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4000 Km in Tunisia di Barbara Grillo

– Posted in: Africa, Nord Africa, Resoconti di viaggio

By Barbara Grillo
Posted Wednesday, January 4, 2006

4000 Km in Tunisia:

racconti, tracce e curiosità geologiche

Viaggio realizzato tra il 26 ottobre 2005 e il 18 novembre 2005.

Partecipanti del Fennec Desert Team:

Alberto Casagrande e Barbara Grillo (Nissan King Cab)

Luca Calzolari e Gabriele Turchetto (Toyota Land Cruiser 3000)

26/10/2005

Pordenone – Genova (527 Km)

Il momento tanto atteso è arrivato. Dopo 11 mesi dall’ultimo viaggio in Tunisia il Fennec Desert Team è pronto per una nuova avventura sempre con lo stesso animo frizzante e la stessa voglia di sabbia sotto i piedi e le ruote. L’anno scorso eravamo in 15 persone e 6 macchine, questo giro siamo solo in 4 e 2 fuoristrada. I primi a partire siamo io (Barbara) e Alberto. Gli altri due, Luca e Gabriele, ci raggiungeranno fra una settimana con un Toyota. Di nuovo sul nostro Nissan King Cab noto le piastre da sabbia. Chiedo al mio pilota cosa servono e mi risponde “Lo vedrai”. La cosa mi puzza ma intuisco che quello era il salvagente (anzi salvajeep) del deserto!

L’avventura comincia già a Verona Sud: il Nissan decide di darci un primo assaggio di problemi da risolvere. Si rompe la cinghia del condizionatore che a sua volta va a lesionare quella dell’alternatore. Cominciamo bene! Ovviamente ne avevamo di ricambio. Torna scaricare i bagagli stivati con cura a casa: chissà perché tutte le riserve stanno in fondo in fondo sotto tutto il mondo che ti sei portato via… tanto non servono mai! Supercastagna (il sopranome di Alberto) si mette all’opera come un mago con la bacchetta magica risolve il problema (il primo!). Fatto il lavoro ricarichiamo di nuovo tutto che ovviamente non sta mai come prima. Ripartiamo!

Arriviamo nel pomeriggio a Genova. E’ tutto come l’anno scorso! Solita fila, solita gente, solite jeep pronte all’avventura, solite auto di tunisini stracariche, soliti discorsi sul dove vai, cosa fai, dove eri. Poche parole ma comune passione: il deserto. Qualche ora di attesa e via che ci imbarchiamo alle 18.20. Ci mettono davanti. Partiamo presto e sbarchiamo presto dunque pensiamo. Il mare è calmo. Con l’anima siamo già sulle dune.

27/10/05

Tunisi – Bizerta (85 Km)

Siamo impazienti di arrivare a Tunisi…ci annunciano due ore di ritardo causa Ramadan. Pareva una eternità! Il tempo in nave non passa fino al tramonto quando lentamente all’orizzonte appare la terra ferma: Africa siamo di nuovo tornati. Alle 21.45 sbarchiamo. Una ora in dogana. Dichiarare? Beh, un GPS e basta! Poi via di corsa verso Bizerta come un cavallo a cui viene aperto il recinto dove era costretto a stare per 11 mesi. Lungo la strada Alberto si ferma e allestisce la sua postazione satellitare: sfodera ben tre GPS, uno stradale, uno classico e un navigatore palmare…! Pareva il cruscotto di un aereo da combattimento. Giusto per non perdersi!! Alle 23.30 arriviamo a Bizerta e pernottiamo all’Hotel Sidi Salem per 60 dinari in una delle dependance molto carine in stile esotico.

28/10/2005

Bizerta – Tabarka (257 Km)

Lasciamo il comodo Hotel Sidi Salem e costeggiamo tutto il Nord della Tunisia cercando piste inesistenti per fiancheggiare il più possibile il mare. Non tutte le strade hanno continuità. Visitiamo Cap Blanc e Cap Serat: la sabbia è bianchissima e il mare pulito. Peccato per le immondizie che ingombrano la spiaggia un po’ ovunque.

Arriviamo a Tabarka alle ore 17. Cerchiamo un posto e alla fine ci mettiamo in un parcheggio della zona turistica tra i grandi alberghi costruiti sul cordone litoraneo. Ne stanno facendo altri rovinando lo stupendo paesaggio costiero con un impatto ambientale veramente distruttivo.

Mettiamo il nostro sensore fonico che funge da rivelatore di presenza sotto la jeep per sicurezza. Durante la notte suona e ci allerta per niente…era un gatto. Più avanti invece suonerà per un serio motivo…

29/10/2005

Tabarka – Dougga (206 Km)

Visitiamo l’isola del Forte Genovese dove non ci fanno entrare perché la Rai sta girando un film per la televisione italiana.

Salutiamo il mare e ci inoltriamo verso Sud nel continente. Attraversiamo i Monti de le Mejerda ricchi di stupendi boschi di sughero puntando verso Beja. Troviamo una mulattiera che ci conduce al Lago artificiale J. Bougoutrase, che si trova in mezzo ad una fascia montuosa a pieghe semicircolari in un calcare con noduli di selce.

Arrivati a Beja tentiamo di passare il Lago e trovare il ponte di Traiano sul Oued Mejerda, ma la strada finisce sotto la melma del lago artificiale. Attraversiamo i Monti Teboursouk e arriviamo a Dougga. Chiuso per Ramadan e quindi non ci resta che fare il campo e attendere il giorno dopo.

Ci inoltriamo in mezzo ai campi coltivati sulle tracce dei trattori alla ricerca di un posto sicuro e appartato vicino al sito. Andiamo a dormire subito dopo il tramonto. Alle 21.30 sento parlare: è un gruppo di uomini che si avvicina alla jeep e ci gira intorno fino a quando il sensore sotto il Nissan suona per due volte. Bene, penso che siamo in pericolo. Si spaventano del campanello e si allontano dalla jeep. Noi abbiamo il tempo di scendere. Ci chiedono chi siamo e cosa servono le piastre e la pala. Si tratta di un poliziotto con amici. Un po’ in inglese e un po’ in francese ci capiamo. Pensano che siamo dei cercatori di tesori antichi. La zona circostante Dougga è comunque archeologica e protetta. Alberto mi avvisa che siamo accampati vicino ad un Marabuto, la tomba di una persona importante con altre tombe minori profanate. In Tunisia è l’ultimo posto dove puoi campeggiare! Ci prendono il numero di targa dicendoci che possiamo restare solo quella sera e se ne vanno. Ci è andata bene!

30/10/2005

Dougga – Le Kef – Miniera di Sidi Amor Ben in disuso (150 Km)

Dopo una notte in bianco a causa del vento, alla 8.30 entriamo a visitare le rovine romane di Dougga pagando 1 dinaro a testa e 2 per le foto. Il sito archeologico è interessante e ben tenuto.

Passati per Le Kef attraversiamo una grande pianura le cui piste non sempre sono percorribili a causa del grave disseto idrogeologico: le abbondanti e improvvise piogge hanno creato locali canyon che tagliano le strade e per questo motivo bisogna essere cauti e non correre molto. La roccia infatti è caratterizzata da una alternanza di siltiti grigie tagliuzzate con peliti e arenarie.

Il buon senso dunque ci conduce verso il poco amato asfalto. Arriviamo alla miniera ormai in disuso e un rumore secco come quello di un grosso sasso sotto la macchina ci annuncia in realtà che il trapezio sinistro della sospensione si è completamente rotto. Serve assolutamente una saldatrice.

La sorte ha voluto che fossimo a poca distanza da una famiglia che Alberto aveva conosciuto 3 anni fa in un altro viaggio. Andiamo da loro e ci accolgono in modo straordinariamente caloroso. Loro però parlano solo arabo e ci facciamo capire a gesti. Gli diamo intanto vestiti, cibo e giochi. Ci fanno intendere che siamo loro ospiti e il capofamiglia ci porta dal suo meccanico. E’ Ramadan e bisogna solo sperare che ci faccia il lavoro entro la sera… Fortuna vuole che il meccanico è disponibile. Smontano il pezzo e io sono ospite della sua famiglia che vuole convertirmi all’islam perché era il momento di pregare! Alla fine l’ospite è sacro: rifiuto di pregare ma accetto la cena, mangio come un porcello e bevo una volta sola perché c’è un bicchiere per tutti… Sopporto anche questa ma intanto il Nissan è aggiustato!

Restiamo a dormire a casa dell’amico arabo in mezzo alla sua fattoria con i galli che cantano alle due di notte!

31/10/2005

Miniera – Gafsa (233Km)

Salutati gli amici che ci hanno ospitato e con il nostro fedele Nissan andiamo alla miniera dove estraevano ferro fino a una quarantina di anni fa. Il pozzo profondo una sessantina di metri lungo il quale un tempo trasportavano il materiale ora viene usato come discarica dagli abitanti circostanti. La zona è caratterizzata da una breccia particolare. Si possono trovare cristalli di calcite scalenoedrica singoli o in gruppi e noduli di metallo pesante. All’orizzonte si vede il Tavolato di Giugurta: è un blocco isolato costituito da calcare compatto a foraminiferi (Nummuliti) e sarà la prossima meta.

La strada che lo percorre tutto attorno è in buone condizioni tranne nell’ultima parte dove le pareti sono instabili con massi di grosse dimensioni alla base di recente caduta. Il sentiero che permette di arrivare in cima è stato sistemato da poco. La vista dall’alto è un panorama a 360° che sconfina in Algeria. Almeno con lo sguardo possiamo andare là! La parte divertente di Giugurta consiste nell’entrare ed uscire dalle numerose gallerie sotterranee che comunicano con l’esterno come tane di talpe dove i pastori rinchiudevano le pecore per la notte.

Dalla cima del tavolato caratterizzato anche da morfologie carsiche, come vaschette, si vedono i Monti Tebessa. Proseguiamo scendendo dalla parte opposta della salita: la strada è pericolosa perché corre sottoparete ed è molto dissestata.

Attraverso piste tra i boschi e costeggiando a poca distanza il confine algerino ad un’altitudine di 900 m arriviamo alla cascata più alta della Tunisia.

Con nostra sorpresa parte della pista è stata asfaltata ed a monte hanno appena costruito una diga. Per fortuna l’ambiente a valle non è stato toccato. In questa zona si trovano fossili di ricci e molluschi vari sciolti nella sabbia o cementati nel calcare bianco e farinoso.

Ormai è tardi e dopo una trentina di chilometri di dura pista andiamo direttamente via asfalto per altri 100 Km fino a Gafsa all’Hotel Gafsa, che me lo ricorderò per i suoi scarafaggi in bagno!

01/11/2005

Gafsa – Moulares – Redeyef – Mides (142 Km)

Da Gafsa prendiamo la strada che porta verso le oasi di montagna passando per Murales.

A Redeyef scendiamo per la pista di Romel. Un ragazzo ci ferma e ci invita a visitare la sua miniera di fosfati in disuso da circa 20 anni sorvegliata dal suo bel falco: è lunga 5 km e presenta agglomerati di fossili (conchiglie bivalvi, Turitelle, resti di ossa di vertebrati) immersi nella matrice fosfatica. Le pareti non sembrano molto stabili ma la guida ci accompagna tranquilla e se non era per noi entravamo senza luce. Questo ci fa capire che quel ragazzo conosce bene quel posto e che ci ha passato tanto tempo: ci mostra sul tavolo una collezione ben fornita di reperti geologici da lui scavati (come un bel esemplare di tartaruga fossile) o trovati nella zona. Questa è una interessante zona geologica caratterizzata da strati a fosfati, minerali come calcedonio mammellonare o a palle, gesso e mica bianca e livelli di conchiglie senza matrice detritica della famiglia delle ostriche con dimensioni pari a quella di una grande mano aperta.

Scendendo lungo questa valle la morfologia dei monti si fa più interessante e curiosa: la zona prossima alla pianura presenta spettacolari strati a cresta di drago immersi verso Sud o tendenti alla verticalità.

Questo particolare aspetto è dovuto alla calcarenite più spessa e resistente all’erosione. Ogni tanto si trovano livello biancastri con lenti di selce che staccano dal colore rossiccio del resto del rilievo.

Risaliamo lungo una pista semiasfaltata che ritorna a Redeyef. Da lì proseguiamo verso Mides, paese berbero a poche centinaia di metri dall’Algeria. E’ una oasi di montagna che sorge sul bordo di un canyon profondo 60 metri. Il paese ora è disabitato: nel 1969 una intensa pioggia ha dilavato la sabbia che fungeva da cemento delle case e la gente fu costretta ad abbandonarle.

Su consiglio della guida andiamo ad accamparci tra le basse palme vicino alla diga a pochi chilometri dal paese, un posto bello e tranquillo ma attenti alle zanzare!! E gli animali sono talmente assetati di acqua che alla mattina troviamo 10 piccole creature di rane nella sabbia bagnata dalla nostra acqua e mi chiedo ancora da dove vengono!

02/11/2005

Mides – Tamerza – Chebika – Tozeur – Nefta – Chot El Gharsa (239 Km)

Al mattino torniamo alla gola di Mides e la percorriamo a piedi per un po’ ammirandone la bella stratificazione di una esemplare successione di rocce carbonatiche.

Questo è un percorso interessante da fare anche in jeep entrando da Tamerza.

Passiamo per Tamerza per vedere la cascata: il posto è fortemente turistico e affollato di gente. Proseguiamo verso Sud su asfalto passando per Chebika in direzione di Tozeur. Da Nefta prendiamo la pista con molto “toule ondulè”, che porta verso le dune ai margini del Chot el Gharsa. Qui visitiamo il sito dove hanno fatto il film “Guerre stellari”: ora consiste in case a cupola in cartone e legno cadenti. Curiose sono le antenne costruite con scatole delle prese elettriche italiane!

Un altro residuo della scenografia a cupola si trova isolato anche in mezzo al lago salato Chot el Jerid vicino Nefta (dove abbiamo fatto razzia di rose del deserto abbandonate!). Tutto il paesaggio si presenta come una pianura con sale bianco, sabbia e cristalli di gesso che riflettono il sole come specchietti.

03/11/2005

Tozeur – Douz (208 Km)

A Tozeur dormiamo in un economico ma bel residence El Arich e facciamo affari al mercato comprando tappeti berberi.

L’indomani puntiamo verso Kebili attraversando per 70 Km di asfalto la distesa salata bianca e a tratti rosa del Chot el Jerid: tutta questa depressione è ricca di salgemma molto buono e gustoso non paragonabile al nostro sale.

La piana finisce e compaiono i primi accumuli di sabbia bianca… Manca poco per le porte del deserto. Arrivati a Douz pernottiamo all’Hotel Tuareg. Facciamo un giro in piazza per vedere cosa c’è di nuovo: è tutto vuoto perché è finito il Ramadan e fanno festa.

04/11/2005

Douz – Tembaine (113 Km)

Alla mattina incontriamo i nostri nuovi compagni di viaggio Luca e Gabriele. Grande entusiasmo per me e Alberto dopo una settimana di isolamento dal mondo. Giro di nuovo in paese per fare le ultime spese, presi i permessi al campeggio e poi partenza! Scaldiamo i motori. Conto alla rovescia per Tembaine finalmente! Questa volta troviamo il punto chiave. Manca poco. Per quanto corri Tembaine è sempre là! Ormai il sole sta tramontando e dopo un bel tratto a tutto gas ci fermiamo perché dietro ad una grossa duna troviamo dei militari insabbiati con un Land Rover 110. Alberto si avvicina e gli chiedono un accendino! Allora lui guardando la paglia sotto la macchina gli risponde (anche se aveva inteso che volevano aspettare gli aiuti fumando): “Per cosa? Volete dar fuoco al Land?! Dai dai che vi tiriamo fuori”. E così è stato!

Poi ci dicono che per Tembaine mancano ancora 2 Km di dune e che c’è una tappa del mondiale motorally. La sabbia è ottima e il nostro Nissan galleggia come una tavola da surf sul mare. Ormai il sole è tramontato e la luce ci permette di arrivare appena in tempo tra le due montagne del mistico Tembaine. Dietro di noi una fila di luci di altre jeep. Pareva la tangenziale di Mestre!

Sfoderiamo il nostro tendone da campo ricavato da un paracadute e lo inauguriamo con una buona pastasciutta italiana. Con la pancia piena ci godiamo il cielo stellato di Tembaine: non ha paragoni. Mi tolgo le scarpe e cammino a piedi nudi. Questa volta lo ho fatto. Sono tornata nel deserto per sentire cosa si prova con la sabbia tra le dita. E’ rilassante. Ho il mondo con me: cibo, sigarette, maggiolina, sabbia a Tembaine. Cosa vuoi di più!?

05/11/2005

Tembaine – Ksar Ghilane (103 Km)

La mattina facciamo un giro sui due monti: impressionante come tutto attorno c’è solo un mare di piccole dune.

Se non fosse stato per le mosche fastidiose saremo stati ancora là volentieri.

Andiamo al pozzo dove troviamo un gruppo di nomadi Raya, ai quali doniamo vestiti e giochi. Regaliamo due paia di occhiali ai due ragazzi più grandi ma per il più piccolo di circa 6 anni non ho altro. Mi stupisce e colpisce il cuore quando mi chiede i miei occhiali da vista! Vedere queste persone fa riflettere sulla vita…

Affrontiamo con successo il parco giochi di dune fino al recinto del parco. Tentando di trovar la pista per Ksar Ghilane ci insabbiamo per bene e per la prima volta in questo viaggio. L’avventura comincia. Le macchine sono troppo cariche. Verricello e piastre sembrano inizialmente essere inutili, ma dopo un po’ sotto il sole cocente riusciamo ad uscire dal quel labirinto. Quando vediamo arrivare dal mare di piccole dune alcuni francesi con il paraurti a penzoloni, decidiamo di girare al largo fino a trovare la grande pista che da Douz porta all’oasi.

Arrivati a Ksar Ghilane e sistemato il campo, ci concediamo un bel bagno ristoratore nel laghetto con acqua calda a 34°.

06/11/2005

Ksar Ghilane – Campo vicino Kamur (80 Km)

Al mattino non possiamo abbandonare quel bel posto senza rifare un bagnetto nell’acqua calda assaporandone il relax e pensando alle dune più alte. Manca poco.

Usciamo dall’oasi e una colonia lenta e inesorabile di dromedari ci attraversa la pista.

Li portano a bere. Aperta la pompa queste eleganti bestie circondano con ordine la fonte emettendo il loro verso. Per due mesi poi niente acqua, quindi erano felici sì! D’estate invece stanno almeno una settimana senza bere, ci dice uno del posto.

Cercando la pista per Bir Aouine ci insabbiamo per bene e foriamo la prima volta.

Mentre Alberto aggiusta il Nissan, Luca si accorge che il blocco del differenziale perde olio. Smontiamo il tutto e tiriamo fuori l’olio. Un cuscinetto si è consumato. Dopo qualche minuto di suspance Alberto passa in azione come Supercastagna e con fare misterioso mi dice di aprire un barattolo dei ananas… Lo guardo chiedendomi “cosa fa sto qua?!”. Prende la parte superiore e la ritaglia ricavandone un anello: ecco un vero distanziale artigianale!!

Lo rimette nel blocco che non si muove più! La cosa incredibile è che ha funzionato e tuttora è ancora sul Toyota! Non ha più spanto! Per inserire l’olio Castagna ha fatto un biberon con una bottiglia di plastica e un piccolo tubicino trovato in giro. Grazie all’ananas e ad Alberto quindi ripartiamo con una carica vitaminica nel Toyota e nella nostra pancia.

La pista è in buone condizioni. Ad un certo punto un Land 110 ci sorpassa e subito dopo si ferma improvvisamente. E’ una Land militare. Pensiamo sia un controllo. Invece sono i militari che abbiamo aiutato a Tembaine e che volevano salutarci!! Certo che il deserto è piccolo!

Continuiamo la nostra corsa incontrando pastori con pecore in mezzo al nulla. Osserviamo in contro luce che l’erba c’è! E’ rada ma c’è! E le bestie si cibano di questa. Proseguiamo fino al tramonto. Oltre al cordone di dune c’è Bir Aouine ma è tardi. Ci accampiamo. Io vado a dormire, mentre Alberto aspetta il geco e gli animaletti che tutte le mattine lasciano le impronte sulla sabbia attorno alla macchina e che non riusciamo mai a vedere! La cosa buffa è che Alberto addirittura li chiama sia alla sera che al mattino!

07/11/2005

Campo vicino Kamur – El Borma (150 Km)

Partiamo e pochi chilometri dopo convinti di farcela a passarle ci incasiniamo nelle piccole dune che hanno inghiottito la pista. Niente. I muretti sono sempre più alti. Rischiamo di rimanere là. Incarichiamo Gabriele di farci da apripista e con il suo fare da lord inglese tra una bestemmia e l’altra ci indica la strada migliore sempre con la sua macchina fotografica al collo coperta da un asciugamano, che sembra il muso di un porcellino! A fatica riusciamo ad uscirne. Per caso mentre siamo impiantati troviamo una chiave da 10 un po’ arrugginita. Tutto può essere utile! Infatti poco dopo è servita a Luca per togliere il filtro della nafta! Finalmente la pista si apre pulita davanti a noi in direzione di una antenna radio. Troviamo degli scavi anomali. Mi fermo e pare essere zolfo. Poco più avanti attraversiamo un nuovo sito di esplorazione dell’AGIP e si spiega tutto.

Andiamo in cerca del relitto del Toyota. Lo hanno spostato e messo in una buca. Luca ci rovista dentro cercando bulloni per la sua jeep ma ormai non c’è più niente. L’anno scorso invece avevamo trovato qualcosa di utile! Peccato. Prendiamo la nuova pista che hanno fatto per il nuovo sito e intercettiamo la strada per El Borma. Le condizioni sono quelle di un buon toule ondulè che ci ha accompagnato fino al controllo. La fiamma de El Borma ci dice che siamo praticamente a “casa”.

Pernottiamo dentro l’oasi della SITEP prendendo due “stupendi” container da un posto per farci una doccia a 20 dinari a cranio. Viste le condizioni igieniche della stanza, la maggiolina è una camera a 5 stelle! Il più bel posto per dormire!

08/11/2005

El Borma – Campo nel deserto (130 Km)

Prima di partire facciamo il pieno di pane e acqua per 20 dinari. Il guardiano, che penso non vedesse una donna da molto(!), mi dona fiori, latte, datteri e dolci…No Komment!

Facciamo gasolio e troviamo la sorpresa: 1,370 dinari al posto di 970 del dicembre scorso! E’ aumentato un po’! Questo ci ha fregato perché avevamo cambiato quel che pensavamo bastasse. Loro Euro non li accettano (mentre al Nord nei mercati sì). Quindi facciamo gasolio fin che possiamo e poi vediamo.

Pronti via che le grandi dune ci attendono. Usciamo dalla pista. Il Nissan è tutto contento: liscio come l’olio corre su quella distesa di sabbia rossa, talvolta morbida e ingannevole.

Visitiamo un luogo che dalla mappa satellitare pareva un lago. Invece non lo è: è un vecchio sito di estrazione gas – petrolio dell’AGIP abbandonato. Trivelle triconiche e tubi ovunque senza rispetto dell’ambiente. Una distesa di innumerevoli caotici barattoli arrugginiti attira la nostra attenzione: era la zona della cucina evidentemente. Tutti questi oggetti e strumenti lasciati là così suscitano in me un gran senso di tristezza, come se avessero dovuto abbandonare tutto di corsa e fuggire. Non li troviamo solo là ma in altre zone vicine. Non pensavo che il deserto fosse così tanto mal trattato…

Facciamo una sosta bagno al cubo dove l’acqua è ancora più calda di quella di Ksar Ghilane.

Poi continuiamo fino al relitto del camion ora imbrattato di scritte inutili.

Peccato. E’ un punto che dovrebbe essere più rispettato secondo me.

Poi ci dirigiamo alla ricerca del relitto di Toyota giallo che a fatica riusciamo a trovare, perché rispetto all’anno scorso ora è quasi completamente insabbiato.

Proseguiamo la nostra avventura fino alla ricerca di quel attimo che ci ripaga di tanta strada e tanta fatica: arriviamo a cavallo delle prime grandi dune, forti emozioni, adrenalina, paura, coraggio di azzardare, libertà e divertimento sfidando un ambiente unico e sperando che ce la mandi buona!

Quel volare verso il cielo per prendere la rincorsa, scavalcare la duna, renderti conto in frazione di secondi cosa hai davanti e poi subito dopo planare nella sabbia dorata e tirare un sospiro di sollievo, sono sensazioni irrepetibili e indescrivibili. Solo qua si sentono.

Il tramonto sta calando. Facciamo campo ai piedi di una grande duna, che sembra proteggerci dal vento come una mamma abbraccia il figlio.

09/11/2005

Campo nel deserto – Borj El Khadra (103 Km)

Ore 7 il sole ci sveglia. Ore 8.25 arrivano le solite mosche! Via via che partiamo verso le grandi dune. Questa parte del deserto presenta cordoni di sabbia con dune sovrapposte dall’aspetto elegante e maestoso e alla base depressioni pianeggianti con croste saline: il colore trae in inganno a seconda della prospettiva di osservazione, perché sono nere viste da lontano in controluce, ma in realtà sono bianche.

Facciamo un po’ di slalom per evitare di insabbiarci tra quelle che io chiamo “le bestie”, ovvero le grandi dune perché mi sembrano esseri viventi con il vento che le accarezza il dorso. Facciamo tanto slalom che la “bestia” ci porta dove vuole lei e finiamo per rasentare il confine algerino. Seguiamo le tracce di altri incoscienti come noi che ci accompagnano nella direzione sbagliata. Un GPS ci informa che abbiamo sconfinato di un centinaio di metri, l’altro GPS ci assicura che siamo ancora in Tunisia. Nel dubbio torniamo un po’ indietro e tentiamo di passare una grande duna. Il Nissan è troppo carico e dopo diversi tentativi ci riesce. A cavallo ci mettiamo ad ammirare la Libia: all’orizzonte i tavolati isolati con le pianure ricche di pezzettini di selce riflettente il sole e il lago salato. Tutto come l’anno scorso. E dietro di noi anche per questa volta il deserto. Per il momento è andato tutto bene. Puntiamo a Borj El Khadra. Sostiamo al Cafè 7 Novembre. Entro per scrivere subito sul muro che il Fennec Desert Team è ritornato e mi perdo a leggere le altre scritte. Una mi colpisce in particolare sia per il senso delle parole che racchiudono il significato di questo tipo di viaggio e la passione del fuoristradista per il Sahara, sia perché sono la testimonianza che ce l’hanno fatta ad uscire dal deserto. Mi riferisco al Desert Scorpion Team che il 29 dicembre 2004 abbiamo incontrato in mezzo alle dune diretti a Borj El Kadra con la frizione rotta di un L 200. Ci avevano chiesto aiuto ma non avevamo pezzi di ricambio. Da quel che è scritto si intuisce che sono usciti dal deserto trainandolo con il verricello su per le dune e che è stata una bella sofferta avventura tutta riassunta in queste stupende parole: “Intraprendiamo ancora una volta l’avventura con entusiasmo, voglia di vivere e amore per la libertà. Valichiamo dune alla ricerca di quel attimo (e magari di un meccanico) che rende le nostre fatiche degne di essere vissute”. Io al posto della parola meccanico ci metterei una saldatrice, perché di quella che ne avremmo avuto proprio bisogno in futuro…!!

Quelle parole sono per me ora poesia.

Per passare la serata apriamo un piccolo cinema mostrando il dvd del viaggio dell’anno scorso ad un pubblico variegato composto dal figlio di Dahou, dai suoi amici e da un paio di militari. Speriamo di convincerli a portarci al cippo dei tre confini come la volta precedente ma ci dicono che è interdetto. Approfitto per chiedere informazioni riguardo a cosa succede se un turista sconfina per sbaglio in Algeria o in Libia: mi risponde che in entrambe i casi ti riportano in Tunisia e non ti fanno niente perché hai il permesso tunisino. La prima nazione resta comunque sempre un po’ più problematica della seconda.

10/11/2005

Borj El Khadra – Bir Pistor – Campo nel deserto (116 Km)

Salutiamo Borj El Khadra e andiamo diretti a Bir Pistor.

Fiancheggiamo il lago salato sconfinando per 500 metri in Libia per visitare il vecchio forte dei legionari.

All’orizzonte si vedono i miraggi. Ci fermiamo a raccogliere le rose del deserto. Ce ne sono di grandi, a disco, a rosa, e piccoline molte carine. Si formano in un ambiente caratterizzato da una intensa evaporazione entro il primo metro di sabbia.

Ci avviciniamo verso Nord al primo cordone di dune: si ritorna indietro. Il deserto ci dà il suo benvenuto con una serie di gigantesche dune mozzafiato. Una alta circa 100 metri e divisa in tre salti mi resta particolarmente impressa.

Mi ripetevo la frase della scritta sul muro del Cafè 7 Novembre “alla ricerca di quel attimo” fino a cantarla quella poesia. Il meccanico è in macchina con me. La voglia di vivere è tanta quindi me la faccio a piedi!

Rispetto all’andata avevamo i muri a favore e quindi alla rampa seguiva il muro. Il ritorno è stato infatti più veloce e meno difficoltoso anche se più adrenalinico.

Il gasolio del El Borma non è però dei migliori e il Toyota di Luca non va a tutto gas. Ci fermiamo a sistemarlo e una colonia di moto e jeep si avvicinano. Il deserto è piccolo! E’ Enrica Perego con altri 12 motociclisti e fuoristrada di assistenza. L’incontro è stato utile e tempestivo perché ci cambiano Euro in dinari così poi a El Borma possiamo fare un po’ di gasolio.

Continuiamo la risalita del deserto correndo su comodi tratti pianeggianti e incontrando qualche dromedario solitario. Per caso ai piedi di una delle tante rampe Alberto trova una piccola freccia preistorica. Da quel momento una passione improvvisa per questi reperti ci prende a tal punto che qualsiasi posto ricco di pezzettini di selce è oggetto della nostra accurata ispezione! Veniamo attirati da una breve piana (uno dei tanti gassi) tra due dune. Dopo aver trovato qualche reperto di scarto di lavorazione tentiamo di ripartire ma ci insabbiamo. Ci vogliono alcune ore per uscirne perché ovunque la sabbia è soffice e traditrice tipo quella dei laghi salati.

Alla 17.00 comincia a tramontare il sole. Facciamo campo ai piedi di un cordone di sabbia. Finché la luce lo permette passeggiamo sulle dune più alte osservando come si muove la sabbia quando la calpesti fino ad affondare la gamba: ha un movimento lento e sinuoso che regala benessere e pace.

11/11/2005

Campo nel deserto – El Borma – Campo Borj Jenein (205 Km)

Assaporiamo gli ultimi momenti tra la vera sabbia e ripartiamo verso El Borma. La pista non è molto comoda e la temperatura del Nissan raggiunge il livello limite costringendoci spesso a far molte soste.

Facciamo gasolio a El Borma e ci dirigiamo in direzione di Borj Jenein. Salutiamo a malincuore la sabbia e facciamo campo nei pressi di una delle colline coniche. Ovunque tira vento.

12/11/2005

Campo Borj Jeneine – Ramada – Tataouine (234 Km)

Cerchiamo sulla mappa un qualcosa di interessante da vedere consapevoli che mai niente poteva essere ormai più bello del deserto appena passato. Notiamo dei monti che poi scopriamo essere una catena di piccole dune non paragonabili alle precedenti. Luca ci avvisa che un supporto della maggiolina è saltato. Lo ripariamo velocemente con filo di ferro sperando che tenga.

Passando per Borj Jenein facciamo un giro sulla fascia montuosa che confina con la Libia. Passiamo nelle vicinanze di Bir Lorzot e prendiamo quella che sulla carta è segnata come strada statale: è una strada sterrata che ad un certo punto si divide in quattro corsie! A noi l’imbarazzo della scelta!

Cercando la pista per lo Ksar Ouni finiamo dentro una valletta sbarrata da recenti dighe artificiali per la coltivazione di olive. La pista vera si trova a poche centinaia di metri di distanza. Per raggiungerla azzardiamo un passaggio su fondo molto dissestato da acque piovane. Luca ci informa che tre supporti della maggiolina ora sono saltati! Bene! Un bella saldatrice non farebbe male! Intanto con il trapano cerchiamo di fissare delle piastrine e speriamo nuovamente che tengano almeno fino a trovare un fabbro.

Passiamo questo tratto piuttosto tecnico osservando che la maggiolina non plani sulla testa del Toyota! Davanti a noi si apre un grande canyon. Lo scendiamo e lo percorriamo tutto.

Man mano si allarga fino a diventare una pianura e ad incontrare la statale per Ramada. Appena le ruote toccano l’asfalto sentiamo la nostalgia della sabbia. Ma dobbiamo pensare ad aggiustare i supporti. Arriviamo a Tataouine e troviamo un bravo fabbro che per 10 dinari ci sistema il tutto.

Pernottiamo all’Hotel Le Gazelle. Dopo una decina giorni di deserto già si ritorna alla “civiltà”.

13/11/2005

Tataouine – Douiret – Medenine (157 Km)

Facciamo un giro al mercato pieno di verdure di ottima qualità impilate magistralmente e facciamo la spesa comprando una scorta dei gustosi formaggini President! Guardiamo la mappa e decidiamo di andare a vedere il paese berbero di Douiret.

Visitiamo Douiret. Hanno sistemato grazie ad aiuti italiani alcune case berbere e trasformate in suggestive e carine camere di albergo. La cosa particolare è che tutto il paese è costruito e scavato in un livello particolare ad arenaria. Vi sono strati meno resistenti di argilla con tracce fossili che organismi marini hanno lasciato sul fondo del mare come piccoli vermi (chiamate icnofacies): a seconda che sia una tana o una pista prendono nomi diversi come paschicnia, fodicnia, etc…

Per scendere percorriamo un pista distrutta dall’acqua. Passiamo per Chenini e ci dirigiamo verso Jerba per veder cosa ha tanto di bello sta isola. Seguiamo una pista rivelatasi tremenda e rovinata perché a toul ondulè molto accentuato. Ne abbiamo dedotto che tutte le piste frequentate dalle jeep dei viaggi organizzati sono così e quindi da evitare. L’unica cosa simpatica di questa traccia è l’incontro con un geco. Finalmente Alberto ha trovato sta lucertola rosa direi carina: ci siamo fermati a curiosare una cisterna e l’animale si trovava sotto il chiusino della botola.

Lungo il tragitto la macchina prende l’ultimo colpo di grazia sulla sospensione destra su un tratto sconnesso. Dopo quel punto un rumore (uno dei tanti!) costante e vibrante ci tormenta perché non capiamo cosa è. Ci fermiamo più volte per trovarlo e decidiamo di fare il campo in mezzo alla pianura nei pressi di Medenine con un vento fastidioso. Sul deserto sarebbe stato peggio. Ispezioniamo il Nissan e scopriamo che si è rotta la carrozzeria interna. Niente di grave fino a quando penso bene di chiedere ad Alberto “ma è tutto apposto sul trapezio destro?”. Eh anche quello sta per rompersi!! Questo è più grave. Ci dormiamo sopra.

14/11/2005

Medenine – Jerba – Zarsis (260 Km)

A Medenine troviamo un fabbro (ormai abbiamo l’abbonamento!). Ripariamo il pezzo e ripartiamo verso Jerba. E’ stata una delusione: l’isola è attrezzata per il turista europeo che vuole farsi le ferie in Tunisia pensando di trovare l’Europa…super alberghi come alveari hanno rovinato tutta la costa Nord – Est. Per trovare un po’ di vita bisogna andare a Souk: è un centro molto turistico con un mercato che raccoglie gran parte delle merci tunisine. La zona a Nord e a Ovest non ha niente di particolare se non qualche spiaggia ricca di madreperla tra rocce in arenaria carsificate dal mare. Il mare è sempre pulito ma la zona terrestre un po’ meno.

L’isola ha un perimetro di 60 Km e in poco tempo si fa il giro. Ormai sono le 16 e andiamo al campeggio ma è chiuso perché fuori stagione.

Allora visto il vento insistente decidiamo di non fare campo ma di andare a Zarsis. Non volevamo provare uno dei grandi alberghi ma alla fine a Zarsis c’è solo quello, escludendo un bettola in centro. Prendiamo le camere per 43 dinari a testa all’Hotel Zarzis. Quando andiamo a cena ci accorgiamo che è pieno di tedeschi in avanzata età! Ci sentivamo giovani!

15/11/2005

Zarsis – Medenine – Gabes – Passo di Biada (278 Km)

Manca due giorni e un po’ stufi cerchiamo sulla mappa un posto interessante e stimolante. Andare al Passo Biada è la scelta che ci risolleva gli animi dalla delusione di Jerba. Cerchiamo di scavalcare le montagne che si ripresentano spesso a cresta di drago e percorriamo un tratto di alveo fluviale molto carino con paleolivelli conglomeratici. Incrociamo la strada asfaltata che però ci vuole portare a fare il giro dei monti. Per caso vediamo una singolare gola prima di arrivare al passaggio classico per il Passo di Biada e la risaliamo. E’ un tratto lungo qualche centinaia di metri ma veramente bello:

le jeep passano a pelo in mezzo a due pareti lisce di origine strutturale in calcare bianco con grandi lenti di selce. Tutta la zona è tettonizzata ed estremamente interessante dal punto di vista geologico. Probabilmente è stata allargata recentemente dall’uomo approfittando della fascia cataclasata che si presta meglio alla scavo. Questo tratto è una traccia che funge da scorciatoia rispetto alla strada classica che porta a Sakkete e merita di passarla.

Attraversiamo il paese berbero dove la gente cordialissima ci indica meglio la via per salire al Passo. I bambini ci assalgono felici di ricevere penne e quaderni.

Purtroppo il tempo non è buono e il cielo è poco limpido. La montagna è come un quadro dai mille colori: alternanze di rocce differenti spiegano il perché del rosa, bianco (gesso), giallo, rosso (arenaria), verde.

Arriviamo in cima e una jeep ci ferma: non possiamo proseguire perché la RAI sta girando un film ed il passaggio è interdetto. E che palle! Di nuovo anche qui! Allora ci accompagnano un pezzo indietro fino ad indicarci un pista alternativa per arrivare dall’altra parte a Sened. E’ abbastanza esposta e sconnessa ma interessante.

Cerchiamo un posto per fare il campo ma il vento non ci dà tregua da nessuna parte. Ormai è l’ultimo e un luogo vale l’altro. Tra gli ulivi va benissimo!

16/11/2005

Passo di Biada – Karouiane (256 Km)

Attraversiamo il paese berbero di Sened con rovine simili a quelle di Douiret. Singolare è un albero di ulivo in mezzo alla strada!

Ormai dobbiamo ammazzare il tempo in vista del traghetto. A Nas Allan facciamo un breve pista di montagna che a dire del benzinaio è “dangerousa”! Non lo è affatto. E’ solo un po’ sconnessa e con un tratto leggermente esposto.

Facciamo tutto il giro fino ad arrivare a Karouiane all’Hotel Tunisi (40 dinari in due). Visitiamo la medina ma la gente è peggio delle mosche e la serata finisce quasi in baruffa con un mercante scortese e insistente. Rimpiangiamo la cortesia incontrata a Tozeur e Douz.

17/11/2005

Karouiane – Tunisi (271 Km)

Invece di prendere la strada diretta a Tunisi facciamo il giro della “pitona” triplicando i chilometri per spendere tempo. Percorriamo campi, colline, e le ultime montagne a 60 Km dalla capitale.

Non vogliamo entrare in città ma alla fine per sbaglio ci dobbiamo passare per andare alla Goulette. La attraversiamo lungo strade in contromano riservate a filovie. Intanto piove e il mare non è a nostro favore. Arrivati troppo presto all’imbarco, decidiamo di farci un giro per Cartagine.

Siamo in dogana alla 19.30 dopo alcune ore passate ad aspettare di sbrigare le carte finalmente ci imbarchiamo.

Partiamo alle 23.00. Il mare è a forza 5 fino in Sardegna. Dormire è impossibile. Robe da delirium tremens. La nave spancia diverse volte. L’incubo finisce verso mattina.

18/11/2005

Tunisi – Genova – Pordenone (427 Km)

Il ritorno è sempre piacevole se trovi gente con cui condividere la propria esperienza e soprattutto alleviare le sofferenze del mal di mare parlando del deserto e della propria avventura. Assaliamo il buffet senza pensare che il conto non è più in dinari: due cotolette alla milanese, una minestra, acqua per 24 Euro! Spendiamo di più in traghetto che una settimana in Tunisia!

Arriviamo alle 21.30 e sbarchiamo dopo un’ora. Mentre attendiamo il Toyota di Luca, è divertente vedere le jeep che corrono come barconi, carichi di sabbia e scariche di ammortizzatori!

Il Nissan è il nostro fedele mulo che ci porta a casa ancora per questo viaggio. Per lui ormai è il quinto in Tunisia. E questa volta ne ha fatti oltre 5000 di chilometri: 1000 tra andare e tornare da casa a Genova, 1500 nel deserto e in totale tra asfalto e piste 4000 Km in Tunisia.

Barbara Grillo e Alberto Casagrande (Nissan King Cab)

Luca Calzolari e Gabriele Turchetto (Toyota Land Cruiser 3000)

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