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Persia 2006 By Alex Castoldi

– Posted in: Asia, Resoconti di viaggio

By Alex Castoldi
Originally Posted Friday, April 20, 2007

 

Persia 2006

 

Primavera 2006. Pianificazione finale dal viaggio. Tanta fame di notizie, poche informazioni a mia disposizione. Mi trovo spesso a spulciare il web alla ricerca di nuovi dati ma mi imbatto sempre negli stessi scarni e datati resoconti. Pochissime notizie sicure. Qualche amico prova volonterosamente a darmi una mano nelle ricerche ma ogni giorno nuovi dubbi si insinuano in quelle che sembravano le certezze del giorno prima. Consolato, Aci, agenzie e siti internet brillano per approssimazione, a seconda dell’operatore con cui ci si mette in contatto le versioni cambiano. Non sono certo dei costi, delle tempistiche, dei documenti necessari, nemmeno dei tassi di cambio. Waypoints nemmeno a parlarne. Insisto comunque nel mio intento anche se a complicare le cose ci si mette anche una serie di eventi non proprio beneaugurati (vedi aviaria, un terremoto, crisi sul nucleare, guerra israelo-libanese).

Sono davvero tanti anni che percorro le strade d’Europa, del Nord Africa e del Medio Oriente in auto, da solo con Sandra o con un secondo equipaggio e negli ultimi otto di questi anni mi sono specializzato in viaggi self made in compagnia anche dei miei piccoli gemelli. Non mi era però mai capitato di dover partire senza avere un sufficiente controllo delle formalità burocratiche e della logistica riguardanti il viaggio che andavo a compiere. Forse anche per tale motivo non ho poi mai trovato lo stimolo di dover mettere per iscritto gli appunti del viaggio appena concluso

E’ unicamente per questa ragione, per il fatto di poter fornire un piccolo contributo a qualche altro equipaggio che desiderasse effettuare in viaggio simile, che questa volta mi sono ritagliato il tempo di mettere a disposizione di altri quel piccolo bagaglio di informazioni vissute ed attinte personalmente prima e durante lo svolgimento di questo entusiasmante viaggio in Iran.

Equipaggio

Alex, Sandra, Lorenzo & Martina di Bolzano su Nissan Pathfinder

Documenti per l’ingresso

– Passaporto con le fotografie dei bambini

– Visto

– Invito

Per quanto riguarda l’invito ed il visto mi sono rivolto all’agenzia viaggi Adineh Travel di Milano.

Per l’ottenimento del visto, specificando che volevo entrare in Iran con il mio veicolo, ho dovuto spedire anche la prima pagina del Carnet de Passage. Con posta prioritaria il tutto si è risolto in 20 giorni, spesa 270,00 euro.

– Carnet de Passages

Anche se avevo letto della possibilità di rilascio del Carnet presso la frontiera iraniana ho preferito partire con i documenti già in tasca. Forse richiedendolo sul posto avrei potuto risparmiare qualcosa in termini di costo ma in termini di tempo…… Ho letto di attese di 24 ore al confine, di obbligo di recarsi a Tabriz o Teheran per l’estensione della validità del Carnet, di ulteriori costi aggiuntivi. Non ho rischiato.

Presso la mia banca ho acceso una fideiussione sul valore del veicolo nuovo e con quella mi sono recato all’ACI per il rilascio del Carnet de Passages.

Accensione della polizza fideiussoria: 50,00 euro

Costo mensile della fideiussione: 40,00 euro (accesa in giugno, estinta in settembre, appena rientrato a casa = 160 euro)

Costo del Carnet: 153,00 euro

Traghetto

Linea Brindisi – Cesme con Compagnia di navigazione MES

Prenotazione c/o Tazzina Viaggi Brindisi, cabina 1^esterna: 990,00 euro

Tasse portuali 30,00 euro per persona + 40,00 per veicolo (a tratta), tot.: 320,00 euro

Cambio, sempre ufficiale: 1 euro = 11.620 rial

Diesel, 1 litro = 165 rial

Diario di viaggio

4/8/06

Bolzano – Marotta (km 476)

Ore 15,00 si parte. Finalmente. Pernottiamo in un mini camping a Marotta Mondolfo. In questa località vi sono almeno 4 siti, gestiti dal Comune o da Camper Club, dove poter pernottare in tutta tranquillità a costi estremamente contenuti. Cena in un ristorante sul lungomare a base di pesce.

5/8/06

Marotta – Brindisi (km 692)

Colazione sulla spiaggia e poi subito verso Brindisi. La partenza del traghetto è prevista per le 22,30 ma è richiesto come sempre di essere presenti al porto con qualche ora di anticipo. Al momento del check-in, che avviene con tempi davvero rapidi, c’è da pagare la tassa d’imbarco: 30 Euro per persona (qui i bambini pagano per intero) e 40 per il veicolo. Totale 160 Euro a tratta! Anche se la spesa era già inserita nel budget fa sempre un po’ male dover sborsare una cifra di questa entità esclusivamente per delle tasse!

6/8/06

Navigazione, la colazione, il pranzo e la cena sono compresi nel costo della cabina ed il personale di bordo costituito quasi esclusivamente da ucraini/e è molto gentile nel servirci. Alcune formalità burocratiche vengono effettuate direttamente a bordo della nave per cui bisogna ricordarsi di portare con se i passaporti ed il libretto dell’auto.

7/8/06

Cesme – Afyon (km 508)

Sbarco verso le 11,00 ora locale, le formalità d’ingresso si concludono in un’ora circa. Il visto d’ingresso in Turchia si limita al pagamento di 10 Euro a persona. (non a passaporto, quindi i bambini inseriti nel passaporto del genitore sono comunque tenuti al pagamento) e si traduce in un bollo applicato sui passaporti stessi. Pranzo nel primo ristorantino dopo la dogana. Kebab, il primo di una lunga serie. Partiamo in terra turca e sostiamo per la notte in una buona stazione di servizio nei pressi di Afyon con servizi igienici e ristorante adiacente dove ceniamo. Adotteremo questo tipo di sistemazione notturna molto spesso durante il transito in Turchia in quanto consente di poter fermarsi in aree sufficientemente attrezzate, provviste di toilette decenti, ristorantini puliti ed a costi limitati, a volte addirittura provvisti di minimarket o di servizio di guardia notturna.

8/8/06

Afyon – Hattusa (km 424)

A mezzogiorno raggiungiamo la località di Bogazkale e ci riposiamo nel campeggio situato nel cortile ghiaioso del Baskent Hotel (N40 01.716 E34 37.111) e nel tardo pomeriggio visitiamo i resti del santuario di Yazilikaya che racchiude i luoghi sacri dell’impero ittita. Quando decidiamo di proseguire la visita nella città antica è già tardi ed il cancello d’ingresso è chiuso (ore 18,00) ed il sorvegliante non accetta deroghe nemmeno dietro la promessa di una mancia. Compriamo i primi souvenir ed a sera ci cuciniamo la nostra prima pastasciutta straniera.

9/8/06

Hattusa – Erzurum (km 828)

Visitiamo Hattusa con l’aiuto di una guida locale. Anche Lorenzo e Martina si appassionano alla ricostruzione della storia sulla civiltà ittita e intervengono per fare numerose domande. Il sito, considerando gli oltre 3000 anni di storia, è ben conservato e rende piuttosto bene l’idea della vastità e della grandezza di quella che fu la capitale di uno dei primi grandi e misteriosi imperi dell’antichità. In ogni caso la visita completa non richiede comunque più di un paio d’ore. Verso le 11,00 ripartiamo. Sosta per uno spuntino poco prima di Sivas. In un locale incontriamo 2 motociclisti milanesi che viaggiano alla volta dell’Armenia, via Georgia, con cui ci scambiamo i soliti aggiornamenti su dettagli legati al viaggio in corso che comprendono notizie attinte da precedenti esperienze e servono magari per programmarne di futuri. Verso sera, nel tratto di strada fra Erzincan ed Erzurum ci troviamo costretti a viaggiare per circa 30 km su strada bitumata di fresco. Quando ci fermiamo per la notte ci rendiamo conto dello stato in cui versa il nostro Pathfinder: le fiancate sono verniciate fino ad un’altezza di 60 cm. Lorenzo, che è il primo a scendere, si ritrova con la mano che ha richiuso la portiera completamente nera al pari della manica della maglietta e di una gamba dei pantaloni.

Dopo la cena al ristorante dell’area di servizio entriamo in tenda stando molto bene attenti a non appoggiarci alla macchina quando saliamo la scaletta. Ammetto di andare a letto decisamente infastidito e contrariato da questo inconveniente che ci brucerà inevitabilmente del tempo prezioso.

10/8/06

Erzurum – Dogubayzit (km 309)

Con la luce del sole la macchina appare ancora più imbrattata, dispero sul fatto che possa tornare allo stato precedente in breve tempo, è decisamente in uno stato pietoso. Dopo colazione ci rechiamo in una stazione di servizio provvista di autolavaggio che avevo già adocchiato la sera precedente. In 3 ore, con l’aiuto di 30 litri di nafta ed ettolitri di acqua riescono in un mezzo miracolo. Nella stessa stazione incontriamo altri 2 motociclisti, vengono da Bologna, che puliscono a mano la loro moto, la sera precedente avevano percorso lo stesso tratto di strada. Ripartiamo e finalmente nel primo pomeriggio avvistiamo l’imponente sagoma del monte Ararat: è completamente sgombra da nuvole, la cima è coperta da neve e si erge per quasi 3500 metri dall’altopiano in cui ci troviamo a quota 1700 s.l.m. A Dogubayzit prendiamo la deviazione per l’Ishak Pasa Sarayi. Dopo la visita al palazzo/castello decidiamo di fermarci per la notte nel minuscolo Murat Camping (N39 31.196 E44 07.778) proprio ai piedi della costruzione. Troviamo altre 3 famiglie su camper o unimog. Uno dei camper è targato Trento e appena entrati ci corrono incontro Gayatri, Sunita ed i loro genitori. I bambini ci impiegano appena qualche minuto per familiarizzare e poi cominciano a giocare insieme. Loro stanno andando in Pakistan, un viaggio di 3 mesi, un secondo camper è di una famiglia svizzera con bimbo di 3 anni e lei incinta all’ottavo mese, stanno rientrando da 1 anno di viaggio attraverso quasi tutte le repubbliche ex sovietiche della zona oltre che Cina e Pakistan ed infine una coppia di pensionati olandesi, dopo aver venduta la propria casa, ha acquistato un unimog e si sta dirigendo in Thailandia. Mi sento come un turista Alpitour! Docce calde e pastasciutta, poi tutti sotto il telo di Tullio per raccontare ed ascoltare i consueti ed affascinanti racconti di viaggio. Dalla pianura sotto di noi sale un vento fortissimo che mi impedisce di rimanere nella tendina, salgo a dormire con gli altri in Maggiolina.

11/8/06

Dogubayzit – Tabriz (km 365)

Salutiamo i compagni di una sera e sempre affiancati dalla mole dell’Ararat ci avviamo a percorrere i 40 km che ci separano dal confine. Nei preparativi per la giornata c’è però una novità: il nostro abbigliamento deve adeguarsi a quello richiesto nella repubblica islamica e quindi io mi infilo un paio di pantaloni lunghi mentre Sandra indossa pantaloni fino alla caviglia, camicia con maniche lunghe, una casacca che serve a coprire le “forme” del corpo femminile e mette in tasca il foulard, accessorio che l’accompagnerà per le prossime due settimane. Appena qualche centinaio di metri prima della frontiera c’è un bivio che conduce ad un cratere provocato dalla caduta di un meteorite (N39 25.033 E44 22.257). Dopo quello analogo in Alaska è il secondo al mondo per grandezza. Tutta la zona è presidiata da forze militari che pattugliano il confine e bloccano il traffico per controlli. In tutta l’area orientale della Turchia abbiamo notato una considerevole esibizione di mezzi militari: autoblindo, camion, carrarmati, caserme stipate di soldati e di materiale bellico, posti di blocco in grande stile. Questa ostentazione non sarà poi così evidente oltre confine, in Iran la propaganda evidenzierà altri aspetti, altri culti prevarranno rispetto l’esibizione della forza militare.

Alla dogana turca, superata l’immobile colonna di mezzi pesanti, basteranno appena 20 minuti, il tempo per un rapido controllo, un paio di timbri e per far indossare a Sandra l’hejab, il velo che le copre i capelli. Solo pochi metri ed un paio di cancelli e ci troviamo alla frontiera iraniana. Fermata la macchina ci fanno scendere e ci accompagnano, con tutti i documenti, in uno stanzino dove un funzionario inizia a farci un po’ di domande che non appaiono proprio del tutto sensate In ogni caso ci trattiene per circa mezzora densa di sguardi ed ammiccamenti più che di parole. Dopo questo pseudo-interrogatorio iniziano le formalità vere e proprie quali controllo del passaporto, del visto, del carnet de passage, del bagagliaio. Al termine anche del cambio valuta vengo invitato in un ultimo stanzino dove mi danno finalmente il benvenuto in Iran e mi chiedono di dimenticare a partire da questo momento tutta la propaganda ascoltata in occidente a proposito del loro paese. Sorrido rassicurandoli.

La sbarra si alza, siamo in Iran. Sono passate due ore e mezza da quando ci siamo presentati al confine, portiamo avanti l’orologio di un’altra mezz’ora per adeguarci all’orario locale. Alla prima sosta per acquistare acqua e frutta riceviamo il primo cordialissimo invito per fermarci ospiti nella casa di un passante che voleva presentarci alla propria famiglia. Ringraziamo, rifiutiamo e ripartiamo. Questo genere di inviti ci accompagnerà per tutto il viaggio, ci dispiace molto non approfittarne ma abbiamo deciso di rispettare il nostro piano di viaggio e di limitare questo genere di soste che spesso creano poi imbarazzi nel momento in cui si decide di ripartire. Incontreremo però turisti che hanno accettato l’invito e che hanno soggiornato per alcuni giorni in casa di famiglie iraniane: nessuno mi ha mai accennato ad inconvenienti e spesso sono stati ottimi momenti di socializzazione e di conoscenza reciproca. Lungo la strada incontriamo difficoltà nel fare rifornimento di gasolio. Quasi tutti i distributori hanno esclusivamente benzina, quelli con diesel hanno le cisterne vuote, altri vogliono assolutamente delle “fiches” che non ho ancora capito bene dove e da chi vengano rilasciate. Quando il serbatoio è ormai quasi vuoto mi fermo in un’ultima stazione di servizio e con molto garbo dichiaro che da li non mi muovo fino a che non mi riforniscono. Il mio comportamento determinato unitamente alla vista dei bambini convince i gestori che rimediano da un fusto in disparte una ventina di litri di gasolio, il necessario per arrivare a destinazione.

Nel primo pomeriggio entriamo a Tabriz, capoluogo della provincia dell’Azerbayjan iraniano: al seguito di un taxi, dopo aver fatto il primo pieno di diesel al modico prezzo di 1 Euro scarso, mi faccio accompagnare all’Hotel Petrolchemy (N38 04.504 E46 16.928). Non ci aspettavano ed in un primo momento i guardiani non sembrano disposti ad accoglierci. Solo l’arrivo presso la sbarra d’ingresso della direttrice sblocca la situazione e dopo una serie di spiegazioni e trattative ci fanno entrare. Più che di un hotel si tratta di un centro sportivo con albergo, ristorante, parcheggio, bungalow e campi sportivi. La sistemazione è splendida, siamo gli unici ospiti che si fermano nel parcheggio/camping e ci consegnano le chiavi dei servizi igienici unitamente alle chiavi di 2 (due!!!) gazebo/bungalow provvisti di una panca semicircolare ottimamente arredata con materassi, tappeti e cuscini. In men che non si dica diveniamo l’attrazione del complesso e nel nostro gazebo entrano fino a 20 persone, i bambini vengono rapiti da un DVD della Walt Disney che ho inserito sul pc portatile e con i grandi iniziamo lunghi discorsi sulle più svariate tematiche. Ci colpisce molto la curiosità di queste persone, tutti hanno fame di notizie, qualsiasi notizia e tutte le domande che ci vengono poste non sono mai irrispettose, sono sempre sincere, quasi ingenue. Un altro esempio di ospitalità e di curiosità sopravviene verso sera. Dopo aver visitato il centro di Tabriz (peccato che è venerdì e lo splendido bazar è chiuso!!) siamo al bordo di una strada nel tentativo di fermare un taxi affinché ci riporti in hotel. Una famiglia (padre, madre, due figlie) in auto si ferma e si offre di riaccompagnarci. Tentiamo il solito cordiale rifiuto ma non c’è verso, a costo di lasciare le figlie per strada ci vogliono assolutamente offrire un passaggio. Alla fine ci “costringono” ad accettare, ci sediamo in otto a bordo della Paykan da 5 posti e subiamo un vero e proprio “interrogatorio” sull’Italia, sul nostro viaggio, sul nostro lavoro, su cosa si pensa in occidente dell’Iran…. E’ tutto così strano e naturale al tempo stesso. Davanti all’hotel ci scambiamo gli indirizzi e-mail e ci salutiamo. Non riusciamo nemmeno a fare a meno di ricevere in regalo una penna! Cena al ristorante dell’albergo e dopocena nel nostro gazebo invaso da iraniani che continuano a sorriderci, a fotografarci, ad interrogarci. Sfiniti andiamo a dormire, Sandra, Lorenzo e Martina in Maggiolina, io nel gazebo. Come prima giornata in Iran è stata piuttosto densa. Se fino a ieri avevo ancora qualche perplessità sul viaggio, oggi mi addormento pienamente convinto della scelta fatta.

12/8/06

Tabriz – Masuleh (km 511)

Abbiamo già capito che il tempo a nostra disposizione non sarà sufficiente per tutto ciò che vorremmo ora fare, a malincuore proseguiamo il viaggio. Poco dopo mezzogiorno, dopo aver passato i monti Elburz ed aver mangiato in un chiosco lungo la strada (ancora macchine che si fermano e bambini iraniani che escono per portare regali ai nostri!!!), riusciamo a bagnarci mani e piedi nelle calde acque del Mar Caspio. Temperatura sui 45 gradi e umidità elevata rendono impossibile rimanere a lungo all’aperto, soprattutto per Sandra che fatica ad abituarsi al velo. Decidiamo di proseguire verso Masuleh (N37 09.202 E48 59.344) dove arriviamo nel tardo pomeriggio. E’ un villaggio costruito sul fianco di una verde vallata a pochi chilometri dal Caspio. I tetti delle case formano le terrazze delle case costruite più a monte ed è una suggestiva località turistica meta di molti iraniani che trovano in questo luogo alberi, tranquillità e refrigerio. Alcuni bambini ci vengono incontro e ci offrono delle camere per la notte ma quando incontriamo casualmente Hossein che parla italiano……la scelta è d’obbligo. Soggiorniamo in una camera del suo appartamento per circa 12 Euro. Anche se nella camera c’è solo un materasso steso per terra possiamo utilizzare il bagno con la doccia e la macchina è parcheggiata solo a pochi metri da noi. Hossein ha vissuto 20 anni a Roma ed ora è tornato nel suo paese. Lo invitiamo a cenare con noi e così ci fa da guida per il villaggio consigliandoci un ottimo ristorante per mangiare ed il locale migliore per fermarci a bere del tè ed a fumare il narghilè. Un giro per il bazar conclude la giornata.

(Per contattare Hossein: Hossein Yazdanian – Masuleh tel. 0098/1327572022)

13/8/06

Masuleh – Kashan (km 722)

Dopo una ricca colazione con “nun” appena sfornato, burro, miele e tè salutiamo Hossein e partiamo alla volta di Kashan. I primo tratto di strada torna a valicare i monti Elburz ed è quindi piuttosto tortuoso ma da Qazvin in poi è tutta autostrada. Ai caselli può capitare di ritirare un biglietto, oppure di pagare, oppure di riconsegnare solo il biglietto senza pagare, in ogni caso i costi sono irrisori. A Teheran ci passiamo solo perché manchiamo lo svincolo giusto. Avevamo scelto in anticipo di evitare questa tappa: il traffico, lo smog ed il caldo non ci fanno rimpiangere troppo la scelta fatta. A Kashan ci fermiamo all’Hotel Kowsar (N34 00.480 E51 24.530), 4 persone su tre letti, bagno con doccia calda e prima colazione fanno 25 Euro.

14/8/06

Kashan – Isfahan (km 286)

Fino a metà pomeriggio visita della città, bazar, hammam, case tradizionali, giardini Fin. Ci muoviamo in taxi e riusciamo a goderci intensamente l’impatto con la città, la sua gente, i colori, i suoni, i sapori che la caratterizzano. In una stupenda casa da tè incontriamo Giovanni, uno studente fiorentino di sanscrito che viaggia solo. Ci chiede uno strappo. Lo accompagniamo nel suo alloggio dove ritira lo zaino e da li, dopo aver ripreso la nostra auto, partiamo alla volta di Abyaneh (N33 35.196 E51 35.328), un piccolo villaggio con case rosso mattone protetto dall’Unesco. Il sole è sufficientemente basso per far risaltare i colori caldi delle case sullo sfondo azzurro intenso del cielo. Gli abitanti indossano abiti tradizionali e le donne hanno mantelli e veli colorati tipici del posto. Due ore di visita ci impregnano di sensazioni che non ritroveremo più in Iran, lo spettacolo è unico, la visita è di quelle da non mancare assolutamente. Abbiamo anche la fortuna di trovarci in centro al paese proprio alla fine di una funzione religiosa e di poter così vedere ed immortalare una lunga fila di anziani del posto mentre cammina lentamente sullo sfondo di un paese fiabesco. Solo un’altra ora e mezza e, dopo aver costeggiato uno dei siti di ricerca nucleare iraniani protetto da una fitta serie di postazioni di contraerea, siamo a Isfahan dove lasciamo Giovanni. Solo con l’ausilio dei waypoints raggiungiamo l’Isfahan Tourist Inn (N32 35.616 E51 40.040), un complesso turistico alla periferia sud della città, vicino ad una serie di svincoli da cui partono autostrade per le città circostanti.

Per soli 5 dollari a persona adulta ci fanno campeggiare nell’apposito piazzale provvisto di acqua, corrente elettrica, piazzola in cemento e servizi con docce calde adiacenti. Nel complesso ci sono anche camere e miniappartamenti in villini che sono però tutti occupati da ragazzini facenti parte di un gruppo di colonie estive. Appena registrati, per mezzo di un taxi ci rituffiamo di corsa in pieno centro nella maestosa Imam Square onorando l’appuntamento preso con Giovanni per una cena da passare insieme. L’ingresso in questa piazza di notte, con tutte le cupole illuminate e la moltitudine di gente che gioca, discute, riposa, mangia seduta o sdraiata sull’erba dei giardini è un altro di quei fotogrammi che rimarranno per sempre nelle nostre menti, indelebile. Assaporiamo ogni immagine della piazza e dopo una breve passeggiata andiamo a cena in un ristorante che ha del fantastico, si sale scalzi su larghe panche coperte di tappeti dove viene apparecchiata la tavola. Banco self service per le verdure e piatti tradizionali piuttosto elaborati e gustosi, bibite fresche, tè. Siamo in un sogno. Torniamo in campeggio che non ci reggiamo più in piedi, terminiamo l’ennesima giornata ricolma di immagini e sensazioni. Nonostante i ricordi siano ancora freschi non siamo in grado di rivederli con ordine, ci addormentiamo immersi in incessanti susseguirsi di spezzoni di film, confusi, inebrianti.

15/8/06

Isfahan (km 0)

E’ ferragosto, festeggiamo lasciando il Path immobile.

Dedichiamo la giornata alla visita della città, dei suoi monumenti, dei suoi ponti, delle sue moschee, del bazar e delle case da tè. Conosciamo gente cordialissima che ci accompagna, ci spiega, ci chiede, ci parla, ci ascolta. Vogliono conoscerci, vogliono fotografarci, vogliono farsi fotografare da noi. Ci parlano di tutto, dai mondiali di calcio a Saddam, dalla mafia a Dio, da Zeffirelli a Shakespeare. L’impressione è che sia un popolo molto colto, interessato ai più svariati argomenti di attualità, che ama discutere di politica ma è restio ad agire, esperto conoscitore di temi religiosi ma assolutamente aperto e tollerante verso le diversità, amante della poesia e della cultura anche internazionale. E’ piacevole conversare con loro anche se il tempo a nostra disposizione è decisamente inferiore a quanto loro si aspetterebbero. Tanti incontri, tanti saluti, tante spiegazioni su chi siamo e da dove veniamo, mai importunati da polizia, mai trovati in situazioni di difficoltà.

16/8/06

Isfahan – Yazd (km 527)

Partiamo di buon mattino, la meta oggi è Yazd ma prima di arrivarci abbiamo in mente varie soste lungo il percorso. Sostiamo a Nai’n per fare rifornimento di pane, bibite e frutta e per visitare la carinissima moschea, ci fermiamo un po’ a Meybod per visitare il caravanserraglio (N32 13.650 E54 00.574), il centro cittadino, il castello. Visitiamo l’inquietante località di Chak-Chak (N32 20.630 E54 24.087) ed a piedi risaliamo l’intero brutto villaggio per visitare l’affascinante tempio zoroastriano. Il vecchio custode ci viene incontro per aprire con le chiavi i magnifici portoni in ottone che si aprono sulla grotta dove arde un fuoco sacro e cade aritmicamente la goccia d’acqua che da il nome al luogo. Luogo davvero impensabile, suggestivo, assurdo.

Poco dopo essere ripartiti sbagliamo strada, qui le indicazioni sono approssimative e ci sono un paio di ponti crollati o strade in rifacimento e non transitabili, percorriamo quindi una serie di piste sterrate che attraversano per circa 60 km una zona collinare desertica e arida. Incrociamo qualche raro campo coltivato e qualche piccolo agglomerato di casupole in pietre o in fango. Ci fermiamo per qualche fotografia e per qualche saluto alle poche persone che incontriamo lungo il percorso, per lo più anziani contadini o giovanissimi pastori e solo con l’aiuto del gps riusciamo verso sera a ricongiungerci con l’asfalto presso la cittadina di Karanak (N32 20.955 E54 40.902). Arriviamo a Yazd che è notte ma, sicuri di dove poter andare a dormire, la cosa non ci preoccupa più di tanto. Al seguito di un taxi raggiungiamo il Caravan Tourist Hotel (N31 53.537 E54 18.405), un altro dei siti turistici gestiti dall’ITTIC, l’agenzia per il turismo iraniana. Anche qui siamo gli unici ospiti a campeggiare, ci fanno accomodare in un piazzale davanti ad una serie di casette a schiera, ci aprono il piccolo edificio adibito a servizi con bagni e docce calde, ci colleghiamo alla rete elettrica e mentre Lorenzo e Martina si abbandonano ad uno dei loro DVD di cartoni animati noi prepariamo la cena: mezzo chilo di maccheroni al ragù.

17/8/06

Yazd (km 0)

Colazione all’ombra dei bungalow e poi subito in taxi verso le torri del silenzio. Solo 40 anni fa i seguaci di Zoroastro portavano i loro morti all’interno di queste torri che ora sono appena fuori la cinta cittadina e li lasciavano spolpare dagli avvoltoi. Un sacerdote assisteva alla scena ed in base a quale dei due occhi della salma veniva attaccato per primo, traeva le conclusioni su quale fosse il destino ultraterreno dell’anima. La religione Zorastriana sembra proprio essere stata la prima religione monoteistica al mondo ad essersi sviluppata, è stata la religione ufficiale degli imperi persiani ed ha sicuramente influenzato le altre tre grandi religioni monoteistiche: l’ebraismo, il cristianesimo e l’islamismo. Il profeta Zoroastro (o Zaratustra) è vissuto all’incirca 550 anni prima di Cristo e 500 dopo Mosè. Oltre all’esistenza di un unico Dio questa religione vanta altri importanti primati enunciati dal suo profeta: è stata la prima a contemplare la distinzione tra bene e male e la possibilità per l’uomo di scegliere fra l’uno e l’altro, la prima a parlare di una fine del mondo e quindi di un giorno del giudizio, la prima a promettere una vita successiva alla morte, la prima a parlare di una forma di Inferno e Paradiso, la prima ad annunciare l’esistenza di Satana. Tutti concetti riportati solo successivamente a tale epoca dai profeti della Bibbia, da Daniele in poi tanto per intenderci, i precedenti profeti (Isaia, Geremia, Elia) non avevano ancora affrontato tali tematiche. Oggi lo Zoroastrismo conta circa 200.000 fedeli, la metà dei quali in Iran concentrati principalmente nelle zone di Yazd, Shiraz e Kerman. Fa caldo ma proseguiamo il tour cittadino: Moschea del Jameh, Prigione di Alessandro, città vecchia (capolavoro dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità oltre che uno dei centri abitati più antichi al mondo visitato anche da Marco Polo), l’Ateshkadeh dove arde da 500 anni il fuoco sacro di Zoroastro. A sera siamo davvero cotti. Rientriamo al campeggio in taxi dopo aver fatto provviste per l’indomani, abbiamo trovato anche il latte per la colazione.

18/8/06

Yazd – Shiraz (km 481)

Risveglio alle 6 di mattina, termometro a 41°. Caffè, latte, pane, cereali e marmellata all’ombra del solito bungalow ma sembra più caldo di ieri. Percorriamo una strada desertica, l’altopiano è suggestivo, valichiamo quasi senza accorgercene 3 passi fra i 2400 ed i 2700 metri s.l.m.

Ad Abarkuh sostiamo per vedere un cipresso (N31 07.367 E53 16.784) con età compresa fra i 4500 ed i 5000 anni. Non ci credo, c’era già ai tempi di Abramo, ha visto Assiri e Persiani, può aver fatto ombra ai soldati di Alessandro e Gengis Khan, lo guardiamo ed accarezziamo con rispetto e deferenza, credo sia l’unico essere vivente a poter vantare un tale curriculum. Dopo aver risposto ai soliti “interrogatori” da parte di un nugolo di ragazzi in sella a sgangherati motorini dalle parti del cipresso, riprendiamo alla volta di Pasargade. In tarda mattinata arriviamo al sito (N30 11.538 E53 10.188). L’ingresso, al pari di quasi tutti gli ingressi a musei o comunque luoghi di interesse turistico, costa 3.000 Rial. Pasargade è stata la prima capitale dell’impero Achemenide, oggi non rimane moltissimo da vedere ma due sono gli aspetti che non avrei potuto assolutamente perdere e che aspettavo fin dalla fase progettuale del viaggio. Il primo è la tomba di Ciro. Delusione, è tutta coperta da ponteggi per il restauro. Ciro, il conquistatore di Babilonia, il liberatore degli ebrei dalla cattività imposta loro da Nabucodonosor, il dominatore delle città greche d’Anatolia, il liberatore del suo popolo dal dominio dei Medi, il fondatore del primo impero persiano, Ciro il Grande è tutto coperto da un’impalcatura che ne deturpa la magnificenza. Peccato, le foto che scatto non sono esattamente come mi sarei aspettato, la sensazione al suo cospetto è invece di tutto rilievo. Il secondo momento di intensa emozione è la vista della colonna recante la famosa iscrizione cuneiforme “Io sono Ciro, re degli Achemenidi” in elamita, persiano e babilonese, le tre lingue più importanti dell’epoca. Lasciamo questo strano e silenzioso posto, è difficile credere che questa piana brulla, solitaria, spazzata dal vento, contornata di montagne fosse un tempo il centro di uno degli imperi maggiori che la storia ricordi.

Pranziamo in un ristorante situato proprio al bivio fra la deviazione per il sito e la strada principale che porta a Shiraz. Proseguendo, dopo aver assistito a quello che restava di 4 camion coinvolti in uno spaventoso incidente accaduto da poco, arriviamo a Naqsh-e-Rostam, la vallata dei Re (N29 59.349 E52 52.600). Su di una parete verticale sono scolpite le tombe di quattro importanti Re persiani: Dario I, Dario II, Serse I e Artaserse I. La parte alta delle tombe che sembrano delle grandi croci, è tutta decorata da immagini religiose riportanti i simboli della religione Zoroastriana, primo fra tutti l’aquila con tre ordini di piume sulle ali e sulla coda che rappresentano tre regole della religione: pensare bene, parlare bene, agire bene.

Più in basso, quasi a livello del terreno vi sono altre raffigurazioni più recenti, di era sasanide. Quella che più mi impressiona raffigura l’imperatore romano Valeriano sconfitto dal persiano Shapur I. In tutti i miei viaggi avevo sempre assistito ad immagini di romani vincenti, è la prima volta che mi trovo davanti a monumenti che ne celebrano la sconfitta. (Valeriano, sconfitto ad Edessa nel 260 d.C., morì in prigionia dopo essere stato “ingabbiato” e mostrato in pubblico quale oggetto di dileggio). Nemmeno 10 chilometri e siamo a Persepoli (N29 56.068 E52 53.370). Sono le quattro di pomeriggio, abbiamo solo tre ore, ma sono le tre ore migliori per la visita, i colori si fanno via via più intensi, caldi. La ricostruzione della città è ben fatta, per la prima volta non siamo soli in una visita e siamo accompagnati da altri turisti, quasi tutti iraniani. Alla città che è leggermente rialzata rispetto la piana circostante, si accede tramite una doppia scalinata, i gradini sono molto distanti e bassi per non creare troppo intralcio ai cavalli o alle vesti indossate in quel tempo. La scala conduce all’ingresso vero e proprio, la Porta delle Nazioni, la stessa porta che ha visto l’ingresso in città di Alessandro Magno, colui che dopo averla conquistata, la distruggerà, bruciandola.

Visitiamo tutto, il museo, il palazzo delle 100 colonne, la tomba di Artaserse e soprattutto il palazzo e la scalinata dell’Apadana con i suoi splendidi bassorilievi raffiguranti le delegazioni che giungono in visita da tutte le 28 satrapie del regno. Qui si radunavano realmente le personalità in visita al sovrano durante le festività religiose del No Ruz, il capodanno Zoroastriano. Qui vengono raffigurati, ai bordi delle scalinate del palazzo, i sudditi etiopi, egiziani, elamiti, babilonesi, assiri, indiani, lidi, cappadoci…… Appagati entriamo a Shiraz che è notte, in mezzo al traffico, seguendo il taxista di turno, raggiungiamo il Tourist Complex Shiraz (N29 36.723 E52 34.349). Siamo stanchi morti ma…sorpresa, ancora una volta il luogo è magnifico. Parcheggiamo vicino ad un’aiuola, posso piantare per la prima volta la mia tendina personale su un giardino fiorito, ci sono dei piccoli giochi per i bambini, c’è la corrente, i bagni con docce calde, una cucina attrezzata con lavandino, pentole, fornelli e bidone, panche e tavolini di marmo nel giardino, tutto e solo per noi! Trovo le forze per la pastasciutta più lontana da casa che abbia mai cucinato.

19/8/06

Shiraz (km 0)

Intera giornata dedicata alla visita della città ma in modo particolare al suo bellissimo bazar. Dicono che sia il più bello dell’intero paese e la nostra impressione supporta tale ipotesi. E’ incredibile come i mercanti non siano minimamente invadenti, nessuna forzatura, nessuna costrizione ad entrare nei loro negozietti. Solo inviti, discreti, garbati, educati. Compriamo una considerevole quantità di souvenir in perfetta tranquillità, avendo tutto il tempo di scegliere e di gustare l’acquisto. Pranziamo in una stupenda sala da tè ricavata da un ex hammam al suono di violini, xilofono e tamburelli. Continuiamo a rimanere sorpresi ed incantati dall’atmosfera nonostante siano trascorsi ormai diversi giorni dal nostro ingresso in Iran. Pane sfornato sul momento, kebab di pollo, di vitello e di agnello, olive, pomodori, riso, il rituale bicchiere di tè per finire. Prima di rientrare ci immergiamo un’ora nei giardini del palazzo dove è situata la tomba del poeta Hafez. Si dice che ogni famiglia iraniana possegga, accanto al Corano, un libro di poesie di Hafez. Gli iraniani sono amanti della poesia, riportano spesso citazioni poetiche nei loro discorsi e traggono auspici, aprendo a caso proprio il libro di Hafez, dall’interpretazione della poesia che viene scelta in tal modo. Affascinati dal clima di autentica venerazione verso questo poeta non ho potuto, al rientro in Italia, non ordinare e regalare a Sandra “Il Canzoniere”, raccolta di poesie di Hafez tradotte in italiano. Stasera, per l’occasione, ceniamo nel nostro bel giardino con wurstel portati direttamente da Bolzano. SMS indirizzati verso l’Italia informano che, da domani, inizia il lento ma inesorabile riavvicinamento verso casa.

20/8/06

Shiraz – Isfahan (km 489)

Lasciando Shiraz mi ero tenuto due opzioni: scendere sul Golfo persico e rientrare verso nord passando per Ahvaz, vicino alla frontiera meridionale con l’Iraq, oppure puntare verso Isfahan. Le notizie sull’altissima umidità oltre ai 50 gradi e oltre sul Persico ci fanno propendere per la seconda ipotesi. Fino ad ora abbiamo realizzato tutto quello che ci eravamo prefissati ed i bambini si sono adattati benissimo al lungo viaggio. Nonostante il grande desiderio di scendere a passare una notte sul Golfo non vogliamo forzare oltremisura, la strada è ancora lunga e preferiamo accontentarci evitando ai bambini un tratto di strada particolarmente difficile. Il viaggio di oggi si riduce quindi ad una tranquilla tappa di trasferimento. Al Tourist Complex ci fanno pagare i 5 euro al giorno anche per i bambini e quindi il conto raddoppia. Per evitare poi una contravvenzione (che magari sarebbe pure costata meno….) regaliamo una moneta da 2 euro ad una pattuglia di poliziotti che voleva, giustamente, multarci per sorpasso non consentito e pranziamo, come d’uso da queste parti, al centro di un’aiuola spartitraffico dopo aver steso a mo’ di tappeto il nostro telo. Tutte le aiuole lungo i viali o al centro delle rotonde spartitraffico qui sono annaffiate abbondantemente e tenute con cura e sono utilizzate dalla gente per sedersi all’ombra e pranzare o anche solo per fermarsi un po’ a riposare o parlare. Quando cala il sole poi, sono meta ambitissima di intere famiglie che si riversano in massa su tali spazi con tappeti ed interi arsenali di fornelli, stoviglie e prelibatezze di vario tipo. I bambini si chiedono, a ragione, come mai noi a Bolzano non possiamo fare lo stesso e le aiuole da noi non possano nemmeno essere calpestate….

Arriviamo presto al Tourist Inn di Isfahan. Ci riconoscono e ci salutano tutti. Ci precipitiamo in Imam Square, ne sentivamo già la mancanza e così sfruttiamo l’occasione per un’altra preziosa serata nella seconda piazza più grande del mondo.

21/8/06

Isfahan – Sananday (km 746)

Oggi ci accorgiamo che le scolaresche o colonie ospitate dal centro turistico non sono più composte da maschietti ma da ragazzine. Anche loro però ci fotografano, ci parlano incuriosite e trascinano Martina nelle loro camere per giocare un pochino. In viaggio verso Hamadan, pranziamo nella solita rotatoria spartitraffico. Attraversiamo la zona colpita dal sisma di questa primavera, le case di Dorud e Borujerd sono già quasi tutte ricostruite (qui usano edificare case montando delle semplici intelaiature di travi in ferro e riempiendo poi le pareti con mattoni grezzi e pochissima calce) ma i segni di devastazione sono ancora evidenti. Giunti a quella che un tempo era la città di Ecbatana decidiamo di proseguire fino a Sananday, capitale della provincia del Kurdistan iraniano, abbiamo ancora tempo. Guida decisa e divertente su strada secondaria fra i 2000 ed i 2600 metri. A Sananday ci fermiamo all’ottimo Hotel Shadi (N35 17.012 E47 00.252): docce, bagno, TV, frigo. Ceniamo al ristorante dell’albergo e subito dopo veniamo invitati ad una festa curda che si sta svolgendo in un salone adiacente. Ci fanno sedere ad un tavolo, ci portano cesti di frutta e di dolci, ci offrono il te. Una gruppo di uomini e ragazzi suonano dei grandi tamburi e cantano delle nenie che ci appaiono decisamente tristi. Non riusciamo a fare molta conversazione, sono tutti concentrati sui canti e non sembrano eccessivamente allegri. Serata comunque suggestiva.

22/8/06

Sananday – Miyandoab (km 449)

Passeggiamo per alcune vie della città, quasi tutti sono vestiti in abiti tradizionali curdi, pantaloni larghi e fusciacca in vita. Tutti gli uomini hanno i baffi. Compriamo frutta, pane e bevande nei negozi e dobbiamo faticare per poter pagare. Il galateo del luogo educa anche i negozianti a rifiutare i soldi dei turisti ospiti. Leggo che bisogna insistere almeno per tre volte di fronte ai loro rifiuti, così faccio ed in effetti alla fine accettano il denaro. Certo che se uno decidesse di ringraziare ed uscire dal negozio con la spesa senza scucire alcun rial….. Problemi, i distributori sono intasati da colonne di camion, il diesel è esaurito, ci dicono che bisogna aspettare domani mattina oppure che si devono percorrere 300 km per trovarne. Scarto entrambe le ipotesi e inizio a chiedere in maniera più insistente quali altre alternative possano esserci. Alla fine, la vista dei bambini aiuta, mi scortano in un stazione di servizio dove fra molte discussioni mi trovano qualche decina di litri di gasolio. Ovviamente non riesco a pagare, “no money” mi rispondono tutte le persone che sono sul posto, benzinaio, automobilisti, camionisti. Mi sdebito utilizzando dei piccoli souvenir che mi erano stati forniti da un’amica che lavora alla Cassa di Risparmio della mia città. Regalo blocchetti di carta e matite colorate ai bambini che ho intorno, quel tipo di dono viene allora accettato con molti sorrisi e ringraziamenti. Ora l’autonomia è sufficiente appena per raggiungere Takab, poi…. Inshallah. Sulla strada raccogliamo un vecchio contadino che chiedeva un passaggio, non parla inglese ed il suo tentativo di infilarsi la cintura di sicurezza è il più originale che abbia mai visto e fa letteralmente scoppiare tutti quanti a ridere. Il vantaggio è che a gesti capisce che ci serve gasolio e così ci guida fino all’unica pompa nel raggio di non so quanto chilometri, ancora provvista di diesel. Il pieno mi tranquillizza, so che mi potrà bastare fino in Turchia. Percorriamo una zona collinare, da cartolina, pastori, pecore, mucche, mietitori di grano. Sbagliamo varie volte la strada ma alla fine raggiungiamo Takht-e-Soleyman, celebre sito storico riconosciuto e protetto dall’Unesco. Ai bordi di un cratere vulcanico ora pieno d’acqua, si trovano le rovine di costruzioni sasanidi e mongole risalenti rispettivamente al III ed al XIII secolo d.C. Quando lasciamo il sito ci accorgiamo che è tardi, non riusciremo a raggiungere Orumiyeh e puntiamo quindi su Miyandoab, dove troviamo da dormire all’Hotel Berenjian (N36 58.110 E46 06.004). L’auto riposa sicura all’interno di un parcheggio privato a 100 metri dall’albergo. Gironzoliamo un po’ per le vie della città prima di rientrare per cena, poi in camera. Questa è l’ultima notte in terra persiana.

23/8/06

Miyandoab – Gevas (km 488)

Dopo un’interminabile serie di fotografie con il personale dell’albergo nella reception, per strada e nel parcheggio per farsi fotografare con noi davanti al bancone e da soli al volante del Pathfinder, partiamo alla volta di Orumiyeh. In macchina mangiamo i dolci appena sfornati e comprati. Un cartello indica il bivio per la lontana città santa sciita di Kerbala, la frontiera con l’Iraq è solo ad una quarantina di chilometri. Prima di entrare in città riusciamo a rifornire per l’ultima volta, ultimo pieno a 70 centesimi di euro. Orumiyeh è il capoluogo di una regione popolata in maggioranza da Azeri. Visitiamo il bazar dove spendiamo gli ultimi rial rimastici. Panini da consumare in macchina, muso diretto verso la frontiera, quella di Sero. Coda in dogana, volti intimoriti di chi attende, facce arroganti dei funzionari, lunghe formalità, timbri sui passaporti e sul carnet. Ore 16,05, la sbarra si chiude dietro di noi, i volti severi degli Ayatollah sono rimasti dall’altra parte, siamo usciti dall’Iran in silenzio, quasi inconsapevolmente, dopo aver sognato per anni questo viaggio, ora è già un ricordo. Turchia, cos’è questo senso di casa che mi pervade a 3000 km di distanza ed in un luogo mai visto prima? Un soffio ed un urlo, al mio fianco l’hejab di Sandra vola via accompagnato da grida e risate. Pochi altri disbrighi burocratici in frontiera ma, lungo la strada, continui ed asfissianti posti di blocco dell’esercito con perquisizioni in auto. Arriviamo sul lago di Van che è sera, ci fermiamo al camping Akdamar (N38 18.539 E43 02.415 ) dove ceniamo al ristorantino, oggi pesce di lago fritto, decisamente squisito. Dopo cena una famiglia turca ci invita nella loro tenda e ci offre melone e te. Prima di oggi il lago di Van l’avevo visto solo sulle cartine ma solo per il fatto di essere in Turchia tutto mi sembra assolutamente familiare.

24/8/06

Gevas – Osmaniye (km 810)

Purtroppo l’isola di fronte a noi non è raggiungibile in quanto vige il divieto di approdo a causa della ristrutturazione della chiesa armena di S. Taddeo. Peccato. Scendiamo a giocare un po’ nell’acqua del lago e riprendiamo la strada. A Tatvan cambiamo valuta, facciamo il pieno ed entriamo in un supermarket: ci sembra di essere in un Megastore di Los Angeles. Scatolette, maionese, salame, formaggio, latte finiscono nel nostro carrello. Lorenzo e Martina sono i più esagitati: succhi di frutta, patatine, dolciumi, chewing gum. Ci saranno di compagnia lungo le interminabili strade che percorreremo oggi. Lasciamo l’altitudine del lago di Van, scendiamo sul fondovalle. Passiamo i ponti sul Tigri, sull’Eufrate, torno a riconoscere i luoghi anche se le città che attraversiamo mi sembrano più curate, più grandi, più moderne. Così Diyarbakir, così Gaziantep, Sanliurfa, Adana. Imbocchiamo l’autostrada che ho visto ancora in stato embrionale, costruita con partecipazione italiana. Ci fermiamo per la notte in una stazione di servizio nei pressi di Osmaniye (N37 05.518 E36 12.341). E’ la terza volta che la notte ci incontra in questo luogo, la prima con Mauro e Paola nel 1993, la seconda con Loris e Oriella nel 2001. Di nuovo c’è che una guardia notturna, armata, è di presidio nel parcheggio. Ceniamo mentre, come sempre, ci lavano la macchina per qualche spicciolo. In tenda, si dorme.

25/8/06

Osmaniye – Egirdir (km 679)

Sveglia, colazione, partenza. Fermata d’obbligo per immortalare uno stormo di oltre 100 cicogne che volteggiano in circolo proprio sopra di noi. Pranzo all’ingresso di Konya, sosta in città per visitare il museo del Mevlana, l’antico fondatore dei dervisci danzanti. Una guida trovata sul posto si offre per descriverci alla perfezione tutti i dettagli del museo. La visita si protrae un po’ oltre il previsto, per sera decidiamo di fermarci in un luogo a noi già noto, Egirdir. Suggestiva e storica cittadina situata fra monti e lago, mi ricorda un po’ Sirmione, termina con un’isola collegata da un ponte alla terraferma, sdraiata nell’omonimo lago. Prendiamo una camera alla Pansion Paris (N37 52.903 E30 52.054). Il marito, pescatore, ci propone una cena a base di pesce di lago. Ovviamente, accogliamo l’offerta. Cena deliziosa, al pari del servizio e dell’ospitalità della padrona di casa.

26/8/06

Egirdir – Pamucak (km 412)

Colazione principesca su terrazza vista lago: uova, formaggio, olive, pomodori, cetrioli, pane, pane ai semi di cereali, burro, marmellata, tè, latte, caffè. Paghiamo, la signora deposita i soldi sul pavimento e solo dopo li mette in tasca. Non ero a conoscenza di questa usanza. Nel primo pomeriggio siamo al camping Redeli di Pamucak (N37 56.426 E27 16.619), località a pochissima distanza da Efeso. Il viaggio è finito, ci restano solo 2 notti da trascorrere in questo posto e tre giorni per consentire ai bambini un breve riposo su sabbia ed un po’ di tuffi fra le onde. Conosciamo ancora un po’ di persone, turisti tedeschi e turchi con i quali scambiare qualche parola e qualche esperienza.

28/8/06

Pamucak – Cesme (km 159)

Ultima alba su questa sponda. Stasera, ancora una volta, Caronte mi strapperà dalla Turchia per ricondurmi alla mia terra. Lascio di nuovo l’Asia e di nuovo lei si trattiene un po’ di me.

L’avventura è davvero finita, rimane l’imbarco, la navigazione, l’ultimo migliaio di km in Italia.

Tutto ok, il pensiero può già ripartire verso altre destinazioni……

By alex castoldi

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