Alcune specie di scorpioni, appartenenti ai generi Centruroides, Androctonus, Tityus, Leinus e Buthus, diffuse soprattutto nelle regioni meridionali del Nord America, nell'America Centrale e meridionale, in Africa, in Medio Oriente ed in Asia, posseggono un veleno nettamente più
tossico rispetto a molte altre, ma il danno che possono infliggere all'uomo dipende anche dalla reattività del soggetto colpito e dal suo peso, che condiziona la concentrazione del veleno stesso nell'organismo.
In genere, la puntura degli scorpioni sopra menzionati provoca localmente, oltre ad un intenso dolore urente, la comparsa di una reazione infiammatoria o di una lesione di tipo necrotico-emorragico, ma non mancano casi in cui è seguita da fenomeni neuro e cardiotossici, a volte di tale gravità da risultare letali.

In caso di morso di serpente è opportuno evitare di succhiare la ferita per l'estrazione del veleno, dato che si avrebbe l'assimilazione dello stesso attraverso la mucosa orale, evitare di manipolare la ferita perché aumenta la diffusione del veleno nel sangue, rimanere calmi e chiamare soccorsi evitando il più possibile di muovere la parte morsa. Generalmente nei centri ospedalieri locali sono presenti antidoti specifici
Il trattamento comunque tranne che per alcuni casi in cui esiste l'antidoto specifico è di tipo rianimatorio e prevede l'utilizzo di farmaci da terapia intensiva che non possono essere somministrati senza conoscenze ed esperienza particolari. Quindi la cosa migliore è cercare di mantenere tranquillo il paziente e trasportarlo nel più breve periodo di tempo ad un ospedale.
Sia per gli scorpioni che per i serpenti è opportuno ricordare che non attaccano l'uomo a meno che si sentano minacciati, per tale motivo bisogna evitare di porsi nelle condizioni di creare tale minaccia anche involontariamente (non mettere le mani in anfratti di roccia, guardare sotto la tenda prima di smontarla al mattino ecc..) inoltre molte volte mi è capitato di osservare turisti occidentali nel deserto attrezzati come in spiaggia con tanto di infradito.
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L200 - Mosi-oa-Tunya (il fumo che tuona)

“Il tempo in Africa sta per terminare ma, anche se un po’ mi rattrista, mi consola sapere di avere imparato a ritornarci…….”

dal diario del Kalahari di Simo "pulce" (l'altra passeggera del L200)