Il Gazzettino
Martedì 4 Gennaio 2011,
I rilievi dell’Acacus e i fiumi fossili del Messak, situati nella regione libica sahariana del sud ovest del Fezzan, verso il confine con l’Algeria, oltre che per il concentrato di bellezze paesaggistiche e l’originalità geologica dovuta all’incredibile ricchezza di dune e di rocce di arenaria - modellate dell’erosione dei venti e dai processi termoclastici in una sequenza fantasiosa di figure bizzarre con le forme di torrioni, monoliti, pinnacoli, archi, falesie - racchiudono anche un’enorme e straordinaria concentrazione di pitture ed incisioni rupestri, risalenti a migliaia di anni fa.
Una pinacoteca preistorica a cielo aperto, non meno importante di quella famosa del vicino Tassili n’Ajjer in Algeria, che non a caso è riconosciuta e protetta dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità.
Una delle più belle "gallerie della nostra memoria" che rischia di scomparire a causa dei danni provocati dall’uomo. Il sottosuolo della vasta area del Messak è, infatti, ricco di petrolio.
Le compagnie, che hanno in concessione il permesso di estrazione, non si fanno scrupoli nell’utilizzare per le ricerche dei giacimenti delle cariche di esplosivo che provocano dei piccoli terremoti le cui onde propagandandosi determinano delle fortissime oscillazioni facendo franare le pareti di roccia di arenaria e distruggendo così le pitture rupestri.
L’allarme da tempo è stato lanciato dagli archeologici e dai visitatori sempre più numerosi affascinati dalle bellezze del Fezzan ma, finora, è rimasto inascoltato. Gheddafi sembra essere molto più sensibile ai ricchi proventi dell’oro nero che alla tutela e alla conservazione di uno dei patrimoni più importanti dell’umanità.
Le prime segnalazioni di arte rupestre in questa regione del Sahara risalgono all’esploratore tedesco Heinrich Bart nel 1586 e le prime indagini furono compiute da Paolo Graziosi verso il 1930.
Si deve, però, alle ricerche sistematiche di Fabrizio Mori, avviate nel 1955 e in questi ultimi decenni proseguiti dalla missione archeologica Italo-Libica, se il mondo ha iniziato a prendere coscienza di questo straordinario patrimonio.
Anche il veneziano Sergio Scarpa, che per primo ha creduto e lanciato questa meta turistica, si è battuto per la salvaguardia dell’intera area.