Beh, i segreti della W.L. li rimando a domani.

Intanto i testi classici sull'origine della leggenda (???) di Zerzura:


Sobru (Shabru)

Si pretende che, nella parte più distante del paese delle Oasi (il gruppo delle oasi di Kharga, Farafra e Dakhla) si trova un cantone chiamato l’Oasi di Sobru, dove mai nessuno è riuscito a pervenire, salvo qualche viaggiatore che si era perduto in quel deserto. Un uomo, a cui la sorte gli ha permesso di arrivare in questo luogo, racconta che lì vi regna la più grande abbondanza e che i suoi abitanti godano di tutti i beni della vita. Quando egli ha voluto partire da lì, essi gli hanno mostrato un sentiero che lo condusse direttamente nel suo paese. Un Arabo della tribù dei Beni-Corra, un certo Redjma Ibn Caid, giunse per sorte in questo stesso cantone. Tornato in seguito dal luogo da dove era partito, egli volle recarvisi di nuovo; ma non riuscì più a ritrovare quel luogo. Qualche tempo dopo l’anno 420 dell’egira (= 1042), Mogreb Ibn Madi, emiro dei Beni-Corra, ordinò di radunare le bestie da soma e, provvisto di viveri e di una grande provvista d’acqua, penetrò nel deserto con l’intenzione di ritrovare l’Oasi di Sobru. Dopo aver trascorso un tempo considerevole per percorrere questa regione senza scoprire quello che cercava, ebbe paura di esaurire la sua scorta di viveri, e decise così di tornare sui suoi passi. Una notte, mentre era sulla strada del ritorno, e dopo aver alzato le sue tende su una collina in una parte sconosciuta di quel deserto, uno dei suoi compagni trovò vicino a quel luogo un edificio di costruzione antica. Essi si recarono quindi a esaminarlo e riconobbero le fondamenta di un muro costruito con mattoni di rame rosso che si estendeva tutto intorno alla loro collina. Si premurarono allora di caricare questi mattoni su tutte le bestie da soma che avevano al loro seguito, e si rimisero sulla strada del ritorno. Se essi avessero potuto ritrovare questa collina, certo avrebbero avuto bisogno di molto tempo per prelevare tutti i mattoni che avevano lasciato lì!

Al-Bakri, 1060.


Terza sezione del 2° clima
(Shabru)

# 261. A questi territori fa seguito il territorio delle Oasi al-Kharidja (il gruppo delle oasi di Kharga, Dakhla e Farafra), conosciute attualmente sotto il nome del territorio di Santariya (= Siwa). Santariya è una città recente; noi ne parleremo più avanti. A sud (di questo territorio), si trova una città, attualmente in rovina, un tempo fiorente e popolata: essa si chiamava Shabru (= Zerzura ?). I suoi edifici sono distrutti, le sue acque sono scomparse, i suoi animali sono ridivenuti selvatici, le sue caratteristiche (i segni che la facevano riconoscere) sono scomparse: di essa non restano altro che delle macerie che si ammucchiano e delle rovine che si disgregano, con qualche palma rattrappita e sterile. Talvolta degli Arabi, nel corso del loro girovagare, giungono fino ai confini di questa regione.

# 262. A nord-est di questa città, si trova una montagna impervia, non molto elevata, ma difficile da scalare a causa delle pietre che se ne distaccano. Ai suoi piedi, si trova un grande lago con una circonferenza di 20 miglia. La sua acqua è dolce. Esso è poco profondo. Al suo centro spuntano delle piante. Vi si trova una sorta di pesce pieno di spine e di un odore sgradevole. Questo lago è alimentato da una sorgente che proviene dalla sua sponda meridionale e si riversa nelle sue acque. Al di là di questo lago, si accampano i nomadi del Kawar. Gli Arabi talvolta li attaccano, non senza arrecargli grandi danni.

Quarta sezione del 2° clima

(Tadjuwin)
#267. Noi diciamo che questa regione, che è la più elevata (= la più meridionale) in questa sezione, dal lato occidentale corrisponde alla rimanenza del territorio dei Tadjuwin: è un deserto assoluto dall’inizio alla fine. Anche se l’acqua era un tempo abbondante e anche se esistevano degli stagni, non ci abita più nessuno a causa delle sabbie semoventi che il vento trasporta da un luogo all’altro e della grande quantità che viene trasportata del vento stesso. Queste sabbie si estendono fino molto a Sud delle Oasi di al-Kharidja e esse le invadono, cancellando quello che ancora resta ; queste sabbie si estendono anche all’Ovest fino al territorio di Sidjilmasa, e fin verso il mare.

(Le Oasi di al-Kharidja)
#268. Il territorio delle Oasi di al-Kharidja è, ai nostri giorni, un deserto ; non si trova nessuno che ci viva o che coltivi. Nondimeno anche lì c’è dell’acqua. Una volta era persino una vasta regione abitata, completamente coperta da palme e da varie coltivazioni. Nei tempi passati era un luogo di grande passaggio ; da lì si raggiungeva la città di Ghana tramite delle vie frequentate e dei punti d’acqua ben segnalati. Ma tutto questo è oggi abbandonato e ormai è tutto scomparso. Nelle Oasi di al-Kharidja si trovano dei montoni e delle vacche che sono tornate alla stato selvatico, come abbiamo già accennato più sopra.

#269. Tra le Oasi e la frontiera dei Nuba c’è una distanza di tre giorni attraverso dei deserti desolati e disabitati. Nel territorio delle Oasi di el-Kharidja si trova la montagna ‘Alsani (o ‘Galsani = Gilf Kebir) che si eleva là. E’ una montagna molto alta, dalla cima elevata, uguale in larghezza sia alla base che alla sua sommità. Lì si trova una miniera da dove si estrae il lapislazzuli (lazward o hajar al-lazurd). Questa pietra viene trasportata in Egitto dove la si taglia per la vendita. La città di Santarya (= Oasi di Siwa) è piccola, ed è il punto di partenza per quei viaggiatori che vogliono recarsi nel paese di Kawar o in altre regioni dei Neri (Sudan). Nel territorio delle Oasi vive il dragone (tha’ban): infatti esso non esiste altrove. Questo dragone, secondo le testimonianze della gente di questa regione, è come un grosso monticello di terra ; esso può ingoiare un vitello, un montone o un uomo. E’ un animale dalla forma di serpente, che striscia sul ventre, con orecchie enormi ed è dotato di denti canini e molari. Esso si sposta lentamente e si rifugia nelle caverne o nella sabbia molle. Colui che si mette a cercarlo o osa attaccarlo è divorato in seduta stante. Esso non può lasciare questa regione senza crepare. E’ questo un fatto notorio e ben conosciuto.

(Le Oasi di al-Dakhila)
#270. Quanto alle Oasi di al-Dakhila (= Oasi di Dakhla), esse sono abitate da dei Berberi e da degli Arabi, che sono degli agricoltori sedentari che coltivano, là dove si trova dell’acqua, l’indaco in abbondanza. L’indaco delle oasi è conosciuto per la sua qualità superiore, esso sorpassa di gran lunga tutte le altre produzioni d’indugio. Si alleva in questo territorio, così come nella regione vicina a sud di Aswan, dei piccoli asini della taglia di un montone, macchiati di nero su un mantello bianco. Non si può montare su di essi. Se li si porta fuori dal loro territorio, essi muoiono inevitabilmente. Nell’alto Said d’Egitto c’è una specie d’asino molto poco in carne, ma straordinario per la capacità di trasporto e la rapidità della sua marcia. Nelle sabbie delle oasi, così come nelle regioni vicine di Djifar, si trova una quantità di serpenti che si nascondono nelle sabbie. Quando i cammelli gli passano vicino, questi serpenti balzano fuori dalle sabbie e si lanciano fino a cadere sullo strame. Là essi mordono tutto quello che trovano, la morte è allora istantanea.

(Djifar)
#271. Quanto al territorio di Djifar, esso è più a Nord che quello delle oasi. E’ attualmente una terra deserta e incolta. Nei tempi passati era un paese coltivato, con estese coltivazioni, con numerosi stagni, noto per i suoi prodotti. Si coltivava soprattutto lo zafferano, l’indaco, il cartame, la canna da zucchero. Attualmente non ci sono più di due città a essere abitate: Djifar e Bahrayn. Sono due paesi che assomigliano piuttosto a delle città fortificate: infatti delle palme da dattero le circondano da tutti i lati. Lì l’acqua è abbondante e dolce.

(Itinerari)
#272. Da Bahrayn a Djifar ci sono due giorni. Da Djifar a al-Wah (le Oasi) ci vogliono tre giorni di marcia senza acqua. Al-Wah comprende ai nostri giorni numerosi piccoli agglomerati. Le genti sono di razze diverse. Si coltiva l’indaco e la canna da zucchero. Al-Wah è al fianco della grande montagna che separa il Misr (l’Egitto) dal Sahara e che confina col territorio dei Neri (Sudan). Da Bahrayn alla città di Santariya ci sono quattro tappe. La città di Santariya è piccola. C’è una moschea con un pulpito (minbar). Ci abitano dei Berberi e degli Arabi di origine mista, che sono sedentari. Essa è all’ingresso del deserto. Da lì al Mediterraneo, dal lato settentrionale, ci sono nove tappe, là dove si trova Lakka del Sahel (Barca ?). La gente di Santariya bevono l’acqua dei pozzi. Le sorgenti sono rare, ma le palme sono numerose. Da lì alla montagna Kalmara ci sono quattro giorni. In questa montagna si trova una miniera con del ferro eccellente. E’ da Santariya che si passa per recarsi nel territorio di Kawar e nelle altre regioni dei Neri (Sudan). E’ sempre per Santariya che ci si reca a Awdjila (Augila) a Ovest, a dieci giorni di marcia. In questa regione si trova la montagna Barim la rossa, nella quale, si dice, sono stati tagliati i due obelischi di Alessandria.

Al-Idrisi, 1154. Divertimento di colui che desidera percorrere il mondo.
Manoscritto noto anche come: Kitab Rudjar (Il Libro di Ruggero).


In una parte del suo manoscritto intitolato Kharidat al-‘Aja’ib, Ibn al-Wardi nel 14° Secolo riporta la storia di un uomo che pretese di aver scoperto una strana città nel deserto. Egli si recò da ‘Umar ibn ‘Abdul ‘Aziz, allora governatore dell’Egitto, riferendogli la storia che, mentre cercava un cammello smarritosi nei paraggi di Santarya (Oasi di Siwa), improvvisamente egli si imbattè in una città, quasi tutta in rovina. Egli proseguì affermando che all’interno trovò un grande albero che portava tutte le varietà di frutti, molti dei quali egli mangiò.

Dopo delle ulteriori indagini, il governatore apprese da un Copto che questa doveva essere una delle due città di Hermes (= Thot, il dio egizio della conoscenza) o di Hermeses, e che essa conteneva grandi tesori. ‘Umar scelse un gruppo dei suoi uomini più fidati, si approvvigionò di rifornimenti per un mese di viveri e li inviò nel deserto con il Copto per cercare quel posto. Essi vagabondarono nel deserto per diverso tempo, ma non trovarono nulla che potesse confermare la storia.

Fakhry A., 1973, “The Oases of Egypt ; Volume I: Siwa Oasis”. Cairo: The American University Press, p. 93-94.

Al-‘Uqab (La Città dell’Aquila)

Nel decimo secolo, al-Mas’udi, citando un vecchio studioso copto, menziona la “Città dell’Aquila” (al-‘Uqab), che molti viaggiatori sostenevano trovarsi nell’area a occidente delle piramidi di Giza. Lo studioso copto sosteneva che il viaggio fino a quella città richiedeva “cinque giorni e cinque notti per un veloce cavaliere; poiché la strada è molto difficile e l’accesso alla città è nascosto. Un’altra città simile si trova a occidente di Ikhmim, nell’Alto Egitto.

Citato da El-Daly O., 2000.