[15.48.23] Zecchini: IMPRESSIONI DI UN ITALIANO CHE VIVE IL DRAMMA LIBICO /TUNISINO

L’insurrezione in Libia è fondamentalmente diversa dalla rivoluzione di Egitto e Tunisia.
Non è un movimento di protesta non violento che ricerca una maggiore libertà e democrazia.
Sembra invece una insurrezione armata supportata dalle potenze straniere che attraverso la destabilizzazione dello stato libico vorrebbero mettere le mani sulla sua enorme ricchezza.
Dopo quella tunisina e egiziana, la rivoluzione libica ci era sembrata una conseguenza naturale di questo risorgimento arabo, ma oggi con l’intervento dell’occidente, quello che ci era sembrato un grido di libertà si sta vestendo di conquista e neo colonialismo.
Si parla di intervento umanitario nell’obiettivo di salvare una parte del popolo libico dalla ferocia di Gheddafi, ma sembrano affiorare insieme a questa nobile intenzione gli interessi di alcune multinazionali del petrolio, altrimenti non si potrebbero giustificare le numerose incursioni aeree con cui si sono prodotte vittime anche tra la gente che si sarebbe dovuto salvare. Le giustificazioni sono sempre pronte: la guerra è guerra e l’errore è sempre possibile. No, noi non vogliamo questo genere di guerra. Gheddafi stà uccidendo parte del suo popolo, Gheddafi è certamente un tiranno che andrebbe sostituito con un governo parlamentare e democratico. Questi dovrebbero essere i soli e veri problemi.
Lo spiegamento sproporzionato di forze militari della NATO nella Grande Sirte, la precipitosa azione francese, il governo italiano che da un primo momento non è interventista ma in seguito si candida al comando delle operazioni destano il sospetto di un desiderio goloso alla spartizione della torta. Le guerre sono sempre state soprattutto un affare straordinario: le armi che più sono sofisticate e più sono costose, le forniture di ogni genere, aerei, navi, etc. (un aereo tornado costa per un ora di volo 80.000 euro). Poi gli interventi umanitari dagli enormi costi sovente incontrollabili perché dichiarati d’urgenza. L’immensa ricostruzione di porti, aeroporti, strade, ponti, palazzi distrutti necessiteranno di progetti e di azioni. E poi si sa, più la guerra è lunga, più ci sono distruzioni più i guadagni aumentano. Infine sarà tutto da pagare con il bottino di guerra che in Libia si chiama: “petrolio”.
Tutto questo mi induce all’apparentemente assurdo sospetto che le rivoluzioni tunisina e egiziana non siano state che il preludio pilotato per giungere in fine allo scopo libico. La Libia è tra le più grandi economie petrolifere del mondo, con circa il 3,5% delle riserve mondiali di petrolio, più del doppio di quelle degli Stati Uniti. Quasi l’80% delle riserve di petrolio della Libia si trova nel bacino del Golfo della Sirte, nella Libia orientale, proprio dove sono stazionate le grandi portaerei americane. Già si afferma che truppe speciali dei così detti “volonterosi” siano a Bengasi pronte a dar man forte agli insorti, ma sembra anche che i rivoluzionari rifiutino questa ingerenza, che gia sin d’ora è vista come la gestione di un protocollo a senso unico.
Sentivamo lontane le guerre in Medio Oriente, in Asia Centrale: Palestina, Afghanistan, Iraq. Ora la guerra l’abbiamo in casa, in Nord Africa. La gente deve rendersi conto che la guerra non può mai essere considerata giusta, la veste umanitaria appare oggi ancora più ridicola.
In un quadro immaginato di uno scacchiere in cui vivono simili sospetti diventa ragionevole pensare che le rivoluzioni tunisina ed egiziana hanno avuto lo scopo di indebolire il quadro mediterraneo nord africano per mettere le mani sulla Libia. Un vero colossale pasticcio.

Marino Alberto Zecchini
[15.48.47] Zecchini: Ciao Stefano queste sono le ie idee.. ma sono coondivise da molti