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La grande traversata

– Posted in: Africa, Nord Africa, Resoconti di viaggio

By RoboGabr’Aoun
Originally Posted Monday, May 1, 2006

LA GRANDE TRAVERSATA

Non mi pare vero di poter riportare le mie ruote in Sahara orientale: dall’inverno in Algeria di due anni or sono non ritornavo in questo angolo di paradiso. Con l’allettante prospettiva di potervi vagare per un mese intero fuori del periodo dei grandi movimenti turistici natalizi. Fin dalla lunga estate trascorsa tra le polverose piste di Namibia pregustavo questo ritorno, combattuto tra il scegliere ancora una volta l’Algeria degli Ajier o la Libia, che non visitavo da oltre cinque anni…

Ed eccomi invece in questo 31 dicembre assolato, seduto sull’asfalto oleoso dell’hangar di Ras Jedir porta di Libia e punto di partenza di una delle più emozionanti traversate che abbia avuto la fortuna di guidare.

La notte di San Silvestro, l’undicesima che trascorro in Africa, scivola via tra le pareti di cartone
dell’ostello di Sabratha, con le nebbie del mediterraneo piovoso che si infrangono sui colonnati illuminati della vecchia città romana. Ed il primo giorno dell’anno è una levataccia infame, con partenza alle cinque del mattino sotto un cielo gonfio di umidità…Ma cosa non si fa per raggiungere presto il vero inizio di questo lungo viaggio, mille chilometri più a sud, al villaggio di Brak, bagnato dalle sabbie del Ouadi Chati…Ed è pomeriggio nemmeno troppo tardo quando i nostri 4×4 mordono i primi bassi cordoni di questo corno di Ubari, l’immenso deserto occidentale in cui si specchiano le lontanissime speculari Gadames e Ghat.

Due vie rendono possibile la traversata di questo corno dell’Ubari: quella classica in linea retta dal villaggio verso Takerkjba 150 km più a sud, oppure la variante orientale, che affronta i cordoni di questa Ramla (r’mla Zellaf è il nome di questa porzione di dune gigantesche) tagliandoli obliquamente da nord est verso sud est, in impegnativi traversi…Ed è questa la via per cui scendiamo nel Oued Ajal, in una due giorni di saliscendi il cui scopo è “rispolverare” l’ebbrezza dell’andar per dune e provare sul campo, in un duro tirocinio, l’effettivo valore del gruppo…

L’arrivo a Germa è un tripudio di adrenalina, ed i pochi acciacchi di alcune auto non sono problemi irrisolvibili. Il tramonto ai piedi dell’imponente falesia del Messak, all’ombra delle necropoli dei Garamanti, incendia il cielo di tutte la gamma dei rossi, mentre il silenzio della notte è rotto dal ritmico borbottìo delle vetuste pompe diesel che dissetano il palmeto ed i giardini.

L’asfalto ci porta veloci verso oriente; lo lasciamo a Tmissa, inoltrandoci in un sabbione infido, un “piatto”
di una trentina di chilometri in sabbia soffice e fech fech, a tagliare via la pista e spingerci verso il grande ouadi che conduce all’oasi di Wau Kabir. Breve sosta in quello che fu uno dei posti tappa della Parigi Dakar di anni or sono, un luogo che ora sa solamente di abbandono, di degrado, un cumulo di cemento e ferro arrugginito in mezzo al deserto; le piazzole ben recintate per le tende sono quasi una barzelletta in questa landa di polvere in fondo al mondo dove solo  pochi “ammalati” di deserto pensano di arrivare. Ritroviamo la pista segnata poco prima delle alture che preludono ai crateri del Namous; cielo grigio, sabbia grigia, pietre grigie…sembra di camminare in una diapositiva in bianco e nero, o che una mano perfida abbia lavato via i colori da tutto ciò che è visibile; anche i cespugli sembrano grigi, le nostre facce, le nostre auto…il mondo è una gradazione di grigi senza luce. Poi il bordo del cratere principale, oltre il posto militare, si spalanca letteralmente sotto i nostri piedi, e l’azzurro cobalto dei laghi, contornato dallo smeraldo dei palmizi, riporta colore nel giorno, e la meraviglia della natura ritorna a lasciarci afoni e sbalorditi nonostante un vento rabbioso ci scuota come fuscelli.

Ad est del cratere abbandoniamo nuovamente la pista per immergerci finalmente nell’altro grande deserto meta del nostro viaggio: Ramla Rebianah, una macchia gialla che riempie le mappe da Namous a Tazerbu, e poi giu’ a sud fino a Cufra. Campi di fech fech tra i piu’ terrificanti che abbia mai incontrato ostacolano il passaggio, ma la sensazione di assoluta solitudine è appagante, ci sentiamo come ali nel cielo, liberi, infiniti nell’infinito. Ed ecco l’inatteso, l’intoppo, la grana che sempre arriva, in un viaggio in Sahara, a renderti le cose difficili quando meno te lo aspetti…

Inizia la mia Camilla, che “scalda” troppo e richiede piede dolce; ma non basta, ed allora via, smontiamo questo dannato termostato ed inch Allah…Proseguiamo attraverso vestigia dell’ultima guerra, carri armati e carcasse di velivoli in una porzione di deserto che pare un merletto di torri di arenaria….Un secondo Toyota segnala un problema, questa volta piu’ grave: il telaio è spezzato all’altezza di un duomo posteriore, una crepa assurda che segna in lunghezza un longherone, e le batterie non danno piu’ segno di vita.

Lasciamo il fondo duro tra i torrioni e per evitare vibrazioni pericolose per il telaio ammalato tagliamo via dune, sul velluto; rotta su Tazerbu tagliando in linea retta attraverso Ramla Rebianah.

Il telaio sembra tenere, la mia testa arroventata pure: inch Allah dai, che all’oasi qualcosa facciamo…Ma no, non basta ancora: i supporti della Maggiolina dell’unico Nissan della spedizione si spezzano e ci mettiamo una pezza con nastro e corde… il mio amico Mabrouk ferma il suo pick up (accidenti, anche questo è Toyota…sfiga?), il cuscinetto di una ruota anteriore è partito, in briciole.

Smontiamo tutto in mezzo al vento, facendo barriera con teli ed auto. Ripariamo il guasto a mazzate adattando un cuscinetto diverso al mozzo, ma si va.  Ancora dune soffici, meraviglie di ambra ed ocra intercalate a vallate ampie, scorrevoli…  poi le palme oziose di Tazerbu, e l’oasi ci accoglie con le sue vie pulite (ci sono i bidoni per la spazzatura agli incroci!!) e l’esercito multicolore di Toyota Land Cruiser di tutti i modelli ed annate che le invade. L’intero gruppo è già stato organizzato, abbiamo un programma preciso e l’ingranaggio organizzativo scorre fluido: il toyota con il telaio spezzato viene ingloriosamente appeso (letteralmente) ad una putrella di un’officina, con il culo all’aria alla faccia dei quintali di bagaglio che trasporta, le ruote posteriori a un metro da terra, mentre il buon (mitico) Pala’ ed Brasa salda pezzi di tondino a chiudere la crepa…un altro gruppo si occupa di sostituire tutta l’acqua del mio motore e termostato, mentre un secondo parte alla ricerca di un altro saldatore per riparare la bagagliera del Nissan, la cui Maggiolina è stata smontata a braccia e rivoltata a pancia in su in un cortile…un altro gruppetto ancora si dedica al mozzo di Mabrouk…E mentre tutto questo accade, a turno, tutti i fuoristrada vanno a riempire i serbatoi, cercando di non gettare via troppo tempo. Nel frattempo le donne del gruppo si eclissano, invitate da quelle dell’oasi a controllare i compiti in inglese dei loro figli di fronte ad un buon tè, mentre il mio cane, fieramente sparapanzato sul cofano finalmente chiuso della mia auto, elargisce i suoi sonori “buh” da bestione di 42 chili all’esercito di curiosi che fa ala intorno a questo inaspettato circo…

Quattro ore bastano a mettere tutti in carreggiata e si rientra nell’Erg di Rebianah, a tutto Sud, puntando dritti come un fuso all’oasi di B’Zemah ed al suo lago. Nessuna duna, nessun rilievo, solo una pianura infinita di sabbia bianca e sottile che si confonde con l’orizzonte. Navighiamo a GPS, seguendo la freccia senza impedimento alcuno, come in mare. Fuori pista assoluto, meraviglioso, con le cinque auto che si lanciano come meteore in scie parallele ad oltre 100 all’ora.

La montagna di B’Zemah è come una macchia scura nel candore della sabbia, un neo sulla pelle di velluto di questo pezzetto di Mondo. Si riflette nel lago e la luce calda che precede il tramonto tinge tutto di porpora. Apriamo il campo presso i cordoni di dune che fanno barriera ad oriente del jebel, in una notte senza vento, ed anche la temperatura ci è amica , il riposo è quieto, il luogo un paradiso. Lunga passeggiata nel villaggio abbandonato (non del tutto, qualcuno ci vive con le greggi), perfetto nella sua immobilità; e di nuovo l’erg ci inghiotte, ancora giù, ancora Sud.

Cordoni facili ma di una bellezza  sorprendente, il vento ha qui modellato le creste con sensibilità di artista. Passiamo rasente ad un carrello da traino, ad ammonire che i trailer qui non sono indicati.

Le basse dune iniziano ad insinuarsi tra guglie di arenaria fino ad aprirsi nuovamente in vallate, i pinnacoli si trasformano in colline e “gara”, i colori dal bianco passano all’ocra, ed entriamo nella catena montana che circonda da nord l’oasi piu’ sperduta di tutto il Sahara: Cufra.

La raggiungiamo nel primo pomeriggio, dai giardini a nord ovest. Cufra è una città di frontiera, selvaggia e scalmanata, non ha nulla a che fare con l’icona tipica dell’oasi sahariana.
Migliaia di persone vi turbinano, il caos è impressionante, un porto per trafficanti e viandanti, un crocicchio nevralgico per il movimento di uomini e merci attraverso quattro nazioni, Egitto Libia Chad e Sudan. Trovi tutto a Cufra, persino il tabacco da pipa della speciale marca che di solito fumo…Tutto? No, non tutto accidenti: il gasolio non si trova! Finito, kalas, mafi!

Perdiamo un giorno ed alla fine al mercato nero lo troviamo, due fusti da 200 litri che contratto all’una del mattino con un tizio che sembra il Padrino ma è nero come l’ebano e mi spilla per quei bidoni soldi normalmente sufficienti ad acquistarne 5 ma mica possiamo attendere le autobotti in eterno ed ai distributori asciutti già le colonne in attesa sono lunghe centinaia e centinaia di metri.

Di nuovo in deserto, questa volta a tutto est, a spingerci nel magico labirinto di rocce e sabbia del Jebel Hawaiss, intorno a Cufra. E’ un mondo a sé, pare di entrare in una dimensione nuova, da fiaba medioevale. Scivoliamo tra canaloni, valichi, gole; ci lanciamo in vaste pianure tra colline tabulari…le dimensioni e gli spazi lasciano ammutoliti, è tutto semplicemente gigantesco, come un macro ad alta risoluzione e noi non siamo che insignificanti puntolini nell’infinito.

Poi le rocce spariscono, le sabbie si scolorano, ci immergiamo in un universo candido, di un bianco quasi accecante sotto il sole già rovente in questo gennaio africano.. i serbatoi sono colmi e siamo finalmente al margine sud di un Oceano che inseguivo da anni; non c’è che da mettere la marcia ed andare, inch Allah: stiamo entrando nel Grande Mare di Sabbia da Sud, ed è il terzo grande deserto che andiamo ad incontrare in questa traversata…Non abbiamo ancora lasciato la sabbia dal 1 gennaio, tranne un giorno e mezzo di pista presso Namous, altrimenti solo e sempre sabbia, tagliando ovunque i percorsi classici. Con Mabruk prendiamo un punto a caso sulla mappa e ne ricaviamo il punto, è un pozzo petrolifero nel Mare di Sabbia e ci facciamo rotta.

Non contiamo i cordoni, declivi a volte dolci a volte perfidamente ingarbugliati ma sempre veloci e senza grosse insidie. Si viaggia spediti nel Great Sand Sea e mentre ci si perde nelle sue sabbie candide la mente non può far a meno di andare alle gesta dei Grandi che questo deserto toccarono ed esplorarono, primi tra tutti Clayton ed Almasy…Ci spingiamo ancora piu’ ad oriente, questo Vuoto ha un richiamo irresistibile. E’ una cavalcata di piu’ di 500 chilometri verso Nord, solo sabbia, niente altro che dune e vento, e l’anima che prende il volo e spera che il tempo cessi di scorrere per prolungare questo viaggio in eterno.

Giungiamo a Jalo con i serbatoi agli sgoccioli e ritrovare la città e la strada dopo tanto silenzio e tanta solitudine è shockante. Il transfer verso il confine è rapido, con sosta a Sirti ed a Tripoli, perché una nostra compagna ha un volo per l’Italia da Jerba e non possiamo mancare l’appuntamento. Ras Jedir è un agglomerato di autocarri incolonnati ma passiamo veloci, chi ci appoggia non è un pivello e sa quali pedine muovere…C’è persino tempo per una spremuta di arancia nel centro di Houm Souk, a Jerba, e di una pantagruelica cena di pesce al porto, prima del commiato con Elena. Ci restano due giorni pieni prima del traghetto…andiamo? Dove? Là?…dite? sì, andiamo là. E partiamo, alle 8 del mattino, da Jerba, con la nostra bella colonna di 4×4 orgogliosamente impolverati alla faccia dell’acquazzone libico, verso le colline di Matmata, passiamo Douz, passiamo Ghilissia…ed eccoci sulla “mia” pista per Tembaine, la cara, vecchia meravigliosa Tembaine, a rubare un ultimo saluto al Sahara. Alle 16 siamo ai piedi del monte, a ridosso del ribath di dune color pesca, nonostante l’eterno giro cui ci obbligano i nuovi reticolati che il Governo sta ponendo a salvaguardia di un’area di ripopolamento delle gazzelle dorcadi proprio intorno a Monte Jebil, presso Tembaine, nell’omonimo Parco Nazionale.

Come fosse un regalo le nubi scompaiono proprio quando il disco del sole tocca, scendendo ad occidente, le creste delle dune verso il pozzo, ed il cielo si tinge di arancione mentre tutta la pianura si incendia di porpora. L’alba è gelida, la brina spruzza le dune e minacciosi cirri chiudono tutto l’orizzonte…A Douz arriviamo con una pioggia leggera ma continua, che non ci lascia sino a Tunisi e lava via la sabbia dai nostri fuoristrada lasciati ad oziare nella piazzetta di Sidi Bou Said, mentre ricordiamo i nostri viaggi davanti ad un buon tè ai pinoli seduti sulle stuoie del Cafè degli Artisti…

La nave ci fagocita nel suo ventre di lamiera, riportandoci a nord verso l’Europa…le mappe invadono i tavolini, i saluti si inseguono, volti già visti, viaggiatori delle sabbie che si incontrano…

Già, stiamo tornando, ma sulle mappe le matite già segnano nuovi sogni…

RoboGabr’Aoun

 

 

IL VIAGGIO:

7.400 km totali

Transfer Tunisi-Brak su asfalto

Ingresso in sabbia all’oasi di Brak e traversata della Ramla Zellaf toccando i seguenti laghi:

Tademka (dove ho incontrato, incredibile, un cuneese!) Gabraoun (…potevo non ripassarci?), Mafou, Oum El Mha. Uscita a Germa direttamente via erg.

Transfer Germa-Tmissa viaggiando a sud dell’asfalto tra le dune della Marzuqia

Tmissa-Waw El Kabir in pista ed in parte fuori pista.

Pista meridionale per Waw Aw Namous, in vista del Jebel Nerastro

Da Namous gran parte fuori pista in direzione Tazerbo, via Erg di Rebianah

Traversata dell’Erg di Rebianah da Nord a Sud da Tazerbo a Cufra via B’Zemah

Traversata del Jebel Hawaiss da Cufra

Jebel Hawaiss–Grande Mare di Sabbia, traversata sud\nord diretta con uscita a Jalo.

Autonomia carburante minima: 1000 km (di sicurezza)

Autonomia vitto: minimo 5 giorni

Copertura satellitare: Turaya, non sempre effettiva.

Mappe: TPC americane o Russe 1:500.000

Difficoltà: elevata in Ramla Zellaf ed in alcune zone del  Great Sand Sea, medio bassa in Rebianah.

Orientamento: nessuna difficoltà sulle tratte classiche. Per il fuori pista occorre avere guide esperte.

Preparazione mezzi: nessuna, ad eccezione di un irrobustimento dell’assetto atto a trasportare il carico delle scorte. Doppia ruota di scorta, strops, ricambi essenziali, piastre e pale.

Abbiamo fatto spesso uso di un verricello per risolvere insabbiamenti gravi e devo dire che si è rivelato un alleato prezioso (con 40 metri di cavo).

IL GRUPPO:

Robo, Anto e Froggy (il mio cagnaccio): Toyota kzj95 Camilla

Mauro, Edi: Toyota kzj95

Dario, Elena: Toyota kzj90

Dario, Marco: Land Rover Defender 90 soft Top

Maurizio, Sabrina e Niccolò (6 anni!!!): Nissan Patrol GR 3.0

Mabrouk Belel, Aziz Belmadahani: Toyota Land Cruiser 78 petrol 24 valve

Le pratiche burocratiche e l’organizzazione tecnica sono state curate da Fuori Rotta Starlight, di Maranello, a cura della “mitica” Ivana Dotti.

L’operatore libico è la Best Tenerè di Mabrouk Belel, una delle migliori guide libiche viventi, esperto conoscitore del territorio e persona veramente speciale.

L’intero percorso è stato preparato ed organizzato da RoboGabr’Aoun e Best Tenerè Tours.

La preparazione dei mezzi è stata curata da Toyota Fuji Cuneo e dal Racing Team F.lli Cavallera.

Un sentito ringraziamento a:

Zifer AutoHome, EuroFour Wheeler, African Expeditions Madumè.

 

L’ITINERARIO

Sostanzialmente, dal punto di vista tecnico, il nostro itinerario si è suddiviso in cinque parti distinte, omettendo il transfer di avvicinamento Tunisi-Ras Jedir- Brak (circa 2000 km), effettuato in due giorni con pernottamenti a Gabes (TN), Sabratha (Libia) e la terza notte già in dune.

  Parte
prima: traversata di Ramla Zellaf.

Si tratta di un percorso breve ed intenso, di puro divertimento (se si è iniziati alla guida in sabbia profonda…). I 200 km che separano il ouadi Chati dal ouadi Ajal ospitano infatti formazioni dunarie tra le più spettacolari ed impegnative della conca di Ubari, impressionanti anche dal punto di vista prettamente paesaggistico.I cordoni da superare sono all’incirca 80 tra minori e maggiori, di cui sei con “porte” altamente impegnative ed esposte. Pur se già percorsa piu’ volte la Ramla Zellaf si è rivelata ancora una sorpresa in quanto il tracciato seguito, pur toccando laghi già visitati (Tademka,Gabraoun,Mafou.Oum El Mha e Mandara), si è sviluppato lungo itinerari completamente nuovi. Tempo necessario due giorni completi, nessuna scorta supplementare di carburante. Indispensabili piastre se si viaggia in piccoli gruppi.

  Parte
seconda: traversata della Ramla Rebianah
.

Questa traversata, che viene affrontata dopo aver percorso la pista meridionale da Tmissa e Wau Kabir per raggiungere il cratere di Namous, è stata suddivisa in due fasi distinte; una prima traversata in direzione Ovest-Est, viaggiando fuori tracciato sui margini settentrionali di questo deserto, direttamente dal vulcano di Wau Aw Namous sino a Tazerbo, restando sempre in sabbia e lontani dalla pista; una seconda traversata questa volta lungo l’asse nord–sud in linea praticamente retta dall’oasi di Tazerbo sino all’oasi di Kufra passando per l’oasi di Bou Z’hema, per un’altra “due giorni” di Full-Sand-Drive.

Per la doppia traversata sono necessari almeno 5 giorni (da Germa a Kufra) ed un’autonomia di almeno 700 km(calcolati sui consumi in sabbia profonda). Carburante a Tmissa, Tazerbo e Kufra (raro).

 Parte
terza: traversata del Grande Mare di Sabbia

Questa fase, dall’oasi di Kufra sino alla lontana oasi di Jalo, ha avuto come protagonista il Great Sand Sea, attraversato da Sud a Nord con un ampio arco verso est. Il primo tratto del percorso si è sviluppato ad ovest dell’asfalto (disastroso) tra Kufra e Jalo, nelle soffici sabbie ancora della Ramla Rebianah, per poi tuffarsi ad oriente nel labirinto di rocce e dune dello splendido e sorprendente Jebel Hawajis, a nord est di Kufra. Poi nuovamente un tratto in Rebianah e finalmente l’ingresso nel Grande Mare, con tre giorni di sabbia candida.

Per avere un barlume di direzione in questo nulla di silice abbiamo fatto rotta su alcuni pozzi petroliferi spersi nel Vuoto, calcolando le coordinate sulle mappe. Cordoni dolci, molto distanziati che terminano in una velocissima pianura presso Jalo e l’asfalto per la costa.

Autonomia minima richiesta 800 km. Rifornimento non sempre possibile a Kufra. Sicuramente reperibile a Jalo.

 Parte
quarta : transfer costiero

Veloce trasferimento lungo la linea di costa da Jalo al confine di Ras Jedir, in due giorni di asfalto con tappe di pernottamento a Sirte e Tripoli, annettendo a quest’ultima anche la visita serale alla medina (con diluvio al seguito) e della vicina città romana di Leptis Magna.

 Parte quinta: Grande Erg Orientale Tunisino

Come ciliegina sulla torta arriva l’ultima parte del viaggio, ovvero un rapido trasferimento in giornata dall’isola di Jerba all’oasi di Douz passando per Matmata attraverso veloci strade secondarie per poi raggiungere nel tardo pomeriggio la “nostra” montagna di Tembaine, contornata dalle dune dell’Erg Orientale rese color porpora da uno dei piu’ incredibili tramonti che in 11 anni l’Africa mi abbia regalato. Smontato il campo a Tembaine si è poi partiti alla volta di Tunisi, raggiunta in serata, giusto in tempo per festeggiare il riuscito tour con una pantagruelica cena a base di pesce e buon vino tunisino, con gran finale al mitico e mai scontato
Cafè de Nattes a Sidi Bou Said.

Il pernottamento all’Hotel La Jetee, a pochi metri dal porto di La Goulette, ci permette un rapido imbarco per l’Italia.

MORFOLOGIA DEI DESERTI INCONTRATI

Ramla Zellaf

Corno orientale dell’Erg Ubari (composto dagli Erg Idehan, Titersine e Tahadjerith)

Si incunea tra le valli del Chati a nord e dell’Ajal a sud, nel Fezzan orientale e contiene i famosi 21 laghi di Zellaf, erroneamente chiamati dai più Mandara dal nome del piu’ meridionale del gruppo di specchi d’acqua.

Le dune hanno orientamento Nord Est–Sud Ovest e presentano diversi passaggi chiave importanti. A sud di Mandara le dune degradano in una distesa sabbiosa spoglia resa un inferno di fech fech  da miliardi di tracce lasciate dai gruppi che vanno e vengono dalle oasi nell’Ajal, ad appena 30 km verso sud.

Interessante l’uscita da Takerkiba, con le dune che terminano in modo spettacolare proprio ai piedi delle prime palme dell’oasi, presso il Campo dell’AfricaTours. Uscendo verso Germa si viaggia invece su un vasto falsopiano degradante verso l’antica città dei Garamanti. Attenzione: se si effettua il percorso a ritroso, ovvero da sud a nord la salita in questo tratto, anche se impercettibile, mette sotto sforzo il motore e può facilmente portare a fenomeni di surriscaldamento.

Ramla Rebianah

Splendido Erg dalle sabbie pallidamente rosate con declivi morbidi e creste dalle curve spettacolari. Vallate orientale nord est–sud ovest nella sua regione occidentale, molto distanziate. Passaggi molto coreografici ma tecnicamente semplici. Sabbia compatta ed assenza di tracce e turismo. La zona dell’Erg tra Tazerbo e l’oasi di Bou Z’hema né invece priva di dune; si tratta di una pianura sabbiosa infinita, percorribile a grande velocità e priva di difficoltà se si esclude il fondo molto molle e qualche catino di fech fech. Si incontra una vera e propria linea di pozzi petroliferi a circa mezza via tra Tazerbo ed il lago di Bu Z’hema. Presso la montagna omonima si incrocia la traccia che proviene da nord est verso l’oasi ormai abbandonata, e l’ultimo tratto è nuovamente a rischio per la moltitudine di tracce e solchi profondi. Il Jebel è avvistabile da alcuni km , mentre il lago si intravede quando si è a poca distanza, provenendo da nord. Piccole catene di basse dune a est della montagna offrono buoni ripari per il bivacco.

A sud dell’oasi la sabbia è piu’ corrugata, con basse dorsali che separano Bou Z’hema da Kufra. Si raggiunge la grande oasi senussita in poche ore di guida tranquilla, sempre in sabbia e fuori pista.

Grande Mare di Sabbia

Porzione del Deserto Libico priva di rotte carovaniere e pozzi attivi se si escludono antichi tracciati non più in uso che collegavano Siwa ad El Jof, Kufra.

Grandi dune nella regione di Jarabub, con declivi spaventosi ma semplici per la presenza di buone “porte”. Il cuore dell’Erg si presenta invece con catene basse e molto frastagliate, lunghissimi draa orientati nord est–sud ovest e separati da vallate ampie e scorrevoli che rendono la traversata decisamente agevole. Panorami mozzafiato lungo tutto l’itinerario. Molte le installazioni petrolifere, alcune anche di grandi proporzioni. Numerose tracce di mezzi di prospezione geologica. Non ho incontrato militari.

Jebel Hawajis

Regione montagnosa a nord est di Kufra, splendida dal punto di vista paesaggistico e di semplice percorrenza. Si viaggia infatti tra canyon e pianure, basse catene sabbiose e pinnacoli di arenaria che nulla hanno da invidiare all’Akakus del Fezzan. In certi luoghi la sabbia è così ossidata da presentarsi color ruggine e l’effetto al tramonto è a dir poco impressionante. Numerosi i paleosuoli che si incontrano, con raschiatoi, selci, macine ed altri reperti preistorici, chiaramente da lasciare in loco. Resti fossili importanti, con segmenti di tronchi di euforbie cretaciche lunghi anche piu’ di un metro, neri colossi che spuntano dalla terra come dita di giganti sepolti…

Erg Orientale Tunisino

Ne percorriamo una piccola porzione, tanto per “pestare” ancora un po’ di sabbia.

L’itinerario si sviluppa nell’area del Parco Nazionale di Jebil (i recinti intorno all’omonimo monte non cingono un parco di nuova istituzione, come qualcuno ha scritto qua e la: si tratta di un’opera tesa a tutelare le gazzelle dorcadi che in questo modo vengono “difese” dall’inquinamento turistico…ma il Parco di Jebil esiste da decenni e la sua estensione è infinitamente maggiore del recinto oggi esistente (vedi Guida Polaris Tunisia 1).

La recinzione in via d’impianto obbliga ad un ampio giro verso ovest ma si raggiunge comunque l’imbocco classico per Tembaine. I soliti dodici km di sabbia, con tre porte di facile percorrenza se si conoscono i punti di accesso (ma ben piu’ difficili percorsi si aprono a ovest della “via classica”…), separano dalla pianura di Dejareth che circonda il monte dalle cime gemelle. L’omonimo pozzo si trova al margine occidentale della pianura, chiaramente individuabile dalla sommità della cima nord di Tembaine.

Dal cordone sud che circonda la piana si possono chiaramente vedere le tracce del percorso che da Tembaine conduce a Tin Souane ed al lago di Ain Ouadette, 70 cordoni di dune più a sud.

Lo scenario di monte Tembaine, il “monte dei Falchi”, pur essendo a soli 100 km dalla grande oasi di Douz, città del turismo di massa, resta uno dei luoghi più magici del sahara e la visuale che la sua cima offre è assolutamente impareggiabile. Da non perdere.

 

1 comment… add one
tino sacchi April 23, 2023, 12:58

grande articolo .alcuni posti conosciuti di passaggio anni fa
Bello avervi letto
buona continuazione

compagni di viaggio
giancarlo negro
stefano pirola
aldo boccazzi
e altri

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