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Mauritania 2005 di Gabriella Cantamessa Foto di Dino Giuseppini

– Posted in: Africa, Nord Africa, Resoconti di viaggio

By Gabriella Cantamessa Foto di Dino Giuseppini
Originally Posted Thursday, October 13, 2005

M A U R I T A N I A

Protagonisti:

Dino, Anna Maria, Edoardo e Federico su Toyota (Roma)

Davide e Katiuscia su Defender 90 (Lainate)

Angelo su Mitsubishi (Lainate)

Sergio e Gabry su Defender 90 (Torino)

Periodo: Agosto 2005

Km percorsi: 14.000 di cui 4.000 in Mauritania

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E’ da aprile che se ne parla, che si organizza, ci si documenta … ad agosto si va in Mauritania …!!!

E agosto è finalmente arrivato… si parte!!!

Dopo tre giorni di viaggio eccoci pieni di entusiasmo ad Agadir! La Mauritania è un po’ più vicina … ma improvvisamente il Davide ci comunica via CB che ha appena ricevuto una telefonata dall’Italia: “In Mauritania … colpo di stato”. Momenti di angoscia, il nostro progetto, il nostro sogno sta per sfumare? Ci sintonizziamo su una radio spagnola e le notizie si susseguono … “aeroporto internazionale chiuso, carri armati e lanciamissili in capitale …” che fare?

Di comune accordo decidiamo di continuare sino alla frontiera maura e … inchallah!! Intanto corriamo sull’asfalto e sfilano davanti ai nostri occhi il deserto, l’oceano, i villaggi fantasma, la penisola di Dakhla, la nebbia dell’ex Sahara Occidentale. Ci siamo … mancano pochi chilometri alla nostra meta … dogana marocchina … qualche chilometro di sterrato … dogana maura “pas de problem” … siamo in Mauritania, nonostante tutto!!!

Felici arriviamo a Nouadhibou dove campeggiamo e ci gustiamo un bel “poulet avec frittes”. Intanto caroselli di auto e striscioni inneggiano il cambiamento politico, la nazione festeggia!! E’ il 5 agosto.

Di buon ora l’indomani ripartiamo per il mitico Banc d’Arguin. Finalmente siamo sulla pista, anzi fuoripista sulla spiaggia e sulla battigia. Primi insabbiamenti per i mezzi e primi bagni!! I fenicotteri e i pellicani guardano sfrecciare veloci i nostri quattro fuoristrada e noi ci divertiamo a cavalcare le onde. Campeggiamo a Cap Tafarit dove troviamo i primi turisti. Attraversiamo piccoli villaggi di pescatori e facciamo il nostro trionfale ingresso via spiaggia alla capitale: Nouakchott. Festeggiamo con un bel piatto di cous-cous innaffiato con la introvabile birra!! Ci gustiamo un po’ di vita africana nella capitale, ci aspetteranno duri giorni in pista!!

 

E si riparte via asfalto per Tidjikja tra dune e sahel. Vediamo mercati di bestiame; ecco gli ultimi nomadi nelle loro tende bianche, con dromedari, asini, zebù, capre e pecore. Belli e dignitosi cavalcano la savana su dromedari bianchissimi ove risaltano le loro tuniche blu. Sembra di vivere in un vecchio film!

 

 

Attraversiamo diversi villaggi … e uno di questi ci colpisce … siamo a circa 70 Km da Tidjikja, ci sono bimbi bellissimi che ci salutano al nostro passaggio, ci sono capanne e piccole case, chissà forse c’è una scuola … qui i turisti sicuramente non si fermano, corrono veloci verso la più conosciuta Tidjikja. Noi abbiamo del materiale didattico dell’associazione “Bambini nel deserto” da consegnare … ci fermiamo.

Siamo a Iguevane (coordinate GPS: N 18° 08.790′ W 011° 55.185′) Entriamo nel villaggio accolti da bambini e donne.

 

Ci sorridono e qualcuno chiede dei “cadeaux”.

Chiediamo del capo villaggio e ci accompagnano in una casa ornata di cuscini e tappeti.

Arrivano le autorità, il capo villaggio e l’imam ai quali consegniamo il materiale.

Momenti intensi ed emozionanti.

Ci offrono del freschissimo latte di capra.

Foto ricordo, ringraziamenti e promesse di ritornare portando soprattutto medicinali e abiti per bimbi e adulti.

Arriviamo a Tidjikja, l’inizio della grande avventura, della pista studiata per mesi a tavolino sulle carte: la pista per Nema via Tichit e Oualata. Facciamo rifornimento di acqua e di gasolio. I distributori sono senza gasolio da diversi giorni e siamo costretti ad acquistarne al mercato nero. E’ il 9 agosto. Siamo pronti a sfidare i 600 Km che ci separano da Nema.

Saltando di duna in duna, evitando di finire negli spaventosi imbuti, insabbiandoci di tanto in tanto arriviamo a Tichit, (N 18° 21.492′ W 009° 07.223′) piccolo meraviglioso villaggio ai confini del mondo! Siamo gli unici turisti, dicono che ne passa uno al mese!! Tutta la popolazione del villaggio ci viene incontro, interrompendo qualsiasi lavoro. Siamo ospiti del villaggio. Girovaghiamo per le strette vie tra le semidistrutte case in pietra, ci portano a visitare la moschea, il pozzo, il vecchio quartiere. Un vecchietto di cent’anni, vestito con abiti tradizionali ci viene incontro sorretto da alcuni giovani… è il proprietario della biblioteca…!!

Apre con una vecchia chiave la strana serratura della biblioteca, parla a stento, e solo arabo. Si siede al centro del cortile… la visita ha inizio. Escono da una stanza buia i capolavori, i volumi antichissimi scritti con oro, indaco, carbone e ocra. Tutti sono impolverati e parecchi sciupati… peccato. Vi sono testi di grammatica, di scienze e matematica, testi religiosi e registri di passaggi di carovane di dromedari.

Siamo qui, in un villaggio sepolto tra dune e palmeti, c’è un piccolo aeroporto e un dispensario medico con una luccicante ambulanza (dove andrà, con 200 Km di dune a ovest e 400 Km di savana e fango a est, prima di trovare un ospedale?).

 

Decidiamo di lasciare qui gli altri due pacchi del materiale didattico della associazione. Consegniamo di fronte alle autorità il nostro piccolo omaggio. C’è il maestro, il prefetto, il religioso e il sindaco. Siamo la notizia del giorno! Altro momento emozionante con foto ricordo. Ci servono la bibita tradizionale della Mauritania: latte freddo di dromedaria allungato con acqua… una delizia e ne beviamo in abbondanza! Purtroppo bisogna ripartire verso Oualata, la pista ci attende…

 

Pernottiamo su una duna a pochi chilometri da Tichit, ci addormentiamo pensando ai bambini, alle donne e a chi vive a Tichit. Ripensiamo a quel muratore maliense che spacca pietre a Tichit. Ha interrotto il suo lavoro, si è messo l’abito tradizionale della festa e ci è venuto incontro con la sua macchina fotografica un po’ vecchiotta chiedendoci se riuscivamo a riparargliela.

Abbiamo letto nei suoi occhi il dispiacere quando, pur cambiando le pile, l’apparecchiatura continuava a non funzionare.

Ancora oggi pensiamo a quel ragazzo e tanta è la voglia di fargli recapitare una macchina fotografica nuova. Chissà se qualche turista ci può esaudire questo piccolo sogno! Chissà con l’aiuto del capo villaggio, possiamo rintracciarlo… sicuramente si avvicinerà a ogni turista che passa per Tichit nella speranza di trovare un fotografo che possa aiutarlo.

Il nostro viaggio continua attraverso splendidi paesaggi di dune e savana, la pista non esiste più, solo poche tracce di auto passate chissà quando. Navighiamo con GPS e computer seguendo le tracce e i waypoint di altri avventurieri. Non incontriamo più nessuno per due giorni interi, siamo soli nell’infinità e nel silenzio della natura.

Ma ecco il primo inconveniente: nascosto dietro ad un ciuffo d’erba, un insidioso sasso squarcia la coppa del differenziale anteriore, piega una traversa e sfila l’alberino della frizione della macchina di Angelo; e come se non bastasse squarcia una gomma a Dino!!

Non ci resta che montare il campo!!! Mentre le ragazze preparano una lauta cena, i maschietti si improvvisano meccanici.

Nulla ci ferma e l’indomani tutti e quattro i veicoli ripartono regolarmente!

A 50 Km da Oualata rincontriamo i beduini con le loro tende e i loro allevamenti di bestiame… stiamo tornando nel mondo abitato!!

12 Agosto: arriviamo al villaggio di Oualata. (N 17° 18.261′ W 007° 01.622′). Il villaggio dalle case dipinte con i colori ocra e bianchi. Siamo presi d’assalto da tutta la popolazione mentre la polizia pigramente controlla i nostri passaporti.

La visita al villaggio si svolge in un clima festoso, siamo circondati da giovani di tutte le età. Qui facciamo felici adulti e bambini distribuendo alcuni vestiti.

Diversi ci chiedono medicinali per curare colpi di sole e colpi d’aria, reumatismi, ma la maggior richiesta è avere del collirio.

Chiediamo informazioni sulle condizioni della pista per Nema: è allagata dalle piogge e ci consigliano la via delle montagne.

Non troviamo il bivio, e i facili 90 Km che ci separano da Nema, diventano un inferno tra fango, acqua e sabbia molle. Siamo finiti sulla pista della pianura alluvionata.

Faticosamente raggiungiamo l’asfalto a Nema dopo quattro ore di viaggio: siamo distrutti!!

Non essendoci campeggi troviamo ospitalità nel cortile di un Hotel.

Nema è una città tipica di confine e ci permette di rifornirci di gasolio, di viveri e, anche se è domenica, di cambiare qualche soldo in banca!!

Si riparte facendo riposare le gomme e i piloti su un morbido e vellutato asfalto che ci conduce a Kiffa attraversando verdeggianti praterie e laghi ove pascolano le mandrie.

Ma le fatiche non sono ancora finite: vogliamo tentare di ritornare a Tidjikja attraverso il passo di Nega!! Quale miglior traguardo per il giorno di Ferragosto?

Sino al villaggio di Boumdeit (N 17° 26.480′ W 011° 21.086′) la pista attraversa una verdissima savana ricca di allevamenti di bestiame. Incontriamo diversi nomadi, alcuni ci invitano nelle loro tende, un altro regala a Gabry un anello, altri si prodigano ad indicarci la via migliore.

Pernottiamo su una duna, vicino ad un barrage, circondati dalla prateria: un paradiso!!

Sveglia come al solito alle sei, è ferragosto! Il passo di Nega ci attende. Il cielo è nero di nuvole e dopo pochi chilometri siamo costretti a fermarci, una tempesta di sabbia ci sbarra il passo.

Alle 10:00 arriviamo a Boumdeit, un villaggio dimenticato dal mondo, intrappolato da un lato da alte montagne di roccia nera e profondi canyon, dagli altri lati da cordoni di dune sino al passo di Nega.

 

Qui ci viene incontro tutto il villaggio, uomini donne e bambini ci chiedono dei cadeaux; peccato non abbiamo più nulla da distribuire! Hanno necessità di medicinali e di abbigliamento; c’è anche una scuola …!

Purtroppo sono pochi i turisti che percorrono questo itinerario e non tutti gli anni passa la Parigi-Dakar soprattutto causa forti tempeste di sabbia.

Si riparte alla “ricerca” del passo di Nega attraversando imponenti dune e insabbiandoci rovinosamente!! La via di uscita, secondo la strumentazione, dista appena pochi chilometri, ma si dimostrano essere i più duri!!! Per fortuna il cielo è velato, la temperatura è mite e le dune sono indurite dalla pioggia della mattina.

Tentiamo numerosi passaggi, camminiamo a piedi salendo sulle cime a cercare il passaggio… ma attorno a noi … un mare di altissime dune!! Eppure il Passo di Nega è lì, da qualche parte… a 1,8 Km da noi!! Arriviamo con i nostri mezzi e con molta fatica sino al precipizio, sul bordo del canyon. Ci consultiamo, i GPS segnalano il passo sempre a 1,8 Km davanti a noi, che fare? Si decide di mandare in perlustrazione un mezzo, giù nel canyon, la discesa è lunga e ripida ma la sabbia è dura, si tenta. Davide e Katiuscia scendono, ma dopo pochi istanti il CB gracchia: “di qui non si passa … il canyon si chiude con montagne altissime … il nostro passaggio è in alto, sul bordo del canyon, al di là delle dune…”!! Sono ormai le 16:00 e abbiamo girovagato sulle dune per ore senza successo. Torniamo sui nostri passi e tentiamo di seguire il profilo del canyon. E siamo nuovamente a piedi sulle dune a scrutare l’orizzonte!! Finalmente tanta tenacia viene premiata… da una duna scorgiamo il passaggio … appena a due cordoni di dune dai mezzi! Proviamo a piedi il percorso per cercare il terreno più duro e poi ad uno ad uno passano i mezzi con fotocamere e videocamere puntate nei passaggi più hard!! Ce l’abbiamo fatta!! Il sole sta tramontando e facciamo campo tra le dune sul bordo del canyon. Si festeggia con fresco spumante e torte, è ferragosto!! Piove tutta la notte e fa freddo.

Ma al risveglio… sorpresa, è tutto sereno e una cascata d’acqua precipita giù nel canyon, una favola!! Si riparte, attraversiamo il pietroso passo di Nega e continuiamo su terreno roccioso sino al villaggio di El Gheddiya dove nel laghetto Davide avvista uno dei famosi coccodrilli!!

Una snervante pista di sassi e pietroni ci accompagna sino a Tidjikja. Diversi iguana scrutano il nostro passaggio e alcune bianche gazzelle ci tagliano velocissime la strada.

Pernottiamo al nuovo campeggio di Tidjikia all’ingresso del villaggio dove ci gustiamo un ottimo cous cous. Scopriamo dal proprietario del campeggio che a Tidjikia non c’è più gasolio ormai da 12 giorni, ed è finito anche quello venduto al mercato nero. La città è in ginocchio, il generatore viaggia ad orari ridotti, i taxisti elemosinano pochi litri di gasolio dai turisti per poter raggiungere un distributore più a sud di circa 130 Km!

Noi siamo stati previdenti, i mezzi hanno i serbatoi pieni e 60 litri di gasolio di riserva nelle taniche. Ci attende la pista per Atar, sono circa 400 Km, ce la possiamo fare, se non sbagliamo troppe volte il percorso, se non dobbiamo attraversare imponenti dune, se … se…, se…!! Tentiamo di acquistare al mercato nero almeno 80 litri di gasolio, per avere un margine di sicurezza in più. Nulla da fare, il tipo incaricato ci avvisa correttamente di aver trovato solo pochi litri di gasolio tagliato… ma … tutti ci dicono che il camion dei rifornimenti è partito l’altro ieri dalla capitale … !!

E’ il 17 agosto, il gasolio non è arrivato, partiamo alla volta di Atar, un po’ preoccupati.

La pista è bella e scorrevole, passiamo nel letto sabbioso di un oued, fotografiamo carcasse di auto abbandonate dalla Dakar ed arriviamo al grazioso villaggio di Rachid.

(N 18° 47′ 38″ W 011° 41’164″)

Al mercatino acquistiamo viveri e qualche souvenir. Un uomo vestito con abiti tradizionali ci viene incontro. Ci ha riconosciuto, è lui il poliziotto che ci ha controllato i documenti all’entrata di Nouadhibou. Si trova in vacanza ed è tornato dalla sua famiglia. Gli chiediamo se si può acquistare del gasolio, ma scopriamo che anche qui sono in panne. Gli chiediamo se è possibile acquistare dell’olio di semi che debitamente diluito con il gasolio ci potrebbe permettere un minimo di autonomia in più. Troviamo quindi un negozietto dove possiamo acquistare dell’olio di semi in bidoncini da 5 litri. Decidiamo di comprarne due latte per equipaggio e mischiarlo con il gasolio e… inchallah!! I serbatoi sono quasi pieni, il Davide si offre volontario per l’esperimento e rabbocca con la prima latta. Percorriamo circa 30 Km, il mezzo del Davide non dà problemi, non fuma … rabbocchiamo tutti!!

Lasciato il villaggio di Rachid e la sabbia, percorriamo immensi plateau disseminati da una quantità infinita di pietre di tutte le dimensioni, si procede ai 10/15 Km all’ora!

Tutti gli occhi sono puntati sugli indicatori del gasolio, ritentiamo nuovamente il pieno aggiungendo la seconda lattina di olio di semi!

Per risparmiare chilometri si decide di deviare direttamente su Chinguetti. Si passano alcune alte dune sino a raggiungere una scorrevole pista sabbiosa che ci porta attraverso il letto dell’oued sino a destinazione. E’ il 18 agosto e, al tramonto, facciamo il nostro ingresso trionfale a Chinguetti … e non siamo neppure in riserva!!! La nostra prima preoccupazione è il rifornimento di gasolio. Lo troviamo, in nero sulla piazza del villaggio!! Incontriamo gruppi di turisti italiani, francesi, peugeotari. Siamo tornati nella cosiddetta “civiltà”? Pernottiamo al campeggio, c’è la luna piena e mangiamo il cous cous su una terrazza.

L’indomani visitiamo la Biblioteca di Chinguetti, ben organizzata, pulita, tutti i libri sono catalogati e ben custoditi negli armadi. I più antichi sono tenuti in bacheche di vetro e non si possono fotografare. Quanto sono lontane le “biblioteche” polverose di Tichit e di Oualata!

 

Girovaghiamo per le viuzze e compriamo dei gioielli in argento e ottone dalle donne del villaggio. Proseguiamo per Ouadane su una strada sterrata ormai candidata all’asfalto. Ci viene un po’ di malinconia e ripensiamo a Tichit, Oualata, Nega, Rachid dove non esistevano strade; ripensiamo ai bambini, alla gente di quei villaggi senza luce e senza acqua nelle case! A Ouadane ci accoglie la guida turistica che ci accompagna nel tour del villaggio, moschea e biblioteca. Ci infiliamo in una cooperativa femminile ad acquistare gli ultimi souvenir.

Siamo un po’ in ritardo sulla tabella di marcia e ci vediamo costretti a lasciare ad un prossimo viaggio Ghuelb er Richat e l’Amour Pass, dirigendoci velocemente su Atar dopo aver visitato le pitture rupestri lungo la strada.

Atar è una città. Distributori, supermercati e traffico addirittura caotico. Diversi ci chiedono di vendere i nostri mezzi… ce li acquisterebbero in contanti e in euro!!

Ceniamo in un locale di un simpatico marocchino mangiando pollo e patatine. Domani ancora pista, la pista della ferrovia!!

E’ l’alba del 20 agosto quando attacchiamo la pista abbastanza scorrevole per Choum. E’ una giornata caldissima, per la prima volta superiamo i 45 gradi!

A Choum veniamo presi d’assalto da una moltitudine di bambini sorridenti. C’è un caldo insopportabile, un forte vento caldo e la sabbia vola dappertutto. Ed ecco la ferrovia!!

La pista segue la ferrovia, bisogna fare attenzione, è disseminata di pezzi di ferro taglienti. Per evitare dei passaggi di dune decidiamo di fare alcuni chilometri direttamente sui binari!

Il Dino fora sui binari e incomincia ad alzarsi una tremenda tempesta di sabbia!

Attraversiamo piccoli villaggi che esistono perché esiste la ferrovia! Troviamo nei negozietti coca cola, fanta e acqua minerale a volontà. Le bibite sono addirittura ghiacciate, è un piacere a 45° gradi!!

Ed ecco finalmente il treno… lo immortaliamo con foto e filmati!

Ci accampiamo accanto alla ferrovia e mentre cuciniamo spaghetti al ragu’ … ecco … nuovamente il treno. Nell’oscurità vediamo da lontano il fascio luminoso dei fari, è emozionante. Il treno è lunghissimo, chiude il convoglio la carrozza dei passeggeri.

Un furioso vento caldo non ci lascia chiudere occhio tutta la notte.

Al mattino smontiamo il campo di tutta fretta, il vento è ancora aumentato e ha scavato sotto le macchine delle enormi buche. Partiamo senza nemmeno fare colazione. Dopo pochi chilometri siamo costretti ad una sosta forzata: siamo nel bel mezzo di una tempesta di sabbia con visibilità ridotta a zero.

Incomincia a piovere, la temperatura scende a 21° e la sabbia compattata dall’acqua non si alza più. Si riparte. La pista diventa scorrevole e facile, e senza alcun problema raggiungiamo l’asfalto che ci riporterà a Nouadhibou. L’avventura in pista è finita. E’ il 21 agosto.

Ci rilassiamo al campeggio “Baie du levrier” a Nouadhibou.

 

Il giorno dopo decidiamo di visitare il cimitero di navi a sud della città e la riserva di Cap Blanc dove avvistiamo le foche monache. Rientrando in Nouadhibou salutiamo ancora il treno che, con i vagoni vuoti, sta ripartendo alla volta della miniera. Concludiamo la giornata con una cena a base di pesce in uno dei ristoranti più “in” della città.

 

 

 

L’avventura in Mauritania è ormai finita, ci rimangono ora da percorrere migliaia di chilometri di asfalto, facendo qualche breve tappa, per raggiungere l’Italia.

Ciao Mauritania … ritorneremo, inchallah!!

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