Sembra una notizia banale, le armi dei 'ribelli' sono arrivate al porto di Zarzis (Tunisia) su navi del Qatar. Armi americane e francesi (...ma segretamente Doha stava già dotando i ribelli libici di armi anti-tank di fabbricazione francese...)

Ora la Tunisia teme di rimanere fuori dalle sovvenzioni che sembrano a favore della Libia:


IL FOGLIO
18 gennaio 2012 - ore 06:59
Fatti gli affari tuoi, Qatar!
Anche a Tripoli e Tunisi si inizia a pensare che tutto abbia un prezzo, compresa la spinta fondamentale che il Qatar ha dato nei mesi scorsi al rovesciamento dei vecchi tiranni. La luna di miele tra i rivoluzionari nordafricani e l’emirato del Golfo sembra finita. Ogni giorno che passa nuove voci si alzano per alimentare dubbi sulle reali intenzioni dei qatarioti, il cui attivisimo sta insospettendo chi oggi guida sul campo la transizione. Il matrimonio con i libici è in crisi, e il vicepremier del governo ad interim, Ali Tarhouni, lo dice chiaramente: “Il Qatar sta appoggiando i Fratelli musulmani, consegnando armi e denaro a gruppi islamici che noi non siamo in grado di controllare”.

L’accusa è quella di voler destabilizzare il quadro politico della Libia post-gheddafiana, cercando di inserire propri referenti diretti in posti privilegiati del nuovo sistema istituzionale. Non è sfuggito ai più attenti osservatori il colloquio appartato tra il ministro della Difesa libica uscente e un alto ufficiale di Doha avvenuto nei giorni in cui a Tripoli erano in corso i negoziati per la formazione del nuovo governo. “Finanziando gli islamisti, il Qatar sconvolge il già difficile equilibrio del nostro paese, creandoci difficoltà per le mosse future”, dice al Time un anonimo membro del Consiglio nazionale di transizione.

Dubbi crescenti sul ruolo del Qatar si hanno anche in Tunisia, dove il 14 gennaio scorso (per celebrare il primo anniversario della rivoluzione che ha deposto Ben Ali) è giunto anche l’emiro al Thani. “Noi non vogliamo né gli americani né i qatarioti: noi siamo liberi”, ha tuonato Mouldi Lfahem, alto funzionario del Partito progressista democratico, aggiungendo che “il Qatar vuole manipolare la rivoluzione per soddisfare i propri interessi grazie alla vicinanza con Ennahda”. Ancora più duro Hama Hamami, leader dei comunisti tunisini, che ha accusato i governanti di Doha di far parte di “un regime nemico della Tunisia e del mondo arabo”. Hamami è convinto che il Qatar abbia fomentato le sollevazioni di massa grazie alla tv al Jazeera e con l’appoggio di Washington. In più, il politico comunista denuncia l’amicizia degli emiri con Israele, fatto “intollerabile”.

Se per il Qatar le cose in nordafrica iniziano a mettersi male, ecco che il nuovo teatro dove concentrare forze e risorse diventa la Siria di Assad, che però ha già rispedito al mittente ogni proposta di inviare contingenti di pace a Damasco. La partita, in ogni caso, è ancora lunga.

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