Salve a tutti.
Vorrei spiegare, spiegarmi.
La mia risposta a DKO è stata una battuta in risposta a una domanda che mi ha dato molto fastidio non tanto per il contenuto in sé ma per come è stata posta, in poche righe, ho trovato tutto quello che non condivido e che non riesco a trasmettere a tanti che conoscendo la mia passione per “quei posti” e per “gli amici” che ho giù non riescono a far meglio che farmi battute del tipo “ora dove andrai in vacanza’” oppure “il tuo Gheddafi non se la passa bene” e così via. Tutti esperti, tutti con le idee chiare, la verità, ineluttabile, in tasca.
Ne sono uscito così con una battuta da cazzaro. Mi sembrava il tono adeguato. Ma non è corretto, corretto invece che scriva per esteso, non solo postando link con poche righe quello che veramente provo. In sintonia con un Sito che si chiama Sahara.it; quanto accade sta accadendo lì.
Mi prendo quindi il tempo e scrivo il mio punto di vista, condivisibile come no, non ha importanza che, per pigrizia e comodità, ho evitato. Cercherò di spiegarlo e dare qualche risposta.
Non lo faccio e non ci sono.
Anzi ci sono: io sono qua, in Italia a casa mia, e persone, amici, con le quali ho condiviso cose importanti sono là, a subire una guerra. Sotto le bombe. A rischiare la vita, forse, perdendo tutto, certamente.
La casa di questi amici, con una vecchia corriera nel cortile e i resti di Toyota che tante ne hanno vissute (credo che alcuni del forum capiscano di chi sto parlando) è nei pressi dell’aeroporto militare di Sebha.
Quando ho saputo hanno subito un bombardamento ne sono rimasto profondamente colpito; l’ho vissuta come una profonda ingiustizia. Mi è venuta voglia di gridare, pur non sapendo a chi.
Non è un caso se in queste righe ripeto il temine amici: è voluto, lo scrivo ben conscio del suo significato vero, profondo.
Sono semplicemente un asino che da diversi anni si diverte ad andar per dune, possibilmente dove non ci sono tracce di altri e che ha avuto la fortuna di conoscere molti locali, alcuni presto dimenticati altri, al contrario, rimasti vivi nei ricordi e nell’amicizia nata quasi per caso, una conoscenza che si è trasformata in amicizia, in stima reciproca. Nonostante la profonda diversità, che resta, che ci riconosciamo, ma che non ostacola, non ha mai ostacolato.
La stima reciproca, la fiducia. Ci siamo aiutati, con il sorriso spesso, litigando altre: insieme ne siamo venuti fuori. Non si tratta di riparare una macchina in mezzo al Mare di Sabbia o di recuperare una mezzo destinato all’abbandono in un catino nel pieno del Murzuk o altre cose del genere. Si tratta piuttosto della la curiosità di cercare di comprendersi e di conoscersi nelle differenze, imparando uno dall’altro.
Questo è il punto. Si tratta di altro, più “alto”, più importante, non è la retorica del “viaggiatore” che tante ne ha passate e conosce gli “indigeni”.
Cose banali ma la vita è fatta di cose semplici, banali: così è nato un rapporto direi più profondo, di amicizia appunto.
Quindi, tornando al quesito originario, lo faccio o ci sono?
Io ci sono, per questi amici ci sono e se posso cercare di fare presente un’altra verità, un punto di vista differente, lo faccio. E’ sbagliato generalizzare, dividere in bianco e nero, ragionare per luoghi comuni (stabiliti poi da chi? e perché?).
Non c’entra la politica, la religione o il buon “sanmaritanismo” sono convinto che il maggiore ostacolo nel comprendere gli accadimenti sia l’ignoranza e la paura che ne deriva. Indipendentemente dalla parte da cui proviene.
Voglio tornare a poter fare l’asino sulle dune, insieme a loro. E vorrei farlo il più presto possibile.
Spero non sarà necessario ma nel caso la mia casa, così come è stata la loro per me, sarà loro aperta
Non sto scherzando, per cui, questa volta, firmo per intero.
Saluti!
Paolo Gnecco
“Pippi”