Vi riporto qui di seguito uno scritto tratto dalla rivista " Il Venerdì" allegato ad un quotidiano. Vogliate perdonarmi eventuali errori di trascrizione, visto che il tutto è stato scritto copiandolo dal foglio di giornale.

--> Silenzio da deserto? No. Le dune cantano.
Lo sosteneva Marco Polo, lo conferma ora uno scienziato italo-francese che da anni studia il Sahara. Con la musica creata dalla sabbia è stato inciso anche un CD. Per motivi artistici? No, per capire Marte.
C’è un giovane ricercatore italo francese sulle orme di Marco Polo. Non per ripercorrere le Vie della seta, ma per svelare il fenomeno naturale che proprio il mercante veneziano, vissuto più di 700 anni fa, fu tra i primi a descrivere: “le sabbie che cantano”.
Bruno Andreotti, del laboratorio di fisica e meccanica degli ambienti eterogenei del Consiglio nazionale della ricerca scientifica (CNRS) transalpino, ha infatti dimostrato che i suoni uditi da Polo durante i suoi viaggi tra le dune non erano frutto di suggestione o di illusione acustica.
Da sempre il campo di ricerca di Andreotti, nato 33 anni fa a Chenòve, in Borgogna, e di chiare origini italiane, è il deserto
In particolare le dune che ormai per lui non hanno più segreti. Il loro canto, per esempio,avrebbe, secondo lo scienziato francese, una spiegazione fisica ben precisa: il suono sarebbe causato dalle vibrazioni del letto di sabbia provocate dalle collisioni dei granelli che compongono una stessa duna. Le cause scatenanti di questi scontri sarebbero diverse, prime fra queste le valanghe di sabbia.
“Fino a qualche tempo fa si pensava che questi suoni fossero provocati dai forti venti che soffiano nel deserto e che quindi non avessero niente a che fare con le dune. Ma abbiamo scoperto che non è così e che l’urto tra i granelli è la causa più probabile” spiega Andreotti, che ha trasformato in professione la sua passione per il deserto e l’Africa, dove insieme alla famiglia, ha passato tutta l’infanzia, viaggiando tra Marocco, Niger e Madacascar, paesi in cui il padre Gerard insegnava fisica al liceo.
Le dune riescono a produrre suoni che raggiungono i 100-105 decibel e che si possono sentire anche a dieci km di distanza.
“ Secondo la nostra teoria” continua il ricercatore “ il letto di sabbia si comporta come la membrana di un altoparlante, amplificando il rumore emesso dalle collisioni dei granelli” Non solo: alcuni colleghi di Andreotti hanno scoperto in laboratorio che i granelli di sabbia sono ricoperti da uno strato di silicio,ferro e manganese. Dopo un mese di “canto” questo strato inizia a deteriorarsi per poi scomparire. Contemporaneamente i granelli rimangono “muti”.
Solo una coincidenza? Secondo l’equipe francese no, anzi sarebbe proprio l’involucro esterno a far cantare i granelli: scomparendo lui finisce anche la musica.
Ma a cosa somigliano i “canti” delle dune? Esistono suoni simili che il nostro orecchio può di solito ascoltare senza andare nel deserto: i rulli di tamburi, per esempio, oppure cavalli al galoppo.
La durata dei suoni può raggiungere il quarto d’ora a frequenze piuttosto basse, simili a quelle del rombo di un aereo che vola vicino al suolo. Eppure, nonostante le tante somiglianze con rumori noti, nessuno è mai riuscito a riprodurre artificialmente i suoni del deserto. Ecco perché Stèphane Douady, uno degli scienziati del CNRS che ha lavorato con Andreotti, ha pensato di registrarli e addirittura incidere un CD. Con un arrangiamento particolare però: Douday ha infatti messo a punto uno strumento per manipolare la frequenza dei suoni delle dune, introducendo in un campione di sabbia desertica alcuni granelli di dimensioni diverse per ottenere una musica più gradevole di quella naturalmente “suonata” dalle dune.
Tuttavia la compilation di Douday non è in vendita e allora, per sentire il canto delle dune, non rimane che recarsi in uno dei 35 posti al mondo dove ci sono gli esemplari più grandi: dagli Stati uniti occidentali al Cile, dall’Arabia Saudita al Qatar, fino alla Cina e al sud Africa .
“noi siamo andati nel Sahara marocchino, ma solo per motivi pratici: è il posto più vicino a Parigi e si parla francese” ammette Andreotti. “Fondamentale poi è stato l’aiuto di uno studente marocchino, Hicham Elbelrhiti, che ha passato circa un anno e mezzo nel deserto per le osservazioni e le misurazioni. Il resto dell’equipe, cioè io e il mio collega Philippe Claudin, ha effettuato dieci missioni, per un totale di quattro mesi nel Sahara. Dopo i primi soggiorni passati in tenda, abbiamo deciso di affittare la casa di un pescatore vicino al mare, almeno avevamo qualche confort, come acqua ed elettricità. Chi ha avuto vita più dura sono stati i nostri strumenti( videocamere, computer, gps) alle prese con la sabbia finissima del deserto, che ogni giorno rischiava di danneggiarli.”
Ma perché è così importante studiare le dune? Lo scopo di Andreotti e colleghi è comprendere il loro comportamento, non solo quello musicale. Proprio un recente studio del ricercatore francese pubblicato sul settimanale NATURE ha,per esempio, dimostrato che le dune sono assai più “fragili” di quanto si pensasse. In particolare, le barcane, le dune a forma di mezzaluna con il lato convesso rivolto al vento, sarebbero “intrinsecamente instabili”. Che le masse di sabbia non fossero immobili era noto, ma finora le simulazioni al computer elaborate per descrivere il loro movimento non tenevano conto di alcuni fattori. Ad esempio le piccole variazioni nella direzione del vento o tutti gli effetti delle tempeste di sabbia. “ Noi cerchiamo di includere tutte le variabili” spiega Andreotti “per mettere a punto un modello matematico in grado di predire con più precisione il comportamento delle dune”.
Un campo di ricerca solo apparentemente di nicchia, perché le possibili applicazioni sono numerose: dalla previsione delle tempeste di sabbia, allo studio dei fondali sabbiosi dei fiumi, fino alla ricerca spaziale. “Potrebbero essere utili per pianificare le prossime missioni su Marte” ipotizza andreotti “doce c’è una massiccia presenza di dune, la cui natura non è stata ancora capita a fondo. Comprendere il comportamento della sabbia sulla Terra sarebbe fondamentale, dunque, per esplorare il pianeta rosso, anche perché la fisica che regola i granelli è la stessa, sia che ci si muova in ambienti più densi, come l’acqua, sia che si analizzi quelli più leggeri come la atmosfera marziana.

Articolo firmato da FEDERICO FERRAZZA

Il miraggio acustico che perdeva i viandanti

quando l’uomo cavalca di notte per quel deserto ode parlare spiriti in aire che somigliano che siano suoi compagnoni. E più volte è chiamato per lo suo stesso nome proprio. E molte volte ode l’uomo molti istormenti in aria e propriamente tamburi
Così nel 56esimo capitolo del Milione, Marco Polo riferisce della musica del deserto. Il viaggiatore racconta di aver sentito i canti delle dune poco distante dalla città di Lop, l’attuale Charklik, nella cina nord occidentale.

p.s. siccome mi so’ ucciso a copiarVi, autodettandomelo, il testo dall’articolo spero che lo gradirete. Chi volesse farmi un bonifico per l’opera di scrittura…...me lo facesse sostanzioso :P
saluti a tutti