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Sud Etiopia Agosto 2004 Testo di Marco Foto di Giba

– Posted in: Africa, Africa Est, Cultura, Resoconti di viaggio, Usi e Costumi

By Marco Lombardi
Originally Posted Thursday, September 9, 2004

 

Sud Etiopia Agosto 2004

Testo di Marco Foto di Giba

I viaggiatori e i mezzi:

Raffaele e Chiara Bartelloni (è la nostra special guest: ha 10 anni), Mauro e Cristina Bilancino su Range Rover;

Marco e Irene Lombardi, “Giba” e Lena Barili su Toyota.

Attrezzatura per auto: normale da campeggio, con circa 200 litri di carburante e 100 di acqua.

Un viaggio in Etiopia era atteso e desiderato, ma non scontato. Almeno per il sottoscritto. Atteso e desiderato perché, in generale, il Paese attira e stupisce per la sua cultura e le sue popolazioni; in particolare, perché nella mia storia personale esiste un lontano avo che condusse le prime esplorazioni nel 1892 per la Società Geografica Italiana nell’area del Corno d’Africa: Giuseppe Candeo. Tuttavia forse per nessuno di noi era dato per scontato: soprattutto per la “naturale” resistenza che i sahariani hanno ad abbandonare le grandi sabbie e il loro mezzo, quando la mancanza di tempo per le troppo grandi distanze e le ritrosie alla spedizione in container ti impediscono di guidare il tuo Defender… per poi trovarsi su un Toy (ma qui finisce ogni dibattito su questo specifico punto!).

In questo caso l’occasione è venuta in quanto, nei primi mesi dell’anno, Raffaele e Giba avevano portato il Range fino ad Addis Ababa (in due tappe) dall’Italia: per loro l’obiettivo era quello di continuare fino a Nairobi (agosto 2004), ma con una digressione per le terre del Sud Etiopia, alla quale mi sono aggregato con Irene.

Grazie a Maurizio Melloni il Range ha avuto il suo “lungo posteggio”, tra una viaggio e l’altro, noi un Toy come seconda auto con Dawid come autista e, soprattutto, una fraterna ospitalità ad Adissa (cioè Addis Ababa). Non solo: per mantenere le sane abitudini, quelle per cui mentre si viaggia si organizza il prossimo viaggio, con Maurizio si sta accarezzando il sogno di una prossima spedizione in Dancalia con le nostre auto, potendoci garantire i supporti per lo sdoganamento a Gibuti, oltre a permessi e logistica per questo viaggio. Ma questa è un’altra storia… se ci sarà!

Le brevi note che seguono, dunque, raccontano i giorni trascorsi nel Sud Etiopico, tralasciando il successivo viaggio di Marco e Irene nel nord (Lago Tana e Lalibela) e di Raffaele, Giba e compagni verso Nairobi. Il viaggio ha un particolare interesse etnologico e antropologico per le popolazioni incontrate, tuttavia queste note sono dedicate a fornire alcune informazioni pratiche, lasciando al vostro interesse personale eventuali approfondimenti sulle etnie dell’area.

Il supporto logistico è stato fornito da Maurizio Melloni, italiano, da sempre residente in Etiopia. Maurizio ha avviato una propria attività turistica ed è specializzato nella discesa in gommone dell’Omo River (!), ma partecipa con entusiasmo a dare una mano ai viaggiatori che passano per quelle parti.

7 agosto – da Addis Ababa ad Arba Minch

Ore di viaggio: 8; km: 500; tipo di percorso: asfalto.

Un giorno senza storia. Se non perché è “il primo” e dunque denso delle emozioni della partenza. Il percorso è asfaltato, snodandosi per lunga parte lungo la direttrice che porta in Kenia. Una via di transito frequentata tanto da essere coperta anche dalla rete GSM etiope: ormai classico indicatore della penetrazione globale. Il percorso serve ad abituarci ai rischi del traffico civilizzato: fatto di costanti evoluzioni sulla corsia di sinistra da parte delle auto locali, anche se si dovrebbe tenere la destra; di centinaia – almeno – di vacche, capre e pecore che stazionano sulla strada insensibili alle necessità di movimento delle auto; di migliaia di persone che si muovono a piedi, di villaggio in villaggio. Se degli etiopi si vuole sottolineare una caratteristica è proprio questa: sono un popolo in movimento. Figure nere vestite di bianco, eleganti, che si spostano frequentemente su lunghe distanze, a quote significative (si è spesso intorno ai 2000 metri fino a quando non si scende a Sud), instancabili.

Oggi l’Etiopia corre al finestrino: si fa benzina, si comprano le banane, si sopravvive al lungo tragitto aspettando Arba Minch, tra il lago Abaya e il lago Chamo. La nota positiva del trasferimento riguarda soprattutto il clima e il paesaggio. Adissa, infatti, in questa stagione è piovosa (le nuvole stanno là!), fresca o fredda (circa 17 C°), città cresciuta troppo con poca innovazione e molta povertà. Andando verso sud, in questa stagione delle piogge, gli scrosci si concentrano verso sera, la temperatura – anche per l’abbassarsi della quota – si colloca piacevolmente verso i 30 C°, la natura si avvia ad essere savana, i villaggi ancora lontani dal seguire i modelli occidentali e sempre dignitosi.

Dunque Arba Minch: destinazione pomeridiana raggiunta, che permette una comoda sistemazione in uno dei numerosi alberghetti con giardino, dove si piazza la nostra cucina, frequentati da babbuini, il cui abbaiare sarà una costante delle nostre prossime sere e mattine.

8 agosto – da Arba Minch a Turmi

Da Arba Minch a Konso: ore di viaggio: 3 scarse; km: 90; tipo di percorso: pista sterrata

Da Konso a New York (solo andata!): circa 45 minuti; km: 18; tipo di percorso: pista sterrata

Da Konso a Turmi: ore di viaggio: 5 km: 190; tipo di percorso: pista sterrata

Le cose oggi cominciano a farsi più interessanti. Già lungo la strada, che si è trasformata in un’ampia pista sterrata, si incontrano numerosi armenti al pascolo (nota: l’Etiopia è tra i maggiori produttori di carne) e splendide “arnie” per la raccolta del miele. Tra un’acacia e l’altra spuntano piccole chiesette, che ricordano una tradizionale forte partecipazione della gente alla Chiesa Etiope Copta dove – è domenica – si radunano i fedeli per le celebrazioni.

La nostra prima tappa è Konso, nella cui area vive l’etnia Konso della quale visitiamo il villaggio chiamato New York (sic!). In realtà si tratta di Gesergio, ma la denominazione è dovuta alle torreggianti concrezioni della valle sui si affaccia. Tuttavia la strada – sempre “buona” ma sempre lenta – è ancora lunga per Turmi, sede di un importante mercato punto di ritrovo soprattutto per l’etnia Hamer, dove arrivando domenica sera troviamo che si è riversato tutto il turismo del Sud Etiopia: ci saranno almeno cento fuoristrada! In effetti si tratta della tappa obbligata del lunedì, giorno di mercato, dove chi proviene dai quattro punti cardinali si dà convegno. Malgrado i dubbi serali di gente come noi, che soffre la presenza di troppi consimili,… scopriremo che ne vale la pena.

9 agosto – da Turmi a Murulle (Omo River)

Ore di viaggio: 4; km: 60; tipo di percorso: pista sterrata

Al mattino, sveglia e abituale rapido smontaggio, per recarsi non al mercato ma al letto del fiume che si trova all’ingresso di Turmi, verso Konso: si tratta di un buon posto per osservare gli Hamer che percorrono a piedi la strada verso il villaggio. Qui al fiume numerosi di loro si fermano, scavano rapidamente una buca per trovare l’acqua (circa 50 cm sotto la ghiaia) con cui impastare l’argilla rossa e bianca per decorare il corpo. Qui si fanno gli incontri che valgono il viaggio: noi e Hamer che mostrano il solito AK47; sorridono con pochi denti; scambiano i loro seggiolini o le zucche decorate per trasportare il burro o piccoli altri oggetti; si lasciano ammirare e fotografare per uno o due bir (10 bir = 1 euro). Al mercato, poi, li ritroviamo intenti a vendere erbe, burro, pellame, i loro oggetti. Li ritroviamo insieme a tutti gli stranieri di Turmi ma, per fortuna, si fanno i fatti loro, lasciando agli stranieri il vezzo di bighellonare fotografando, comprando, guardando…

La nostra pista lascia il villaggio percorrendo la savana che porta all’Omo -:uno dei mitici fiumi africani – che ci mostra una natura dove, finalmente, è più facile l’incontro con una ricca avifauna, dik dik e gazzelle. La destinazione, d’altra parte, è Murulle: un ben attrezzato campo di caccia sulla sponda dell’Omo, dove la ristoratrice pastasciutta e la visita delle timide scimmie colobo (o columbus) ci ristorano ampiamente.

10 agosto – da Murulle al Mago Park

Ore di viaggio: 5; km: 80; tipo di percorso: pista sterrata

Savana, savana a perdita d’occhio come solo certa Africa sa proporti. Ma anche acqua e foreste rigogliose. Questo ci sta offrendo l’Etiopia e la sua gente, di cui conosciamo in prima mattina il gruppo dei Karo. Da Murulle, per il Mago Park, pochi chilometri di deviazione portano a un villaggio che si affaccia da un promontorio su un’ansa dell’Omo: qui i Karo sono intenti nei loro lavori tradizionali e… ci aspettano per richiedere “la tassa in bir” per le fotografie: vuoi una foto di gruppo? Bene 5 Karo a due bir ciascuno, fa 10. E attenzione a non alzare l’obiettivo senza scattare… la tassa scatta anche se non scatti…e poi glielo spieghi tu che è una digitale, che provavi l’inquadratura ma poi… E’ uno strano miscuglio di progressive contaminazioni tra chi resta, i Karo, e chi va, gli stranieri, che sta snaturando le attività quotidiane del gruppo – sempre più “rappresentate” e sempre meno “genuine” – introducendo l’avanzatissimo concetto di “proprietà della propria immagine”, ormai acquisito nei mercati occidentali! Il progresso è inarrestabile, come noi nel nostro viaggio che procede verso il Mago National Park: circa 2000 km quadrati di savana e montagne, là dove andremo a incontrare i Mursi. Ma prima: il bagno! Finalmente sistemiamo il campo a qualche chilometro dalla casa dei ranger, sulla riva del piccolo fiume che ci permette un tuffo e una rinfrescata (pulizia!).

11 agosto – dal Mago Park a Jinka

Ore di viaggio: 3; km: 35; tipo di percorso: nei primi 8 km “fango nero” subito dopo la pioggia che rallenta molto la marcia, poi pista sterrata.

Dal bivio sulla pista Mago Park per Jinka al villaggio Mursi: ore di viaggio: 1 e 30; km: 40 tipo di percorso: pista sterrata.

La giornata sarà intensa. La notte lo è già stata. La pioggia ha cominciato a scrosciare con il buio martellando le tende e impantanando la strada. Le scimmie columbus hanno attratto la nostra attenzione con evoluzioni leggere tra il fogliame più alto della foresta. Grandi gruppi di babbuini sono apparsi silenziosi nelle nebbie della pioggia, per poi riversare i loro latrati su di noi. A venti metri dalle tende si incrociano le orme di tre leoni a passeggio nelle ore precedenti l’alba, impresse nel fango del dopo temporale. Il nostro ranger, obbligatorio a bordo per andare dai Mursi, maneggia il fucile dentro il Toy con spensierata leggerezza tra una buca e l’altra (pensiamo non funzioni!). Dopo pochi chilometri dal campo…ce ne aspettano altri otto, e ovviamente altri ancora. Ma quegli otto in particolare incastrano il Toy (non il Range): partiti presto con la pioggia ancora sospesa nell’aria il fango nero ci inghiotte, si attacca alle gomme, ci incolla li dove siamo, non ci lascia andare avanti. Sudiamo un’ora per otto chilometri, poi di nuovo la pista diventa più solida, il Toy si rinfranca, lo sterrato riprende a salire abbandonando la bassa valle e… piombiamo tra i Mursi.

Probabilmente le loro donne sono tra le più fotografate per via del piattello di terracotta (anche 24 cm!) che inseriscono nel labbro inferiore, tagliando ad arte la muscolatura: sembra che ciò avvenga (ma è discusso dagli etnologi) per la tramandata usanza di rendersi pochi desiderabili ai negrieri antichi. In un attimo sono tutti intorno a noi e sono tanti: con lance e fucili gli uomini, coi loro piattelli e ornamenti di facocero le donne. Tutti, noi e loro, coperti di mosche, con la differenza che loro ci vivono guadagnandoci molte malattie, soprattutto agli occhi, diffuse da questi insetti. Ma a queste cose ci pensiamo dopo: ora è il fastidio più intenso del presente che spinge qualcuno a rifugiarsi nell’auto, altri più curiosi a far finta di niente. E’ lo scotto da pagare ai Mursi… insieme ai bir.

La via del ritorno è per la medesima strada, fino a incrociare nuovamente la pista del Mago che noi prendiamo per Jinka. Dove si arriva a sera, in una cittadina piuttosto vasta, con pista di atterraggio in erba in pieno centro: viale di passeggio per pedoni, di pascolo per vacche, di landing per gli aerei. Si spera non tutti insieme contemporaneamente. Anche qui il mercato dove si vendono le solite cose, ma anche le stoffe bianche dal bordo ricamato, fatte sui telai casalinghi di legno, onnipresenti in Etiopia. E cumuli di legname, bene ordinati in apparenti sculture post-moderne, portati con scioltezza su teste i cui colli non soffrono di cervicale.

12 agosto – da Jinka a Konso

Da Jinka al Mercato di Key Afer: ore di viaggio: 1 e 30; km: 40 tipo di percorso: pista sterrata.

L’ultima vera tappa: ma quanto l’abbiamo sofferta!

La prima fermata è al mercato di Key Afer, dove Benna e Hamer, meno assillati dai visitatori, si trovano a loro agio affollando di merci la piazza e di bestiame i recinti. Ma qui muore il Toy! E’la pompa, è la pompa: dopo quattro ore di tentativi sperando che il guasto fosse altro e riparabile, adeguandosi alla curiosità, spesso insistente, di chi andava al mercato verso otto stranieri accampati a bordo strada con una macchina in panne… Dopo quattro ore, eroicamente, il Range Rover carica otto viaggiatori e bagagli per partire alla volta di Konso. Cosa raccontare di un lungo, lento, faticoso e stretto viaggio? Solo il ricordi di un’avventura che si conclude a notte, cercando a Konso inutilmente un’altra auto per Arba Minch.

13 agosto – da Konso ad Addis Ababa

Ore di viaggio: 14; km: 600; tipo di percorso: asfalto.

Questa volta è finito sul serio… il viaggio. Sempre in otto sul Range fino ad Arba. Poi i saluti tra i quattro che proseguono per Nairobi e i quattro che, trovato un autista con auto locale, rientrano ad Adissa. Non c’è più storia, più che altro disagio su un percorso già fatto, su un auto che “tira a sinistra”, appisolati nei ricordi dei giorni già passati, progettando di tornare

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