomparso dietro l’orizzonte, la luce residua è molto più intensa di quella italiana. Sicuramente l’aria tersa ed il minore inquinamento favoriscono la luminosità del cielo. Sembra che il buio non voglia proprio arrivare, nonostante alcune stelle già nel cielo, rimane sempre una striscia celeste chiaro sull’orizzonte. Uscendo dall’oasi guardo distrattamente un traliccio metallico con alcune parabole.

Il percorso asfaltato è decisamente monotono, però mi aiuta a ricordare come fosse questa pista nel 1993 quando ci venni per la prima volta in moto. Negli anni 90 Ksar Ghilane era veramente un punto di arrivo di chi visitava la Tunisia. Attualmente, grazie all’asfalto, è diventata un punto di partenza per chi vuole spingersi, permessi permettendo, più a sud.

Incrociamo la pipe e cominciamo a salire verso nord. Attraversiamo vari oued, superiamo Bir Soltane e costeggiamo una miniraffineria che trae petrolio dall’oleodotto della pipe e lo lavora per la distribuzione locale. L’asfalto, molto grezzo e ruvido genera un rumore di rotolamento molto forte ed in certi tratti dove è particolarmente deteriorato sembra veramente di stare su un treno coi finestrini aperti. Il saliscendi continuo della Pipe percorso a buona velocità è quasi divertente in certi punti, fermo restando che bisogna sempre tenere un occhio a chi ci viene di fronte che spesso traccia una traiettoria tutta sua a prescindere dal senso di marcia. Di tanto in tanto ad alcune decine di metri dalla strada vediamo branchi di dromedari allo stato brado che vagano con i cuccioli al seguito

Si prosegue la strada e mentre l’oscurità sta prendendo il sopravvento sulla luce, mi accorgo di aver raggiunto un posto ben noto….il punto sulla pipe dove nel 2007 stavo per lasciarci le penne.

A terra ci sono dei rappezzi di asfalto, sicuramente post alluvione. C’è un avvallamento molto esteso, profondo circa 30cm, con della ghiaia sul fondo che arriva fino a metà carreggiata.

Fa bella mostra di se, al centro di questa crepa, un paletto catarifrangente che occupa il centro della corsia che va verso sud. Se si arriva veloci dal dosso si rischia di travolgerlo e di far danni al veicolo. Per un momento si rimaterializzano nella mia mente quei momenti tanto drammatici. Sono tentato di fermarmi per scendere a vedere…magari ritrovo anche la targa che forse ho perso in questo posto…..ma alla fine desisto e continuo la marcia. Tutto sommato pensavo che mi avrebbe fatto un effetto peggiore rivedere questo posto. Invece, senza il mare di acqua di qualche anno prima, il punto “critico” mi sfila di fianco senza provocarmi sensazioni particolari. Colgo l’occasione anche per ripensare a tutti gli amici che erano con me ed a tutta la vacanza dei giorni successivi.

Arriviamo a Douz che è buio completo. Abbiamo incrociato moltissime vetture in senso contrario, probabilmente tanti visitatori dei giorni di festival. Attraversiamo il centro città superando le due rotonde e ci fiondiamo a sinistra nel palmeto verso la maison. Davanti al saharien c’è qualche fuoristrada nuovo arrivato. Un paio di svizzeri e tre italiani nel parcheggio interno. Arriviamo a casa e l’aria è già molto fresca. In stanza per una doccia calda e poi subito in cucina a guardare Abdel all’opera!! Mentre siamo in cucina rinnovo a Loredana l’invito ad impastare la pasta per la pizza che avevamo deciso di fare. Ci mettiamo in un angolo e impastiamo la farina con il lievito in polvere istantaneo. Certo non è il massimo per una pizza ben fatta ma purtroppo non abbiamo portato il lievito di birra e fare del lievito in casa richiede una decina di giorni di fermentazione. Abbiamo pensato alla pasta madre del forno ma poi…. Comunque sia, impastiamo e mettiamo a riposare la massa nella speranza che per il giorno dopo sia un po’ lievitata.

Anche stasera, ovviamente, cucina tipica con abbondante uso di verdure, spezie e qualche tocco di carne. La ciorba è assolutamente spettacolare anche senza limone e durante la cena non posso trattenermi dall’inzupparci dentro un paio di fette di pane bianchissimo e soffice. Il vinello del pranzo ricompare sulla tavola e alcuni datteri e dei mandarini ci fanno concludere la cena in bellezza.

Ma non è finita…un amico di Stefano, Pierre, un biologo-botanico (e non ricordo cosa altro) che studia le palme da dattero, estrae dalla tasca della giacca un sacchettino con un mix di spezie per il vin brulè. A Loredana e a me viene affidato il compito di preparare questa bevanda e nonostante il fresco serale usciamo nel cortile ad allestire il fornelletto sul pianale del toy. Le spezie nel sacchetto, cannella, chiodi di garofano ed altre a me sconosciute vengono versate nella pentola col vino rosso ed il tutto portato ad ebollizione. Passato qualche minuto il magico infuso viene portato al cospetto dei commensali che dimostrano di apprezzare l’idea.

Come d’incanto, dopo che mezza pentola è stata svuotata, i discorsi diventano più frivoli e le guance di molti cambiano colorito. C’è chi mi chiede un secondo giro e mi tocca tornare fuori a scaldare nuovamente il magico nettare.

Mentre mi trovo nuovamente in sala da pranzo, all’improvviso, sarà il tepore della stufa, saranno gli effluvi del brulè….sarà stato altro…mi ritrovo ad avere un sonno incontrollabile. Saluto il gruppo alcolisti anonimi e me ne salgo in camera per la notte. Crollo senza quasi neanche svestirmi.

Stavolta la sveglia arriva “extra muezzin” quando il sole è già oltre l’orizzonte. Scendo per la colazione con il solito buonissimo pane fresco, marmellata e burro accompagnati da the, latte e caffé. Trovo a tavola Andrea e famiglia che si appresta a partire per salire verso Tozeur.

Ci si saluta e li vediamo sparire oltre il cancello della maison. Prendo la macchina e vado a fare un giretto per Douz. A dire la verità ho voglia di lavare la macchina già da quando sono arrivato perché durante il traghettamento mi hanno fatto mettere la macchina sul ponte esterno e la carrozzeria è letteralmente bianca di sale. Arrivo al distributore lungo la strada per Kebili e riconosco, nell’officina di Ben Jalila, il signore che nel 2007 mi caricò la macchina dopo l’annegamento, per portarla a Douz. Anche lui mi guarda, forse ricorda qualcosa. Nessuno dei due è sicuro al 100%. Finalmente la macchina riceve un lavaggio, approssimativo ma sempre meglio di nulla, che le rende il suo colore originale. Mentre attendo che il lavaggio sia completo infilo una mano in tasca e mi accendo una sigaretta. Non sono un fumatore accanito ma in questi posti avere una sigaretta italiana in tasca a volte aiuta tanto quanto avere un portamonete pieno di dinari. Offro una sigaretta ad uno dei due lavamacchine e questo appena vede che gli ho offerto una Marlboro europea si affretta a redarguire il collega a lavarmi meglio la macchina. Fatto sta che ricomincia da capo il lavaggio di tutto il toy. Dopo un po’ torna e mi porge anche una tazzina di caffé che, ci crediate o no, era un perfetto espresso italiano, freddo ma perfetto. Ristretto al punto giusto e veramente gustoso se paragonato al loro caffé standard…poi si dice che fumare fa male….ovviamente a fine lavaggio una sigaretta la ho offerta anche all’altro operaio. Pago gli 8 dinari, rifaccio il pieno e mi riavvio verso casa. Transito nel vicolo dove si trova il forno per assaporare l’odore del pane caldo appena uscito dalla cottura. Nonostante l’aria fredda del mattino, quando passo davanti al forno non posso trattenermi dall’aprire il finestrino. Prima di girare nel palmeto opto per un veloce passaggio da Lotfi, il meccanico di Douz amico di Stefano che nel 2007 mi ha resuscitato la macchina. L’officina è chiusa e me ne torno verso la maison.

Nel cortile, seduta al sole, ritrovo Loredana che ha lavato un paio di abiti. Decidiamo di vedere come sta la pasta della pizza ed andiamo in cucina. Apriamo il forno dove avevamo messo la pasta a lievitare e ci accorgiamo che “non ha fatto una piega” o per meglio dire non si è minimamente degnata di lievitare durante la notte. Storciamo il naso pensando a quale monnezza di pizza faremo ma ormai siamo in ballo e continuiamo in questa avventura. In macchina prendo alcuni barattoli di polpa di pomodoro, alcune olive nere e verdi e olio, mentre Loredana va a prendere un paio di scatoline di alici sott’olio. La pasta è abbastanza dura e stenderla nelle teglie è un vero lavoraccio. Nonostante questi presupposti negativi non ci scoraggiamo e andiamo avanti con la preparazione.

Arrivano a sbirciare anche Aldo e Graziella che sono curiosi di provare sta benedetta pizza.

E’ quasi ora di pranzo e diamo il via allo step finale di questa malsana idea. La cottura. Col forno a gas la temperatura non è facilmente controllabile e inoltre, volente o nolente, le esalazioni residue della combustione “inquinano” il risultato finale. Ma come già detto, non ci arrendiamo e andiamo avanti. Accendiamo il forno, lo portiamo ai teorici 220° ed inforniamo le teglie. Inaspettatamente il lievito in polvere fa il suo dovere e l’impasto lievita durante la cottura. Mi guardo con Loredana e entrambi pensiamo la stessa cosa. Che sia commestibile….??

Dopo alcuni minuti l’odore gradevole ci fa ben sperare anche in una buona mangiabilità e anche Abdel che è li in cucina ci fa segno che l’odore gli piace. La pizza esce dal forno e contrariamente ai nostri dubbi rimane per pochissimo tempo nella teglia. Viene divisa tra i vari commensali che dimostrano tutti di apprezzarla. Forse se fosse stata un pelino più morbida sarebbe stato un bene. Loredana ed io ci guardiamo soddisfatti. L’esperimento è riuscito. Anche Abdel e gli altri della maison assaggiano e tutti si complimentano. Abdel vuole assolutamente sapere come preparare la pasta per la pizza.

Il pomeriggio passa in relax, l’aria è sempre piuttosto fresca nonostante il sole. Una chiacchiera di qua, un the di la, una “vasca” in città e qualche chiacchiera via radio con qualche italiano aiutano ad arrivare alla sera quando poco prima di cena un nuovo avventore fa il suo ingresso con la famiglia nel parcheggio della maison. Quattro persone. Durante la cena presentazioni di rito, chiacchiere in allegria e stilatura del programma per il giorno dopo. Anche questi signori vogliono arrivare a vedere l’oasi di Ksar Ghilane e quindi per il nuovo giorno si pianifica una nuova trasferta via direttissima fino all’oasi. Dopo cena Stefano ci porta a fare un giretto in centro e ne approfitto per chiedergli dove cambiare 100€ in valuta locale. Ci porta dall’orafo del paese, un negozietto in pieno centro, vicino ad un piccolo supermercato in stile europeo. Entrato nella oreficeria rimango letteralmente di sasso. Oro e argento in abbondanza dentro le vetrinette. Quelle che sto guardando non sono vetrinette blindate con doppi vetri o acciaio. Sono semplici vetrinette che ognuno di noi potrebbe avere in casa, in legno, con un vetro talmente sottile che si frantumerebbe se solo ci picchiassi sopra con un giornale per ammazzare una mosca. Non ci posso credere, chili di oro a portata di mano di chiunque entri nel negozio. Basterebbe avere una pietra in mano. Anche la porta di accesso al locale è poco più di una porta che noi useremmo per una vecchia cantina. Nel frattempo Stefano chiacchiera amabilmente col titolare. Assolutamente nessun sistema di sicurezza escluse un paio di videocamere che registrano su una cassetta vhs. Attorno a me non ci sono meno di 4-5 kg di oro tra collane, bracciali e monili vari. A dire il vero c’è anche tanta chincaglieria. Dietro il bancone il titolare e due operai che stanno lavorando col cannello a gas su alcuni monili. Dopo questo momento di incredulità Stefano mi riporta alla realtà, mi fa cenno che tutto è ok ed ottengo un’ cambio veramente ottimo rispetto al cambio ufficiale. Loredana è tentata da alcuni orecchini. Li guarda, li riguarda, poi si sposta su un’altra vetrinetta tanto che alla fine perdo il conto dei suoi movimenti e non capisco se quando esce ha comprato qualcosa o no. Un altro giretto con una puntata dal ferramenta e al negozio di informatica per far duplicare alcuni CD e poi rientriamo alla maison. Non prima però di esserci fermati da Jamel ed Hedi per una chiacchierata serale veramente rilassante ed istruttiva. Si rientra a casa e dopo qualche ulteriore chiacchiera nel cortile, in pochi minuti siamo tutti a nanna.

Al mattino partenza di buon’ora dopo aver caricato le vettovaglie per il pranzo ed essere passati dal panettiere a prendere qualche baguette appena uscita dal forno torniamo velocemente a casa. Ci salutiamo con Aldo e Graziella che stanno per riavviarsi verso Tataouine. Dall’Italia mi sono portato, tra le varie cibarie uno spezzone di prosciutto crudo di 7-800gr. Lo estraggo dalla cassa viveri e memore di quanto Aldo abbia apprezzato la mortadella, decido di regalarglielo. Alla fine facciamo metà ciascuno con gran soddisfazione di entrambi. Mi ha dato una gioia infinita dividere con Aldo qualcosa che so apprezza molto. Finalmente si parte nuovamente verso Ksar lungo il tragitto che porta al “cafè du desert” di Tamer, poi al bar del parco Jebil e poi lungo il misto sabbione-ghiaia con sprazzi di sola sabbia, che arriva a ridosso del fortino. Pranzo tra le dunette di un tratto sabbioso, dove incrociamo alcuni turisti francesi a piedi che con dromedario e cammellieri al seguito, stanno percorrendo la nostra medesima tratta in direzione contraria. Offriamo loro qualcosa del nostro pranzo e i due locali ricambiano portandoci alcuni dolci e del caffè preparato poco prima. Si riprende la marcia lungo la pista, ormai ben conosciuta ma mai monotona nel suo susseguirsi di buche, lingue di sabbia, piste parallele e deviazioni estemporanee di qualche pilota esagitato. Durante la guida giocherello con la radio su varie frequenze e ascolto alcune voci italiane arrivare sicuramente dall’Italia. Si parlava di incroci, semafori e altro di una zona di Roma…. Continuo a cambiare frequenze e torno sui canali cb dove ascolto, senza comprenderli, alcuni francesi impegnati in una discussione. Loredana che è con me, traduce e mi spiega che sono da poco ripartiti da Ksar Ghilane e che tra poco dovremmo incrociarli. Passano 15 minuti ed in effetti compaiono da dietro una curva 4 mezzi con targa francese. Ci incrociamo con un lampeggio di fari e continuiamo la rispettiva strada, ognuno mangiandosi un po’ di polvere sollevata dagli altri…

Arriviamo al fortino e ci dirigiamo verso l’oasi per la sosta pomeridiana prima del rientro via asfalto-pipe come al solito. Sulla via del ritorno, lungo l’asfalto che porta alla pipe mi fermo ad osservare la stazione radiomobile che serve l’oasi di Ksar Ghilane. Un traliccio in ferro, alto non meno di 40 metri con due parabole forate e sovrapposte, sicuramente per limitare il fading quando fa molto caldo. Il fading è un fenomeno elettrico che consiste in una distorsione del segnale radio trasmesso, che viene ricevuto dopo che il segnale ha subito alcune deviazioni lungo il percorso. Per dirla in parole povere è un po’ come un miraggio dove le immagini che vediamo vengono traslate nello spazio a causa di alcuni strati dell’atmosfera che diventano riflettenti anziché essere trasparenti. Sotto i vari dipoli per il segnale da inviare ai radiomobili. Alla base un casottino recintato. Proseguiamo la marcia e rientriamo senza particolari avvenimenti a Douz dove troviamo la cena quasi a tavola. Tempo di una doccia e di una sigarettina rubata a Loredana e siamo seduti di fronte ad una insalata coloratissima e ad un couscous assolutamente meraviglioso. Fine cena con dolcetti e datteri. Viene voglia di passare qualche minuto all’aperto ma la brezza serale è veramente pungente e tutti ci ritiriamo per qualche minuto sotto il porticato della cucina per poi salutarci e andare a letto.

Alba fredda come al solito, cielo terso e consueta passeggiata a Douz quando ancora è più notte che giorno. I proprietari delle bancarelle del mercato si apprestano a sollevare i teli che hanno protetto le loro primizie dal freddo notturno, alcuni che rimescolano le spezie contenute nelle vaschette, altri che portano delle gabbiette con dentro conigli e galline. Da un angolo della piazza si ode il cigolio di una bicicletta che rumorosamente entra nel quadrato del souk per poi essere quasi lanciata, leggasi parcheggiata, verso uno degli eucalipti centenari della piazza. Mi stupisco ancora una volta di come alcuni oggetti, che di giorno vengono venduti ai turisti, di notte rimangano pressochè abbandonati nel piazzale, coperti solo da un foglio di giornale o da una stoffa, come se con l’arrivo del sole l’oggetto acquisisse valore e lo perdesse alla sera con l’arrivo del buio.

In lontananza il messaggio del minareto è ben distinto nel silenzio del paese ancora sonnecchiante. Faccio il solito giro nel vicolo del panificio passando di fronte all’officina di Lotfi.

L’odore del pane è talmente forte che mi guida nei vicoli come se seguissi una linea disegnata sul terreno. Rientro alla maison quando sono tutti già svegli e passo la mattinata a giocherellare con la macchina tra una controllata all’olio e al filtro, con una occhiata torva al meccanismo dell’alzavetri lato guida che mi ha abbandonato al casello di Pescara entrando in autostrada……che pioveva… Provo ad azionarlo ma il tak tak tak tak che sento nello sportello mi demoralizza. Accendo un po’ la radio e aumentando la sensibilità ascolto su vari canali, molte voci italiane e non. E’ un segno, il giorno prima c’è stato lo sbarco degli alleati al porto di Tunisi. Così è, infatti nel pomeriggio il centro città comincia a popolarsi di veicoli italiani e francesi principalmente, seguiti da qualche tetesko e alcuni austriaci-belgi. Mi incontro in centro città anche con alcuni soci del forum www.landcruiser-italia.org Inizialmente avrei dovuto passare qualche giorno con loro ma alla fine ho optato per far compagnia a Stefano e ai suoi collaboratori della maison du voyageur, situata circa 400 mt dopo l’hotel Saharien, lungo la stessa strada, sullo stesso lato, proprio di fronte al piccolo minareto posto a bordo strada. http://www.maisonduvoyageur.com/ è il link per fare il tour virtuale della maison. Nel pomeriggio arrivano a far visita a Stefano alcuni amici europei. Anche loro passano mesi in tunisia girovagando con un toyota bj40 rosso che a vederlo non gli darei più di 15 minuti di vita residua. Invece il toyotone gira regolarmente, incurante dei suoi anni e dei km che ha sulla groppa. A dirla tutta, questo toyota rosso ce lo troviamo davanti lungo la strada, io e Stefano che siamo andati a fare un altro giro in paese. Rientrando lungo la strada ci vediamo davanti il bj40 chiedendoci chi possa essere costui, con targa tunisina, che entra nel parcheggio della maison. Gli amici del forum intanto sono alloggiati al Saharien. La tavolata della sera comincia a diventare numerosa. E’ arrivato anche un gruppo di 5-6 motociclisti ed a conti fatti, a cena siamo quasi 20 persone, complice anche una famiglia di 3 persone arrivate poco prima di sederci a tavola.

Faremo due tavoli distinti per stare più comodi. Bric, ciorba, salade tunisienne, vino italiano, olive nere ed altro viene distribuito a tutti i commensali che a turno vanno in cucina a complimentarsi con Abdel, il fantasmagorico cuoco della maison.

Altro giro, altra corsa e come da accordi presi la sera prima, si torna a Ksar Ghilane, questa volta facendo una deviazione che ci porterà ad attraversare un cordone di dune che nei giorni precedenti è stato trascurato. Lungo la strada incrociamo gli amici del forum diretti ad alcune sorgenti più a sud. Ce li lasciamo sulla destra e noi curviamo in direzione fortino. Continuo ad ascoltarli per radio nei loro sfottò per un’altra oretta, poi li perdo. Lungo un tratto rettilineo di pista intravedo in lontananza, arrivare in direzione opposta alcuni veicoli. C’è più traffico dei giorni scorsi e nei primi km incrociamo alcuni gruppetti di veicoli che salgono verso Douz. Probabilmente sono scesi subito a Ksar Ghilane per poi risalire. Si vedono anche alcune moto, che immerse nel polverone delle loro auto al seguito, avanzano a zig-zag per evitare i solchi profondi della pista molto battuta.

Dalla tarda mattinata in poi fino all’arrivo a Ksar Ghilane non incontreremo nessun altro, complice anche l’idea di passare in una zona dunare diversa. Al sole si sta bene, ci si ferma per pranzo ai piedi di una duna che spicca sulle altre e si da l’attacco alle vivande del pranzo. Personalmente adoro le alici sott’olio e puntualmente a pranzo la mia scelta si ripete come nei giorni precedenti. Baguette con alici sott’olio, un bicchiere di vino, caffè con la moka el fornelletto e subito siamo pronti a ripartire. Questa passione per le alici e baguette mi accompagnerà per tutto il viaggio. Sebbene estimatore delle stesse, non ho pensato a portarmele da casa. Mi servirà di lezione per la prossima volta. Di conseguenza, tutte le alici che ho mangiato in quei giorni sono state prelevate dalla scorta di Stefano. Non ricordo bene se a fine pranzo abbiamo aperto anche un panettone….

Si rimonta in auto con il caffè che riesce a malapena a contrastare la voglia di sonnecchiare e ci si rimette in direzione oasi Ksar.

Arrivo all’oasi nel pomeriggio e l’affollamento seppur non eccessivo è maggiore dei giorni precedenti. Molti a mollo nella pozza, qualche radione che urla musica da qualche tenda tra le palme, le solite urla stridule di qualche gallinaccio a mollo nella pozza…insomma la solita solfa di quando c’è troppa gente. Una coca tunisina al bar dell’hotel, quattro chiacchiere con alcuni locali amici di Stefano e verso le 17 ci rimettiamo in moto verso Douz. Solita traversata dello oued maledetto senza nessuna sensazione particolare. Il tramonto è più rosso del solito. Arriviamo all’incrocio con l’asfalto per Tataouine ed è già buio. Vedo solo due coni gelato rosso fosforescenti che si agitano nel buio. Ci sono due agenti in moto che hanno fermato un veicolo e stanno facendo un controllo penso di routine. Uno dei due ci fa cenno di proseguire e lo accontentiamo girando a sx verso Douz. L’asfalto rumoroso fa da sottofondo alla chiacchierata con Loredana. Ragioniamo su cosa potremmo cucinare per cena per dare una variante “europea” alla cena tunisina. Durante il rientro mi viene voglia di dare un’altra sciacquata al toy ma ormai il lavaggio che incontro per strada è chiuso. Rientriamo passando per il centro città.

C’è traffico, molti fuoristrada parcheggiati in piazza e lungo le vie centrali. Gli odori dei ristorantini si insinuano nell’abitacolo e nei nostri polmoni.

La fame si fa sentire e per fortuna siamo ripagati a cena trovando nei piatti uno stupendo stufato di pecora e patate cotto al forno dal buon Abdel.

La cena è buona come al solito, le chiacchiere sono molte nella sala con i tavoli imbanditi ed il fine cena con una sana razione di datteri è veramente come la ciliegina sulla torta.

Andare a nanna sereni, contenti delle persone che si è conosciuto, soddisfatti della giornata, della cena e di tutti gli annessi e connessi non è roba da poco e capita solo quando si ha la mente totalmente sgombra da pensieri. Qui succede. Vado a letto e dopo una doccia mi stendo, aspettando di vedere cosa mi riserverà il nuovo giorno.

Puntualmente, all’alba, il mio amico muezzin urla all’impazzata per chiamare a raccolta i fedeli.

Ma io l’ho fregato sul tempo, sono giù in cortile a farmi un cioccolato caldo sul pianale della macchina. Di fedeli che vanno nella moschea neanche l’ombra.

Nuovo giro di routine in centro e molti fuoristrada parcheggiati di fronte ai vari hotel vicino alla porta del deserto e nel piazzale del Saharien. Resto fino a giorno fatto in città e passo un paio d’ore della mattinata a chiacchierare con Hedi, col fratello e con Jamel, un’altra splendida persona di questo splendido posto. Un the alla menta tira l’altro fino a quando arrivano anche Stefano e Loredana in piazza. Torniamo alla maison e nel piazzale di casa troviamo un toyota 80 ed un Patrol GR lungo. Sono altri italiani che cercano Stefano per un giro di 3gg e pernottamento in tenda a cavallo del capodanno. Durante la giornata l’aria è un po’ più tiepida e si programma la partenza del giorno dopo per i 3gg di girovagare tra le dune. Ascolto spesso il cb nel piazzale della maison.

I canali sono affollati, italiani, francesi e tedeschi si sentono parlare in discussioni che spesso si accavallano senza interferirsi realmente, probabilmente perché i gruppi sono distanti tra loro e non si ascoltano vicendevolmente. Qualche macchina e moto di passaggio durante la mattina si ferma a salutare Stefano. Si sente ogni tanto qualche smanettone che passa a tutto gas in moto lungo la strada che porta al “cammellodromo”. Sarebbe buona norma evitare di correre troppo lungo queste vie polverose, in primis proprio per la polvere che si solleva e poi perché Douz brulica di bambini e non è raro vederli attraversare di corsa mentre giocano o escono da scuola.

Pranzo in veranda circondati da piante di hennè e poi una bella pennichella pomeridiana. Quello che in Italia, a casa nostra, potrebbe essere un pomeriggio pallosissimo, quasi deprimente, dove non si fa nulla, si cazzeggia in giro senza una meta precisa, qui diventa uno splendido pomeriggio di relax assoluto, dove veramente ci si ricarica nel corpo e nella mente. Il corpo si ricarica di serenità, ottimismo, e anche mentalmente ci si sente meglio.

Nel tardo pomeriggio ancora un po’ di ascolto in radio ed una veloce chiacchierata con alcuni italiani che si stanno muovendo lungo la strada da Tataouine a Douz. La maison è dotata di connessione internet Wi-Fi e ne approfitto per collegarmi e leggere un po’ di messaggi sul forum www.landcruiser-italia.org . E’ sempre piacevole collegarsi ad internet quando non lo si fa per lavoro. Se poi ci si collega mentre si è comodamente seduti sotto un palmeto, coi piedi nella sabbia e con un bicchiere di the alla menta, la cosa diventa paradisiaca.

Il pomeriggio avanza e dalla cucina si comincia a sentire il rumore dei preparativi per la cena. Nel frattempo con Stefano e Loredana si decide cosa portare con noi per i 3gg di campo. Ho la macchina con cibarie per 2 settimane potenziali di campo e tutto sommato serve poca roba extra da caricare. Giusto qualche scatola di alici sott’olio, qualche tavoletta di cioccolato, datteri e qualche altra cosina sfiziosa. Cena in compagnia delle due famiglie toscane con le quali partiremo il giorno dopo e poi a letto. Per 3 giorni saremo via e quindi ripreparo un mini zaino da portare via con me.

Colazione corposa al mattino con marmellate varie, burro, latte caffè e baguette.

Passaggio di rito dal panettiere e dal distributore per il pieno ai mezzi e ci si avvia lungo la strada che costeggia la zona alberghi e che punta a sud uscendo dalla città. Riprendiamo la solita pista presa nei giorni precedenti e la seguiamo per alcuni km. Giornata assolata, ma come al solito, non calda. Ad un incrocio con una pista laterale che porta ad una stazione di controllo di qualche valvola di una condotta gas, Stefano rallenta e gira addentrandosi tra le basse dunette che costeggiano la pista principale. L’idea, che ci ha esposto la mattina è quella di percorrere una linea retta tra le dune che ci porti ad uscire nei pressi del Gilf El Touareg, dove c’è uno dei piccoli bar di canne che si incontrano lungo la pista percorsa nei giorni precedenti. Cominciamo ad addentrarci tra le dune verso mezza mattina.

Quelle che inizialmente sono dunette di pochi cm con l’addentrarsi diventano decisamente impegnative da affrontare a causa della vicinanza tra le creste e della ripidità delle traiettorie da seguire. Qualche insabbiamento è inevitabile e più volte Stefano si ferma ad aspettarci. Cerco di comprendere la scelta che fa durante le traiettorie man mano che le percorro e per la ennesima volta mi rendo conto di quanto sia impegnativo mentalmente, fare da apripista tra queste dune così numerose in spazi cortissimi. E’ un continuo muoversi tra creste e ventri delle dune che si incrociano in un continuo saliscendi. Non so se riuscirei a fare il passeggero considerando la mia ipersensibilità al moto ondulatorio. Guidare mi permette di non risentire di questi ripetuti sobbalzi e cambi di traiettoria. Mi sto divertendo ed il pomello sul volante mi aiuta tantissimo perché mi permette di riposare il braccio destro che rimane nella sua sede grazie ad un chiodo che ho nella spalla dal 1995. Ci si ferma per il pranzo dopo esserci ricompattati. Questo primo tratto mi fa pensare a quanto sia facile divertirsi a pochissimi km da Douz. Nel raggio di pochi km siamo passati da dunette di mezzo metro a dune di 4-5 mt veramente impegnative. Si riparte per fare qualche altro km ma a fine giornata la distanza reale coperta è leggermente minore di quella preventivata da Stefano al mattino. Colpa sicuramente degli insabbiamenti e dal fatto che 4 macchine che si muovono richiedono dei tempi un po’ maggiori. Ci fermiamo che è ancora giorno per avere il tempo di approntare il campo e di raccogliere un po’ di legna per il fuoco serale.

Ci distribuiamo tra le dunette e scegliamo il punto dove preparare i tavoli per la cena di fine anno.

Si allestiscono le cucine e si spizzicano alcuni affettati e del formaggio secco. Il fuoco illumina le dune circostanti con colori e riflessi che accentuano il colore dorato della sabbia circostante facendolo virare verso il ramato. Fa freddo già col sole che tramonta ma quando diventa buio ci vuole assolutamente un buon maglione ed un cappello con paraorecchie. La cena calda aiuta a sopportare l’aria fresca ed un bicchiere di vino mi aiuta a convincermi che è il momento di dormire. Dentro di me penso…ma è capodanno non puoi andare a letto alle 10. In effetti mi ricordo di una cosa importante. Prendo il satellitare e chiamo mia moglie che è rimasta in Italia. La brutta esperienza di qualche anno prima la ha totalmente disincentivata da ripetere esperienze di campeggio spartano. E’ rimasta in casa più che altro per accudire i gattini che potrebbero spaventarsi per questa barbara usanza dei botti di capodanno. Credo che se per un capodanno ci trasformassimo tutti in animali domestici, non ci divertiremmo di certo ad essere terrorizzati da questi botti che per gli umani sono un divertimento. E’ arrivato il momento di collaudare il nuovo materassino gonfiabile preso su ebay qualche settimana prima. Entro nella tenda sul tetto, infilo il materassino e lo gonfio con la pompa a batteria in dotazione. Apro anche il nuovo sacco a pelo regalatomi dai miei e ovviamente…..è al contrario di come mi serviva, cioè con la cerniera dalla parte sbagliata. Sono mancino e per certe operazioni devo assolutamente usare la sinistra.

Se pensate sia una pippa mentale, provate, voi destri, a fare con la sinistra le vostre operazioni di routine, poi ne riparleremo. Mi infilo nel sacco e rimango qualche minuto con la testa fuori dalla tenda a scrutare il cielo. Da noi in Italia, se si guarda il cielo di notte, il colore predominante è il nero. A queste latitudini invece, anche se il cielo è sempre scuro, si ha la sensazione che il colore predominante sia il bianco luccicare di una miriade si stelle che quasi fa da velo al buio del cielo. Un po’ come se le stelle fossero a mezza strada tra noi e lo scuro della notte. Poi c’è il silenzio, quasi sconosciuto alle nostre orecchie europee. Il silenzio, quello vero quello che ti fa venire il dubbio di essere diventato sordo tutto di un colpo. Quel silenzio che si mescola con quel fischio acutissimo, tipo ultrasuoni, forse immaginario o forse generato dal cervello, che a volte sentiamo nelle orecchie quando siamo circondati dal silenzio assoluto. Non un rumore, non un alito di vento che sfiora la pelle esposta all’aria. Ogni tanto faccio un movimento per sentire il fruscio della tenda o del sacco, perché il silenzio è davvero troppo per pensare che quel momento sia reale.

La notte è veramente fredda e la mia pessima abitudine di dormire perennemente semi scoperto mi porta a svegliarmi per i crampi alle gambe, completamente fuori dal sacco a pelo. Esco per una pipì notturna, innescata sicuramente anche dal freddo. Non serve la pila a batteria, il bianco della volta stellata è più che sufficiente a illuminare la zona circostante. Se non fosse per il freddo verrebbe davvero voglia di sedersi a guardarsi intorno e per aria. Nel silenzio assoluto percepisco un rumore provenire dalla zona dove abbiamo cenato. Si sente uno scrocchiare come di crosta di pane proveniente da sotto il tavolo. Immagino debba essere qualche animaletto che ha scovato briciole ed altri avanzi caduti attraverso le fessure del tavolo. Sono le 3,50 del mattino e vorrei vorrei vorrei rimanere fuori a gustarmi il panorama ma fa veramente freddo, la sabbia è durissima a causa della umidità notturna ed al solo pensare che la tenda sia aperta e mi si stia raffreddando, mi affretto a rientrare. Nuovamente nel sacco tento di riaddormentarmi ma non ci riesco e passo sveglio il resto della notte. Resisto poco a stare nel sacco a pelo senza dormire. Accendo la pila, e passo un po’ di tempo a sfogliare le immagini scattate col telefonino. Fuori il silenzio è assoluto, non si sente neanche il vento attraverso i cespugli che ci circondano.

Nel debole chiarore dell’alba mi pare di vedere una gomma sgonfia sul toy, ma poi mi distraggo guardandomi intorno e vado ad attizzare il fuoco rimasto sopito sotto la cenere per tutta la notte.

La legna raccolta durante il giorno precedente è ancora abbondante e ne uso un po’ per alimentare la debole fiamma. Con l’aumentare della luce ambientale, il risveglio degli altri è quasi automatico. La luce bassissima sull’orizzonte invade prepotentemente l’interno delle tende e l’abitacolo dei veicoli. Fa molto freddo, la sabbia è umida e compatta. Cominciano a vedersi in azione i vari pentolini e caffettiere per le colazioni.

Torno a controllare ed in effetti la gomma è sgonfia. Attraverso il leggero stallonamento che si verifica con la gomma completamente a terra, mi accorgo che nello spazio tra cerchio e spalla del pneumatico c’è molta sabbia. Il giorno prima ho dovuto sgonfiare fino a 1,3 atm ma avendo delle coperture Ziarelli ricostruite mi viene da pensare che la rigidezza della spalla, flettendo in curva. abbia potuto favorire l’entrata della sabbia che ha portato ad una perdita di pressione. Sarei dovuto partire con le 7.50 Good Year G90 ma non so perché alla fine ho optato per usare queste che avevo già montate . Forse speravo di disintegrarle e buttarle sul posto. Queste Ziarelli con disegno AT identico alle BFG le ho perché sono state scelte alcuni mesi prima, pagate dagli sponsor, per andare a fare assistenza al rally di Albania. Nonostante tutto si sono comportate bene. Sono molto rigide di spalla e rispetto ad una gomma non ricostruita devono essere sgonfiate a circa mezza atmosfera in più per ottenere il medesimo spanciamento. C’è da dire però che lo strato di gomma sulla spalla è talmente alto che sarebbe impossibile avere un taglio del genere su una gomma non ricostruita senza doverla buttare. Questo è il loro unico pregio, non da poco, sono davvero robustissime, con uno strato altissimo di gomma sulle spalle.

Col compressore soffio tutta la circonferenza esterna tra gomma e cerchio, poi rigonfio.

Nel frattempo il resto del gruppo ha richiuso le tende e smantellato il campo e tutti sono pronti a muoversi. Ci muoviamo per arrivare, si spera in mattinata, al punto denominato Gilf el Touareg.

Il percorso è stupendo, sempre impegnativo, mai banale o scontato. A tratti costeggiamo alcune dune alte anche una decina di metri e non pensavo che ne avrei viste in questa zona.

Ci si muove a bassissima velocità ed ogni tanto capita di Fermarci per un insabbiamento o per un piccolo cambio di traiettoria. Quando possibile deviamo leggermente verso ovest per prendere meglio “la mira” verso il punto di arrivo.

Durante la mattinata non incontriamo nessuno, segno inequivocabile che siamo su un percorso assolutamente inedito. A conti fatti di questi percorsi inediti ce ne sarebbero a migliaia da fare. Mentre guido penso che basterebbe scegliere due punti conosciuti e decidere di fare un percorso diverso per andare dal primo al secondo.

Questa idea rafforza sempre più che la tunisia è piccola e conosciuta solo a chi si ostina a percorrere le stesse piste o gli stessi itinerari dunari per raggiungere un punto stabilito. Tanti dicono “ ma io la tunisia l’ho fatta 3 volte, 5 volte …. e ormai la conosco ecce cc. Tutto sbagliato. Se si volesse creare qualcosa di nuovo per un giro diverso. chi ci impedirebbe di ideare e percorrere un tracciato inedito congiungendo idealmente due punti delle decine che conosciamo in tunisia? Che so…da Tembaine direttamente a Douz senza fare il giro dei bar del parco ecc ecc. Andare da Douz a Ksar Ghilane partendo davvero da dentro Douz senza percorrere tutto quel pistone polveroso e poi andare dritti al posto di guardia…ce ne sarebbero di alternative.. Personalmente mi basta muovermi in quei posti, non necessariamente con una meta precisa da raggiungere nel tempo X. Penso che se dalla porta del deserto si scendesse a sud dritto per dritto, cap 180, anche solo di 10-15 km ci sarebbe da divertirsi un mondo senza dover avere super serbatoi di gasolio di acqua e altri accessori a volte superflui. Muoversi con il solo obbiettivo di calpestare sabbia vergine sebbene, a conti fatti, si sia a pochi km dal centro del paese. E’ questo che voglio fare in futuro, anche in considerazione del clima politico che si respira in tutto il nord africa.

Siamo ospiti in un paese, un territorio, palestra naturale che per quanto piccolo per le nostre manie megalomani, può dare ancora molto a tutti noi senza chiedere quasi nulla in cambio.

Mentre tutte queste idee si rimescolano vorticosamente nella mia mente, mi accorgo che l’orizzonte sta mutando la sua conformazione. Le dune si stanno abbassando tantissimo fino a tornare come erano all’inizio dei 3 gg di fuoripista, dunette alte non più di 50cm circondate da sterpaglie. In lontananza ecco comparire il promontorio del Gilf el Touareg. Ne abbiamo conferma perché a circa 700 mt da noi vediamo transitare, di traverso rispetto alla ns direzione, una colonna di auto. Evidentemente sono sulla pista direttissima che posta al fortino. E’ circa mezzogiorno ed ho fame. E pure sete.. Percorriamo gli ultimi 500mt andando a vista in direzione del piccolo bar di canne posto lungo la pista e ci fermiamo a pochi metri dal bar. I ragazzi che sono li ci offrono alcuni materassi per sederci a terra. Li rifiutiamo con cortesia e ci organizziamo per pranzo. Questo si rivelerà il pranzo al sacco più buono di tutto questo periodo di vacanza. Una delle coppie toscane estrae dalla macchina un gigantesco barattolo di vetro con dentro acciughe sott’olio e pesto. Una delle cose più buone che abbia mai mangiato. Una baguette viene interamente riempita di questo preparato, gli aggiungo un po’ di tonno e la festa ha inizio. Mi viene offerta anche una birra. Veramente un pasto da Re, almeno per me che amo le alici e la birra.

C’è del vino in brik, acqua, salumi vari, un paio di pandori ed altro. Il sole è alto ma anche oggi non è che sia particolarmente caldo. Il programma di Stefano prevede che giunti a questo punto ci si sposti ancora un po’ a sud-sud ovest per andare a pernottare al campo di Hedi, situato tra i cordoni di dune distanti alcuni km dalla pista che riporta a Douz.

Dopo pranzo con calma ci si rimuove e si percorre, come a risalire verso Douz, la pista polverosa percorsa ripetutamente nei giorni precedenti. Arrivati in corrispondenza di un piattone polveroso con molte piste parallele, Stefano svolta verso sinistra come a voler tornare indietro. Apparentemente sta tornando indietro ma in realtà ha imboccato una pista parallela, inizialmente quasi invisibile, che dopo qualche centinaia di metri svolta decisamente verso destra per addentrarsi tra le dune. Inizialmente il fondo è pietroso ma velocemente diventa sabbioso seppur non troppo cedevole.

Il pomeriggio avanza ed arriviamo al campo quando ancora è giorno. Non è che faccia caldo neanche nel pomeriggio, quando il sole dovrebbe aver scaldato l’aria per tutta la giornata.

Ci sono alcune tende bianche veramente molto belle e spaziose, una tettoria che copre una lunga tavola per cene all’aperto, un grosso tendone berbero che fa da cucina e da sala pranzo al coperto e varie tende e tendine “di servizio”. Per questa notte decido di dormire nella tenda del campo anche perché mi pare giusto finanziare queste iniziative che servono a tenere vivo il turismo ed a sostentare queste persone che tengono in piedi questi accampamenti in posti dove noi occidentali non sopravvivremmo neanche un giorno. A conti fatti poi….si tratta di pochi € sicuramente ben spesi…molto meglio che in Italia. I bambini delle due coppie toscane gironzolano attorno al campo mentre noi prepariamo le nostre cose per il pernottamento, chi in tenda chi in auto. La mia tenda è spaziosa, saranno circa 2,5×3 mt, di tela bianca, con pavimento in plastica, molto luminosa visto il colore neutro del tessuto. La cena, stasera di gruppo, sarà preparata nel tendone cucina dove il fratello minore di Hedi ci mette adisposizione tutto quello che ha, pentole, fornellone a gas, spezie varie e quant’altro si possa trovare in una cucina di tutto rispetto. L’idea iniziale è di cenare fuori ma con l’imbrunire si cambia idea. La cena nel tendone, illuminato da lampadine e gruppo elettrogeno, è veramente gustosa. Un bicchiere di vino ed una fetta di panettone con qualche dattero alla fine completano l’opera. Anche questa una giornata fantastica ed indimenticabile, nonostante, come già detto, siamo a poche decine di km da Douz. Qui sotto vedete i due autisti delle coppie toscane con le quali abbiamo passato i 3 gg a cavallo di capodanno.

Quello a sinistra è Michele (“Banino” su www.landcruiser-italia.org) quello al centro è Stefano. L’altro viaggiatore, a destra nella foto, si chiama Filippo. Ha scattato una moltitudine di foto e girato alcuni filmati durante i due giorni di traversate. Sullo sfondo della foto uno scorcio del campo. Tutte le foto sono rigorosamente scattate con un telefonino nokia N73 che, devo dire, scatta immagini con una ottima qualità.

Senza essermi reso conto, i giorni sono volati via e si sta avvicinando la data del mio rientro in Italia. Siamo ormai al 2 Gennaio e durante la colazione si parla del programma da seguire durante la giornata. L’idea dei toscani è di fare almeno un altro campo e di rientrare il giorno dopo alla maison. Da par mio decido di rientrare in mattinata verso Douz, di dare una sistemata ai vari cadeau che devo imballare con cura e di organizzarmi al meglio per la risalita in solitaria fino a Tunisi per l’imbarco. Saluto il gruppo e mi riavvio lungo la pista che mi porterà a raccordarmi con la direttissima di Ksar Ghilane. Si percepisce che c’è un buon movimento di veicoli perché la polvere in sospensione rimane a lungo, le impronte a terra sono tantissime e anche via radio è un pullulare di comunicazioni in varie lingue. Incrocio molte auto, almeno una ventina di moto in gruppo ed anche un camion, mi pare un ACM con al seguito 3 auto ed altrettante moto.

Li ascolto via radio e ci salutiamo quando ci incrociamo.

La risalita prosegue senza nessuna emozione particolare, solo un velo di malinconia perché so che tra poco tornerò alla vita in standard europeo. Me la prendo con estrema calma fermandomi ogni tanto per il semplice gusto e forse con la malcelata voglia, di prolungare il più possibile la mia permanenza in quel posto. La prima nave Grimaldi del 2011 è veramente l’ultima cosa con la quale voglio avere a che fare. Mi fermo per pranzo in un posto non precisato lungo la via del ritorno e mangio qualcosa nel totale silenzio. Solo qualche insetto volante, attratto dagli aromi del pasto, mi fa compagnia col suo ronzio che a tratti si perde nel vento fresco.

Il solito “ ruzzolamerda” in transito mi passa a 20cm dalle scarpe spingendo verso casa il suo bottino. Pensavo che con questo fresco se ne stessero in tana. Invece questo deve aver finito le scorte perché ha fatto un bel bottino ed incurante delle mie briciole, forse troppo piccole, tira dritto lungo la sua pista.

Butto un po’ di acqua per terra pensando di fargli un favore ma non sortisco nessuna reazione. Mi viene l’idea di bagnargli la pallina ma poi penso: “ E se gli si disfa per colpa dell’acqua… chi lo vuol sentire poi a riammassare tutto?” Lascio tutto com’è e continuo il mio panino.

Le mie briciole non sono passate inosservate ad altri abitanti del posto. Un paio di simil passerotti sono appollaiati pazientemente su un cespuglio a circa 3mt da me. Si vede chiaramente a cosa mirano. I loro discorsi sono chiari ed inequivocabili…..La femmina sta dicendo al maschio “Dai, vai a prendere quelle briciole! Non avrai paura di quella specie di scimmia che sta li a mangiare il suo pezzo di pane e alici…avanti muoviti, prima che con quei piedi brutti copra le briciole di sabbia.. Lui: “Cara… ma lo vedi quanto è grosso rispetto a me… sicuramente è buono perché sta lasciando per terra tanto di quel pane da sfamarci per un anno ma nel dubbio preferirei aspettare che si allontani un po’, giusto quel po’ per avere il tempo di volare via semmai avesse cattive intenzioni.

Lei: “ Uffa, sei veramente un cacasotto, quando ci siamo conosciuti non eri così, eri coraggioso, osavi, non avevi paura di nessuno e accettavi qualsiasi sfida. La vecchiaia ti sta rincoglionendo !!”

Al sentire questi discorsi e per salvaguardare l’armonia familiare decido di fare due passi ed allontanarmi di qualche metro dalla montagna di pane che ho sparso sul terreno. Immediatamente i promessi sposi partono all’attacco delle briciole cercando di raccogliere tutto il possibile. Probabilmente il nido è a poche decine di metri perché li vedo ripetutamente volar via sempre nella stessa direzione. Puntualmente tornano alle briciole e fanno un nuovo carico per poi rifare la spola fino al nido. Dopo il panino ci vuole un po’ di frutta. Prendo alcuni datteri, li snocciolo e li appoggio per terra, sollevati dalla sabbia, su un sasso. Mi riallontano. Immediatamente uno dei due raccoglie il dattero snocciolato, ne mangia un po’ per poi volar via con il resto del bottino. In capo a pochi secondi è di nuovo li a prendere gli altri frutti. Penso, certo che deve essere dura la vita di sti uccellini in un ambiente del genere. Tra serpi, fennec e non so che altro, sicuramente avranno più nemici che amici, fa un caldo boia o un freddo bestiale. Da mangiare si trova poco o nulla. Certo, non hanno il traffico della città, i rumori del condominio…hanno una spiaggia dietro casa pressochè infinita….si, il mare è un po’ distante ma ogni tanto quando piove vedono pure l’acqua. A conti fatti, penso, se non se ne vanno gli va bene così…..

Lascio un’altra decina di datteri a terra sul sasso, richiudo tutto e rimonto in macchina per rientrare a Douz. Mentre mi allontano molto lentamente vedo i due passerottini che si dedicano ai datteri. Sicuramente staranno festeggiando per la manna caduta dal cielo. Per un bel pezzo avranno riserve in abbondanza.

Dalla radio accesa ogni tanto mi arriva qualche sprazzo di comunicazione. Passo sulla banda 88-108 FM e cominciano ad arrivarmi stazioni che probabilmente trasmettono notiziari o qualcosa del genere. Girando ancora mi sintonizzo su alcune stazioni di musica. Guardo il display della radio. Trasmissioni in stereofonia della miglior qualità possibile, segnali forti e puliti che si propagano nell’etere grazie anche alla assenza di ostacoli naturali. Rimango in ascolto, mentre guido stancamente, nella speranza di ascoltare qualche nota “a me nota” …ma nulla di che. Solo e soltanto musiche locali, assolutamente incomprensibili nelle parole. Alcune però hanno un bel ritmo, si sente che tendono alla modernità e che sono…come dire….da giovani.

Alfine giungo alle porte di Douz e veramente non mi va giù dovermi ricaricare baracca e burattini per tornare in patria. Ho l’imbarco tra poco meno di 48 ore ed un bel po’ di queste me le brucerò per risalire a Tunisi. Faccio un giretto veloce in paese e trovo un gommista che per 15 dinari mi smonta tutte le 4 gomme dalla macchina e mi ripulisce uno ad uno i canali dei cerchi per eliminare la sabbia che il giorno prima mi ha fatto trovare la gomma a terra. Rientro alla maison, faccio una doccia e mi stendo un po’ a sonnecchiare pensando a quando potrò tornare nella mia patria adottiva.

Nel pomeriggio tardo arriva un gruppetto di moto italiane. Cercano Stefano e li informo che tornerà la mattina dopo. Decidono di pernottare e di aspettare il rientro di Stefano. Nel frattempo Abdel si sta adoperando per la cena e dalla cucina, che è anche una stanza di transito, giungono odori speziati che ancora di più mi mettono la malinconia perché già so che tra qualche giorno saranno soltanto un ricordo. Si chiacchiera amabilmente con i nuovi arrivati e gli ospiti “stanziali” della maison ma in cuor mio sono scarico, triste per la ripartenza del giorno dopo. Me ne torno nella mia stanzina a buttare disordinatamente i vari panni nella sacca…mi ricorda molto quando non volevo andare a scuola e gettavo disordinatamente i libri ed i quaderni nella cartella.

Pasto serale sempre all’altezza delle migliori aspettative ma un velo di apatia mi accompagna come la nuvoletta di Fantozzi fin quando non chiudo gli occhi per la notte.

Nuovo ed ultimo giorno di permanenza a Douz. In mattinata è previsto il rientro alla maison anche di Stefano con le due famiglie toscane di Filippo e Michele. Me ne torno per una ultima volta in piazza a farmi due chiacchiere con Jamel ed Hedi e passo così un paio di ore. In tarda mattinata mi sento con Stefano. Stanno rientrando alla maison, soddisfatti del giorno ulteriore trascorso tra le sabbie. La sola con la faccia triste, oltre a me, è Loredana che in tarda serata dovrà prendere il pullman che da Douz la porterà direttamente a Tunisi da dove riprenderà l’aereo per l’Italia. Anche lei sale in camera a fare una doccia per poi, mestamente, preparare il bagaglio. Pomeriggio apatico per entrambi. Aleggia lo spetto del rientro. Il solo pensare di dover lasciare questo posto e queste persone, con le quali, spesso, ci si comprende più a gesti che a parole è veramente struggente.

Tutti abbiamo familiari ed amici che aspettano il ns rientro, che vogliono sentire i ns racconti, ma tutto questo non rende certo più sereno il ritorno a casa. Ciò che molti, non tutti percepiscono dentro di se è un qualcosa che è troppo intimo e personale per poter essere spiegato e condiviso con altri. E una esperienza talmente profonda e sarebbe impossibile spiegarla a chi non viene autonomamente contagiato da questo morbo già dalla prima volta che viene in questi luoghi. La pace interiore, la serenità, la “sazietà” assoluta di tutti i sensi è qualcosa difficile da descrivere ma nel contempo spinge dentro di noi per farci rimanere sempre un giorno di più.

Pranzo tutti insieme nella sala della maison e nel pomeriggio mi dedico ad imballare per bene, con carta di giornale, i vari oggettini, acquistati in piazza, da regalare ad alcuni amici italiani. Lo spazio in macchina non manca e una delle casse di plastica viene adibita ad ospitare tutti questi oggetti, rigorosamente imballati uno ad uno. Una serie di dromedari intagliati in legno di olivo, le solite bottigline contenenti sabbie colorate che raffigurano animali e palme, alcune rose del deserto, buste di spezie, qualche scatola di datteri e alcune lattine di Celtia. Avvolgo il tutto in una coperta di lana a mò di sacco che rimbocco verso il fondo della cassa. Ho ancora una 40ina di litri di acqua nei serbatoi, li svuoto nella aiuola intorno ad una palma. Ne lascio giusto qualche litro per ogni evenienza. Vado a fare l’ultimo pieno di gasolio di questa trasferta e sono pronto per la partenza dell’indomani. Lungo il tragitto dalla maison al distributore incrocio altri veicoli europei. Molti sono nuovi arrivi, si vede dalle facce raggianti e dai mezzi superlucidi. Molti hanno anche dei cani a bordo. Sarà sicuramente una esperienza esaltante anche per i quadrupedi ….se sono già abituati a passare ore in auto.

Ultimi 48 dinari di gasolio, un ultimo giro fino ad uscire da Douz in direzione Tataouine. Saluto il gommista che il giorno prima mi ha ripulito dalla sabbia tutti i canali tra cerchio e gomma e rientro giusto in tempo per “l’ultima cena”. L’autobus di Loredana parte alle 22,30 da Douz. insieme a Stefano la accompagno alla fermata. Il pullman parte dalla piazzetta vicina all’arco celeste lungo la via principale del paese. Ci sono già a bordo alcune persone, molte sonnecchiano.

Tutto intorno ci accompagna il vociare del paese ancora sveglio per i giorni di festa. Trattorie piene di avventori locali e stranieri, odori sopraffini di carne speziata invadono le vie del paese. Ogni tanto qualche motobecane sfreccia per la via passando pericolosamente vicino ai pedoni. Stiamo li a chiacchierare in attesa della partenza e comincio a maturare l’idea di partire anche io di li a poco piuttosto che andare a letto, passare una nottata quasi sicuramente insonne. Dopotutto la macchina è già carica, il gasolio c’è, non ho sonno e alla fine dei conti preferisco viaggiare andando pianissimo e fermarmi quando voglio piuttosto che partire la mattina dopo alle 5 e fare tutta una tirata fino al porto sperando di non avere nessun contrattempo durante la risalita. Inoltre adoro guidare di notte in compagnia di un po’ di musica. Mi viene anche l’idea di far scendere Loredana dal pullman e risalire insieme ma parlandone c’è il problema dei tempi tecnici per arrivare in aeroporto e poi muovermi verso La Goulette. In effetti è un percorso che non ho mai fatto e non sapendo come muovermi in quella zona alla fine lasciamo tutto com’è.

E’ giusta l’ora, il pullman si muove e vediamo Loredana salutarci con lo sguardo davvero triste.

Ce ne torniamo a casa e confido a Stefano la mia idea di partire di li a poco per evitare di farmi la sfacchinata al mattino dopo. Gli spiego le mie ragioni ed alla fine conviene anche lui che tutto sommato l’idea non è malsana. Partire con calma ed avere un buon margine di tempo mi consente, se voglio, di dormire lungo la strada e di viaggiare con traffico pressochè assente. Mi faccio preparare un bel the alla menta e mi accingo a salutare gli altri ospiti. Ringrazio Stefano per la meravigliosa ospitalità e con una stretta al cuore mi appresto a muovermi alla volta di Tunisi.

Rientro in paese per andare a salutare Jamel, Hedi e gli altri. La piazza è illuminata da decine di lampadine sospese su fili tesi tra gli eucalipti. Tutti gli archi del perimetro sono illuminati e tutti i negozietti fervono di attività. C’è molto movimento di turisti e locali. Il solito odore di arrosto mi arriva alle spalle distraendomi dai miei intenti . Hedi e Jamel sono nei rispettivi negozietti a contrattare con i turisti ed attendo che si liberino dai rispettivi impegni. Li ringrazio della loro cortesia e disponibilità con la promessa di un ritorno e mi riavvio verso la macchina.

Mi avvio verso Kebili ben sapendo che mi aspettano quasi 600km di solitaria risalita notturna. Appena fuori da Douz mi fermo e mi giro indietro. Nel buio pesto della notte il chiarore del paese sembra quasi generato da un fuoco che brucia a terra. Il colore predominante è l’arancione dei lampioni pubblici. Incrocio alcune macchine locali che vanno in direzione opposta, probabilmente a far festa proprio a Douz. Entro a Kebili che è pressochè deserta. In effetti è poco oltre la mezzanotte. Ad un quadrivio c’è una pattuglia della polizia che mi fa segno di non fermarmi. Accendo la radio e faccio un giro di frequenze. Solite musiche locali, piacevoli per un po’ ma che poi diventano noiosissime. Stessa cosa per alcune stazioni dove trasmettono notiziari. Assolutamente incomprensibili. Cambio banda e mi metto ad ascoltare alcuni radioamatori delle isole Canarie che stanno tentando di collegare una stazione del Kuwait. Tutto sommato una distanza ridicola per alcune onde radio durante la notte. Il collegamento riesce e li ascolto scambiarsi alcune info tecniche sul collegamento e sulle apparecchiature in uso. Lo scambio di queste informazione è facilmente comprensibile a chi ha un minimo di dimestichezza con questo hobby e ascoltando mi rendo conto che la propagazione è veramente forte. La gamma dei 7mhz, è una di quelle che di notte, consente collegamenti a lunghissima distanza ed in effetti ascolto segnali provenire da tutti gli Stati Uniti. Questo ascolto mi fa compagnia per alcune ore e mi aiuta a rimanere sveglio.

Lungo la strada, contrariamente alle mie aspettative, trovo aperti alcuni ristorantini che cuociono carne (a quest’ora???). Le lampadine a risparmio energetico producono una luce bianchissima, quasi asettica. Mi fermo anche per darmi una sgranchita alle gambe e decido di prendermi un pezzo di ciccia con una coca cola. La strada è assolutamente deserta, siamo solo io, il ristoratore ed un paio di pecoroni miseramente legati ad un palo in attesa di morire. A gesti e con qualche elementare parola francese riesco a farmi dare un paio di pezzi di carne e la coca tanto desiderata. Penso e spero che la caffeina che contiene mi aiuti a rimanere un po’ sveglio. La carne è buona e mi faccio dare anche un paio di fette di pane. Decido di indottrinare il tunisino di turno sulla bontà della bruschetta con uno scambio culinario. Apro il portellone della macchina e prendo olio e aglio. L’olio è quello di Nicola, Nick2 che pochi giorni prima mi ha mandato un pacchetto con un campionario di alcuni suoi prodotti. In questo stesso momento il Nicola è ancora in giro per dune mentre io uso il suo oro liquido. Metto sulla griglia della carne le fette di pane e appena si colorano le sgommo con aglio e le cospargo di olio. Un pizzico di sale e la passo al ristoratore. La prova con una certa diffidenza ma poi mostra di gradire e mi passa un’altra mezza baguette facendomi capire che gli devo fare lo stesso trattamento. Alla fine della fiera lo scambio si rivela ottimo. Ho mangiato carne gratis scambiandola con aglio e olio. Il pane era suo…. Decido di alleggerirmi di un altro chiletto e gli lascio un brik di vino che avevo portato per cucinare, spiegandogli che deve usarlo per metterci a macerare la carne prima di cuocerla. A posteriori, sono quasi sicuro che la fine che ha fatto quel vino è stata diversa.

Col buio non so di preciso dove mi trovo ma a conti fatti mi interessa poco. So solo che quella è la strada per risalire. Rimonto in macchina e riparto col pancino soddisfatto e convinto di poter arrivare a Tunisi senza particolari problemi. Ho da poco superato l’incrocio con la caserma di Oudref e penso che tra un po’ dovrei vedere il chiarore del mattino. Vado veramente a velocità di passeggiata, circa 80 km/h e mi sto godendo la risalita. Ogni tanto vedo qualche animale domestico attraversare la strada. Fa molto freddo e si percepisce chiaramente che mi sto avvicinando alla costa. L’aria salmastra prende il posto dell’aria secca dell’entroterra. Riaccendo la radio sulla gamma FM e si cominciano a sentire stazioni che trasmettono musica contemporanea. Ascolto Shakira, George Michael ed altri autori contemporanei. E’ un chiaro segno che è in atto la risalita verso la tunisia occidentalizzata che si affaccia sul Mediterraneo. E ’ancora scuro ma l’alba è sempre più vicina. Imbocco l’autostrada per gli ultimi 250km.

Decido di fermarmi poco dopo in una piazzola di sosta con servizi. Ci sono alcuni camion fermi, metto la sveglia ad un’ora e mezza dopo.

Mi sveglio in anticipo rispetto all’orario impostato e ne approfitto per darmi una lavata e per smontare la radio e le antenne prima di entrare in zone dove potrei essere soggetto a controlli.

Mi preparo un caffettino sul pianale e ne offro uno anche al signore che si occupa delle pulizie dei bagni dell’area di servizio. Lo prova e lo beve senza zucchero. Gli lascio anche 4 dinari che avevo in tasca, perché ha avuto la cortesia di farmi trovare un bagno lindo e pinto quando ne ho avuto bisogno. Nel momento in cui mi ha visto scendere dalla macchina si è precipitato a pulire nuovamente un bagno, facendomi segno che era pronto per essere utilizzato. Ne ho approfittato, tra le altre cose, per farmi anche mezza doccia con lo sciacquone che schizzava acqua dappertutto mentre ricaricava il serbatoio del wc. Ne approfitto per rifare il pieno al toy e spendere gli ultimi dinari che ho con me.

Salutato anche il Sig. WC Net, rimonto in macchina che è giorno fatto. Il traffico di camion e macchine verso nord è notevole. Sono scomparse le Peugeot pick-up e sono comparse vetture di tutte le marche e colori. Un gruppetto di moto europee mi supera salutandomi a colpi di clacson.

La radio ricomincia a riprodurre melodie più consuete ed ascolto anche alcuni notiziari in lingua francese. Passo i vari caselli con pedaggio lungo l’autostrada e rapidamente risalgo verso nord.

La corsia è molto larga e guido in totale relax, riposato, stranamente sereno e pronto alle 20 ore di nave che mi aspettano. Vorrei aprire il finestrino ma il meccanismo elettrico mi si è guastato proprio il giorno della partenza, mentre abbassavo il vetro al casello per prendere il biglietto. Ho il vetro dello sportello aperto per circa 3cm e bloccato. Non va ne su ne giù. Apro quello lato passeggero e mi arriva una folata di aria marina, carica di salsedine e odore di alghe. Sono proprio vicino a Tunisi. Il traffico aumenta costantemente. Transito sulla sopraelevata che attraversa Tunisi e decido di scendere lungo Avenue Bourguiba per raggiungere La Goulette. La città si sta svegliando, alcuni negozi ancora con le serrande abbassate, traffico notevole, molti pedoni, studenti e persone con valigette 24h che si muovono rapidamente lungo gli ampi marciapiedi.

Mi inserisco nel flusso di traffico e mi dirigo verso il porto. La mia avventura sta finendo, sto per reimbarcarmi sulla Grimaldi e non so quando potrò tornare a fare una vacanza come la intendo io.

Il cancello per l’imbarco è ancora chiuso. Chiudo la macchina e vado a piedi a fare il biglietto.

Allo sportello consegno alla signorina molto bella il mio titolo di viaggio stampato in Italia quando ho comprato online il biglietto e la signorina mi rende il vero biglietto che dovrò esibire al personale del traghetto. Nel frattempo altri fuoristrada si sono messi in coda dietro al mio ed attendono l’apertura dei cancelli. Scambio alcune parole con i loro occupanti e li informo che il check-in è già attivo. Durante la mattinata la fila dei partenti si allunga e noto moltissimi fuoristrada italiani che non ho incontrato in partenza. Non conosco nessuno e a dire il vero ne sono stato contento perché molti che erano in attesa erano dei veri zozzoni. Hanno buttato a terra di tutto, dalle carte delle caramelle e dei biscotti ai bicchierini dei vari caffè che hanno bevuto durante l’attesa. Era pur vero che c’erano pochi cestini in quel punto ma avrebbero potuto e dovuto ovviare in altro modo piuttosto che buttandoli a terra. Bambini strilloni e capricciosi che volevano la merendina X mentre la mamma gli stava porgendo quella Y…..quello che vuole la PSP, l’altro che deve fare la pipì…quello che tira una sberla al fratellino perché gli ha rubato il gioco…..insomma il solito casino che solo noi siamo capaci di generare nonostante siamo 4 gatti….

In tarda mattinata si “aprono le gabbie” e comincia la trafila in dogana. Vengono create le solite 3-4 colonne di auto. Una o due per i turisti e le altre per i locali. Le vetture dei turisti vengono controllate sommariamente, chiedono solo se ho qualcosa da dichiarare emi fanno aprire il portellone posteriore facendo la finta di guardare dentro. Quelle dei locali vengono esaminate per davvero, puntigliosamente in tutti gli scomparti. Vengono controllati minuziosamente i documenti e ad alcuni viene fatto aprire anche qualche bagaglio. Sui portapacchi c’è di tutto, poltrone, scooter, tavoli, sedie, fardelli enormi dal contenuto sconosciuto. Moltissimi, viaggiano completamente scarichi e vengono controllati più velocemente. Il mio documento ed i vari foglietti compilati in porto vengono vidimati con vari timbri rossi di uscita e mi viene fatto cenno di andare avanti nella fila. Terminata questa trafila ne segue un’altra. La bolgia infernale per salire sulla nave.

Tutti vogliono salire per primi come se la nave dovesse partire subito dopo lasciando a terra gli altri. Non sanno che prima salgono e più tardi scendono?? Personalmente non ho nessuna fretta di salire e cedo il mio posto nella fila ad uno scalmanato dietro di me che mi stanno ammazzando a colpi di clacson. A dire il vero per qualche momento sono stato tentato di scendere e di spalmargli la faccia sul cofano ma poi sono tornato a più miti propositi mandandolo semplicemente affanculo e facendolo passare avanti. Alla fine salirò è scenderò dalla nave sempre prima di lui…..

Gli agenti ed il personale portuale tentano di dare una ridimensionata alle 4-5 file di veicoli ma Nulla possono. Auto in fila per oltre un ora coi motori accesi, “clacsonate” stile film “amici miei” e liti abbozzate per chi deve passare prima quando due file si uniscono. Insomma ,roba da pazzi, neanche fosse la prima volta che prendono la nave. Attendo pazientemente il mio turno un po’ in disparte mentre la fila di macchine mi passa di fianco. Sulla sinistra a circa 2 metri ho il mare, di fronte il traghetto Olympia Palace che ci sta imbarcando e penso tra me e me a quanta roba riescono a caricare su quei portapacchi senza distruggere lo sgocciolatoio delle portiere. Poi vedi questo e tutto ti diventa chiaro. Loro non usano le grondine per fissare il portapacchi….No!!! Loro forano direttamente il tetto della macchina e con dei bulloni passanti lunghi 10cm vincolano indissolubilmente il paraurti al tetto della macchina !!! Lo vedete nella foto sotto.

Praticamente puoi caricare sulla macchina di tutto fino al limite di collasso del tetto. A quel punto forse ti possono salvare solo gli airbag. Mentre guardo questo sistema originale di fissare il portapacchi alla macchina mi si avvicina un addetto portuale che in italiano stentato mi dice che hanno aperto un altro ponte interno per gli stranieri. Mi fa cenno di arrivare fino al traghetto seguendo la linea dove mi trovo. Per magia supero una decina di vetture incolonnate alla mia destra ed entro in uno scompartimento del traghetto nel quale occupo l’ultimo spazio disponibile. Il resto dei veicoli tunisini, molto ma molto lentamente viene indirizzato alle stive inferiori e su un altro ponte rialzato dalla parte opposta al mio. Salgo la scala interna e arrivo sul ponte passeggeri posteriore. Giusto giusto in tempo per riconoscere lo strombazzatore folle ancora incolonnato a 20 mt dal traghetto. La partenza è prevista per le 16 e mi godo ancora qualche momento di atmosfera nord africana. L’imbarco procede spedito grazie anche alle tre stive disponibili per le auto. Faccio un giro completo della nave passeggiando sul ballatoio esterno. Alcuni turisti italiani hanno con se i loro cani che si godono gli ultimi momenti di libertà prima di essere chiusi nelle gabbie apposite durante il traghettamento. Che bello deve essere stato, anche per questi animali, scorrazzare tra le sabbie liberi da ogni vincolo. Chissà, magari in città vivono in qualche palazzo con un giardino appena abbozzato.. forse anche il passare alcune ore in macchina è stato un divertimento.

La brezza di mare porta umidità verso terra e rende nebbioso il panorama sulla città. Dall’alto della nave si vedono chiaramente le strutture di alcune moschee. C’è il sole e non fa freddo. L’aria salmastra mi si asciuga sul viso in un momento. In sottofondo mi arriva anche il puzzo di qualche tipo carburante che disperde i suoi vapori nell’aria

In tutto questo tran tran non mi sono accorto che frontalmente al traghetto ha attraccato da qualche minuto un’altra nave. Anche questa è carica di turisti e mi sporgo a curiosare su chi sta scendendo. Su un altro piazzale del porto si stanno ammassando tantissime auto, pronte a seguire la trafila che ho fatto io due settimane prima. Tanti fuoristrada, molti francesi, il che mi fa pensare che possa essere qualche traghetto partito da Marsiglia. Li guardo con un po’ di invidia. Sono tutti gasati, sorridono e scherzano, le loro vetture linde e pinte, pronte ad elargire stupende sensazioni ai loro occupanti. Per non pensarci troppo prendo la prima xamamina del ritorno. Senza mi sentirei perso perché soffro paurosamente il mal di mare. Il tempo fa il suo corso, la xamamina pure e l’imbarco volge al termine proprio nei minuti in cui l’effetto anestetico del medicinale sta prendendo il sopravvento. Rientro in sala poltrone percorrendo i corridoi pavimentati con moquette e tappeti enormi. Mi siedo col mio marsupio a tracolla, in attesa che il sonno abbia il sopravvento. Sto già sonnecchiando quando sento che ci stacchiamo dalla banchina. Abbandono ogni futile resistenza e cedo all’effetto della xamamina.

A questo punto potrei continuare a descrivervi il mio sonno di quasi 20 ore consecutive, lo sbarco ed il rientro in solitaria fino a Pescara ma a conti fatti preferisco chiudere questo resoconto al momento in cui ero ancora in territorio tunisino, con la nave in porto. Forse è un espediente per pensare di essere ancora li e di non essere ripartito e forse un mio prossimo resoconto partirà proprio da questo identico istante, l’arrivo in porto dall’Italia. Sarà come essere saliti sulla nave per sbaglio e subito riscesi per continuare questo magico periodo di offroad mentale ed emozionale.

Vorrete scusarmi se troverete errori grossolani o qualche ripetizione di termini. Segnalatemeli se lo ritenete opportuno e provvederò a correggerli.

AndreaPE

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