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Fika Salaama Cronaca di viaggio attraverso Tanzania, Uganda, Rwanda, Malawi e Zambia

– Posted in: Africa, Africa Australe, Africa Centrale, Resoconti di viaggio

FIKA SALAAMA

Cronaca di viaggio attraverso Tanzania, Uganda,

Rwanda, Malawi e Zambia

di Gian Casati

 

Fika Salaama (buon viaggio) è l’augurio in kinyarwanda (la lingua parlata in Rwanda) che viene fatto ai viaggiatori che hanno la ventura di attraversare questo magnifico paese ed i paesi confinanti. Con questo augurio a tutti gli amici viaggiatori, reali o virtuali che siano, ecco il resoconto del nostro viaggio.

18/05/2015

Nel cuore della notte Carlo ed io atterriamo ad Arusha (Tanzania) dove la nostra Toyota hzj 78 ha trascorso la stagione delle piogge in un bel riparo costruito apposta per lei da Exaud, il nostro simpatico ed efficiente amico tanzaniano che ci ha anche assistito nel rinnovo dei documenti necessari. Dopo le formalità burocratiche, cambusa e sistemazione della macchina in vista della partenza. Abbiamo sul gobbo il lungo viaggio da Milano ed abbiamo lavorato tutto il giorno, andiamo a letto abbastanza stanchi al The Charity Hotel, accogliente, pulito, nessuna ostentazione di lusso, il giusto compromesso tra costo e qualità. Domani si inizia.

 19/05/2015

Tempo bellissimo, traffico solo alle porte di Arusha poi via su asfalto perfetto. Campagna molto verde (è appena finita la stagione delle piogge), pastori Masai, mandrie di bestiame, paesaggio ondulato e piacevole. L’unica scocciatura sono i frequenti controlli di polizia, bisogna esibire patente (italiana), estintore, triangoli etc. In un caso una poliziotta vuole anche un misterioso documento senza il quale mi viene preannunciata una multa salata. Poiché non capisco di cosa si tratti viene fermata una macchina locale e mi viene mostrato una specie di bollo di circolazione che le macchine tanzaniane devono esibire sul parabrezza; chiarito che la macchina è immatricolata in Italia e non è soggetta a questo tributo, alquanto delusa, la solerte poliziotta mi lascia andare. Dopo Singida, grosso agglomerato di case dagli orribili tetti di lamiera immerse tra enormi tondeggianti blocchi di roccia granitica, inizia un tratto di strada un po’ noiosa ravvivata, si fa per dire, da frequenti controlli di velocità, in uno dei quali incappiamo. Scopriamo così che in questa regione (solo in questa secondo la nostra successiva esperienza) la polizia letteralmente taglieggia gli automobilisti. All’inizio dei villaggi c’è il cartello col limite dei 50 km orari ma non c’è mai il fine divieto, così loro, i poliziotti, si appostano in piena campagna dopo un bel rettilineo, puntano la diabolica macchinetta su qualche malcapitato automobilista che viene subito fermato. Inizia quindi una spudorata trattativa alla quale si sottostà perché lo “sconto” che si ottiene è notevole, la real politik prevale sul senso civico !! Più avanti, in prossimità di Igunga dove intendiamo fermarci per la notte dopo 471 km di viaggio, mi rendo conto anche della malizia con la quale questi disinvolti personaggi gestiscono le diaboliche macchinette . Sto infatti procedendo a passo d’uomo in cerca di una sistemazione per la notte quando vengo fermato perché, secondo lo strumento, viaggiavo a 58 kmh.

Evidentemente i poliziotti possono gestire a loro piacimento il rilevatore di velocità o puntandolo verso un’altra auto o impostando loro la velocità che vogliono, sicchè non hai scampo. Però io ero assolutamente certo di andare a passo d’uomo, così mi rifiuto di pagare ma per poter ripartire devo comunque accettare di fare un regalo al furbetto. Non ci sono molte possibilità di alloggio ad Igunga e la sistemazione migliore è l’Africa Peak Lodge segnalatoci proprio dal poliziotto che ci aveva fermato. Attenzione, la parola Lodge in Africa quasi mai significa sistemazione di lusso come ci si immagina, anzi spesso si tratta di una vera e propria bettola. Questa non è proprio una bettola ma non è neanche un lodge.

 20/05/2015

Ancora tempo ottimo, siamo piacevolmente sorpresi perché qualche residuo di pioggia l’avevamo messo in conto. Ora il paesaggio è cambiato, meno coltivazioni e più boscaglia, maciniamo kilometri. Dopo Nyakanazi, dove la nostra strada si congiunge con quella che arriva dal lago Tanganika, per una ventina di km l’asfalto è pessimo con profonde e secche buche. Veniamo fermati per l’ennesima volta, verifica generale di documenti ed attrezzature: è tutto in ordine ma la poliziotta chiede un generico aiuto che addirittura, con una bella dose di faccia tosta, ha pure il coraggio di quantificare. Mi rifiuto ma sempre in ossequio alla real politik mollo un regalino anzi un bel regalo: un paio di occhiali da sole. Dopo Biharamulo la strada è nuovissima perfetta e veloce, niente a che vedere con quella o polverosa o infangata trovata pochi anni fa. Proseguiamo sperando di trovare una sistemazione per la notte in riva al lago Vittoria visto che, stando alla carta stradale, siamo vicinissimi al lago. Invece troviamo solo un hotel a Muleba, è il Nalphin, niente lago ma buona soluzione.

 21/05/2015

Molto bella e panoramica la strada che, seguendo un lungo crinale, costeggia il lago Vittoria anche se lo specchio d’acqua si vede solo di tanto in tanto. Paesaggio molto vario, bananeti, boschi di pini, foresta tropicale. Dopo Bukoba, lasciato il lago, la natura cambia radicalmente, pianure, acquitrini, papiri giganti dappertutto. La frontiera con l’Uganda, aiutati dal solito passatore, è molto veloce. Fatti pochi kilometri, all’altezza del villaggio Bigada, lasciamo la strada principale e l’asfalto per tagliare verso Nord Ovest. Questa pista secondaria per i primi kilometri è alquanto accidentata ma poi diventa scorrevole. Colline su colline, verdissimo, molto piacevole. A Lyatonde ritroviamo l’asfalto che ci porta alla caotica ed incasinata Mbarara, ci fermiamo poco dopo al lussuoso Asamar Country Resort. Stasera ci concediamo un po’ di lusso (ed un beneaugurante gin and tonic) dopo 323 km.

 22/05/2015

Siamo un po’ in anticipo sul nostro programma (vincolato dalla data fissa del gorilla tracking) e così anziché scendere direttamente verso Kabale ci dirigiamo verso Ovest ad Ishaka per prendere una bella pista che scende verso Sud tra colline e verdissime valli, tutte intensamente coltivate. In particolare dal villaggio di Kisisi si costeggia una valle fertilissima con tante contadine impegnate a zappare (al lavoro tutte donne! noi scherzando facciamo i maschilisti ma onestamente dobbiamo ammettere che nascere in Africa e per di più donna a volte è veramente dura!). Questa valle porta fin quasi a Kabale, brutta, sporca e caotica cittadina, capitale amministrativa della regione. Da Kabale una pista molto polverosa ci porta al fantastico lago Bunyonyi, natura rigogliosa, insenature dopo insenature, canoe scavate in tronchi d’albero, rive scoscese tutte coltivate. La gente appare allegra e socievole. Alloggiamo all’ Overland Resort bel complesso sulle rive del lago dove troviamo pochi altri viaggiatori. La nostra stanza è costituita da una grande tenda montata dentro una struttura di legno a picco sul lago.01 02

 23/05/2015

Costeggiamo il lago Bunyonyi, la pista è molto stretta, segue il lago, i suoi fiordi, sale su colline, passa attraverso coltivazioni che si inerpicano sulle scoscese rive, scende nuovamente sul lago. Peccato, per le fotografie, che la luce oggi non sia gran che. Finito il lago, dopo pochissimo asfalto, prendiamo la pista che porta al Bwindi Impenetrable, il parco nazionale dove si trovano i famosi gorilla di montagna. Abbiamo un paio di giorni di vantaggio sul nostro programma e proviamo a vedere se ci sarà possibile anticipare la visita ai gorilla. Così andiamo a Rushaga, punto di partenza del nostro gorilla tracking e chiediamo al manager del Nshongi Camp (la struttura che abbiamo prenotato) di sentire se è possibile anticipare la visita. Dopo un breve spuntino lasciamo il campo perché non è possibile cambiare il programma e così prendiamo la pista per Kisoro che costeggia il lago Mutanda. La pista è piuttosto accidentata e consigliabile solo ad un 4×4 ma la fatica è ripagata da uno spettacoloso panorama sul lago, le sue isole, i suoi fiordi.03 04

E’ sicuramente uno dei posti piu’ belli che abbia mai visto. A tratti foresta pluviale, mille e mille colline verdissime, colline intensamente coltivate ed il grande lago. In lontananza i vulcani Virunga coi loro crateri (spenti) incappucciati da grossi nuvoloni.05

Il tutto in una splendida giornata di sole, cosa relativamente rara perché ci troviamo in una delle aree più piovose della terra. Le molte fotografie della zona che avevo visto prima di partire mostravano tutte cieli piuttosto tempestosi. Come ho detto la pista è massacrante per la macchina ma soprattutto per me che non sono ancora perfettamente guarito dallo schiacciamento di un nervo a livello cervicale che mi ha procurato, dopo l’ultimo viaggio del novembre scorso, dei dolori fortissimi. Con sollievo a sera a Kisoro ci fermiamo all’affascinante Travellers Rest Hotel, arredato con splendide maschere ed oggetti tribali provenienti soprattutto dal vicino Congo. Qui soggiornava Dian Fossey, la famosa studiosa di ritorno dai periodi che passava nella foresta ad osservare i gorilla di montagna. Dopo cena, camino acceso! E non sarà l’unico di questo viaggio!

 24/05/2015

La giornata della sòla.

Immancabile in ogni nostro viaggio e purché sia unica diciamo …..che ci sta. Come ho accennato siamo in anticipo sul programma e poiché il 26 abbiamo il gorilla tracking siamo legati a questa data. Decidiamo allora di fare qualche giro nei dintorni di Kisoro;  l’albergo ci consiglia di  visitare uno dei villaggi di pigmei che ci sono nei dintorni, procurandoci una guida.06

I pigmei abitavano originariamente le foreste pluviali di questa regione; avevano abitudini cosiddette “primitive” vivendo soprattutto di caccia e di raccolta dei prodotti della foresta. Quando le loro aree diventarono parco nazionale la loro presenza e le loro usanze furono considerate incompatibili con le regole del parco e quindi furono in qualche modo “deportati”. Ma poiché erano un popolo estremamente “specializzato” non furono e non sono in grado di adattarsi alla nuova vita. Ora vivono un tristissimo decadimento, emarginati, incapaci di adattarsi ad un diverso modo di vivere. Abitano piccole capanne cubiche fatte di rami sormontate da teli di plastica, l’interno è totalmente spoglio a parte il povero giaciglio, sono vestiti di stracci soprattutto i bambini e solo le donne appaiono un filo, ma solo un filo, meglio vestite. E’ consuetudine (obbligatoria) portare loro dei doni costituiti da aiuti alimentari. Uomini, donne e bambini, vestiti delle loro povere cose eseguono per noi una danza tribale accompagnata da tamburi ma la musica non ravviva la scena triste e patetica. Al commiato sembrano sinceramente contenti della nostra visita e ci seguono festosi fino alla macchina. Pare che siano abbandonati dalle istituzioni e vivano anche grazie a donazioni come la nostra. Raramente ho visto tanta povertà e decadimento. Lo “spettacolo” è stato imbarazzante, speriamo almeno che i nostri doni li abbiano un poco aiutati. A chi legge queste note per trarne spunti di viaggio sconsiglio questa visita. Ma la vera sòla della giornata sta nella visita di due squallidi laghetti vicinissimi al Rwanda e di cui nemmeno mi ricordo il nome. Secondo le promesse avrebbe dovuto essere  un paradiso per gli uccelli e la nostra guida (la stessa dei villaggi pigmei) si era presentata munita di binocolo (scassato ed inguardabile !) e manuale di riconoscimento dell’avifauna. Gli uccelli ??….ma quando mai!!! I laghi?? Due insignificanti e un po’ squallide pozze d’acqua. Torniamo un po’ scornati al nostro accogliente albergo; domani è giorno di mercato che ci dicono interessante anche per i turisti per prodotti tipici provenienti dal vicinissimo Congo.

 25/05/2015

Pare che il momento migliore per il mercato sia il primo pomeriggio ed allora, nell’attesa, ci facciamo un giretto turistico nella bella e rigogliosa campagna ai piedi del vulcano (spento) Muhavura ai margini del Mgahinga National Park tra dorati campi di orzo ormai maturo. Ritorniamo poi a Kisoro; il mercato è molto animato e vivace come tutti i mercati del mondo ed africani in particolare, ma niente oggetti dal Congo o tipici souvenirs per turisti (di cui il mio amico Carlo è particolarmente ghiotto!).

26/05/2015

Prendiamo quindi la bella pista che ci porta a Rushaga ed al nostro Nshongi Camp ai margini della foresta Bwindi Impenetrable. Il tempo fin qui perfetto si guasta, veniamo sfiorati da un grosso temporale ed arriviamo al nostro campo sotto una leggera pioggia. Domani abbiamo l’avvenimento clou del viaggio, i gorilla e sarebbe un vero peccato dover fare il tracking sotto la pioggia.07

Il grande momento è arrivato, dieci minuti a piedi dal nostro campo e siamo ai quartieri del parco. Con noi arrivano una trentina di persone (da dove che, a parte al lodge sul lago Bunyioni, non abbiamo visto turisti?), breve briefing sulle abitudini dei gorilla e sul comportamento da tenere da parte nostra. Veniamo divisi (con che criterio non ne ho idea) in tre gruppi al massimo di otto persone che andranno ciascuno alla ricerca di una diversa famiglia di gorilla. Un paio ore prima di noi partono i cercatori di tracce che avviseranno via radio i rangers dove esattamente si trova la famiglia di gorilla che ci è stata “assegnata”. Finito il briefing via per la foresta accompagnati da due rangers armati, a difesa da eventuali incontri con i rari elefanti della foresta che non sono abituati agli umani e quindi potenzialmente pericolosi.08

Dapprima un sentiero abbastanza comodo si inoltra nella foresta pluviale, poi una serie di saliscendi molto ripidi, resi assai scivolosi dalla recente pioggia.09

Il sentiero si restringe sempre più e siamo fradici di sudore, non tanto per il caldo quanto per l’elevatissimo tasso di umidità. Ad certo punto i grandi alberi si diradano e compaiono delle specie di impervie radure ricoperte di grandi felci, rovi ed altra vegetazione bassa scivolosa ed intricatissima. I rangers ci avvertono che siamo in vicinanza dei gorilla (hanno parlato via radio coi cercatori di tracce). Lasciamo il sentiero ed a colpi di machete ci viene praticato un precario passaggio nella ripidissima zona di felci. Raggiungiamo i cercatori ed all’improvviso, cinque/sei metri da noi dietro un grande albero ecco il silverback, il maschio dominante, quello dall’enorme schiena argentata, il capo della famiglia.10

Circondato da un nugolo di moscerini sta pacificamente mangiando mazzi di foglie che strappa dall’albero.11

Devo dire che l’adrenalina si fa sentire, la fatica ed il sudore non si avvertono più, qualcuno si piazza in prima fila impedendo agli altri di vedere bene e di fotografare, attimi di panico perché temo di perdere l’attimo fuggente ma il silverback se ne sta pacifico ai piedi del suo albero, dando tempo a tutti di fare fotografie. Ci spostiamo di qualche metro, con difficoltà perché siamo sul ripido ed il fondo è molto scivoloso e le radici delle felci non danno molta presa, incontriamo un paio di femmine con due cuccioloni. Possiamo avvicinarci fin quasi a toccarli, anzi a volte sono loro che ti vengono incontro non tanto per curiosità ma perché siamo noi che semplicemente occupiamo i loro percorsi. Secondo le istruzioni ricevute non potremmo avvicinarci a meno di otto metri ma sono gli stessi  rangers che ci portano molto più vicino.12 13

Dopo circa un’ora (ma chi nell’eccitazione dell’incontro ha badato allo scorrere del  tempo ?) lasciamo la famiglia dei gorilla (la nostra era la famiglia Bweza) e torniamo sui nostri passi facendo a ritroso il percorso dell’andata. Siamo tutti piuttosto stanchi e nei punti più ripidi e scivolosi veniamo aiutati alla grande dai bravi e gentili portatori che opportunamente avevamo ingaggiato alla partenza. Siamo fradici di sudore e un po’ malconci (un ginocchio fa le bizze) ma ciononostante Carlo ed io, decisamente i più vecchi della compagnia, orgogliosamente arriviamo per primi ai quartieri del parco. Qui, con una simpatica e devo dire inaspettata cerimonia, i capi rangers rilasciano ai partecipanti un personalizzato “attestato di partecipazione” al tracking . Belli stanchi raggiungiamo il nostro campo e dopo cena, molto presto in branda !!

27/05/2015

Nella notte la pioggia, che ci aveva risparmiato ieri, cade copiosa. Alle cinque del mattino veniamo svegliati dal guardiano notturno per farci vedere uno dei rari elefanti della foresta che pascola rumorosamente a pochissimi metri dalla nostra capanna (banda). Lasciamo il nostro campo, ripassiamo da Kisoro e poco dopo entriamo in Rwanda. Formalità veloci e semplici. Qui si circola a destra, si parla francese (poco per la verità), un sacco di gente cammina lungo la strada c’è anche più traffico, sia ha l’impressione di un maggior benessere rispetto all’Uganda. Pochissimi i controlli di polizia ed una sensazione di efficienza ed ordine non facile da trovare in Africa. Fa una certa impressione questa situazione quasi idilliaca pensando alle spaventose stragi fratricide del 1994 e considerando che ad un tiro di schioppo da qui, nel Burundi, in questo momento si stanno ammazzando. Dolci colline intensamente coltivate a thè ci accompagnano. Poco prima di Gisenyi prendiamo la pista che scende a Sud lungo il lago Kivu. Piove e la pista è in pessime condizioni, si procede lenti, in lontananza in Congo si staglia un grande vulcano, probabilmente il Nyiragongo, che  lancia nel cielo il suo pennacchio di vapore.14

Arriva il tramonto e poi la notte, due ore di guida faticosa nel buio ed arriviamo a Kybuye in un ansa del lago. Piuttosto stanchi ci fermiamo al pretenzioso Hotel Bethanie, affacciato in posizione splendida sulle rive del lago. Avremmo fatto volentieri una bella doccia invece niente…..non c’è acqua (ma come? non siamo in riva al lago??). Sono abbastanza contrariato perché se arrivo in un alberghetto africano e non c’è la doccia penso che la cosa faccia parte del gioco e chiaramente mi adeguo ma se sono in un albergo che se la tira e non vengo nemmeno avvertito che manca l’acqua allora… mi girano !!

 28/05/2015

Giornata splendida, partiamo seguendo la strada che costeggia il lago Kivu andando a Sud. Subito fermi: c’è un approdo di pescatori, ci piacciono le barche e siamo curiosi di vedere questi pescatori rwandesi. Abbiamo la sorpresa di vedere un modo originale di praticare la pesca, qualcosa di cui non abbiamo mai visto né foto né documentari. Tre grosse canoe vengono legate insieme ma tenute distanziate tra loro diversi metri mediante dei lunghi legni arcuati, formando una specie di grosso trimarano che si muove grazie a pagaie che si immergono ritmicamente nelle acque, con i rematori che scandiscono il ritmo accompagnandosi con una nenia particolarissima.15 16

Noi abbiamo visto queste barche solo al ritorno e non sappiamo perciò come avvenga la pesca, certo il bottino di qualche kilo di pesciolini appare sproporzionato al grande lavoro necessario ed al numero degli uomini addetti. Proseguiamo verso Sud, la strada è molto panoramica e sarà una meraviglia quando sarà completata. Ora è in costruzione e si procede lenti tra fango e grandi solchi fatti dai mezzi di lavoro ma la vista sulle insenature del lago viste dall’alto ripaga i disagi. Quasi al termine del lago, prima di ritrovarci in Congo, pieghiamo decisamente verso Est. La strada, ora ottima, attraversa l’immensa foresta tropicale del Nyungwe National Park. Inizio a sentire una fastidiosa vibrazione allo sterzo che a certe velocità aumenta considerevolmente, penso che una gomma davanti abbia un cattivo bilanciamento. Finita la foresta, verdissime colline coltivate a thè, molti eucalipti. Arrivati a Butare che è un centro abbastanza grosso cerco un gommista per far bilanciare le gomme. Ma qui nessuno, come del resto ovunque in Africa tranne le grandi città, ha le attrezzature adatte perché nessuno si preoccupa di una banale vibrazione. Comunque sia mi fermo in una specie di stazione di servizio che fa anche da gommista, spiego il problema e duecento mani volonterose si avventano sulla Toyota e quello che appare il meccanico diagnostica un problema allo sterzo causato dai tiranti che sembrano allentati. Questi tiranti vengono smontati all’africana cioè a suon di vigorosissime quanto precise martellate, con bulloni, dadi, coppiglie poi abbandonati per terra. Inutile disperarsi bisogna confidare negli dei. I particolari che “cioccavano” vengono saldati e poi rimontati. Poi il “capo-meccanico” salta in macchina, seguito velocemente da Carlo, per il collaudo. Passano 15/20 minuti interminabili (incidente, guasto grave, fuga col Carlo, cosa sarà successo?) poi finalmente la Toyota torna, Carlo è verde in faccia per la pazza guida in città del meccanico che pare soddisfatto del lavoro. Ormai è tardi per proseguire, ci fermiamo a dormire alla missione evangelica di Butare, domani vedremo come va la Toyota.

29/05/2015

La macchina va, la vibrazione pare scomparsa. All’altezza di Nyanza imbocchiamo una bella pista, individuata sulle mappe di T4Africa e verificata su Google Earth, che costeggiando il Burundi e by-passando la capitale Kigali, ci riporterà in Tanzania. La pista attraversa una verdissima regione con tanti villaggetti rurali ma dopo qualche decina di kilometri si interrompe improvvisamente: un ponte è crollato (da tempo) e non si passa!17

Naturalmente, siamo in Africa, nessun cartello o altro segnale ci aveva preavvertito. Non ci resta che ritornare sui nostri passi, lasciare la bella pista, riprendere l’asfalto e passare per Kigali. Per fortuna il traffico della capitale è sopportabile ed il gps ci conduce sulla retta via senza problemi. Proseguiamo verso la Tanzania e ci fermiamo a Kibungo che è l’ultimo agglomerato prima della frontiera. Pensiamo di dormire in quello che appariva l’unico albergo del posto ma è pessimo e soprattutto decisamente “mal” frequentato. Cominciamo a preoccuparci un po’ quando vediamo l’insegna di una guest house di una missione anglicana, tranquilla, sicura, affidabile e con camera decente. Non hanno però nulla per cena e così l’”anglicano” ci porta ad una non lontana missione dei rivali cattolici meglio attrezzata. L’amico saggiamente rimane a mangiare con noi.

30/05/2015

Giornata di lungo trasferimento, dal verdissimo Rwanda alla boscaglia tanzaniana. Le formalità di entrata in Tanzania sono molto lunghe, tra un delirio di camion. Consegniamo alla dogana il nostro carnet che ci verrà restituito timbrato dopo un’ora buona. Come spesso accade, passata la frontiera, il panorama cambia radicalmente, scomparse le colline che delimitavano l’orizzonte ora attraversiamo spazi immensi. Dal perfetto asfalto del Rwanda passiamo a quello pessimo pieno di buche di questa parte un po’ negletta della Tanzania, poi la strada si trasforma in pista molto accidentata, poi di nuovo un ottimo asfalto. Al tramonto, cattiva pista, sole in faccia che acceca, gran traffico di pulmini e biciclette, nubi di polvere che riducono la visibilità a zero: molto, molto pericoloso! Dopo una giornata di guida stancante e dopo 404 kilometri, appena arrivati a Kusulu ci fiondiamo all’omonimo hotel sperando in una bella doccia che ci ripulisca dalla polvere e dalla fatica ma veniamo raggelati: l’albergo è completo!! Per fortuna ci consentono di campeggiare nel giardino e ci danno pure l’utilizzo di una doccia un po’ scalchignata ma pur sempre graditissima. Siamo stanchi ma un sano gin and tonic ci rimette all’onor del mondo.

31/05/2015

Altro bel tappone di trasferimento.

La pista a tratti pessima, a tratti buona (tanto per illuderci) ci conduce attraverso la immensa, affascinante boscaglia tanzaniana, intervallata qua e là da imponenti formazioni rocciose. Passiamo in mezzo al Katavi National Park (dove vedemmo in un precedente viaggio il nostro primo leopardo), vegetazione non fittissima di grossi alberi. Animali niente, ma è normale; la strada taglia grosso modo il parco in due ma non si paga nulla quindi niente animali. Evidentemente vale il noto principio: tu dare lira vedere cammello, niente lira niente cammello. Scherzi a parte, il Katavi è un gran bel parco ma le zone giuste non sono quelle attraversate dalla strada. Lasciato alle nostre spalle il parco, la pista attraversa una zona di boscaglia collinare molto interessante. Verso il tardo pomeriggio iniziamo la solita ricerca di un posto dove dormire, attraversiamo un paio di grossi villaggi dove però non ci sono posti adatti per passare la notte. Proseguendo, a lato della pista vediamo un grosso deposito del cantiere (cinese) della strada in costruzione. Chiediamo ospitalità: sulle prime il guardiano rimane perplesso per l’inusuale richiesta, si intuisce che non vorrebbe mandarci via ma probabilmente non ha il “potere” di prendere una decisione in merito. L’imbarazzo viene superato dal provvidenziale passaggio di un dirigente cinese che, appreso che eravamo completamente autonomi e che avevamo bisogno semplicemente di uno spazio, gentilissimo ci dà il permesso di campeggiare.18Il cuoco (Carlo) si esibisce con una ottima spaghettata oio, aio e peperoncino (di solito il menù prevede immancabilmente pasta al tonno!). Oggi abbiamo fatto 396 kilometri.

01/06/2015

Dal nostro cantiere a Simbawanga la pista è bruttina ed il paesaggio pure ma dopo questa cittadina troviamo dell’ottimo asfalto mentre il panorama non migliora, brullo, monotono, campi di mais rinsecchito. Continui dissuasori spacca-sospensioni (e spacca b….) interrompono il ritmo e volenti o nolenti impediscono buone medie. Di tanto in tanto ci fermano poliziotti gentili (non rapaci come quelli attorno a Singida). Le domande che ci fanno sono sempre le stesse: da dove vieni ? dove vai ? sempre di vivere una scena da film di Troisi! La campagna che attraversiamo è di una noia mortale, solo dopo Tonduma, incasinatissima cittadina di confine con lo Zambia, belle colline e montagne. Alle porte di Mbeya, poco dopo l’aeroporto, ci fermiamo al buon Game View Guest House, bella doccia e lavaggio di indumenti impresentabili. 418 kilometri piuttosto noiosi ma inevitabili se vogliamo raggiungere il Malawi (e poi lo Zambia).

02/06/2015

Attraversiamo Mbeya, casino, traffico, asfalto solcato da profonde rotaie provocate dai mezzi pesanti, camion in panne lungo le salite (ne troveremo tantissimi, scoppiati per i troppi kilometri percorsi, maltrattati e mai manutenuti). Si sale tra colline intensamente coltivate dall’aspetto molto “europeo” poi, scollinati, montagne, boschi, foreste, tutto molto rigoglioso, probabilmente per l’umidità portata dal vicino grande lago Malawi. Piantagioni di verdissimo the in altura, coltivazioni di riso nella grande piana che precede il lago. Per la prima volta in questo viaggio fa abbastanza caldo. Le formalità di uscita dalla Tanzania sono velocissime mentre quelle di entrata in Malawi non altrettanto. A differenza degli altri Paesi attraversati in questo viaggio non si paga niente per il visto o per i permessi di transito, in compenso le registrazioni e le annotazioni sul carnet richiedono molto tempo e quando tutto pare finito bisogna subire una ispezione di un funzionario che deve verificare che i dati sul carnet corrispondano a quelli del libretto di circolazione italiano della macchina, genere di libretto che non hanno mai visto. Verificato che tutto è in ordine finalmente ci lasciano passare. Incontriamo molti check points, ma sono tutti molto gentili e fanno passare senza problemi. La campagna si inaridisce un po’ ma gli scorci sul lago ravvivano la marcia. Insediamenti di pescatori con canoe primordiali e catture molto scarse, pesciolini a seccare su grandi stuoie.19 20 21 Lasciamo il lago per, letteralmente, inerpicarci verso Livingstonia. La pista sale attraversando rocciose montagne a picco sul lago. Guardando la falesia da sotto pare impossibile che l’uomo abbia potuto crearsi un varco tra queste rocce. Dal lago sono 18 kilometri piuttosto duri anche per un mezzo robusto come il 78 e soprattutto per il mio collo che non è affatto robusto. Alla fine arriviamo all’incredibile Livingstonia, fondata alla fine dell’Ottocento da intrepidi missionari scozzesi. Nel nulla della montagna a picco sul Malawi, c’è un ospedale, c’è un centro universitario, una piazza con torre dell’orologio, una grande casa ora adibita a museo e diverse abitazioni di tipica foggia britannica.

Il tutto, come ho detto, nell’impervio nulla, una pazza utopia. Solo dei britannici, credo, potevano pensare e realizzare, con la loro incrollabile e testarda fede, un insediamento del genere. Da poco è stata realizzata una nuova struttura di accoglienza per turisti, una serie di piccoli chalet in legno a due letti con acqua riscaldata dal fuoco di legna. Si mangia all’aperto al lume di lampade a petrolio, siamo attorno ai mille metri di altezza ed in questa stagione fa piuttosto freddo. Chiediamo di mangiare alle 20 ma alle 18 ci avvisano che la cena è pronta!  Conseguenza: alle 19 siamo a letto sotto una bella coltre di coperte, tanto è già buio da oltre un’ora.

03/06/2015

Veloce visita alla vecchia missione e poi via per una pista di montagna, tra verdi valli, torrenti, villaggi rurali di casupole di mattoni rossi e tetti di paglia. La pista è molto lenta e di kilometri se ne fanno pochi. Si lasciano le montagne e si percorre un’ampia valle coltivata soprattutto a tabacco (il Malawi è famoso per il tabacco e nella capitale c’è un importante ed animato mercato). All’altezza del villaggio di Rumphi l’illusione di una decina di kilometri d’asfalto poi di nuovo pista piuttosto brutta e quindi lenta, circondati da montagne con boscaglia, arida in questa stagione. Dopo molte ore di guida finalmente si arriva al gate del parco nazionale Nyika. La pista che si inoltra nel parco a tratti è molto brutta rovinata dalle piogge e naturalmente da nessuno riassettata (come d’altronde ovunque in Africa).22 Dapprima boschi fitti poi, man mano che si sale, vastissime praterie ora dorate, inframmezzate da fitti boschi verde scuro. Un panorama veramente spettacoloso. Per diversi kilometri non si vede un animale, solo fatte di elefante sulla pista e tracce di camminamenti. Poi, scomparsi i boschi, grandi praterie punteggiate da grossi massi granitici. Solo arrivati in alto, in prossimità delle strutture ricettive del parco (Chilinda camp) si vede qualche grossa antilope23 e qualche zebra. E’ il tramonto, indecisi tra il campeggio ed il Chilinda Lodge optiamo per quest’ultimo e come si vedrà la scelta sarà provvidenziale. Fa freschino e mentre consumiamo un pasto piuttosto frugale (siamo gli unici, inaspettati ospiti e l’unica opzione fornita è un triste hamburger) nella nostra camera ci accendono un bel camino (sapremo poi che siamo a 2500 mt.): fantastica idea! 24

04/06/2015

Il camino è stato provvidenziale, temperatura ideale per una bella dormita. Al risveglio è tutto bianco, la nebbia ed una coltre di brina avvolgono ogni cosa, il termometro segna 0°, c’è da chiedersi se siamo veramente in Africa!25Nella reception del lodge il camino è acceso e così possiamo farci un bella prima colazione al caldo. Nella nebbia che si dirada giriamo per la sommità del parco: qualche raro animale, grande vista, luce fantastica.26 27Il ritorno ci pare più difficoltoso malgrado la pista sia la stessa dell’andata. Forse la fatica del viaggio comincia a farsi sentire nelle nostre vecchie ossa, io in particolare ho l’impressione che i dolori che mi hanno tormentato nei mesi scorsi stiano riacutizzandosi. Anche Carlo pare un po’ stanco (o capisce che io sono un po’ provato) e così abbandoniamo l’idea di attraversare l’interno del Malawi per altre piste e via asfalto ci avviciniamo al lago. Ci siamo poi resi conto che abbiamo fatto bene a prendere questa decisione perché i kilometri che ci separano dalla meta finale sono ancora molti ed i giorni a disposizione sono ormai pochi. Siamo comunque fortunati perché il nuovo itinerario non è affatto deludente. Tra Mzuzu e Nkhata Bay si attraversa una splendida foresta e dopo quest’ultima località (dove facciamo una piccola sosta per una bella Coca Cola in riva alle limpide acque del lago) passiamo attraverso una vastissima piantagione di alberi della gomma. Si prosegue su ottimo asfalto senza traffico con begli scorci sul lago tra lussureggiante vegetazione. Villaggi di pescatori. Poche possibilità di fermarsi per la notte. Evidentemente malgrado il magnifico lago viaggatori e turisti da queste parti se ne vedono pochi e quindi le strutture di accoglienza sono pressoché inesistenti. E’ buio quando, dopo un’altra giornata faticosa e dopo 349 kilometri, ci fermiamo. Non sappiamo nemmeno il nome del villaggio in cui siamo! Scartato un primo lussuoso resort dal prezzo esagerato, ci fermiamo al buon Kataya Lodge e qui apprendiamo che siamo a Dwangwa. La nostra stanza si affaccia direttamente sulla bianchissima spiaggia sabbiosa.28

05/06/2015

Il tempo di gustarci una magnifica alba sul grande lago e poi via perché ci aspetta un’altra lunga tappa. Per fortuna la strada è molto buona ed il traffico scarso. Allontanandoci dal lago l’ambiente si fa via via più arido. Un po’ di traffico ma niente di particolare lo incontriamo solo nell’attraversamento di Lilongwe, la capitale del Malawi. Velocissime le formalità per uscire dal paese, altrettanto quelle per entrare in Zambia, qui però l’ingresso è costoso : si deve pagare per il visto, la carbon tax, il permesso di circolazione e da ultimo un vero balzello costituito dalla tassa per attraversare la cittadina di Chipata. Si percepisce subito che in Zambia c’è più benessere che in Malawi: più gente per la strada, più traffico, più macchine private. A Chipata poi ci sono molti supermarket inesistenti in Malawi. Ormai siamo in trasferimento e dovendo fare ancora diversi kilometri speriamo in un comodo asfalto, come amici ci avevano preannunciato. Invece almeno fino a Katete, dove ci fermiamo per la notte, la strada è il solito massacro delle strade in costruzione, tantissima polvere in alternativa alla fanghiglia quando la bagnano e ogni due per tre un fastidiosissimo dissuasore. Alloggiamo al Golden View Guest House, nome fantasioso quanto mai visto che si tratta di una struttura squallidissima con annesse casette del medesimo livello. Oggi ci siamo sparati 500 kilometri giusti giusti, non male visto la strada e la frontiera da passare. Domani se gli dei del viaggio ci saranno benigni saremo a Lusaka.

06/06/2015

Sveglia all’alba, abbiamo dormito poco e male per via di un vento furioso e gelido che entrava indisturbato nella nostra camera squassando ogni cosa. Per diversi kilometri ancora mangiamo polvere, la strada è un enorme cantiere in costruzione, il paesaggio non aiuta a risollevare il morale (e non aiuta certo la consapevolezza che il viaggio sta finendo). Tutto ciò fino al fiume Luangwa, poi la strada migliora e con lei il paesaggio, molto mosso con bella boscaglia. Finalmente possiamo macinare kilometri in un tempo ragionevole. Arriviamo a Lusaka nel primo pomeriggio e qui il Garmin, caricato con le mappe T4Africa, dà il meglio di sé portandoci senza esitazioni al nostro Ndeke Hotel.

07/06/2015

Sistemazione della macchina, cazzeggio e un po’ di riposo in vista del lungo viaggio aereo verso casa.

Carlo ed io (Gian) con la Toyota hzj 78 abbiamo fatto 5569 kilometri attraversando Tanzania, Uganda, Rwanda, ancora Tanzania, Malawi e Zambia

5 comments… add one
Chicco September 16, 2015, 13:51

Bravo Gian, un’altro bel viaggio avventuroso. Oramai l’Africa ha in servo pochi segreti per te…… A presto e cari saluti anche a Fanny da Stellenbosch…

lina September 17, 2015, 06:56

ho letto e guardato le meravigliose foto tutto con una sana invidia!!!

Carlo September 22, 2015, 17:37

Bellissimo racconto!
Tanzania non facile viaggiare, anche noi abbiamo lasciato molti oboli ai poliziotti corrotti. Per fortuna i camionisti con i loro messaggi ci hanno evitato un bel po di multe, ma fin che non abbiamo imparato il trucchetto si pagava come banche.
Il Malawi merita molto, e non è molto conosciuto, purtroppo non abbiamo avuto tempo di vederlo bene. Lusaka impressionate quanto sia avanti rispetto a Dar e che ristoranti!!!
Buona continuazione per il prossimo viaggio!!!

Francesca October 1, 2015, 13:03

E bravo Gian – e anche Carlo. Un altro splendido viaggio, ben raccontato e con splendide foto!
Francesca

vags July 26, 2016, 02:12

camionisti con i loro messaggi ci hanno evitato un bel po di multe, ma fin che non abbiamo imparato il trucchetto si pagava come banche.
Il Malawi merita molto, e non è molto conosciuto, purtroppo non abbiamo avuto

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