Le paventate voci di chiusura del Gilf el Kebir ai turisti sono risultate a seguito di diretta indagine prive di effettivo riscontro e fondamento, anzi è stata l’occasione per appurare il suo esatto contrario come per altro annunciato in una recentissima intervista rilasciata dal consigliere del ministro del turismo egiziano riportata su un magazine dedicato alla comunità straniera in Egitto e dove viene appunto dato ampio risalto sia al nuovo piano di potenziamento dell’eco- turismo nel deserto occidentale, già parzialmente attivato, che all’avvenuta applicazione dell’estensione nel Gilf e in altre aree della specifica normativa finora riservata alla ricerca ufficiale e ora estesa anche ai viaggi a scopo turistico ma avente per il loro tipo di percorso richiesto un carattere o motivo di essere ritenuti tali o assimilabili ad una spedizione e/odi ricerca scientifica., ecc.

Infatti il proliferare di ricerche “ufficiose” in diversi casi avvenute a svariato titolo e scopo ed “inquadrate” in un contesto di viaggio turistico, ma spesso seguite da annunci e/o notizie scarsamente attendibili o riscontrabili, denunce di furti e danni ai siti, diatribe e sterili rivendicazioni sul contento scientifico e l’effettiva paternità dei ritrovamenti avvenuti , hanno finito soprattutto col portare non poco danno all’immagine ufficiale con cui le autorità locali gestiscono la tutela di un luogo quale il Gilf appena inserito nel Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel gennaio 2007 ma soprattutto di forte nocumento per l’iter attualmente in corso per l’attribuzione di analogo status a tutta l’area dell’Ewynat, congiuntamente alla parte libica e sudanese (previsto entro primi del 2009) accelerando le previste applicazioni e sanzioni che avevano finora trovato scarsa attuazione x causa dei soliti “ cronici “ motivi di disorganizzazione locale. Un lento accumularsi di risultati negativi a carico delle autorità, che a seguite di queste brutte esperienze e nonostante l’istituzione della polizia ambientale che però non ha sortito gli effetti desiderati essendo stata spesso agevolmente “ aggirata o by passata “ dai viaggiatori hanno dovuto ricorre alla messa in atto di nuove soluzioni per il controllo e la tutela del loro patrimonio. A soffrire del più vasto degrado è stato proprio la famosa grotta dei nuotatori uno dei simboli del Gilf e ridotta a soli buchi e questo non certo per opera dei turisti e dei locali come riportato nell’intervista che mette in risalto proprio che la maggior parte di quanti vi si recano spendano molti soldi in questi tour.

Per l’organizzazione di viaggi nelle aree interessate vi quindi è da tenere conto che questa è ora una materia soggetta al vaglio di ulteriori competenze, accertamenti e iter burocratici locali , fatto che per diversi organizzatori e/o agenzie locali, quanto estere, e con poca dimestichezza e/o le dovute entrature e necessari titolo può suonare o tradursi all’atto pratico come un vero divieto, ma non certo da qui paventare una chiusura del Gilf che rappresenta il futuro del turismo deserticon in Egitto .
Alla luce di quanto sopra scarsa influenza e attendibilità troveranno le future notizie sulla percorribilità nell’area del Gilf a meno che non direttamente suffragate da comunicati ufficial di fonte ministeriale (SCA e/ MT) . Restano cmq sempre valide eventuali disposizioni del momento attuate dai militari e dettati da motivi di contingenza .

Più che la chiusura vi è quindi da temere il ripetersi di danni al patrimonio , cosa che ha fatto si che già da circa tre anni a questa parte tutti i viaggi autorizzati ed effettuati nel deserto occidentale siano stati in pratica sovrapponibili in materia di percorso l’uno a l’altro , lasciando sempre meno spazio e scelte a programmi autonomi da parte degli organizzatori che una volta sul posto sono costretti a vedersi modificato il tragitto. Da considerare infine l’aggravio di costi e di responsabilità a carico degli organizzatori per la nuova documentazione da produrre e per nuove tasse, fra cui quella sull’ambiente finor non a carico.

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