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Mauritania-Agosto2014: Assaba Tagant Adrar

– Posted in: Africa, Nord Africa, Resoconti di viaggio

Mauritania-Agosto2014: Assaba Tagant Adrar

da Kiffa a Chinguetti per il Passo di Nega

di paolo.menegus@libero.it

Dopo un bel viaggio in Marocco nell’agosto dello scorso anno, abbiamo pensato che la Mauritania non  potesse essere terribilmente più calda di quanto già affrontato tra gli Erg Chebbi & Chegaga – Iriki, fino alla Plage Blanc.

Già in  febbraio avevamo prenotato il traghetto Genova-Tangeri e ritorno non volendo essere costretti, come  un anno fa,  ad imbarcarci a Sete per  la ns  tardiva decisione.

Pensavamo di dover partire da soli, limitandoci alla parte oceanica ed all’Adrar, ma, nei mesi successivi, abbiamo invece trovato compagnia e cambiato il programma in modo da includere il mitico  passo di Nega per cui, dopo il Banc d’Arguin, percorrendo la Route de l’Espoire fino a Kiffa abbiamo preso la pista per  Tidjikia  ed il Tagant  per proseguire per Chinguetti e l’Adrar con  ritorno a Nouadhibou per Choum seguendo poi la pista della ferrovia.

Per la difficoltà di far combaciare esattamente le date dei traghetti abbiamo deciso di incontrarci e lasciarci a Dakhla in modo da gestire liberamente l’attraversamento del Marocco e del Western Sahara.

Il Viaggio – La sottile traccia blu indica il nostro percorso

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Marocco – l’andata

Avendo in passato ingiustamente (visto con il senno di poi) trascurato la parte oceanica del Marocco, una volta raggiunta velocemente Mohammedia via autostrada abbiamo deciso di raggiungere Agadir sempre seguendo la costa per ritornarvi poi per percorrere la Plage Blanche da nord verso sud con sosta a Fort Bou-Jerif (dove eravamo gli unici ospiti).

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Essendo la ns prima volta a sud di Tan Tan, abbiamo incluso uno stop alla bella laguna di Naila ed un giorno di relax a Dakhla, dove abbiamo atteso il resto del gruppo.

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La Mauritania

Nouadhibou e Cap Blanc

Abbiamo trovato nel Cap Blanc l’unica vera attrattiva di Nouadhibou, la città in verità ha ben poco da offrire. Con il suo grande porto commerciale e una miriade di imbarcazioni da pesca è il capolinea del “Train du fer” o anche “Train du Desert” i cui binari delimitano tutto il confine sud tra Sahara Occidentale /Marocco e Mauritania collegando con il porto la zona mineraria di Zouerate distante 650 km.

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Data la quantità di relitti che caratterizza la zona credo si possa definire a buon titolo anche “cimitero delle navi”.

Al nostro arrivo, subito una sorpresa: fino a qualche mese prima la spiaggia ai piedi della scogliera su cui si trova il faro ottagonale del Capo era caratterizzata da un grande relitto. Ebbene, il più caratteristico dei relitti della zona è stato ora in gran parte smantellato per recuperarne il ferro.

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Altra sorpresa, questa volta piacevole: a pochi metri da noi si leva in volo un grosso avvoltoio appostato proprio sotto il ciglio della scarpata.

La  costa del Cap è uno degli ultimi rifugi della foca monaca e zona protetta. Dall’alto della scogliera, in prossimità del centro visitatori se ne riescono a vedere alcune della colonia che vi ha trovato dimora. Pare comunque che il grosso della popolazione, dicono un centinaio, preferisca una zona più appartata che offre miglior riparo.

Il custode, al momento dei saluti, ci ha suggerito una pista per il  ritorno a Nouadhibou che ci ha condotto ad una bella spiaggia isolata ottima per un bagno, sul lato della penisola che dà sull’oceano. Il relitto qui arenato in prossimità della battigia è invece ancora integro.

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Ci rimane il dubbio di aver sconfinato in Marocco poiché il confine  divide la penisola longitudinalmente in due, Mauritania verso la Baia dei Levrieri e Marocco verso l’oceano.

Al Camping Abba il primo dei rarissimi incontri con altri viaggiatori, in realtà era quasi un appuntamento con Gianni e la sua famiglia e Severino, giunti dal Piemonte (tutta via terra) e diretti nell’Adrar ed in seguito al Banc d’Arguin e ritorno (sempre via terra) a causa delle tre settimane totali che avevano a disposizione.

Il Banc d’Arguin

Avevamo grandi aspettative per la visita al Parco del Banc d’Arguin benché consci che quasi tutti gli uccelli migratori in estate siano altrove, in Europa e perfino oltre. Esse sono state del tutto soddisfatte grazie innanzitutto alle condizioni meteo favorevoli che ci hanno permesso  di procedere sulla sabbia senza problemi. Abbiamo precorso la costa dall’altezza dell’isola di Agadir fino all’uscita dal parco a Nouamghar.  Finalmente il nostro primo campo in autonomia: uno spettacolo!

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Non abbiamo incontrato anima viva oltre ai pescatori Imaraguen che popolano una serie di piccolissimi villaggi dove si vede null’altro che reti e piccole barche a vela.

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Sulla battigia numerosi carapaci di tartaruga ed una quantità impressionante di recipienti di plastica di ogni genere e dimensione depositati dall’alternarsi delle maree.

image022 image023 image024 image025 image026 image027Dopo Iwik abbiamo iniziato ad incontrare fenicotteri e pellicani  ed una miriade di altri uccelli, dove il ritirarsi della marea offre loro spazi sterminati per la ricerca di cibo.

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Siamo arrivati a Nouamghar senza incontrare alcuno cui pagare la (modesta) quota di ingresso, continuando poco oltre, sempre sulla battigia, abbiamo trovato un altro bel posto per accamparci, devo dire che il fiuto di Dino per scovarli è insuperabile!

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Avevamo intenzione di raggiungere Nouakchott procedendo sempre lungo la pista delle maree pur sapendo che il picco dell’alta marea proprio a metà giornata ci avrebbe costretto a digressioni sulle dune. Si procede bene ma con il passare  del tempo siamo costretti sempre più spesso a cercare una via tra le dune e l’andatura ne risente.

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Quando riteniamo di aver appagato la nostra voglia di sabbia, dopo una insabbiata “da manuale” di Giorgio, con buco+cespuglio a sorpresa in stile Tunisia,  guadagniamo la strada che corre parallela poco distante, con l’obiettivo di arrivare non troppo tardi in città per i rifornimenti, la spesa ed il lavaggio delle auto dalla salsedine.

Nouakchott

La vista della rotonda con i delfini, ci annuncia che siamo arrivati nei pressi dell’Hotel Sahara, nel cui cortile campeggiamo. Le nostre quattro auto quasi lo riempiono. Anziché montare la tenda a terra, le nostre figlie preferiscono dormire sulla terrazza dell’albergo in brandina, ignare della lotta che avrebbero dovuto ingaggiare per tutta la notte contro le zanzare. Abbiamo tutti dato poco peso al problema, rimpiangendo poi il mancato utilizzo della quantità di repellenti che ci eravamo portati e che abbiamo lasciato in fondo ai bagagli. Al mattino tutto il gruppo si è alzato facendo la conta delle punture ed in preda a continui sbadigli.

Anche Nouakchott, come Nouadhibou, non ha gran che da offrire ad un visitatore, pur curioso, se si esclude il mercato del pesce, sulla spiaggia poco fuori della città verso nord-ovest.

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La sua visita è una esperienza che lascia il segno, un’immersione in una varietà di colori, odori,  rumori e situazioni dove si mescola l’attività frenetica di qualcuno contrapposta ai lenti ritmi più propriamente africani di altri. La parte più viva si svolge sulla spiaggia, dove decine di persone spostano le pesanti barche da portare all’asciutto, seguendo il ritmo dei loro canti per sollevare e trascinare centimetro su centimetro il loro pesante carico.

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Barche di ogni dimensione sono allineate senza soluzione di continuità sulla spiaggia in attesa di uscire, pescatori Wolof di origine senegalese recuperano o preparano le reti, ragazzini portano di corsa vassoi colmi di pesce. Compare anche, tra i Peugeot 403 pick-up con i cassoni pieni di pesce, qualche auto di lusso che  porta al mercato signore in abiti eleganti che scelgono con cura i pesci migliori. Quello che sicuramente rimane, oltre al ricordo, è il caratteristico odore che impregnerà le scarpe e non solo, di chi ha avuto la ventura di calpestare la fanghiglia nera, presente quasi ovunque, che spiega perché tutti indossino stivali di gomma.

 La Route du l’Espoire – Kiffa

Usciamo dalla città, lasciando alle spalle, dopo i palazzi del potere, i chilometri di basse casette che rendono Nouakchott così estesa per imboccare la “Route du l’Espoire”, che ci offre una visione della Mauritania rurale del tutto diversa da quanto appena visto.  Questa via che, sostituite le antiche carovaniere ha condotto verso la “speranza” moltitudini di persone segna, a mia sensazione, l’inizio della  transizione da un ambiente di tipo sahariano ad uno che inizia ad assumere dei connotati caratteristici del Sahel.

I bordi frastagliati della striscia d’asfalto  sempre più frequentemente impediscono ai camion di incrociarsi senza essere costretti a scendere sulla banchina di terra, ed anche i nostri sorpassi richiedono molta attenzione.

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I villaggi si susseguono e rendono quello che ritenevamo solo un lungo e noioso trasferimento su asfalto in un interessante spaccato di una Mauritania molto diversa.

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I colpi di sonno che affliggono qualche equipaggio per la nottata agitata a causa delle zanzare consigliano qualche cambio alla guida, e le signore prendono il controllo della situazione.

A sera ci rendiamo conto che non riusciremo ad arrivare a Kiffa prima del buio, e scegliamo di  raggiungere il passo di Djouk per un campo “al fresco”. Purtroppo la prima foratura di Dino ci costringe a cercare un posto adatto al nostro campo ancora prima,  in una zona che ci sembrava sempre troppo densamente popolata per i nostri gusti .

Abbiamo scelto, quasi al buio, quello che si è rivelato al  mattino successivo un bel posto, in prossimità di una bastionata rocciosa, ma il fatto che sia stato nominato da Valeria “Scorpion Camp” rende l’idea del tipo di compagnia che vi abbiamo trovato. Dopo i quattro scorpioni trovati nei primi dieci minuti, ci siamo abituati e con un po’ di attenzione non abbiamo più avuto problemi.

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Il tratto successivo si è rivelato paesaggisticamente interessante, in un ambiente caratterizzato da scenografiche rocce, così diverso dal tratto Nouakchott-Sangrafa del giorno prima. Solo il gendarme che ci controlla i documenti sul passo di Djouk  sembra un po’ nervoso ed il suo francese è addirittura peggiore del mio. Finalmente si riparte e possiamo procedere per Kiffa.

Una volta raggiunta la città, le preoccupazioni di chi temeva per le condizioni di sicurezza si sono dissolte in una atmosfera estremamente tranquilla e “calda” solo per la temperatura.

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Abbiamo comprato pane e dolci dai venditori che girano a piedi per strada con vassoi colmi, abbiamo rifornito di gasolio fino all’orlo tutti i mezzi penando un po’ per cambiare gli euro necessari. Non c’è stato verso di poterlo fare in nessuna banca e ci ha allora pensato il negoziante di quello che ci è sembrato il negozio più grande posto in corrispondenza della rotonda del “centro”, costituita da una pila di copertoni vecchi.

Dopo che Dino ha fatto riparare  la gomma forata la sera prima,  siamo pronti per ripartire in direzione del passo di Nega.

Il Tagant: per il passo di Nega a  Tidjikja

Da Kiffa puntiamo a nord, inizialmente su asfalto, poi su larga strada percorsa da camion che sollevano enormi nuvole di polvere finché la stessa si trasforma in una bellissima pista.

La guida è divertente, l’ambiente per me sorprendente. Le recenti piogge hanno trasformato il giallo della sabbia in un delicato tappeto verde di rada e finissima erba costellato di numerose pozze.

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Le tende bianche dei pastori anticipano un inaspettato gran numero di pecore, capre, asini e cammelli che brucano e si dissetano in un ambiente surreale attorniato da dune e rocce. Una di queste, che per lunghi tratti si staglia all’orizzonte verrà subito da noi battezzata “Tembaine” perché ci ricorda un ben noto e simile profilo che farà da facile punto di riferimento.

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Ci godiamo questo bel tratto giungendo a Boumdeit dove abbiamo occasione di iniziare a distribuire un po’ del vestiario che abbiamo portato. Poco dopo aver passato  un barrage, Dino individua un’altra bella “dunetta” su cui fare in nostro campo.  A sorpresa abbiamo visite, veniamo infatti raggiunti da un “79” verde della gendarmeria che ha seguito le nostre tracce (in verità non è che ci sia un gran traffico) , si accertano solo che tutto sia a posto, e prima dei saluti ci lasciano perfino il loro numero di cellulare,” just in case”! L’ambiente è bellissimo, la serata molto gradevole ma, molto in lontananza verso nord, si vedono frequenti lampi senza però udire nessun tuono.

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 E’ il grande giorno: si parte per il Passo di Nega. L’ambiente e la pista sono sempre molto belli, il cielo tutto sereno. Non ci sono tracce e raggiunta senza problemi la sommità della salita su sabbia buona, ci attende un tratto di “dunette” più insidioso. Dopo un tentativo infruttuoso troviamo un percorso fattibile senza problemi e poco dopo Dino fora per la seconda volta.

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Mai foratura fu più propizia: nel girovagare in attesa della sostituzione i “giovani” del gruppo hanno individuato uno splendido paleo-suolo. La sosta per la gomma è risultata una frazione del tempo che abbiamo dedicato a visitare quella meraviglia.

Ci decidiamo a ripartire, trovando sul nostro percorso altri reperti interessanti tra cui altre belle macine fino a raggiungere uno dei punti più caratteristici della zona, dove le rocce coperte da dune  fanno posto ad un  profondo canyon. E’ un posto merita un’altra sosta.

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Riusciamo poi a proseguire solo dopo che Dino avuto un bel da fare ad aiutare Giuseppe nel liberare il suo 80 dalla morsa della sabbia. Un’ulteriore “calda” pausa per mangiare un boccone ed altri incontri con famiglie e nugoli di bambini ci danno l’opportunità di lasciare dell’altro vestiario, per proseguire poi in paesaggi sempre affascinanti.

Transitando per il “Passo” di Nega” in realtà mi aspettavo di trovare un vero e proprio valico invece, percorso da sud verso nord si incontra dapprima una lunga salita sabbiosa che alla fine  conduce al passaggio chiave che però sbocca su un immenso altopiano dove , sparita la sabbia ci aspetta una pista con fondo duro, ma nessuna discesa!

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Procedendo sull’altopiano arriviamo al villaggio di El Keddia, caratterizzato da un bel palmeto, dove proviamo a cercare la Guelta, meno famosa di quella di Matmata, ma che, come quella, avrebbe dovuto ospitare dei coccodrilli.  Un pastore, prima che chiedessimo alcunché ci fa un inequivocabile gesto delle braccia che imita l’apertura/chiusura delle fauci di coccodrillo facendolo seguire da un vistoso segno di “NO”. Ammesso che le coordinate in nostro possesso fossero giuste, di acqua neanche l’ombra. Guardando poi la ns traccia su Google Earth  ho visto che il punto che cercavamo era spostato più a sud, anche se di poco. Così il dubbio di rimane …

Cerchiamo, più avanti, una zona adatta al nostro ormai abituale “campo” sulla sabbia. Tutto volge per il meglio quando Giorgio, come  quasi ogni sera, nel tentativo di trovare il posto “ideale”, si insabbia. Alla fine siamo tutti sistemati, tende pronte quando verso sud il cielo diventa rapidamente sempre più nero, accompagnato da un vento sempre più forte. Il temporale ci raggiunge in un attimo.

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Sto finendo di riavvolgere il cavo del verricello , quando, nel turbinare della sabbia, inizia  a piovere forte. Dobbiamo sperare che la nostra vecchia AirCamping  regga anche questa volta. Saltano tutti piani per la cena, attendiamo che passi il finimondo mentre facciamo affidamento ancora una volta sulla ns provvidenziale pezza di speck ed il grosso pezzo di Parmigiano che ci portiamo in ogni viaggio come genere di conforto per le emergenze. Quando dopo un paio d’ore tutto sembra finito il temporale inverte il suo corso e ci passa sopra di nuovo!

Poi tutto finisce, constatiamo che le fide tende hanno retto a meraviglia, dopo un “the” caldo la nostra lunga giornata finisce in un profondo sonno.

Riguadagniamo la pista dopo la divagazione per il campo e procediamo in ambiente piatto N-NW per un paio d’ore in direzione delle formazioni rocciose che ci separano dalla strada asfaltata che ci porterà in pochi km a Tidjikia.

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Arrivati nel capoluogo del Tagant ci diamo l’appuntamento per ritrovarci dopo che ciascuno avrà sbrigato le proprie faccende. In primis la riparazione della gomma del 78.  Noi facciamo una visita nella piazza del mercato , l’emozione che provo è forte, rispetto a tutti i posti simili che ho visto questo mi è apparso particolarmente dimesso, come del resto tutta la zona “centrale”. Tidjikja  viene definita città destinata a rapido sviluppo, chi dice questo credo faccia affidamento sulla nuova grande strada che la unirà ad Atar per Terjit, ma ci renderemo conto solo il giorno dopo di cosa stia dietro a questa previsione/speranza.

Il gendarme che incontriamo ci accompagna nella ricerca di pane e verdura. Interviene spontaneamente quando si rende conto che il prezzo richiestomi è troppo sfacciatamente gonfiato anche per un turista, portandomi da altri venditori. Percorriamo un tratto di Oued per riportarci sulla strada asfaltata.

Sulla strada principale arriviamo ad un fornito supermarket ed il contrasto con quanto appena visto è stridente, il target di clienti è diverso, anche qui esistono evidenti le élite.

Anche qui, data la stagione, siamo i soli turisti in giro. Facciamo rifornimento di gasolio e, dopo le ultime notti in campo, decidiamo che una doccia ci avrebbe fatto solo bene.

Ci rivolgiamo al Campement/Auberge Le Phare du Désert e ci viene gentilmente offerto il bagno di una stanza dell’Auberge stesso. Con i capelli impastati di sabbia che ci ritroviamo grazie alla movimentata sera del giorno prima è un bel sollievo per tutta la famiglia!  Il distinto signore che ci ha accolto in cambio ci ha chiesto… solo una libera offerta.

Verso Chinguetti e l’Adrar

Ricostituito il gruppo, ripartiamo nel primo pomeriggio in direzione N-NW per  Rachid. Cerchiamo la  pista verso nord e troviamo invece una strada asfaltata! Procediamo spediti e sconcertati. Arriveremo a Chinguetti già in serata?

Il dubbio dura poco, la strada si trasforma in un cantiere a tratti intervallato da pista. Lo sconcerto aumenta quando a Rachid vediamo che grazie alla nuova strada la città ha subito scavi che dire impattanti è riduttivo. Non ci resta che constatare che qui è arrivata la “modernità”.

Una fila di giovani donne a lato della pista ci saluta  con  un zaghrouta,  il caratteristico acuto urlo che ci riporta in un contesto più appropriato.

La zona dei cantieri sembra finita, finalmente pista, bella pista. Procediamo verso Taoujafet e la sua Guelta . Un delicato tratto di sabbia molle smorza le velleità di chi già si sentiva pilota da Dakar ma le stesse si manifestano di nuovo  poco dopo lungo il magnifico tratto del  Oued Richat che serpeggia tra le dune. Uno spettacolo!

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L’ambiente molto bello ci suggerisce di cercare in anticipo rispetto al solito un una bella duna  per il campo. Ovviamente Dino ne trova una talmente bella che, carico come sono,  mi costringe a sgonfiare per l’ennesima volta a 0.9.

Il paesaggio è davvero superbo ed un po’ defilato dalla pista che domina dall’alto. Sarà una  grande serata!

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Al mattino altra sorpresa: dopo pochi chilometri … di nuovo asfalto! Altro cantiere, asfalto recente e ricorrenti file di pietre allineate di traverso per dissuadere dal percorrerlo. La pista a tratti si allontana per poi intersecare di nuovo la striscia nera, ora percorribile. Ce ne facciamo una ragione e procediamo di nuovo spediti.

Non dura molto, forse una trentina di chilometri ed il tutto termina con una rotonda con le varie uscite che danno …nel nulla. Raggiungiamo il villaggio vicino, trovando un’ altra occasione per distribuire quello che ci resta di vestiario, e, mentre valutiamo la situazione veniamo raggiunti da un fiammante Toyota 200, autista locale ed a bordo due cinesi.

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Ci spiegano che da più di un anno stanno facendo prospezioni petrolifere.  Non sono neppure i soli, vi è pure una altra società, sempre cinese, che fa lo stesso lavoro. Ci invitano al loro campo poco distante e ci confermano che d’ora in poi solo pista, prima sabbiosa, poi dura, sassosa  che porta tra Atar e Chinguetti.  Forse che sia “cinese” la ragione del “rapido sviluppo” che si ipotizza per Tidjikja?  Decliniamo l’invito ( in verità senza troppi rimpianti) e proseguiamo nel caldo ed assolato pomeriggio.  Arriva inesorabile anche la terza foratura di Dino, l’ultima  insh’Allah!

Si procede un po’ a rilento e la prossima meta è il cratere da impatto meteorico di Aoueloul, una cicatrice sulla superficie terrestre risalente a circa 3 milioni di anni fa, di ca 350 m di diametro e profonda meno di cinquanta, causata dall’impatto di un meteorite di grandezza stimata in 15-20m. Una breve ricognizione e troviamo una facile via per entrare al suo interno.

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Con la luce della sera il fascino è assicurato , sarebbe un posto ideale per il nostro campo serale  ma la maggioranza preferisce arrivare a Chinguetti, senza arrivare alla pista alquanto  “ondulee” Chinguetti-Atar , ma tagliando prima, via sabbia.

Di nuovo in marcia dopo ore di pista dura ci si ripresenta dinnanzi una bella salitona di sabbia “diversamente compatta”, vedo Dino tornare indietro mentre sgonfio di nuovo a 0,9,  via… e su  d’un fiato.

Il fatto di goderci il sole che tramonta dietro le prime rocce dell’Adrar comporta anche il fatto che l’ultima ventina di chilometri di sabbia si farà con un buio pesto.

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E quando inesorabilmente fa notte, a turno, tutti riusciamo ad insabbiarci, liberandoci in maniera più o meno laboriosa.  Altra occasione in cui il mio verricello è stato apprezzato da tutto il gruppo.

Arriviamo così in una Chinguetti, che già dorme, e percorriamo la via che attraversa la città nuova in cerca di un campeggio, sarà la bassa stagione, sarà anche l’ora tarda  ma sembrano tutti chiusi.

Stiamo ancora valutando il da farsi quando ci raggiunge  correndo il custode del Campement “L’Auberge Des Caravanes”, ci spalanca i portoni, ed a noi che sommessamente chiedevamo se fosse possibile trovare anche qualche cosa da mangiare risponde offrendoci un “couscous delle 23:00”.

Rintraccia due ragazzi (cuochi) che, mentre noi procediamo alle “abluzioni” di rito, ci preparano una insperata cena. Ci ritroviamo tutti sulla terrazza dove diamo fondo ai 2 grandi piatti preparatici, ci viene servita anche  l’anguria come sorpresa finale.

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La mattinata è dedicata alla visita della città che raggiungiamo a piedi attraversando lo Oued che divide la parte nuova da quella storica. Quella antica purtroppo ormai è costituita da ruderi sepolti dalla sabbia.

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Entriamo in uno degli edifici in pietra della città vecchia per visitare la Biblioteca della Fondazione Al Ahmad Mahmoud , dove Saif Al Islam, un vero istrione, ci intrattiene piacevolmente raccontandoci le antiche e nuove glorie di Chinguetti e facendoci visitare la biblioteca di famiglia, costituita in Fondazione con lo scopo di salvare dai tarli gli oltre 400 manoscritti con preziose edizioni del Corano di varie epoche e dimensioni oltre a 1500 documenti relativi alla storia locale e della sua famiglia.

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Tra essi il più antico corano dell’Africa occidentale, del X secolo scritto su pelle di capra, uno minuscolo in versione tascabile, un codice del XIV secolo con la rappresentazione del sistema solare che in Europa non sarebbe stato riconosciuto che oltre 200 anni dopo ed altri libri di matematica, scienze naturali, medicina, storia. Said ci salta dicendoci  che “se le parole non vengono scritte, i concetti a volte si perdono senza possibilità di ritrovarli”.

All’uscita troviamo uno stuolo di venditrici di oggetti di artigianato che si contendono la nostra attenzione,  d’altronde siamo i soli stranieri in giro.

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Un rifornimento di gasolio da una pompa azionata a mano, precocemente terminato per la rottura della sua leva di azionamento, conclude il nostro soggiorno a Chinguetti.

Atar Toungad ed il passao di Tifoujar

Partiamo con meta Atar per una pista cercando di evitare per quanto possibile una “tole ondulee” che definirei di grado “medio” quando incrociamo una moto, non si può dire che ci fossimo dati un vero e proprio appuntamento , ma sapevamo che Fabio  di Varese e la sua compagna,  a bordo di un SuperTenéré  avevano in programma un viaggio in Senegal con puntata nell’Adrar. Aveva cercato info su Sahara.it  ed ora eccoli, di fronte a noi. Una piacevole chiacchierata, ci raccontano di essere partiti dal Senegal alquanto precipitosamente per la ventilata chiusura delle frontiere per l’ebola. i saluti di rito e via  di nuovo.

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Una breve deviazione per trovare i graffiti e poi in breve alla discesa, una sorta di mulattiera sassosa che scende nello Oued di Amojar. Volevamo raggiungere Atar per questo vecchio percorso ormai dismesso in favore della nuova strada ma, alla vista di quel breve tratto iniziale (effettivamente piuttosto sconnesso) la maggioranza “toyota” del gruppo si è spaventata ed ha optato per la comoda strada normale.

Arriviamo così ad Atar nel pieno di un caldo pomeriggio. Al campeggio Bab Sahara, citato come crocevia di chi viaggia in questa zona, contavo, almeno qui, di incontrare qualche altro viaggiatore … Nessuno!

Mentre il gruppo si rilassa e cerca refrigerio all’ombra, con Gloria vado al mercato a cercare frutta e verdura  per i prossimi giorni. Qui si può trovare più o meno tutto quello che può servire.

Dopo cena ci attardiamo in chiacchiere e, come era già successo a Chinguetti, una persona del campeggio dorme su di un materasso in terra in  prossimità delle nostre macchine  (che sia la Security?).  Anche Chiaretta ed io stesso, come varie altre volte , optiamo per una “fresca” notte all’aperto sulle  nostre brandine.

Partiamo al mattino per l’oasi di Terjit, con meta Toungad ed il passo di Tifoujar.

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Quando, dopo una trentina di chilometri lasciamo l’asfalto, per deviare verso l’oasi, troviamo un grande cantiere stradale in piena attività.

L’oasi è molto bella e procediamo a piedi tra le palme verso la sorgente che raccoglie un’acqua cristallina in una grande vasca prima che prosegua lungo il breve valloncello in direzione del paese. Siamo come sempre soli, stranamente senza il consueto stuolo di  ragazzini che , questa volta in ritardo arrivano mentre stiamo andandocene.

L’Oued el Abiod si dirama sulla destra, ed individuare il bivio sembrerebbe problematico a causa del forte impatto dei lavori. Saliamo sul plateau  e si ritrova l’asfalto procediamo spediti verso sud fino ad Oujeft. Da qui la strada, un giorno, procederà verso Tijikja raggiungendo la misteriosa rotonda che  abbiamo lasciato solo pochi giorni prima.

Sempre a causa dei lavori fatichiamo a trovare la pista che dovrà portarci a Toungad. Oltre che per la bellezza del posto, vogliamo raggiungerla anche per salutare Riccardo, un italiano che ha formato qui la sua famiglia e di recente si è trasferito qui da Chinguetti. Poco fuori Toungad offre la possibilità di pernottare in un campo tendato (tipo bed & breakfast) che integra le sue attività di accompagnare turisti in tour nell’Adrar e non solo e di allevatore cammelli e capre.

Le coordinate ci hanno condotto a sud-ovest del villaggio, ma non troviamo traccia del campo. Il luogo è molto bello, dalla sabbia emergono alte rocce su cui si appoggia si di un lato qualche enorme duna.

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Ci fermiamo per il pasto presso un pozzo e veniamo raggiunti dalla cognata di Riccardo che ci mette in contatto telefonicamente con lui. Ora è bassa stagione, anche qui nessuno in giro tranne noi; il campo è smontato e lui è momentaneamente ad Atar per sbrigare delle commissioni.

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Ritorniamo in paese, è piccolo ma affascinante, sorprende in particolare la bellezza del grande palmeto che attraversiamo nel dirigerci verso nord, dove ci aspetta uno degli “highlights” del viaggio, il passo di Tifoujar.

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L’avvicinamento non tradisce le aspettative,  una volta individuato sulla sinistra il grande varco nella roccia che ne consente la risalita, preceduto da una serie di dune che lo rimontano. Una volta aggiratele troviamo finalmente il comodo corridoio serpeggiante tra le stesse che costituisce una sorta di facile “toboga” con percorso guidato. Procediamo sempre su sabbia costeggiando sulla sinistra una grande parete rocciosa che porta al ripido tratto finale. Da lontano sembra molto ripido,  ma una volta vicini si rivela più semplice  di quanto temuto dato che il fondo è sufficientemente duro per permetterne la salita in 2°-3° ridotta senza particolari problemi.

Ci piacerebbe aspettare il tramonto e fare il nostro campo sul questo altopiano, il vento che vi soffia ci consiglia però di ridiscendere per garantirci una nottata più tranquilla. Proseguire su questa pista per raggiungere nuovamente la strada Atar- Akjoujit -Nouakchott comporterebbe un giro troppo lungo per i nostri piani e, come previsto ritorniamo sulle nostre tracce . Il percorso in discesa se possibile, è ancora più bello. Ritorniamo così nello Oued Abiod  per fare il nostro campo poco fuori la pista.

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La pista della ferrovia

Al mattino successivo una sorpresa, stiamo sbaraccando quando si avvicina il “79 Pick-up” di un signore che esordisce dicendoci in perfetto inglese che siamo su un terreno privato. Un po’ sbalorditi chiediamo come avremmo dovuto accorgercene ma era solo il suo modo di iniziare una piacevole chiacchierata con noi. Ci ha detto di essere il proprietario  di migliaia di palme e che era pure suo il pozzo che dava da bere al villaggio… insomma un riccone. Ha passato la vita in giro per il mondo, anche in Cina,  ed è ritornato da “anziano” alle sue radici. I saluti di rito e prosegue per la sua strada, poco dopo anche noi ci avviamo nuovamente verso Atar.

Proprio ad Atar, alla rotonda del crocevia principale, incontriamo Riccardo. Abbiamo il piacere di conoscere anche la sua bella famiglia, un incontro molto gradevole, si chiacchiera a lungo come ci conoscessimo da sempre ed alla fine ci salutiamo con un “Arrivederci, Insh’Allah”.

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Puntiamo a fare campo nei pressi del monolite di Ben Amira, prendiamo la strada per Choum, inizialmente asfaltata, poi sterrata per diventare pista. Non viaggiamo sempre in contatto visivo e quando la pista si trasforma in una distesa sabbiosa io proseguo  lasciando sulla destra Choum seguendo la mia traccia che si raccorda con la ferrovia più avanti. Quando riusciamo a raggiungere via radio il resto del gruppo, per semplicità ci diamo appuntamento in quel desolato villaggio che ci è sembrato Choum, che sembra esistere solo in quanto vi passa la ferrovia che, poco dopo, svolta bruscamente verso nord puntando alle miniere di Zouerate. A Choum non sorprende che l’arrivo di 4 macchine straniere scateni la curiosità di uno sciame di ragazzini che ci segue correndo ovunque. La richiesta di cadeaux e pressante come in nessun altro posto.

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Per riguadagnare la pista in sostanza ritorniamo  sulle mie tracce fino al punto in avevo deviato verso Choum stesso. La sabbia molle  si fa più frequente e richiede di mantenere un minimo di concentrazione che quando a Giuseppe viene a mancare  comporta inesorabilmente l’insabbiamento. Santo verricello!

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Con la luce del pomeriggio i colori sono molto belli, arriviamo nei pressi della meta e  troviamo in corrispondenza di un piccolo villaggio l’unico punto in cui si pussa attraversare la ferrovia senza correre rischi dovuti alle mine che sono presenti lungo tutto il tratto dei 450 km a nord dei binari stessi. Le poche abitazioni addossate ad essi includono un di Punto di Posta e la Gendarmeria. Il solerte militare che la presidia non perde l’occasione di chiederci le fiches e di raccomandarci di non proseguire oltre i monoliti.

Trovato un bel posto sabbioso dove fare il campo nei pressi di Ben Amira per  concludere la giornata in bellezza mia figlia, al battesimo nella guida su sabbia, pianta il 110 nell’unico breve tratto molle che troviamo nella zona, una insabbiata da manuale. Questa volta Dino con pazienza ci offre un ancoraggio per il  nostro il verricello. Il posto è suggestivo, la notte stellata bellissima, c’è lotta in famiglia per contendersi le due brandine per dormire all’aperto.

La leggenda vuole che Ben Amira (il maschio) ed Aicha (la femmina) fossero inizialmente un unico blocco di roccia. Viene il momento del “divorzio” e Ben Amira se ne va con i due piccoli ( i blocchi che ancora gli stanno accanto) mentre Aicha tiene con se la sua servitrice. Una quindicina d’anni fa artisti da tutto il mondo si sono ritrovati qui per rievocare, insieme al tema della pace anche questa leggenda. Le loro opere costituiscono un singolare museo all’aria aperta che vale sicuramente un visita, meglio se con la luce del primo mattino che valorizza ancor di più le opere.

Il mattino dopo proseguiamo quindi per qualche altro chilometro per  raggiungere Aisha ed ammirarne le sculture.

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Ritornati a sud della ferrovia proseguiamo il mostro percorso con tratti alterni, più o meno sabbiosi, dove non sempre la pista è evidente ma grazie alla ferrovia perdersi è impossibile. Tratti più lenti si alternano ad altri più scorrevoli. Di tanto in tanto si incontrano dei cammelli , qualche casupola in corrispondenza di grosse sacche che fanno da serbatoi d’acqua lungo l’arteria vitale per i rifornimenti costituita da treno.

Perdiamo il contatto con Dino e Giuseppe che  procedono più veloci con l’intento di raggiungere Nouhadibou in serata per acquistare una nuova batteria per il 78 che ormai parte solo grazie ai cavi ed ad un “donatore” di corrente.

A metà giornata, arrivando ad un minuscolo villaggio, trovo una persona che con ampi gesti mi chiede di fermarmi. Non capisco subito cosa voglia, poi vedo poco distante un vetusto Santana, sollevato e con il ponte anteriore a terra.

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Hanno bisogno di qualche attrezzo necessario per smontare la boccia che raccoglie i poveri resti di un cuscinetto in frantumi. La solidarietà è d’obbligo in questi casi, recupero la cassa degli attrezzi e finalmente si può procedere.

L’epilogo è per me commovente; è la prima volta che un locale mi avvicina non per chiedere ma per offrirmi un “cadeau”.  Corre nella capanna e ritorna con una bella d’ascia in pietra  trovata in chissà quale sito. Io ringrazio e lui mi assesta il colpo finale : “ Io ringrazio te , perché gli italiani sono amici dei Saharawi”.

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Si procede ancora su sabbia molle quando sento Giorgio che ci chiama con la radio: “Insabbiati!”. Lo raggiungo e subito lo imito grazie ad un malinteso segno che mi faceva di fermarmi. Dopo aver liberato le macchine dalla sabbia rovente riprendiamo la marcia, ancora una volta grazie Warn!

Ormai è chiaro che non raggiungeremo Nouhadibou in serata e puntiamo a fare campo alla fine della pista ,prima di Bou Lanouar per andare direttamente in frontiera all’indomani.

Tutto procede bene fino a quando Giorgio ci dice alla radio che il suo 95 fa un “brutto rumore”. Torno indietro preoccupato fino a quando non sento di che cosa si tratta : semplicemente il soffio del tubo di scarico forato da qualche parte. E’ chiaro che Giorgio non ha voglia di continuare, vuole guardare dove sta il problema, bisogna attendere che il motore si raffreddi, smontare il plasticone che ripara la scocca… decidiamo di fare il campo nei paraggi.

Vendetta! Tremenda vendetta!  Appena il tempo di preparare le sedie e si alza un vento fortissimo che spazza via tutto. Nemmeno pensare alla cena. Tutti di corsa in macchina ed anche questa volta ci salva lo speck ed il parmigiano.

Quando il vento diminuisce un po’ di intensità  apriamo l’Air Camping (da 2) e vi si piazzano, a loro dire comodamente, le 3 componenti femminili della famiglia. Io preferisco sistemarmi in brandina sottovento, al riparo del 110, piuttosto che montare la pur ottima tendina “Desert Challange”. Mai nome fu più appropriato!

Sarà forse per la giornata intensa ma un profondo sonno ristoratore mi ha condotto diritto fino al mattino. L’ultimo tratto di pista non è proprio velocissimo ed arriviamo in frontiera in tarda mattinata, dove  Dino e Giuseppe ci precedono di un paio d’ore.

Passiamo velocemente la frontiera della Mauritania in poco più di un’ora mentre rientrare in Marocco è un esercizio snervante, solito correre di qua e di la per controllo passaporti, dogana , dove ogni operazione richiede timbri e registrazioni a non finire. Completa l’opera vedere il doganiere che, quando viene il nostro turno, piazza all’interno del vetro il cartello di “pausa pranzo” che durerà un tempo indefinito. Rimaniamo in attesa del controllo finale con lo scanner, per scoprire che, anche qui ci vuole una registrazione preliminare sull’ennesimo librone… altra fila. Passano quattro ore prima che riusciamo ad uscire stremati.

Estenuanti  dall’attesa, Dino e Giuseppe  finalmente ci rivedono e, ricompattato il gruppo, ripartiamo con destinazione Dakhla dove arriveremo quando è buio da poco.

Uno dei motivi che ci ha fatto decidere di tornare a Dakhla era fare di nuovo visita ad Ahmed, presso Talahar Huitres, per condividere con tutto il gruppo un “sontuoso” pranzo a base di pesce poiché che all’andata avevamo potuto goderne solo noi. E’ una specie di pranzo di saluto anche se andremo ancora insieme fino a Boujdour.

Da qui noi ci dirigiamo poi direttamente a Tiznit , dove nel Riad/Campeggio dove abbiamo pernottato anche se avvisati che per tutta la notte vi si sarebbe svolta una grande festa di matrimonio alla quale abbiamo inizialmente assistito. Musiche e danze sarebbero proseguite fino al mattino ma verso mezzanotte siamo crollati grazie ai 750 km fatti nella giornata ed andati a dormire senza più sentire la (bella) musica che giungeva dal vicino salone.

Altro trasferimento per dedicare una giornata a Marrakech che Gloria ed Erica non avevano mai visitato. Cena d’obbligo Jemaa el Fnaa e visita della medina il giorno successivo. Arriviamo al campeggio verso mezzanotte e troviamo tutti i compagni di viaggio, arrivati  in serata, piazzati vicino a noi reduci dalla, per loro, ormai tradizionale spaghettata con le telline raccolte sulla Plage Blanche.

La sera puntata all’aeroporto  Casablanca dove Gloria ci avrebbe lasciato di buon mattino, il giorno successivo, per rientrare in Italia in anticipo per impegni di lavoro.

Noi invece  raggiungiamo per la notte Mohammedia e poi a Tangeri ultima nostra tappa in Marocco, prima a mangiar sardine a Cap Spartel , poi nel campeggio in centro per concederci una rilassata visita in città.

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L’indomani un po’ di mare e l’imbarco per Genova. Si torna a casa ! 😥 !

Qualche nostra considerazione:

  • Vi è una varietà di ambienti e situazioni che ha destato il continuo interesse di tutta la famiglia. Il viaggio è piaciuto a giovani e meno giovani in pari misura. Vi sono molte altre cose interessanti che non abbiamo potuto conoscere che giustificherebbero un ritorno in futuro.
  • Pur essendo uno dei paesi più poveri al mondo abbiamo sempre trovato una dignità nei comportamenti delle persone che ci ha a volte sorpreso pur considerando la inevitabile superficialità delle nostre occasioni di incontro.
  • E’ un paese visitabile 12 mesi all’anno, anche in Agosto non vi abbiamo trovato situazioni meteo proibitive. Ci piacerebbe potervi ritornare in una altra stagione.
  • Nel periodo del nostro viaggio nessun particolare rischio di carattere sanitario, nessuno ha avuto il benché minimo problema a tal proposito.
  • Non abbiamo mai ricevuto richieste di “cadeau” da parte di pubblici ufficiali per il compimento dei loro doveri d’ufficio, sia in frontiera come pure nei molti check-point.
  • Bella la sensazione di poter ancora viaggiare in libertà. La Mauritania rimane uno dei rari paesi africani ancora oggi raggiungibili con un classico viaggio A/R e visitabile senza tutti quei vincoli che alcuni paesi hanno imposto relativamente all’obbligo di guide e/o scorte militari. Nessuno di noi ha percepito o ci è giunta notizia di situazioni non sicure nelle zone da noi attraversate.

Il paese non è però del tutto immune dai problemi di sicurezza che coinvolgono ora tutto il nord Africa. Ci sono rischi  dovuti alla presenza di banditismo o di  gruppi di estremismo religioso  solo in prossimità del confine con Mali ed Algeria.  La zona di Nema ha sofferto simili problemi di banditismo anche ben prima delle recenti crisi in Mali.

Alcune note:

Il periodo: Agosto per me è una scelta quasi obbligata  se voglio prendermi  quel mese di ferie necessario per non trasformare il viaggio in una affannosa marcia forzata. Quindi partenza da Trento  il 31 Luglio , ritorno il 30 Agosto.

I compagni di Viaggio: lo scorso anno in Marocco avevamo conosciuto ed incontrato a più riprese, ma sempre casualmente, i tre equipaggi che quest’anno avevano mostrato interesse per la stessa meta nel mese di Agosto.

Dino ed Anna Maria (HZJ 78) per i quali questo viaggio era una riedizione di quello da loro fatto nel 2005

Giuseppe ed Anna con due figli Luca (12) ed Andrea (8) (HDJ 80).

Giorgio e Valeria (KZ 95) che erano al secondo tentativo, dopo una rinuncia forzata nel 2012 quando già erano in Spagna.

Gloria, mia moglie, e le figlie Erica (19) e Chiara (15) si sono stipate con me nel nostro 110 TD5

I nostri mezzi erano  tutti dotati di :

>serbatoi aggiuntivi per il gasolio per garantire l’autonomia necessaria. Per il mio 110 serbatoio da 120 l + 4 taniche da 20l

> serbatoio per l’acqua : in verità, dal momento che in Mauritania abbiamo fatto 10 campi e solo 4 notti in campeggio,  i ns 45l ci hanno spesso costretto, nel tratto Mauritano, dove abbiamo fatto vari campi in autonomia, al razionamento del quantitativo  personale per l’igiene (ad es: doccia= l’acqua di una  bottiglia da 1.5l con tappo in cui avevamo ricavato dei forellini) .

> Air Camping/Overland, tranne Giorgio e Valeria nel LC95 erano attrezzati per dormire all’interno. Noi , in quattro ,abbiamo dovuto ricorrere anche a tenda a terra ma quando possibile, abbiamo preferito 2  brandine all’aperto, anche per goderci appieno lo spettacolo del cielo stellato oltre che un po’ di fresco.

> frigorifero, i Waeco dei ns amici hanno ogni tanto sofferto il superlavoro (frequentemente in recovery) mentre il nostro Engel è sempre stato impeccabile

>  GPS: noi e Dino con i “vecchi” Garmin 276 ed i Toughbook CF 18 (IGN 1:200.000) dimostratisi sempre all’altezza,  Giorgio invece con un più moderno tablet, anch’esso OK

> Compressore: tutti con impianto centralizzato tranne noi (Viair 400)

> 2 ruote di scorta

> piastre: una coppia (sul 78 di Dino) ma mai usate

> tendalino,  preziosissimo, direi quasi indispensabile  per le soste meridiane

> ricambi “speciali Land Rover” oltre agli standard per il mio 110 (sgrat sgrat J): un differenziale anteriore e 2 iniettori  che come confidavo, non sono serviti

> per il 110: un nuovissimo Warn 9.5 ti, ritenuto inizialmnete superfluo ma risultato invece di grande aiuto per tutti , prima della partenza avevo dotato il Defender di 4 Koni Raid nuovi e molle posteriori aggiuntive ( del 130) :le molle OK,  gli ammortizzatori … così-così.

Nessuno ha avuto problemi meccanici, solo il 78 di Dino ha avuto bisogno di una batteria nuova. Statisticamente tre forature  sono normale amministrazione in un viaggio simile, solo questa volta il fato si è accanito solo con Dino.

Gasolio: Per il fatto che  la qualità del gasolio che avremmo trovato era una grossa incognita, mi ero dotato di un imbuto con filtri (MrFunnel) che garantivano una buona portata.  Con questo avrei potuto vedere il gasolio nel corso del rifornimento alla pompa e filtrare e separare eventuale acqua. Giudizio positivo nonostante il test non sia stato particolarmente severo, una specie di rassicurante “coperta di Linus”. Un amico in primavera aveva dovuto ricorrere al carro attrezzi salendo verso Nouackchott per problemi agli iniettori (Nissan con Common rail) a causa del gasolio sporco. In Mauritania siamo sempre riusciti  sempre a rifornirci da pompa (a Chinguetti ad azionamento manuale) evitando  il rifornimento da bidoni.

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Il gasolio, che in Marocco costa circa 980 MAD/l nel Sahara Occ. costa meno.  In particolare a Laayounne 754MAD e diventa solo un po’ più caro a sud , a Dakhla 774MAD/l.  In Mauritania  ci si rifornisce a  circa 384-392 MRO al litro . 1 € = ca 11 MAD  (Dirham) ed 1€= 370 MRO ( Ouguiya)  ma si cambia anche a 380-400.

Consumo: noi abbiamo percorso circa 9100 km consumando ca 1050 l di gasolio. Mi accontento, considerando la sabbia a tratti molle, i lunghi tratti del Sahara Occ con vento contro ed un Cx da TIR a causa dell’air Camping , d’altro canto non abbiamo tenuto velocità di crociera  elevata (max 100-105 kmh). Il ns 110 come pure il LC 95 si sono dimostrati assai parchi  rispetto a grossi 4200 6 cilindri.

Il tempo: Agosto è la “stagione delle piogge” ed il rischio in ogni momento di incappare nel vento forte o peggio in bufere di sabbia era una delle mie preoccupazioni  maggiori. Le piogge possono rendere il Banc d’Arguin (e non solo), una trappola micidiale poiché la sabbia nasconde spesso un substrato che se bagnato può diventare una vera morsa di fango.

Noi abbiamo trovato la sabbia in condizioni per lo più ottime, permettendoci di viaggiare senza problemi.

L’andamento delle maree nei giorni del nostro passaggio, non aveva orari per noi favorevoli per cui, a sud di Nouamghar dopo essere usciti da parco e, procedendo verso Nouakchott la pista delle maree è risultata , nell’ultima parte, delle “alte maree” costringendoci ad un lungo tratto su dune (anche belle) appena all’interno della linea costiera.

Abbiamo trovato, in particolare la sera, di frequente vento leggero e solo 2 volte abbiamo dovuto affrontare vere e proprie  bufere di sabbia e per fortuna di breve durata che ci hanno solo  costretto a cene di fortuna in macchina. Una delle due era anche “bagnata” rendendo le macchine molto simili a  “cotolette”.

La temperatura sempre “fresca” sulla costa (per qualcuno addirittura fredda), in particolare nelle sere ventilate è stata all’nterno a volte piuttosto elevata ma mai insopportabile.  Abbiamo, in certi giorni forse “consumato” più acqua che gasolio. Abbiamo ogni giorno aggiunto degli integratori a qualche bottiglia e sempre abbiamo cercato di bere con regolarità durante tutta la giornata. Aria condizionata accesa solo in un paio di occasioni su asfalto. Non avevamo termometri credibili ma 40-45°C sono abbastanza normali.

Avevamo una buona scorta di repellenti contro le zanzare  che nell’unica occasione in cui sarebbero serviti sono rimasti in fondo ai bagagli.

Le frontiere: favorevolmente impressionato dall’efficienza di Tanger Med, direi meglio di Genova.

L’assicurazione per il Marocco costa per le autovetture sempre ca 93 € per un mese,

La nave  è arrivata quasi puntuale ed in meno di 2 ore eravamo fuori, con cambio valuta ed assicurazione fatti.

Ben altro discorso per il confine Marocchino Mauritano, vi  abbiamo passato ca 4 ore all’andata e 5 al ritorno, compreso un passaggio dell’auto  allo scanner per il rientro in Marocco.

Da ricordare:  l’orario di apertura della  frontiera marocchina è tra le 9:00 e le 18:00 con interruzione “selvaggia” per la pausa pranzo dei doganieri.

Passata la terra di nessuno popolata da trafficanti di ogni genere, abbiamo fatto il visto per la Mauritania in loco (50€ a testa rispetto ai 94€ che chiedeva l’ambasciata a Roma) dove tutto sommato è risultata una operazione dai tempi accettabili (considerando che fanno a ciascuno una foto e rilevano le  impronte digitali)

Il Pass Avant mauritano (permesso di importazione temporanea del veicolo) costa 10€ e su richiesta lo rilasciano con validità per un periodo più lungo dei 7 gg standard, noi abbiamo chiesto ed ottenuto 20gg senza particolari problemi.

L’assicurazione, sempre per 20 giorni,ci è costata  13921 Ouguiya (ca 37 €)

Prelievo contanti (Sportelli Bancomat): Nessun problema in Marocco, gli ATM accettano quasi ovunque Maestro/Cirrus, a Nouhadibou prelievo solo con Visa ed a Kiffa, che dicono sia la terza città del paese, apparentemente l’unico modo di cambiare Euro è presso il fornito negozio posto sulla rotonda centrale (pila di copertoni)

 Il viaggio:  31 giorni  per 9050 km  totali più il  traghetto Genova Tangeri e ritorno (da Trento sarebbero stati ulteriori 4500 ca).  In Mauritania abbiamo percorso  ca 3000 km 14 giorni di cui circa un quarto su asfalto. Abbiamo  pernottato 4 volte  in campeggio, per il resto camp in autonomia senza nessun problema particolare.

E’ quasi inevitabile in Marocco prima o poi finire vittima di un qualche radar, dato il loro larghissimo utilizzo e le doti mimetiche  della polizia.  A noi è capitato al ritorno ad El Marsa, poco prima di Laayounne, 300MAD per 12 km/h oltre i 60 prescritti. Siamo però passati indenni dalla famigerata “rotonda con stop” di Tan Tan.

Abbiamo utilizzato una buona parte delle 25 fiches (a testa) con i dati personali  preparate per il Marocco/Sahara Occ.  e delle 50 per la Mauritania per passare rapidamente i posti di controllo.

Abbiamo sempre bevuto acqua in bottiglia, facilmente reperibile ovunque (in Mauritania cartoni 12 bottiglie da 1,5 l per 2000 MRO, come noi a ca.  0,40€ ciascuna)

Il pane si trova facilmente ai banchetti dei mercati, il prezzo per la frutta e la verdura  varia in funzione della provenienza, ad Atar ad es. a detta del venditore ciò era giustificato dalla provenienza export  di alcuni tipi, è comunque normale che qualcuno “ci provi” con  i turisti.

E anche da dire però che tra Tidjikia e Chinguetti, verso Rachid, dove procedevamo lentamente attraverso il villaggio, ma senza fermarci, siamo stati omaggiati di datteri lanciati attraverso il finestrino aperto dell’auto!

I pernottamenti i campeggio:

Marocco & Sahara Occidentale

L’appuntamento con i compagni di viaggio era a Dakhla

Abbiamo sempre dormito in campeggio o campo sfruttato la guida di J.Gandini – Campings du Maroc (2013 – 2014) – Editions Extrem’ Sud, Editions J.Gandini (22€)

In agosto nessun problema di affollamento data la “bassa stagione”. Abbiamo quasi sempre cucinato noi (la sera) non disdegnando , quando disponibile, qualche piatto locale.

–  Mohammedia – Camping L’Ocean Blu , comoda sosta arrivando o ritornando a Tangeri, nelle vicinanze di Casablanca, frequentato da turismo interno, si trova tajine de poulet (pazientando molto) anche alle 9 di sera (unici clienti)

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–  Baybaie-Akermoud – Camping c/o Les Résidences de La Plage ( da nord, ca 45 km prima di da Essaouira) per chi fa la costa  Solito piazzale di albergo su bella spiaggia sabbiosa con servizi sopra lo standard (gestito da francesi)

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image155– Camping Fort Bou-Jerif , tra Guelmin e la Plage Blanche  bello, molto grande, buona cucina a prezzi più europei che marocchini, ottimi brewat (involtini ripieni di carne)  e tajine di dromedario con pere.

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– Laguna di Naila (Parco nazionale di Khnifiss), poco dopo Akhfenira e ca 70 km prima di Tarfaya  (Campo nel Parcheggio del parco) Posto suggestivo, a volte nebbioso, nessun servizio. In estate solo pochi fenicotteri, pellicani e cormorani.

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image162– Dakhla – Camping Mussarif . In riva al mare, nello standard , grande piazzale circondato da muro che poco ripara dal vento. Un must: se siete a Dakhla di giorno a 10 km (quasi esatti) dal campeggio uscendo dalla città verso la N1 , sulla destra si trova un grosso copertone in corrispondenza di una stradina sterrata che in poche centinaia di metri porta sulla scogliera dove di vede solo un cartello che indica Talamhar Huitres. Nascosto sotto la scogliera , in riva al mare c’è l’allevamento di ostriche e troverete Ahmed Guida che ve le servirà appena prese dal mare, insieme a polpo fritto e varie Tajine di molluschi e volendo piccole aragoste. Se disponibile, o avvertendo prima, prepara deliziosi pesci al forno con contorno di verdure.

In Mauritania

– Nouadhibou – Camping Abba, grande piazzale, cinto da muro, ospita anche quei camionisti che temono i furti notturni di gasolio.

– Nouakchott – campeggio nel parcheggio dell’  Hotel Sahara, al chiuso ma infestato dalle zanzare e con un pozzetto maleodorante vicino alle auto

A Tidjikia – transitando di giorno, abbiamo chiesto di poter fare la doccia presso il Campement/Auberge Le phare du désert  usandolo  come un “Diurno” avendo razionato l’acqua  (per  cucina ed igiene)  data la modesta  capacità del ns serbatoio e la bufera di sabbia con annesso  temporale della sera precedente. Costo: offerta libera

–  Chinguetti – campeggio c/o Auberge Des Caravanes . Molto piacevole, custode gentile, ci ha fatto preparare il cous-cous nonostante l’ora tarda, andando a recuperate i cuochi nelle rispettive abitazioni.

–  Atar – Campeggio Bab Sahara. Servizi nella norma ed ombreggiato.

Sulla via del  ritorno: Sahara Occidentale  & Marocco,

– Dakhla – Camping Mussarif.  Stesso dell’andata.

– Boujadour – Camping Sahara Line. Struttura relativamente nuova, ben tenuta ed a due passi dal mare. Si alza un po’ di vento al tramonto che cala sensibilmnete la notte.

– Tiznit – Camping Riad Assllaf  . Scelta obbligata dato che, come pare ogni anno in agosto, il campeggio Municipale, in centro, risulta chiuso. Servizi essenziali.

– Marrakech – Camping Domaine  Le Relais De Marrakech , un classic, un po’ complesso raggiungerlo la prima volta, specie con il buio. C’è una  convenzione taxi per il centro : corsa diurna 60 MAD (notturna 90 MAD), invece con auto propria, anche carica,  il parcheggio sorvegliato c/o la grande moschea vicino a Jama Fna costa di giorno 20 MAD/2 ore.

– Mohammedia – Camping L’Ocean Blu , come all’andata

– Tanger- Camping Miramonte (in città), lo abbiamo preferito al quello di Punta Spartel oltre che perché appare meno desolato, soprattutto per la possibilità di raggiungere la città in brevissimo tempo, volendo anche con una ragionevole camminata  per la parte “vecchia” (alta) della stessa .

E’ dotato di una piscina (a pagamento ed aperta a tutti). Ora è facile da raggiungere proseguendo dall’imbarco dei traghetti lungo la nuova grande strada costiera.

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Nota: a Tanger Med non è più utilizzabile per il pernottamento la spiaggia nelle immediate vicinanze del Porto in direzione Tetouan, al di la della montagna con la grande scritta che domina il porto.

 Al margine orientale della spiaggia è infatti in fase di realizzazione un porto (turistico) e la zona è stata fagocitata dal relativo cantiere. Rimane una opportunità eventualmente per passare qualche ora in attesa del traghetto e gustarsi l’ultimo piatto di sardine o l’ultima Tajine.

11 comments… add one
Glauco October 28, 2014, 20:33

Fantastico! Bravo Paolo, uno spendido resoconto!

Pietro October 29, 2014, 13:21

Bellissimo viaggio, complimenti! leggendolo ho rivissuto il viaggio da me fatto in Mauritania nel 2004.
Mi sarebbe piaciuto tornarci ma sono stato frenato dal timore che fosse diventato un paese insicuro, ma ora che ho letto il tuo resoconto, inchallà………..

Giorgio October 30, 2014, 18:27

Ho bevuto tutto d’un fiato il resoconto del vostro fantastico viaggio. Mi piacerebbe accompagnarvi: purtroppo il mio valoroso veicolo ha agià 363.000 km, anche se non li dimostra. Grazie per la bella lettura che mi avete offerto. A presto. Un abbraccio a tutt’e quattro da
Giorgio

giba November 5, 2014, 08:09

complimenti resoconto da professionisti.

ciao giba

Fabio November 9, 2014, 17:34

B E L L I S S I M O !!!

roberto buselli November 24, 2014, 19:13

Ho visitato la Mauritania e il Mali qualche anno fa , complimenti per il coraggio che avete avuto , un viaggio del genere con la situazione ” politica ” attuale , richiede veramente coraggio .

Mohamed December 26, 2014, 17:22

Per visitare collegare bene marocco

http://merzougaalacarte.over-blog.com/

Cris December 9, 2014, 20:45

Splendido!!!
Cris

Carlo January 24, 2015, 15:12

Complimenti per il resoconto, molto ben scritto, interessante e con molte info utili!!!

Carlo

riccardo January 27, 2015, 12:57

Bel resoconto ,ricambio l’impressione “come se ci fossimo conosciuti da sempre”.
ciao Riccardo

marco March 25, 2015, 17:09

bravo un ottima descrizione, io ci sono andato a dicembre gennaio!

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